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Sovra-consumo in USA e sovra-risparmio in Cina: le

Capitolo 3 Crisi economica e insufficienza della domanda,

3.2 Sovra-consumo in USA e sovra-risparmio in Cina: le

La causa che ha fatto scivolare gli Stati Uniti nella grave crisi economica del 2007 è stata la metamorfosi da un Paese caratterizzato da una condizione economica di eccesso di produzione a una di sovra-consumo, scaturita da robuste spese militari e da un eccessivo indebitamento. Questa struttura di disequilibrio è associata a quella presente in Cina, e ha quindi dato vita a un sistema complementare tra i due Paesi. Al contrario degli Stati Uniti, la Cina ha mantenuto un altissimo tasso di risparmio e bassi consumi.

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Il grande surplus delle riserve di valuta estera finanziava il consumo degli Stati Uniti così come gli investimenti basati sui prestiti. Senza l’eccessivo consumo statunitense, la rapida espansione della capacità produttiva cinese si sarebbe arrestata ben prima, con l’ostacolo costituito dall’insufficienza della domanda

interna147. Le due tabelle qui di seguito ci mostrano la stretta relazione tra Cina e

Stati Uniti in materia di squilibri interni.

Grafico 8: indicatore della spesa per consumi finali delle famiglie USA e Cina tra il 2006 e il 2013 in % del PIL

Fonte: World Bank 2015.

Dal grafico 8 possiamo osservare un basso tasso di consumo della Cina, di gran lunga inferiore a quello degli USA. Precisamente, dai dati sulla spesa dei consumi finali possiamo osservare come il tasso di consumo privato in Cina fosse pari al 48,5% nel 2009 e al 49,9% tra il 2010 e il 2013.

Negli Stati Uniti invece, il tasso di consumo privato si è sempre mantenuto elevato, crescendo in maniera decisiva proprio durante il periodo più profondo della crisi finanziaria, toccando l’85,2% nel 2009 per poi attestarsi a una media pari

147 Xiaolu Wang e Fan Gang, “Economic Crisis, Keynesianism and Structural Imbalance in China”, op.

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all’84,5% tra il 2010 e il 2013148.

Il trend opposto si può osservare nel grafico 9 in riferimento al tasso di risparmio in confronto tra i due Paesi. Nel 2006 il tasso di risparmio USA era pari al 19,2% del PIL. A seguito dell’impatto della crisi, nel 2009 scese fino a toccare il 14,5%. Nel 2010 risalì, per poi attestarsi al 18,2% nel 2013. La Cina invece, tra il 2005 e il 2009 ha detenuto un tasso di risparmio medio pari al 50,1% del PIL. Nel 2009, mentre il tasso di risparmio statunitense precipitava, quello cinese

cresceva a una velocità pari al 51,9%149.

Grafico 9: Tasso di risparmio USA e Cina tra il 2006 e il 2013 in % del PIL

Fonte: World Bank 2015.

Al fine di indagare le cause sull’insufficienza del consumo (e quindi dell’eccesso di risparmio) in Cina, possiamo dividere la storia moderna cinese in due fasi.

La prima copre il periodo di pianificazione centralizzata (1952-1977) quando il tasso di consumo cadde dal 79% al 65% come risultato del risparmio

148 Si veda World Bank (2015) World Development Indicators, URL:

http://data.worldbank.org/indicator/NE.CON.TETC.ZS/countries/CN-US?display=graph (consultato il 17/09/2015).

149 Si veda World Bank (2015) World Development Indicators, URL:

http://data.worldbank.org/indicator/NY.GNS.ICTR.ZS/countries/CN-US?display=graph (consultato il

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forzato: strategia utilizzata dal governo per ridurre i salari e i prezzi dei prodotti agricoli, in modo da concentrare le risorse sugli investimenti pubblici nel settore industriale. Questo meccanismo derivava da un’inefficienza produttiva e da investimenti fallimentari che agivano per rimuovere il potenziale problema della sovraccapacità produttiva, creando continui problemi di approvvigionamento. Nella seconda fase, dopo il 1978, diminuzioni del tasso di consumo sono derivate da cause di natura diversa, che possono essere raccolte in cinque punti:

1) L’offerta di lavoro illimitata durante il periodo di riforme. Con la rapida crescita della produzione totale, l’abbondante offerta di lavoro ha prevenuto l’aumento dei salari comportando la riduzione delle quote di reddito da lavoro e dei consumi delle famiglie in termini di PIL. Questa tendenza è stata ridotta con il calo del surplus di lavoro nelle aree rurali, ma la pressione sulla disoccupazione è stata esercitata in maniera ancora più forte dopo la crisi finanziaria globale.

