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I capricci del renminbi e il “deprezzamento”

Capitolo 5 Prospettive per la crescita: tra sostenibilità e

5.2 La crescita della Cina e il mercato immaturo

5.2.2 I capricci del renminbi e il “deprezzamento”

Il 22 luglio 2005, la Banca centrale cinese annunciò la rivalutazione della moneta del 2%: un segnale messo in risalto su tutte le prime pagine del mondo; erano anni che l’Europa e gli Stati Uniti attendevano ansiosamente una rivalutazione del renminbi. Dopo il 2005, i prodotti cinesi cominciarono a diventare

più cari e i prodotti stranieri più convenienti per i consumatori cinesi230.

L’annuncio della rivalutazione della moneta ebbe diverse conseguenze. Innanzitutto Pechino si allontanava dalla parità fissa agganciata al dollaro che determinava il renminbi dal 1994, facendo sì che man mano che scendeva il dollaro,

229 Ivi, p. 49.

230 Federico Rampini, L’impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre

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anche i prodotti cinesi diventavano più convenienti231. Questo apprezzamento

consentiva anche che il renminbi non fosse più agganciato al dollaro, ma bensì a un paniere di valute all’interno del quale si collocavano euro e yen giapponese. Tradotto, significava che se l’euro si fosse apprezzato sul dollaro, avrebbe

provocato un parziale rialzo della moneta cinese232. Nel 2005 l’economia cinese

era sostenuta da una crescita del PIL pari all’11,4%233, per cui, nessuna

rivalutazione sarebbe servita a cancellare il divario di competitività tra Pechino e il resto del mondo, o avrebbe potuto alleggerire l’invasione nei mercati dei prodotti cinesi234.

Lo scenario che è apparso nel 2015 è quello assai più cupo, di una Cina in cui la crescita si è raffreddata, gettando un’ombra sulle prospettive di crescita mondiale. L’economia cinese aveva cominciato a mostrare nuovi segnali di

rallentamento già nel 2014, con una crescita del PIL pari al 7,4%235. Nel mese di

luglio 2015, l’indicatore PMI – l’indice composito dell’attività manifatturiera di un Paese – si è attestato ai minimi storici. Il dato ha provocato un’importante flessione delle materie prime industriali, di cui la Cina è il maggiore importatore globale, portando a un forte ribasso tutte le più importanti commodity. Dietro a questo calo delle quotazioni vi è innanzitutto la questione dell’eccesso di offerta, che, a fronte

della scarsa domanda di mercato cinese, si mostra stagnante236.

L’11 agosto 2015 la Banca centrale cinese ha poi annunciato un valore del renminbi inferiore al 2% rispetto al giorno precedente, puntualizzando che da quel momento avrebbe lasciato che il valore della valuta cinese fosse determinato in

231 Ibid. 232 Ivi. p. 98.

233 Tasso di crescita annuale del PIL calcolato ai prezzi di mercato sulla base della valuta locale costante.

Si veda World Bank (2015) World Development Indicators, URL:

http://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?page=1 (consultato il 28/08/2015).

234 Federico Rampini, L’impero di Cindia, op. cit., p. 99.

235 Si veda World Bank (2015) World Development Indicators, URL:

http://www.worldbank.org/en/publication/global-economic-prospects/data?region=EAP (consultato il 28/09/2015).

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parte dagli scambi condotti il giorno precedente237. Ciò ha fatto pensare che la Cina

volesse abbandonare definitivamente il legame con il dollaro – in teoria il renminbi sarebbe legato a diversi panieri di valute, ma in pratica, è legato alla valuta statunitense – tollerando maggiori oscillazioni della sua valuta. Gli investitori hanno tratto spunto, facendo scendere il renminbi del 2,6% rispetto al dollaro in

soli due giorni238; ma fino a che punto il governo consentirà alla moneta di

scendere? Inoltre, il mondo reale non va sottovalutato, perché l’ipotesi di un contagio nell’economia reale non è da minimizzare. Il calo di prezzi delle commodity eserciterebbe una forte pressione sulle economie degli emergenti produttori ed esportatori di materie prime determinando periodi di difficoltà, a causa delle opacità politiche ed economiche dei suddetti Paesi: ed è proprio qui che si innesterebbe la contaminazione.

