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Gli scenari criminosi oltre le statistiche ufficial

I punti chiave delle politiche di sicurezza urbana alla luce della criminalità registrata in Liguria

3. Gli scenari criminosi oltre le statistiche ufficial

I crimini, dai più violenti a quelli soltanto minacciati, producono una serie di insicurezze spesso accompagnate da angosce e timori che necessitano di accoglienza e presa in carico. Il confronto con le tensioni dal crimine non è solo una caratteristica del terzo millennio, ma ha attraversato la storia secolare dell’umanità seppure con forme e incidenze diverse. Indubbiamente, le rap- presentazioni pubbliche di chi ha subito un reato fissano l’immagine del torto subìto, la quale evoca e risveglia in ciascuno di noi l’esperienza drammatica di convivenze difficili e diritti violati o negati11, ma è possibile che, ad una pure

legittima domanda sociale di sicurezza, si risponda con la negazione del pro- blema o con la tendenza a considerare certe istanze della cittadinanza quali il frutto di richieste superflue o inclini a favorire pruriti discriminatori? Contra- stare la commissione dei delitti, prevenire l’insorgenza dei conflitti e del degrado urbano, se intesi come un imperativo capitale della modernità12, non

dovrebbero generare fonti di disturbo a patto che siano applicate in conformità di obiettivi mirati e perseguiti con metodologie idonee. D’altronde, i sentimenti di insicurezza non possono che essere endemici e ineliminabili13, ma la pratica

ha insegnato che il loro effetto può diminuire vistosamente e che la diminuzione dei rischi induce l’agire individuale a percepirsi come meno impotente e con- fuso. Tra gli effetti, ecco allora che l’attuazione di (buone) politiche di preven- zione consente anche di eliminare, o almeno disinnescare, “bombe” sociali ad alto contenuto esplosivo.

In questo senso, nel contesto più generale da cui prende le mosse questo rapporto di ricerca, oltre a quanto emerso dall’analisi statistica dei fenomeni della criminalità ufficiale, senza dimenticare che la premessa migliore ad una risposta operativa è in primo luogo la sua progettazione, si vedano alcuni

11 Cfr. A. Ceretti R. Cornelli, Oltre la paura. Cinque riflessioni su criminalità, società e politica,

Feltrinelli, Milano 2013, p. 11.

12Cfr. T. Pitch, La società della prevenzione, Carocci, Roma 2006.

campi di possibile intervento sulle questioni di maggiore criticità presenti a carattere regionale:

L’incidenza criminale nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa è un dato assodato, così come l’espansione finalizzata al riciclo di proventi illeciti frutto di attività illegali nel Nord-Italia, ma le cifre relative ai circuiti criminali che investono in molti settori dell’economia nazionale richiamano ad un mag- gior impegno nelle azioni di contrasto. Se nelle regioni in cui il settore agroa- limentare è più diffuso si sono accertati i maggiori sequestri e la distrazione di finanziamenti illeciti provenienti da fondi pubblici (in particolare europei) in origine destinati ad investimenti nel settore agricolo, o si attestano in crescita le infrazioni relative al ciclo del cemento; su scala nazionale le illegalità am- bientali segnalano il dato di Genova, terza in Italia per numero di reati nel ciclo di rifiuti subito dopo Bari e Napoli, e al decimo posto nell’illegalità complessiva riguardante indicatori come la violazione della normativa sugli appalti pubblici. Allo stesso modo, sempre in tema di criminalità ambientale, non sono da sottovalutare i valori considerevoli degli incendi boschivi che colpiscono, in particolare, la provincia imperiese14.

Mai come in quest’ultimo decennio, la letteratura specialistica ha affrontato il tema degli insediamenti criminali di tipo mafioso sia nei luoghi di origine, sia in quelli (erroneamente) non ritenuti tradizionali, come il resto d’Italia e i paesi intra ed extra europei. Più modestamente, lo si è fatto anche dalle prime edizioni di questi rapporti regionali. Ma da tempo oramai, le grandi organiz- zazioni criminali rivelano la loro forza sul fatto di porsi in perenne trasforma- zione. Non tanto nella cultura dell’affiliazione e dell’appartenenza, ma piuttosto nella capacità di sostituire un’immagine arcaica di esse con una moderna; al passo con la necessità di aggirare i contrasti e la repressione posti dagli organi statali che vigilano su di esse. Cambiano di continuo anche nella gestione delle relazioni esterne, finalizzate alla realizzazione degli affari criminali, forse proprio per questo le differenzia dalla criminalità comune, meno strutturata. E, appunto, meno “organizzata”. La storia del rapporto tra le criminalità or- ganizzate e la politica non risponde soltanto ad un fatto recente, ma sarebbe un azzardo clamoroso sottovalutare ciò che anche dalle indagini giudiziarie liguri trova conferma: il coinvolgimento in partnership criminose con alcuni

14Per ulteriori approfondimenti si veda il Rapporto di Legambiente, Ecomafia 2015. Corrotti, clan e inquisitori. I ladri di futuro all’attacco del Belpaese.

segmenti deviati della pubblica amministrazione statale, ma anche con operatori impiegati nei rami strategici dell’economia locale15.

La ricostruzione delle esperienze che i giovani stranieri hanno vissuto nei loro flussi migratori in questa regione è parsa caratterizzata da una non indif- ferente adesione ai circuiti della criminalità minorile e di quella a cavallo con la fase della maggiore età. Va detto che le problematicità socialmente ascrivibili alle gesta delle cosiddette “gang” ecuadoriane, sono state considerate in forma continuata, almeno fino al maggio del 2006, e meritevoli di incisive risposte da parte delle istituzioni di controllo, in particolare delle istituzioni penali16.

