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Nuovi scenari per la riproduzione dell’opera d’arte nei muse

4.3 Il Google Art Project

Risulta evidente che una delle principali ambizioni di internet, manifestatasi fin dai suoi esordi, è stata quella di trasferire nella dimensione digitale tutto lo scibile umano, di diventare, come ha ricordato la semiologa Isabella

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Pezzini su “Alfabeta”, una sorta di “archivio degli archivi, biblioteca delle biblioteche”274. Non ha stupito più di tanto, quindi, il fatto che dal 2011 il più importante motore di ricerca del web, Google, abbia deciso di mettere online le immagini ad alta risoluzione di opere d’arte dei più grandi e prestigiosi musei mondiali. Si tratta del Google Art Project, realizzato dal Google Cultural Institute che consente anche una visita virtuale delle gallerie e delle sale dei musei in cui le opere sono esposte (dalla Tate alla National Gallery, dai Musei capitolini agli Uffizi, dall’Ermitage al Metropolitan, fino al British Museum e alla Biennale di Venezia), servendosi della tecnologia nota come

street view.

Con questa iniziativa ci si è trovati, per molti aspetti, in una situazione simile a quella verificatasi quasi due secoli prima, con l’avvento della fotografia e le problematiche relative alle prime riproduzioni fotografiche delle opere dei musei. Anche l’avvio di Google Art Project è stato tutt’altro che consensuale, come accaduto allora (v. supra, 3.2.3) quando si levarono voci a favore e contro la riproduzione delle opere d’arte con il mezzo fotografico, e voci a favore e contro la creazione di archivi di immagini (con il Louvre inizialmente diffidente verso i fotografi, al contrario del British Museum). A fronte dei grandi musei citati che hanno subito aderito al progetto, invece altri musei, come i francesi Louvre e Pompidou, si sono inizialmente dimostrati scettici sull’iniziativa, non autorizzando Google a inserire le loro collezioni nel progetto.

La questione della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, in particolare dei musei, sembra quindi non cambiare nonostante i tanti decenni trascorsi. Fra l’avvento della fotografia nel XIX secolo e l’era odierna di internet, si è compiuta la cosiddetta “perdita dell’aura”, che Benjamin aveva legato agli strumenti della riproducibilità tecnica (v. supra, 1.4.2).

274 Pezzini I., Il museo immaginario. Fenomenologia di Google Art Project, in “Alfabeta”, n. 10,

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Ma Paul Valéry l’aveva intravista già nell’idea stessa di museo, dove opere di vario genere e di varia provenienza e di diverso valore vengono messe in mostra perdendo la loro individualità e assumendo un'unica qualità, la cosiddetta “artisticità”. Quest’ultima, col passare degli anni, è diventata nei fatti la merce che domina l’attuale mondo dell’arte, ovvero il cosiddetto “sistema dell’arte”275, come è stato definito tra il XX e il XXI secolo, costituito dai musei, dalle aste, dalle gallerie, dai collezionisti e dalle manifestazioni globalmente più influenti, che diventano strumenti di promozione e autopromozione del sistema stesso276.

Il tema centrale che nuovamente si pone, a distanza di tanto tempo, riguarda il dubbio se la riproducibilità giovi o penalizzi il valore dell’opera e, di conseguenza, il valore della collezione museale (ovvero se la riproducibilità va a vantaggio o meno delle visite al museo dove si trovano gli originali delle opere stesse).

Nuovamente, dunque, si contrappongono due situazioni: da una parte i vantaggi per la società dovuti alla democratizzazione del sapere, dall’altra invece i vantaggi materiali per i musei dovuti dall’esclusività della visione delle opere e gli introiti derivanti dalle autorizzazioni alle riproduzioni. Come per la fotografia delle origini, anche per le iniziative legate alla riproducibilità delle opere sul web, e in particolare per Google Art Project, sono sorti timori non solo per la perdita dell’”aura”, ma soprattutto per il fatto che la visita virtuale avrebbe potuto sostituire quella fisica nei musei e nei luoghi espositivi. I fautori della riproducibilità naturalmente sostengono

275 Sulla nozione di “sistema dell’arte” cfr.: Baia Curioni S., Il sistema dell’arte contemporanea,

pp. 35 – 48, in Negri-Clementi G. (a cura di), Il diritto dell’arte: l’arte, il diritto e il mercato, Vol. 1, Milano, Skira, 2012; Poli F., Il sistema dell’arte contemporanea. Produzione artistica, mercato,

musei, Bari, Laterza, 1999; Vettese A., L' arte contemporanea. Tra mercato e nuovi linguaggi,

Bologna, Il Mulino, 2012

276 Rella F., Dalla riproducibilità alla merce esposta nei nuovi musei, in “La Repubblica”, 11

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che la visita virtuale provochi in ogni caso il desiderio di andare a vedere l’originale, anziché esaurirlo.

L’operazione di Google Art Project si aggancia alla storia della riproducibilità anche perché illustra non solo le singole opere ma anche gli spazi dei musei, come accadeva dalle prime sedute fotografiche nelle collezioni museali, fino alle operazioni successive più sofisticate come nel caso già descritto di Luigi Ghirri (v. supra, 3.3).

La logica che sottende alla riproduzione delle opere nei musei parte infatti dalla considerazione che il museo stesso rappresenti per l’opera d’arte una “cornice” fondamentale. Come osserva Isabella Pezzini,

opere e museo si qualificano reciprocamente in modo tale da riverberare le une sull’altro la loro unicità. L’insieme delle opere costituisce la collezione del museo, i cui tratti sono specifici […] e, data l’unicità che tradizionalmente inerisce all’opera d’arte, la loro presenza, in particolare nei cosiddetti capolavori, rende unici anche i musei.277

Le opere dei musei digitalizzate in alta risoluzione da Google Art Project sono quasi 60 mila, e quattrocento i musei aderenti in cinquanta Paesi. Tramite il social network Google Plus è possibile iscriversi alla pagina dedicata al progetto e costruire anche delle raccolte di immagini personalizzate, o ancora creare mostre e percorsi virtuali. Grazie ad alcune funzioni tecnologiche è possibile inoltre scoprire i dettagli dei quadri digitalizzati, ingrandendone i particolari. Alcune opere sono disponibili in gigapixel, in modo da eseguire zoom che consentono di vedere la pennellata dell’artista e dettagli che sfuggono all’occhio umano. Con la visita virtuale delle gallerie, ribattezzata museum view, si ha la sensazione di muoversi in

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libertà tra stanze e piani, come in una visita privata, senza il frastuono di altri visitatori278.

Tramite uno strumento di ricerca è possibile individuare i musei aderenti al progetto e le opere digitalizzate. Di ogni opera esiste una scheda simile a quella di un museo fisico, con i dettagli: la descrizione del quadro storico artistico, le dimensioni, l’anno di creazione. Alcune schede presentano anche la voce “diritti” in cui si rimanda al museo o alla fondazione che detiene i diritti sulle immagini. Per scaricare le opere bisogna quindi rifarsi alle politiche di copyright di ogni fondazione che ha reso disponibile la digitalizzazione. Tra le funzioni possibili vi è anche l’affiancamento di due opere per poter effettuare un confronto, ad esempio, dello stile pittorico. Un software individua anche opere che abbiano un contenuto simile in termini di composizione dell’immagine, creando associazioni tra artisti di diverse epoche e stili.