Lo stakeholder engagement è considerata una delle principali prati-che di CSR (Pedersen, 2006; Pedrini, 2014).
L’engagement appare come una determinante del processo decisio-nale, ossia una condizione necessaria per garantire l’inclusione di di-verse istanze, la considerazione di didi-verse esigenze ed assicurare la scelta di iniziative e di politiche sostenibili condivise e che soddisfino le diverse parti in causa. Ma, a ben vedere, l’engagement è anche un elemento indispensabile per portare avanti le decisioni, per dare at-tuazione alle strategie, per mettere in pratica le iniziative di sostenibi-lità e per avere un’effettiva ricaduta in termini di sviluppo sostenibile. Collaborare per perseguire comportamenti sostenibili significa in-nanzitutto innescare un processo partecipativo che possa consentire di giungere alla formulazione di obiettivi e di azioni condivise, in modo che, innanzitutto con riguardo agli attori della filiera, responsabilità, costi e vantaggi siano ben equilibrati lungo tutta la catena produttiva. Ampliando il raggio di azione ed includendo il mercato, le istituzioni e la collettività tutta, l’azione congiunta e partecipata di tutti gli
stake-holders deve consentire il perseguimento di progetti di sostenibilità
ri-volti al raggiungimento di un fine comune. Come più volte ripetuto la
co-sustenibility si rende necessaria non solo per consentire, tra gli attori
partecipanti, lo scambio di conoscenze e competenze, ma anche per stimolare i componenti della rete verso la ricerca e l’attuazione di so-luzioni sempre migliori, evitando l’insorgenza di distonie nei compor-tamenti dei partecipanti che potrebbero minare l’efficacia del proget-to. La credibilità dello stesso, infatti, dipende dall’effettiva ricaduta positiva sulla comunità tutta.
In letteratura sono state elaborate diverse prospettive per lo studio dello stakeholder engagement (Mathur, Price, Austin, 2008): 1) la
d’interesse viene visto come uno strumento per catturare nuova cono-scenza, facilitare la formazione di partnerships o promuovere l’innovazione. Potrebbe quindi risultare come un approccio utilitaristi-co, un mezzo che cerca di evitare i conflitti e le eventuali opposizioni da parte degli stakeholders, con l’obiettivo di far crescere la competitività di mercato dell’impresa (approccio consumistico) (Ridley, Jones, 2002); 2) la prospettiva etica, nella quale gli stakeholders vengono visti come citta-dini che hanno il diritto di determinare o influenzare certi servizi. Que-sta prospettiva ben si inserisce nel contesto dell’impresa pubblica e quindi si contrappone all’approccio consumistico, delineandosi invece come un approccio democratico; 3) la prospettiva dell’apprendimento
socia-le, nella quale gli stakeholders vengono fatti partecipare ad incontri e fo-rum, dove si condividono e si scambiano informazioni. Tuttavia c’è chi
definisce la partecipazione degli stakeholders un modo per cercare di mantenere il “business as usual”: in particolare nell’articolo di Collins et
al. (2005) si sostiene che lo stakeholder engagement è uno strumento che
fornisce legittimazione e che quindi libera il management dall’impegno in attività o processi di applicazione della sostenibilità in senso “strong”. L’approccio al dialogo è comunque da preferire e le modalità se-condo le quali gli stakeholders partecipano al dialogo sono state effica-cemente sintetizzate nel lavoro di Noland e Philliphs (2010), nel quale sono individuate due posizioni prevalenti: a) gli habermasiani (dal no-me del filosofo tedesco Habermas) che sostengono che il coinvolgi-mento deve essere libero da motivazioni strategiche per poter essere moralmente legittimato, quindi le parti comunicano per il solo scopo di raggiungere un accordo, trascurando ogni minimo interesse perso-nale; b) gli strateghi dell’etica che affermano che la partecipazione dei portatori d’interesse non può essere distaccata ma deve far parte del progetto strategico di un’azienda, altrimenti la partecipazione avviene senza rispettare gli interessi dell’impresa e ciò implicherebbe la richie-sta all’impresa di compiere azioni in modo non razionale.
Sempre sulle modalità di partecipazione c’è poi chi sottolinea che il coinvolgimento dei portatori d’interesse non deve essere obbligato-riamente legato alla responsabilità sociale e distingue quattro situa-zioni (Greenwood, 2007): nella prima, l’engagement diventa un com-portamento socialmente responsabile, tuttavia se giunge ad estremi livelli può portare a risultati non desiderati; la situazione opposta,
ri-spetto alla precedente, è quella in cui l’impresa entra in contatto con investitori o clienti solamente per le transazioni di mercato, situazione che può deteriorarsi quando l’impresa arriva a gestire pratiche che ra-sentano la frode e l’illegalità; la terza situazione è classificata come pa-ternalismo e vede l’impresa che tenta di rispondere agli interessi degli
stakeholders coinvolgendoli poco; l’ultima situazione è quella
strategi-ca, nella quale l’impresa risponde alle necessità degli stakeholders per-ché è coinvinta che questi potrebbero contribuire alla riuscita dei suoi interessi. Se però l’azienda dichiara di volersi servire dell’engagement per soddisfare i bisogni dei portatori d’interesse allora agirebbe in maniera falsa.
