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Nuovi scenari per la riproduzione dell’opera d’arte nei muse

4.4 Le grandi collezioni online

A seguito del progetto lanciato da Google e della sua crescita, sono molte le istituzioni che, in un simile contesto, hanno intrapreso iniziative analoghe di riproduzione digitalizzata e liberalizzazione delle loro immagini di opere d’arte.

È stato citato il caso del Louvre, che ha deciso di non aderire al progetto del Google Cultural Institute. Questo perché molte istituzioni francesi hanno preferito rifarsi a progetti nazionali di digitalizzazione delle immagini. Il più importante è il progetto “Agence Photo” lanciato dalla Reunion des Musée Nationaux279, istituzione culturale che si occupa dei musei pubblici francesi.

278 S. A., Il museo in poltrona, in “La Repubblica”, 22 gennaio 2014, p. 35 279www.photo.rmn.fr (consultato il 04.02.16)

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L’agenzia è incaricata, come si legge sul sito web, della valorizzazione e diffusione delle collezioni conservate nei musei nazionali di Francia, tra cui troviamo infatti anche le collezioni del Louvre e del Centre Pompidou. Le immagini, similmente al Google Art Project, sono corredate da una scheda tecnica che ne fornisce le caratteristiche principali. Sulle note di copyright è affermato specificatamente che le immagini sono protette da copyright e non è possibile scaricarle per alcuno scopo senza prima aver chiesto espressa autorizzazione scritta all’agenzia. È interessante notare come le istituzioni culturali francesi abbiano sì digitalizzato le loro collezioni, ma distaccandosi dal Google Art Project, cercando di mantenere una certa autonomia e il controllo diretto sulle riproduzioni delle loro opere. Diverso è l’approccio della National Gallery, del Metropolitan o degli Uffizi, che non solo sono presenti sul Google Art Project, ma si trovano anche su questo archivio francese, come specificato dal sito dell’Agence Photo stessa.

In ambiente anglosassone la riproduzione delle immagini di opere d’arte e le politiche dei musei in materia di copyright sono state segnate da un caso giuridico risalente al 1998, il caso Bridgeman Art Library, LTD. v. Corel Corp. Fondata nel 1972 da Harriet Bridgeman, la Bridgeman Art Library è un importante archivio per la riproduzione di opere d’arte, con sede a New York. La Corel corp. è invece una compagnia di software canadese che fu accusata dalla Bridgeman di aver venduto un CD-rom contenente riproduzioni di opere d’arte in pubblico dominio realizzate proprio dall’archivio, e quindi protette da copyright. Il giudice statunitense tuttavia affermò che un’opera, per essere protetta da copyright, doveva possedere un intrinseco carattere di originalità, che delle “semplici” riproduzioni di opere d’arte, anche se realizzate con grande qualità tecnica, non possedevano280. La distinzione italiana tra opere fotografiche e semplici fotografie (v. supra, 3.1),

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con i relativi diritti, non è quindi contemplata nella disciplina sul copyright, che protegge solo le opere dal forte carattere creativo. Il caso citato è un esempio fondamentale per la giurisprudenza americana, secondo cui le riproduzioni di opere d’arte in pubblico dominio non possono essere protette da copyright, dato che il soggetto è accessibile a tutti281.

Nel 2009 la National Portrait Gallery di Londra è stata coinvolta in un contenzioso simile, quando uno studente, Derrick Coetzee, prese dal sito web della galleria alcune immagini, facendo vari zoom sulle riproduzioni ad alta risoluzione, e caricandole poi su Wikimedia Commons, archivio di immagini con licenza libera, scaricabili per qualunque scopo. La National Portrait Gallery dichiarò che le immagini, anche se riproduzioni di opere in pubblico dominio, erano protette da copyright perché realizzate dalla galleria stessa. Tuttavia non vi fu un vero e proprio caso giudiziario, perché, avendo la vicenda aspetti in comune con il precedente Bridgeman v. Corel., la galleria pensò che fosse meglio cercare un dialogo con lo studente.

Grischka Petri, nel suo saggio The Public Domain vs. the Museum: the Limits of

Copyright and Reproductions of Two-dimensional Works of Art, evidenzia come le

riproduzioni delle opera d’arte in pubblico dominio non siano protette da copyright per legge. Tuttavia molti musei continuano ad adottare politiche di tutela per le loro riproduzioni. Sia il sito della Bridgeman Art Library, sia quello della National Portrait Gallery, nonostante i casi giuridici in cui sono state coinvolte, continuano ad affermare che le riproduzioni delle opere non sono liberamente accessibili. Questo non tanto per questioni di copyright, quanto per un controllo sull’accesso alle collezioni e alla circolazione delle immagini e delle informazioni. Molti musei inoltre sperano di coprire i costi della digitalizzazione e della riproduzione delle loro opere con le entrate

281 Petri G., The Public Domain vs. the Museum: the Limits of Copyright and Reproductions of Two-

dimensional Works of Art, in “Journal of conservation and museum studies”, disponibile su

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della vendita delle licenze. A questo proposito, sono molti gli studi economici282 che evidenziano come queste entrate non siano una “risorsa essenziale”, come affermato da alcune istituzioni, ma siano invece piuttosto irrisorie. Con lo sviluppo delle tecnologie di riproduzione, i costi di digitalizzazione si sono ridotti considerevolmente283. Kristin Kelly ha condotto nel 2013 uno studio284 su 11 musei inglesi e americani (British Museum; Indianapolis Museum of Art; J. Paul Getty Museum, Los Angeles; Los Angeles County Museum of Art; Metropolitan Museum of Art; Morgan Library and Museum, New York; National Gallery of Art, Washington, D.C.; Victoria and Albert Museum, Londra; Walters Art Museum, Baltimora; Yale Center for British Art, New Haven; Yale University Art Gallery, New Haven), da cui emerge che “i guadagni reali e percepiti superano di gran lunga le perdite reali e percepite per ogni museo in questo studio che ha realizzato un progetto di accesso libero delle immagini”285. Inoltre, la guida della WIPO286 Guide on Managing Intellectual Property for Museums, analizza i modelli di business dei musei concludendo che “consentire un libero accesso alle immagini dei musei è in realtà un buon business”287.

282 Deazley R., Photography, Copyright and the South Kensington Experimen, In “Derclaye”, E

ed. Copyright and Cultural Heritage: Preservation and Access to Works in a Digital World, Cheltenham, Edward Elgar, 2010, pp. 77–110; Hamma K., Public domain art in an age of easier

mechanical reproducibility, in “D-Lib Magazine”, disponibile su www.dlib.org (consultato il 04.02.16), Vol. 11, n. 11, Novembre 2005; Pantalony R. E., Managing intellectual property for

museums, Ginevra, WIPO World Intellectual Property Organization, 2013.

283 Allen N., Art Museum Images in Scholarly Publishing, in “Connexions”, 8 luglio 2009; Allon

H., Westermann M, Art History and Its Publications in the Electronic Age, in “Connexions”, 20