A pesare sono stati soprattutto i timori per la capacità di tenuta dell’economia cinese per un possibile aumento dei tassi negli Stati Uniti. L’alterazione profonda del comportamento della Borsa cinese riflette quel significativo scollamento, quella mancanza di coesione tra mercato azionario ed economia reale che domina il Paese: dal 2001 a oggi, il PIL nominale in Cina è

cresciuto di sei volte; la Borsa meno di due volte239. Un’esperienza opposta a quella

sperimentata dagli altri Paesi dalle economie avanzate, dove la Borsa è cresciuta più del PIL nominale, portando a un aumento della quota dei profitti rispetto al

reddito nazionale240. Perciò, in contrappeso di un settore bancario ancora in fase di

lento aggiustamento, non funzionano bene né mercato azionario e né quello

obbligazionario, entrambi caratterizzati da una forte presenza pubblica241.

Quali sono le cause di questi ripetuti punzecchiamenti che provengono

237 James Surowiecki, “China Gambles with the Renminbi”, The New Yorker (articolo in linea). URL:

http://www.newyorker.com/news/daily-comment/china-gambles-with-the-Renminbi (consultato il 28/08/2015).

238 Ibid.

239 Fabrizio Galimberti, “La bolla cinese”, Il Sole 24 ORE, 206, 28 lug. 2015, p. 1. 240 Ibid.

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dall’immaturo mercato azionario? La bolla è stata gonfiata soprattutto dalle compravendite effettuate con denaro preso a debito e garantito con le azioni stesse; fino a quando non vi sono problemi, l’aumentare del valore dei titoli in possesso spinge a compiere altri acquisti. Quando la situazione si complica invece, si è costretti a vendere, perché chi concede i soldi in prestito vuole che il rapporto tra il suo credito e quello dei titoli a garanzia non scenda sotto a un certo livello. Tuttavia, il governo cinese per distrarci dal rallentamento economico ha incoraggiato la creazione di investitori che, grazie ad agevolazioni sui prestiti, hanno scommesso

tutto sul sogno cinese242, il quale, non appena si è verificato il calo dei listini di

alcune aziende statali, si è trasfigurato in un incubo243.

In Cina il mercato azionario sbocciò nel 1990 con la costituzione delle borse di Shanghai e Shenzhen. Il principale fine del governo era quello di risollevare la ristrutturazione delle SOE e di dotarle di ulteriori strumenti finanziari per raccogliere fondi. Tuttavia, allo stato attuale, il ruolo che riveste il mercato azionario è marginale rispetto a quello ricoperto dal credito bancario. Nel mercato azionario cinese, le azioni di tipo A sono riservate ai cittadini cinesi e a un numero ristretto di investitori esteri qualificati; le azioni B sono invece riservate agli investitori esteri e agli investitori cinesi aventi accesso a conti correnti in valuta

242 Il sogno cinese (Zhongguo meng 中 国 梦 ) rappresenta il carattere distintivo, lo slogan,

dell’amministrazione di Xi Jinping non appena divenne Segretario generale del PCC nel 2012. L’obiettivo è quello di realizzare il rinnovamento della Cina, di trasformarla in una “società moderatamente prospera” entro il 2020. Il sogno cinese è composto da quattro parti: portare la Cina a essere una forte potenza (economicamente, politicamente, scientificamente e militarmente); valorizzarne la civiltà (secondo l’equità, la giustizia, l’opulenta cultura e gli alti valori morali); l’armonia (amicizia tra classi sociali); infine sostenere una Bella Cina (ambiente sano, basso inquinamento). La “società moderatamente prospera” è quella in cui tutti i cittadini, rurali e urbani, godono di elevati standard di vita, perciò i principali obiettivi comprendono il raddoppio del PIL pro capite del 2010 entro il 2020 e la completa urbanizzazione entro il 2030 (per circa un miliardo di persone, il 70% della popolazione cinese). Una modernizzazione, quella cinese, che permetterebbe al Paese di riguadagnarsi la posizione di leader mondiale nell’ambito scientifico e tecnologico e di far risorgere la propria civiltà e cultura grazie all’attiva partecipazione del Paese in tutti i settori dell’attività umana (cfr. Robert Lawrence Kuhn, “Xi Jinping’s Chinese Dream”, The New York Times (articolo in linea). URL:

http://www.nytimes.com/2013/06/05/opinion/global/xi-jinpings-chinese- dream.html?pagewanted=all&_r=1 (consultato il 10/09/2015).

243 Vittorio Carlini, “Le cinque cause della «tempesta» su Pechino”, Il Sole 24 ORE 206, 28 lug. 2015,

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estera. Per anni, i titoli emessi sono stati destinati unicamente al finanziamento del debito pubblico ed è tutt’ora il settore statale a dominare il mercato azionario. La liquidità è bassa, la regolamentazione è carente e mancano molti attori necessari – intermediari, come brokers – che riescano a svilupparsi in un ambiente competitivo, con il supporto di un’agenzia di rating affidabile, soprattutto per

quanto riguarda gli operatori locali244.

