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Gli strumenti per gestire l’engagement nei cluster

La responsabilità sociale è per definizione un concetto

multi-stakeholder poiché facilita il dialogo tra le parti interessate, occorre però

pianificare ed organizzare risorse e strumenti per rendere efficace ed efficiente l’engagement.

La fiducia è senza dubbio un ingrediente fondamentale per l’azione collettiva ma da sola non basta e, come già evidenziato, occorre che il

cluster adotti un approccio volto alla pianificazione delle azioni

sosteni-bili e all’approvazione dei piani, ma soprattutto che consideri l’attuazione di azioni collaborative di sostenibilità parte integrante della pianificazione strategica complessiva del cluster (UNIDO, 2008).

La teoria non ha ancora ben approfondito le condizioni che consen-tono ai cluster di ottenere una maggiore efficienza e migliorare la com-petitività, nel rispetto e nella valorizzazione dei diritti dei lavoratori, dei consumatori e delle comunità locali (Giuliani, 2016). Ma non vi è dubbio che se l’interazione coinvolge più partner appartenenti alla stessa filiera, ad un distretto, ad un sistema locale, e se prevale la presenza di PMI, anche in forte concorrenza tra loro, ad assicurare la co-operazione ed il dialogo devono necessariamente intervenire “meccanismi istituzionali” (Knorriga, Nadvi, 2016), come associazioni di categoria, agenzie pubbli-che, ma anche norme fiduciarie (Nadvi, 1999), in quanto decisioni ed attività si svolgono all'interno di relazioni multiple caratterizzate anche da legami informali, basati sull'amicizia (Vuorinen, Kurki, 2012).

La formazione di un gruppo coeso, prima ancora degli strumenti di pianificazione e gestione, appare una decisione cruciale. Pertanto il punto di partenza sembra portersi riconoscere nella selezione di

part-ner appropriati (Geringer, 1991).

La formazione del gruppo, ma anche la natura stessa delle iniziati-ve di sostenibilità, risentono del contesto locale ed istituzionale. Nu-merosi studi sottolineano che in differenti contesti istituzionali si os-servano differenti approcci alla CSR (Matten, Moon, 2012; Habisch et

al., 2011; Jamali, Neville, 2011): ad esempio, nel lavoro di Matten e

acquista un aspetto esplicito che si sintetizza nel tentativo di combina-re valori sociali e di business in politiche ed azioni delle aziende, su ba-se volontaria, attribuendo rilevanza alle aspettative degli stakeholders; diversamente nelle economie di mercato coordinato, la CSR esprime il tentativo di raggiungere un consenso sociale, dove norme, valori e re-gole diventano requisiti per le aziende mosse dal consenso attribuito dalla società alle aspettative degli stakeholders (Pedrini, 2014). Le im-plicazioni di queste differenze nell’engagement degli stakeholders si tra-durebbero: a) in merito a iniziative e numerosità degli attori coinvolti, in un maggior numero di iniziative che sono però indirizzate a

stake-holder prioritari, nei contesti espliciti, contro un numero maggiore di stakeholders coinvolti e conseguentemente di temi trattati, nei contesti

impliciti; b) in merito alle forme di engagement e di dialogo, in un coinvolgimento “light” e “aperto”, nei contesti impliciti, mentre in quelli espliciti si registrano comitati e forum (Pedrini, 2014). Le conclu-sioni di questo lavoro, peraltro condivise, sottolineano la necessità di adattare l’engagement ai diversi contesti, come pure di evitare lo spreco di risorse ed identificare gli stakeholders prioritari e con questi investire in un dialogo intenso.

La selezione del partner sembra anche dipendere dalla modalità di formazione del network. In alcuni lavori si è sottolineato che se l’adozione di iniziative di sostenibilità viene considerata come un pre-requisito (input), allora la selezione delle imprese partner andrebbe ef-fettuata sulla base della condivisione dei valori (Geringer, 1991; Deni-colai, 2008), diversamente dal caso in cui i progetti di sostenibilità del

network risultano conseguenti all’adozione di specifiche pratiche di

gestione della governance (output). Ciò significa che è stato effettuato un processo di allineamento, da parte dei diversi attori della rete, sui valori condivisi che, a loro volta, si tradurranno in best practice di re-sponsabilità sociale (Zucchella, 2007).