Se poi, per alcuni anni, si è assistito all’attenuazione dell’allarme “bande latinos”, almeno nell’ultimo biennio alcuni segnali fanno pensare ad una in- versione di tendenza: sia del fenomeno, sia delle sue manifestazioni. In primo luogo per via dell’individuazione di alcuni giovani pandilleros in reati di gruppo (risse, danneggiamenti, percosse), sfociati anche in delitti efferati (omicidi e tentati omicidi), più spesso legati a una sorta di regolamenti di conti tra i singoli gruppi per via di apparenti torti subiti o semplicemente mirati alla conferma della supremazia “intra-bande”; mentre per ciò che riguarda la par- tecipazione al crimine si registra una generale commissione dei delitti estesa a gran parte delle fattispecie e al di fuori dei micro gruppi di connazionali. Pa- rallelamente ad una conoscenza per nulla affannosa, ma anzi accompagnata da approfondimenti che tengano conto delle condizioni di marginalità e vul- nerabilità con cui si ha a che fare in questi frangenti, sarebbe utile non lasciare sullo sfondo il potenziale criminale di cui sono espressione tali fenomeni e le ricadute sociali nelle relazioni di promiscuità con la cittadinanza nativa.

Le condizioni di sicurezza da atti di devianza e/o comportamenti criminosi da tempo fanno registrare un livello di intollerabilità che non consente sottova- lutazioni di alcun tipo. L’incolumità delle persone riguarda sia i cittadini, utenti dei servizi ferroviari, sia il personale viaggiante nell’espletamento dei servizi di 15Le vicende giudiziarie che riguardano maxi sequestri di droga seguiti da soggetti che operano con e

per conto di gruppi criminali italiani, pur non essendo affiliati a ‘ndrine calabresi, famiglie camorriste o cosche mafiose, si rivela un dato segnato da una tendenza in crescita negli ultimi anni da parte delle azioni investigative coordinate dalle locali Procure della Repubblica di Genova e La Spezia.

16questo punto si veda P. Chiari I. Fanlo Cortés R. Marra, Le condizioni di vita dei giovani ecuadoriani a Genova: situazioni problematiche e prospettive di intervento, in S. Padovano (a cura di), Delitti de- nunciati e criminalità sommersa. Secondo rapporto sulla sicurezza urbana in Liguria, Brigati, Genova

2008, p. 90; mentre sui meccanismi che presiedono la costruzione sociale di un fenomeno come “problematico” si rimanda a F. Prina, Devianza e politiche di controllo, Carocci, Roma 2013.

controlleria a bordo dei convogli. Anche le stazioni sono andate trasformandosi sempre più da aree di attraversamento e passaggio a luoghi stanziali e multiuso, ricalcando per certi versi le logiche proprie dei centri commerciali; ma al cambio di passo adottato il “sistema” non sembra rispondere in forma del tutto sufficiente. Gli interventi di ammodernamento interni alle stazioni e quelli effettuati a bordo dei convogli hanno implementato considerevolmente l’impiego della strumentazione tecnologica ai fini della vigilanza interna, ma le condizioni di ri- schio soggettivo a cui sono sottoposti gli operatori e i passeggeri da tempo indicano la necessità di aprire un nuovo confronto inter-istituzionale tra le parti coinvolte (azienda, sindacati, uffici tecnici regionali, forze dell’ordine, associazioni di consumatori). Prima di sottoscrivere protocolli di intesa e accordi ambiziosi spesso, per altro, faticosamente realizzabili, la sfida che attende le parti in causa dovrebbe sapere guardare alle criticità di un sistema obbligato a misurarsi con fenomeni o singoli episodi che si presentano con intensità costante, e non più come sporadici o prevedibili in vista di eventi programmati. In altre parole, la tutela della sicurezza urbana nello spazio pubblico invoca interventi anche sulla scena del trasporto ferroviario nella quale, a partire dal riassetto dei ruoli e delle funzioni degli operatori deputati a svolgere le relative competenze, ne discende la sicurezza oggettiva dei passeggeri e dello stesso personale impiegato.

Come riportato in premessa, oggi le città assomigliano sempre di più ad au- tentici imbuti sociali. All’interno delle quali tutto viene inghiottito, assorbito, ma non sempre assimilato o “digerito” da parte dei cittadini. La percezione di vivere in un territorio insicuro, se è poi accompagnata da illegalità e soprusi non fa che rafforzare questo sentimento. In questo capitolo conclusivo non si intende aprire finestre specifiche sui territori liguri, oltre a quelle già esposte su La Spezia e Savona. Si potrebbe dire, perché la realtà empirica è lì a dimostrarlo, che le criticità e i disagi sono presenti in ogni area della regione, ma la respon- sabilità di richiamare l’attenzione su porzioni di territorio in cui il senso della legalità e il rispetto delle minime regole di convivenza civile (si pensi su tutti ad alcune zone del centro antico di Genova o alla parte “bassa” del quartiere di Sampierdarena) ha da un pezzo lasciato il posto a violenze generalizzate e illegalità diffuse, è quanto mai attuale oltre che d’obbligo. Le normative statali, le leggi regionali, i regolamenti comunali, e poi ancora le manifestazioni dei cittadini, gli echi mediatici, e perfino il ruolo della ricerca scientifica possono non bastare più a garantire e proteggere una risorsa, seppure limitata, come quella del diritto alla sicurezza dei cittadini se quest’ultima non è anticipata e sostenuta da un’idea di Paese. E a ricaduta, da un progetto di città.