Ad accedere ai listini di borsa sono soprattutto le imprese statali, mentre il mercato obbligazionario e azionario sono caratterizzati da un’esclusione delle imprese non statali. La mancanza di investitori istituzionali rende questi mercati opachi e perfettamente esposti all’irrazionalità dei piccoli investitori e non facilita il miglioramento della corporate governance. La colpa della situazione in cui versa il mercato finanziario cinese non è imputabile solo al sostegno del governo dato alle azioni, altri fattori creano scompiglio, tra cui lo smisurato indebitamento

privato delle imprese. Il debito pubblico è basso, rappresenta solo il 19% del PIL245,

ma quello privato, che deriva principalmente da sistemi bancari collaterali (il sistema bancario ombra), ha toccato cifre allarmanti. Prestiti che non derivano dal canale bancario tradizionale, ma da un sistema costituito da intermediari finanziari

alternativi, che vale più del 34% del PIL246, e che rappresenta una possibile

componente di instabilità.

Il governo ha corso poi ai ripari svalutando il renminbi cinese, allentando l’aggancio con il dollaro, in ascesa. Con l’Europa ancora in depressione, la responsabilità di trainare l’economia mondiale ricadrà ancora una volta sugli Stati Uniti; ma un possibile rialzo dei tassi potrebbe far schizzare il dollaro e accelerare la caduta delle monete legate alle materie prime, traducendosi in una stretta monetaria che potrebbe bloccare la ripresa statunitense.

244 Valeria Zanier “Il sistema economico”, op. cit., pp. 100-101.

245 Vittorio Carlini, “Le cinque cause della «tempesta» su Pechino”, op. cit., p. 2. 246 Ibid.

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La mossa della svalutazione rimane comunque assai confusa247, perché

cedere ai mercati parte del controllo sulla moneta significa perdere parzialmente il controllo sull’economia. Da un lato si può pensare che la Repubblica popolare abbia voluto svalutare il renminbi per rendere più competitivi i propri prodotti sui mercati globali, ma una svalutazione del solo 2% non dà una spinta alle esportazioni cinesi – ecco perché si può parlare di deprezzamento pilotato, ma non di svalutazione competitiva del renminbi – cadute dell’8,3% nel mese di luglio 2015248.

La strategia di Pechino può altresì essere tradotta come una risposta all’indecisione del FMI sul fatto se concedere o meno lo status di valuta di riserva

al renminbi e la sua inclusione nei Diritti Speciali di Prelievo (DSP)249. La Cina

vorrebbe l’inclusione del renminbi nel paniere di valute che compongono i DSP, in parte, per ragioni di prestigio e, in parte, per aiutare il settore finanziario nell’ottica di una politica di espansione globale. Da questa situazione emergono in ogni caso

dei potenziali vincitori e perdenti250.

I vincitori sono:

 Gli esportatori cinesi, in particolare, le compagnie

automobilistiche e quelle che operano nel settore tessile perché diventerebbero più competitive.

 I rivenditori al dettaglio stranieri, con i beni di consumo

cinesi ancor più a buon mercato.

 I turisti stranieri, in quanto in Cina otterranno maggiori

benefici da un renminbi più svalutato.

247 James Surowiecki, “China Gambles with the Renminbi”, op. cit.

248 Button Wood, “The curious case of China’s currency”, The Economist (articolo in linea). URL:

http://www.economist.com/blogs/buttonwood/2015/08/markets-and-economics (consultato il 12/08/2015).

249 Giorgio Barba Navaretti, “Il futuro cinese dipende dai passi verso l’economia di mercato”, Il Sole 24

ORE 221, 12 agosto 2015, p. 8.

250 BBC news, “China’s Renminbi currency falls for a second day” BBC-Business (articolo in linea).

144 I perdenti:

 Le compagnie cinesi dovranno pagare più interessi sul

debito in valuta estera, in particolare, le società immobiliari e i veicoli finanziari del governo locale.

 Le compagnie aeree cinesi esposte al debito in valuta

estera, perché dovranno pagare elevate bollette di carburante in dollari.

 Gli esportatori verso la Cina, in particolare, di beni di

lusso troveranno più difficile vendere man mano che i prodotti diventeranno più costosi per i consumatori cinesi. La svalutazione non rappresenta esattamente una soluzione ottimale per risanare l’economia, soprattutto perché provoca un aumento dell’inflazione e crea

difficoltà per le aziende in possesso di debiti denominati in dollari251. Con un PIL

che ha cominciato a cedere, il governo punta tutto su una ripresa dei consumi interni e su importazioni di beni di consumo che dovrebbero sostituire il posto delle materie prime. Tuttavia, il passaggio appare critico e pieno di ostacoli.