Al di là delle considerazioni sulla formazione del network sostenibi-le, che influenzano la composizione dello stesso, vanno anche effettua-te una serie di riflessioni (cfr. figura n. 13):

sulle caratteristiche dell’impresa a divenire membro del network. Ancora una volta vanno tenute in considerazione personali attitudini dell’individuo leader, precedenti esperienze di collaborazione, ma anche i valori morali (Bowie, 2000). Questi elementi sono indicati in letteratura

come fattori che possono supportare l’avvio di una collaborazione, al-meno in una fase iniziale della stessa (Wang, Fesenmaie, 2007);

 le risorse e le competenze che l’impresa possiede sono altrettan-to importanti (Alder, Kwon, 2002). Si è già precedentemente affermaaltrettan-to che sono fondamentali capacità di coordinamento delle relazioni in-terne ed esin-terne (Ritter, Wilkinson, Johnson, 2004), capacità di saper adottare un approccio relazionale, nella condivisione delle conoscen-ze, delle routine, delle risorse/competenze (Espino-Rodriguetz, Rodri-guez-Diaz, 2008), la visionary leadership, ossia aver ben chiari i poten-ziali vantaggi che possono scaturire dalla costituzione di un network tra imprese (Fyall, Callod, Edwards, 2003; Groves, 2006; van Rnippen-berg, Wisse, 2010), ancora capacità di leadership che possano favorire la pianificazione strategica ed il coordinamento operativo del network (Pittinsky, Simon, 2007).

Figura n. 13

Aspetti salienti nella selezione del partner

Fonte: De Chiara, 2015. selezione del partner personali attitudini precedenti esperienze valori morali capacità di coordinamento capacità relazionali vsionary leadership

Altra questione è la leadership del network che può anche essere at-tribuita ad una sola impresa centrale. Nelle global supply chain, le grandi imprese globali influenzano la distribuzione dei profitti e dei rischi ed alterano upgranding degli altri operatori inclusi nella filiera, ma anche di quelli esclusi (Gereffi, Lee, 2012). Nelle reti, la leadership di una singola impresa dovrebbe essere in ogno caso demandata ad un organismo creato ad hoc. Questo aspetto ci rimanda ad un altro elemento cruciale dello stakeholder engagement nei network e nei cluster, ossia la governance di rete.

Secondo alcuni autori nello studio della governance di un cluster, al fine di raggiungere l’upgrading economico e sociale, non si dovrebbe prescin-dere dalla governance della filiera globale, a cui le imprese del cluster po-trebbero appartenere, subendone le pressioni (Nelson, Pritchand, 2009), ma anche le sinergie9: la prima si caratterizza per relazioni di tipo oriz-zontali tra le imprese del cluster, ma anche con le istituzioni locali; la se-conda per legami verticali lungo la global supply chain tra buyers e suppliers di differenti paesi (Gereffi, Lee, 2016) (cfr. figura n. 14).

Figura n. 14

Tipologie di governance nei cluster e nelle filiere: scopi ed attori

Fonte: Tratto da Gereffi, Lee, 2016

9 Tra i casi citati la pressione dei global leaders che richiedono ai loro

La scelta del tipo di governance, privata, pubblica e sociale, acqui-sterebbe una diversa valenza in funzione dell’obiettivo che il cluster vuole raggiungere. In presenza di obiettivi legati all’upgrading sociale, la public governance, costituita da attori pubblici (locali, regionali e na-zionali) e la social governance, con la partecipazione della comunità e delle NGOs, dovrebbero essere preferite (Gereffi, Lee, 2016). Le

