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I limiti: quale valorizzazione per i beni culturali?

La riproduzione dell’opera d’arte e i diritti nei muse

2.5 La riproduzione fotografica dell’opera d’arte: fruizione e diritt

2.6.2 I limiti: quale valorizzazione per i beni culturali?

Guido Guerzoni, nel capitolo iniziale de “I diritti dei musei”, si esprime a proposito dei limiti intrinseci alla legge Ronchey, che evidenziavano “la necessità di provvedere in tempi ragionevolmente rapidi all’individuazione di nuove forme di valorizzazione dei beni culturali”166.

Nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, già nell’art. 1 è stabilito che tra i compiti della Repubblica vi siano la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. Entrambi i compiti “concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura”167. All’art. 6, comma 1 è stabilito che:

La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale.168

Al Titolo II sono disposti gli articoli che riguardano nello specifico la fruizione e la valorizzazione. Al Capo II, art. 112, si stabilisce che lo Stato ha il compito di assicurare la valorizzazione dei beni culturali conservati nei luoghi di cultura. Questi ultimi, tra cui vi sono biblioteche, archivi e musei, sono descritti nell’art. 101, e il museo viene definito come una “struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina ed espone i beni culturali per finalità di educazione e studio.”169

Come ricorda lo storico dell’architettura Carlo Tosco, “ogni azione di tutela attiva trova il suo compimento nella valorizzazione”170. Il patrimonio deve

166 Guerzoni G., Stabile S., op. cit., p. 2

167 Cfr. art. 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio 168 Cfr. art. 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggio 169 Cfr. art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio

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essere salvaguardato, ma bisogna anche garantire la sua piena dimensione culturale rendendolo fruibile a tutti i cittadini. La fruizione è infatti il fine autentico della valorizzazione. La tutela è intrinseca, rivolta alla salvaguardia del bene, mentre la valorizzazione è estrinseca, rivolta a ciò che il bene può generare e al suo legame con la collettività171.

Il termine “valorizzazione” vede la sua prima apparizione in questo ambito in un testo normativo della legge 26 aprile 1964, n. 310, istituita dalla Commissione Franceschini, “Commissione di indagine per la tutela e la valorizzazione delle cose di interesse storico, archeologico e artistico del pesaggio”. Successivamente, nel D. l. n. 112 del 31 marzo 1998, all’art. 152, si precisava che le funzioni di valorizzazione comprendevano un miglioramento delle condizioni di accesso ai beni culturali, nonché una loro diffusione volta alla conoscenza, alla promozione di studi e ricerche.

Con la legge del 15 giugno 2002, n. 112 (recante disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia anche di valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture), si annunciava l’istituzione della “Patrimonio dello Stato s.p.a.”, all’art. 7: “Per la valorizzazione, gestione ed alienazione del patrimonio dello Stato e nel rispetto dei requisiti e delle finalità propri dei beni pubblici è istituita una società per azioni, che assume la denominazione di "Patrimonio dello Stato S.p.a."172. È importante notare come in questo caso il termine valorizzazione assuma l’accezione di un’estrazione di valore economico. Ciò significava che le operazioni di valorizzazione del patrimonio, anche culturale, italiano potevano coincidere con la loro messa a reddito173.

La legge Ronchey costituisce, in questo contesto, un’apertura al tema della “valorizzazione” del patrimonio culturale nel senso economico del termine.

171 Ibidem

172 Cfr. art. 7 legge 15 giugno 2002, n. 112 173 Guerzoni G., Stabile S., op. cit., p. 5

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Da una parte infatti si voleva incamerare flussi finanziari dai canoni di locazioni degli spazi e dalle royalty sui fatturati dei concessionari dei servizi, dall’altra si credeva che il patrimonio dei diritti di cui il Ministero era titolare potesse essere sfruttato con maggior incisività. Il legislatore voleva procedere per forme di valorizzazione che, forzando l’interpretazione originale del termine della Commissione Franceschini, regolassero l’anarchia vigente in tema di concessioni a titolo oneroso e libere utilizzazioni, e favorissero l’entrata nelle casse erariali. Si voleva dunque valorizzare, più che i beni culturali, le entrate derivanti dalla vendita delle licenze, per poi reinvestirle in operazioni di tutela e conservazione.

Tuttavia, secondo un’analisi condotta da Guido Guerzoni ne “I diritti dei musei”, la Ronchey fruttava annualmente al Ministero dei beni culturali una somma considerata irrisoria, di poco superiore ai 10 milioni di euro, ovvero lo 0,0045% del bilancio del medesimo per il 2003.

Come già ricordato, la legge Ronchey è stata abrogata, con l’inserimento nel Codice dei beni culturali e del paesaggio di specifiche normative per la riproduzione dei beni culturali, che sono state modificate nel 2014 con il decreto Art Bonus (v. infra, 4.2). Quest’ultimo attua un passo nella direzione di una visione che vede la riproduzione del bene culturale non come “surrogato” dell’oggetto, ma come vero strumento per aggiungere valore e prestigio al bene stesso e per meglio trasmetterlo alle future generazioni174. L’attività di valorizzazione deve inserirsi in un quadro unitario alimentato da tutti i componenti della comunità e promosso dalle istituzioni. I valori in gioco sono molti e il fine da perseguire deve essere sempre il valore culturale, a prescindere da quello economico175.

174 Gallo G., Il decreto “Art Bonus” e la riproducibilità dei beni culturali, in “Aedon. Rivista di arti

e diritto online”, disponibile su www.aedon.mulino.it (consultato il 04.02.16), numero 3, 2014

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Capitolo 3