Nella ricerca di Maak (2007) si sottolinea la necessità per l’impresa di ampliare i rapporti con le parti esterne ed interne: si dice che il
lea-der responsabile è una sorta di “tessitore di relazioni”, relazioni che
possono portare l’impresa ad avere una conoscenza molto più varie-gata che quindi può contribuire all’arricchimento del suo capitale so-ciale, con l’unico rischio che l’aumento del coinvolgimento con terze parti fa aumentare anche le loro aspettative e potrebbe indurre l’impresa a limitare la sua libertà d’azione.
Molti sono i contributi che denunciano la mancanza di un modello manageriale di riferimento (Cropanzano et al., 2004) e di ricerche em-piriche ad hoc (Habisch et al., 2011), seppure alcune istituzioni suggeri-scono principi e fasi per effettuare lo stakeholder engagement (cfr. tabella n. 5).
Tabella n. 5
Principi e fasi per lo stakeholder engagement
Ente Principi Fasi
UNEP, AccountAbility e Stakeholder Research Associates (2005) Rilevanza: stabilisce cosa è importante per l’organizzazione ed i portatori di interesse. (Il principio trova conferma soprattutto nelle fasi A, B e D)
A. PENSARE IN MANIERA STRATEGICA
Individuare gli stakeholders e mapparli. Definire i possibili benefici del coinvolgimento, gli obiettivi, e, per le tematiche individuate, comprendere il grado di materialità attribuito dai portatori di interesse.
Completezza: permette di conoscere cosa gli stakeholders pensano dell’azienda e gli impatti che il comportamento d’impresa suscitano in questi.
Rispondenza: esige una risposta congrua alle tematiche ritenute rilevanti.
B. ANALIZZARE E PIANIFICARE Visualizzare il modo in cui le tematiche rilevanti sono affrontate dall’organizzazione, si osserva come sono considerate dalle altre imprese (apprendimento dalla rete). È importante per l’impresa saper cogliere cosa è o non è in grado di fare nell’ambito degli issues e sulla base di ciò creare un piano strategico. C. RENDERE PIU’ FORTI LE MODALITA’ DEL
COINVOLGIMENTO
Osservare i punti di forza e, ove presenti, i gaps organizzativi. Definire le capacità necessarie all’azione di coinvolgimento così come gli eventuali ostacoli, creando poi un piano per superarli. D. CREARE IL DISEGNO DEL PROCESSO E IMPLEMENTARLO Scelta dei modi migliori per realizzare l’engagement (si determina il livello, si possono fare delle interviste per fare una selezione delle differenti tipologie); preparazione del modello e realizzazione. E. ESSERE PRONTI ALL’AZIONE, REVISIONARE, RENDICONTARE Elaborazione di un piano per l’azione, rendicontazione ai portatori d’interesse.
Clarkson Centre for Business Ethics di Toronto (1999)
Sette principi per la gestione delle relazioni:
1. identificare gli stakeholders di un'impresa e monitorare in maniera continuativa le loro aspettative;
2. stabilire una comunicazione e un dialogo con gli stakeholders; 3. adottare comportamenti sensibili alle aspettative dei vari gruppi di interlocutori, tenendo conto che questi hanno capacità diverse;
4. distribuire equamente oneri e vantaggi che derivano dalle attività d'impresa;
5.collaborare con soggetti pubblici e privati per fare in modo di minimizzare i rischi e valorizzare i risultati ottenuti;
6. non perseguire attività che potrebbero andare contro i diritti umani fondamentali;
7. saper gestire i conflitti che possono scaturire da una posizione privilegiata dello stakeholder manager (per l’accesso alle
informazioni ed il potere discrezionale), ricordando che la credibilità è necessaria alla fiducia e alla collaborazione di tutti gli stakeholders.
A ben vedere, l’importanza delle interazioni pone in evidenza due aspetti principali:
il ruolo centrale svolto dall’individuo, nelle diverse vesti che ri-copre (dipendente, partner commerciale, rappresentante delle istitu-zioni, ecc.), che consiste nella sua partecipazione al processo cogniti-vo, laddove il coinvolgimento chiama in causa non solo le sue capaci-tà, ma una molteplicità di fattori, da quelli intuitivi a quelli emotivi e sociali;
il ruolo svolto dalle tecnologie delle informazione e della co-municazione (ICT) che favoriscono l’espressione degli individui, at-traverso l’implementazione di sistemi di comunicazione e la costitu-zione di linguaggi, ma che vanno a potenziare anche l’interacostitu-zione tra i soggetti, la condivisione e la socialità. Questi aspetti si pongono poi come i presupposti fondamentali di una conoscenza sovra-individuale.
2. Valorizzare l’engagement: l’intenzionalità e l’interazione per