gover-nance pubbliche possono attraverso la regolamentazione, effettuata a

vari livelli (nazionale, regionale e locale), influenzare direttamente o indirettamente l’upgrading economico e sociale, mentre le governance sociali agiscono soprattutto effettuando pressioni sugli altri attori, pubblici e privati, attraverso forme di boicottaggio e proteste (Selwyn, 2013). Esse si contraddistinguono per avere comunque una struttura

multi-stakeholder (O’Rourke, 2016). Infine, le forme private di governan-ce, che coinvolgono le imprese del cluster, si basano su norme

fiducia-rie e legami interpersonali (Schmitz, Nadvi, 1999), ponendosi soprat-tutto l’obiettivo di raggiungere un’efficienza collettiva che difficilmen-te le piccole imprese operando singolarmendifficilmen-te riuscirebbero a conse-guire (Schmitz, 1995).

In tutte le forme, considearato anche il fatto che nel network ogni at-tore coinvolto mantiene i propri elementi distintivi, sia con riferimen-to ai valori azendali/dell’ente sia sia per quelli culturali, risulta fon-damentale puntare alla costituzione di valori condivisi tra tutti gli at-tori. In questo senso un utile suggerimento proviene dalle indicazioni dell’OECD (2004) in merito ai principi che dovrebbero regolare i rap-porti tra i membri e a cui i membri devono ispirarsi. Questi principi sono stati efficacemente sintetizzati nel lavoro di Nasrullah10 «(…)

di-stribution of duties and responsibilities among different supervisory; regula-tory and enforcement authorities; (…) Ensuring equitable treatment of all shareholders, including minority and foreign shareholders; Recognition of the rights of stakeholders established by law or through mutual agreements; En-couraging active co-operation between corporations and stakeholders in creat-ing wealth, jobs, and the sustainability of financially sound enterprises

(…)»(ibidiem, p. 2).

10 D.M. NASRULLAH, Relation between CSR and Corporate Governance, http://www.academia.edu/732581/Relation_between_CSR_and_Corporate_Go vernance.

Anche il ruolo che dovrebbe svolgere la governance ha conosciuto, in letteratura, diverse interpretazioni: si è parlato di “driving”, con ri-ferimento alle global supply chain e alla natura delle filiere,

“producer-driven” o “buyer-“producer-driven” (Gereffi, 1999); di “coordinating”, con

riferi-mento alla natura delle relazioni, “di mercato” o “gerarchiche”; di “normalizing”, con riferimento alla necessità di rendere le pratiche compatibili con gli standards e con le norme (Gibbon et al., 2008). Quest’ultima funzione riferita alla capacità di indirizzare le imprese sul modo in cui organizzare le attività, assicurare la qualità, seguire le linee guida, con riferimento alla tutela dei lavoratori ed alle condizio-ni di lavoro (De Marchi et al., 2014), risulta particolarmente sigcondizio-nificati- significati-va nei distretti e richiama il concetto di atmosfera industriale e la possi-bilità di facilitare fiducia e co-produzione di conoscenza nel network (De Marchi, Grandinetti, 2014).

La governance ha l’importante ruolo di definire le regole ed i pro-cessi con cui si prenderanno le decisioni. Risulta quindi cruciale la questione che riguarda la scelta dei soggetti legittimati a definire i meccanismi di governo, così come dei soggetti detentori della capacità di controllo sulle attività svolte (Humphrey, Schmits, 2002).

Le caratteristiche del network possono influire sulla costituzione della sua governance, infatti, in alcuni studi si è sottolineato che la dimensione del network e la presenza di un nodo centrale hanno un’influenza determinante (Fichter, Sydow, 2002), assieme alla natu-ra dei natu-rapporti che legano le varie imprese che lo compongono. La variabile dimensionale, infatti, incide sulla complessità della

gover-nance: i network di estensione ridotta sono meno complessi e dunque

facilmente gestibili, mentre nelle reti di grandi dimensioni occorre garantire una maggiore rappresentatività, nonché i meccanismi isti-tuzionali e quelli di controllo devono essere accuratamente pianifica-ti e resi adatpianifica-ti sia a livello di singole imprese sia a livello di rete. Vanno, inoltre, valutate le diversità intrinseche ai singoli attori, quali la differenza tra gli stakeholders di ogni azienda, la mission e gli inte-ressi divergenti da quelli della rete, diversità culturali e di gestione, diversa entità di potere delle singole imprese (O’Learey, Bingham, 2007).

La presenza di un attore con un ruolo centrale nel network ha ov-viamente un ruolo importante nella definizione della governance e

nel farsi promotore dei progetti di sostenibilità del network, stimo-lando i partner della rete. La presenza di imprese centrali permette, inoltre, una migliore organizzazione delle risorse destinate alla rea-lizzazione di progetti di sostenibilità e l’implementazione di diretti-ve e regole. L'impresa o le imprese centrali hanno molta influenza anche sulla scelta dei partner e possono stabilire i codici di condotta (Fichter, Sydow, 2004). Inoltre, il ruolo dell’impresa guida è molto importante, specialmente durante la fase di avvio della rete, in quan-to potrebbe svolgere un modello di coordinamenquan-to quasi gerarchico di governance che rende più facile implementare valori e norme co-muni.

Anche la natura dei rapporti tra le imprese che compongono il

network ha un’influenza sulle scelte di governance. In presenza di

le-gami forti tra gli attori, potrebbe essere garantita una migliore comu-nicazione e una capacità di diffondere le informazioni e di utilizzare le risorse acquisite nel modo più adeguato. Inoltre, anche le forme di governo dell’impresa, all’interno di un network, assumono un’impor-tanza cruciale nella creazione del valore complessivo del network (Nooteboom, Gilsing, 2004).

Altro strumento per regolare l’engagement è il codice di condotta che consente la diffusione dei principi di comportamento all’interno del

network. È, da più parti, considerato uno strumento indispensabile per

la definizione di standards e valori (Zucchella, 2007).

L’utilizzo di codici di comportamento unito ai codici etici di rete potrebbe risultare un elemento chiave per il passaggio dalla CSR alla

Network Social Responsibility (NSR) (Fichter, Sydow, 2002; Zucchella,

2007). Infatti, una delle principali difficoltà nella gestione dei network risiede proprio nel trovare dei valori condivisi a cui allineare i com-portamenti dei vari componenti, in quanto, alla luce dell’indipen-denza delle aziende rispetto al network, i tradizionali meccanismi ge-rarchici perdono di efficacia (Zucchella 2007).

Altri elementi cruciali, per i network socialmente responsabili, so-no l’attività di comunicazione interna ed esterna (Currall, Inkpen, 2002; Nooteboom, 2004) e l’attività di coordinamento interna, in quanto i componenti del network sono spesso caratterizzati da obiettivi e stra-tegie eterogenee tra loro (cfr. box 2). Per ovviare a tale problematica, alcuni autori suggeriscono di focalizzare l’attenzione su due aspetti:

l’attività di pianificazione, che attiene prevalentemente alla defini-zione degli ambiti di competenza del network (compresa l’identificazione degli obiettivi primari); l’introduzione di meccani-smi di gestione e funzionamento della rete, tali da garantire lo svi-luppo nel network di un’ottica di medio lungo periodo (Kickert, Kili-jin, Koppenjan, 1997).

Il coordinamento nel network può anche essere perseguito definen-do parametri di processo e di prodefinen-dotto che devono essere applicati dai componenti della rete, pur mantenendo la propria individualità (Humprey, Schmitz, 2001).

Box n. 2 Strumenti di engagement in Roche

In Roche la gestione del dialogo con gli stakeholders è considerata di estrema importanza per l’accrescimento del valore sostenibile dell’organizzazione.

Fonte:

www.roche.com/corporate_responsibility/stakeholder_engagement.htm

La figura n. 15 sintetizza gli strumenti principali per gestire l’engagement nei network.

Figura n. 15

Strumenti per gestire l’engagement nel network

Fonte: Elaborazione dell’autore.