2) Il contrasto tra la lenta crescita dei redditi da lavoro e quella rapida dei redditi non salariali ha portato ad ampliare le diseguaglianze. In queste circostanze, il reddito nazionale è stato distribuito in misura maggiore verso gruppi di residenti ad alto reddito, il cui tasso di risparmio è notevolmente più alto rispetto a quello dei residenti a basso reddito.

3) Mentre i meccanismi di determinazione dell’occupazione e del salario si stavano allontanando da una sfera di influenza statale a una dominata dal mercato, in Cina la legislazione in materia di sicurezza sul lavoro e lo sviluppo della sicurezza sociale sono rimaste indietro rispetto alla maggior parte dei Paesi sviluppati. Ciò ha causato incertezze sul futuro alla popolazione e timori legati all’ombra della disoccupazione, costringendo le persone ad aumentare i propri risparmi.

4) L’incremento del tasso di risparmio nazionale è dovuto principalmente all’aumento dei risparmi aziendali: enormi profitti non distribuiti vengono conservati, contribuendo in questo modo all’alto tasso di risparmio nazionale.

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5) Le industrie che operano nei settori delle risorse naturali che dispongono di un monopolio statale o naturale (produzione di energia, telecomunicazioni, banche, assicurazioni, petrolio, gas naturale, ecc.) dotate di un’inadeguata regolamentazione, non riescono a raggiungere l’ottimo sociale attraverso la competizione di mercato, perciò, la distribuzione del reddito si innesta in direzione dell’ineguaglianza e dell’ingiustizia.

Ciò che poi è avvenuto tra il 2000 e il 2007 può essere spiegato secondo la teoria keynesiana. Poiché insufficienti livelli di consumo possono essere colmati attraverso un aumento degli investimenti (politica monetaria espansiva), tali investimenti determinano un aumento della capacità produttiva il cui effetto sulla domanda di consumo sarà determinato dalla propensione marginale al consumo. Quest’ultima, rappresentata dal rapporto tra l’incremento del consumo e l’incremento del reddito, allarga il divario tra la domanda aggregata (la domanda di beni e servizi) e la domanda effettiva (il livello in cui si attesta la produzione)

perché diminuisce all’aumentare del reddito150.

Nonostante la formazione del capitale si sia sviluppata più repentinamente rispetto all’incremento del PIL, tale crescita non è stata tanto rapida quanto quella risparmio perché l’esistenza della sovraccapacità produttiva ha limitato le opportunità di investimenti redditizi. L’insufficienza della domanda interna ha poi spinto le imprese all’esportazione verso i mercati d’oltremare. Ecco perché le vendite all’estero si erano mantenute notevolmente alte ma, come ci mostra il grafico 10, sono cadute a seguito dell’impatto della crisi.

In Cina le esportazioni si espansero fino a toccare il 35,7% nel 2006, per poi cominciare a piegare verso il basso sfiorando il 23,7% nel 2009; recuperarono immediatamente l’anno successivo a seguito dell’annuncio del pacchetto di stimolo economico Rmb4trn, previsto il biennio 2009-2010, per poi mantenersi a una media

150 Xiaolu Wang e Fan Gang, “Economic Crisis, Keynesianism and Structural Imbalance in China”, op.

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del 24,8% tra il 2010 e il 2013151.

Grafico 10: Esportazioni di beni e servizi della Cina tra il 2006 e il 2014 in % del PIL

Fonte: World Bank 2015.

Attualmente la crescita economia cinese, oltre a essere dipendente dalle esportazioni, è anche fortemente legata a investimenti di capitale altamente inefficienti e tale sostenibilità degli investimenti è garantita dall’alto tasso di

risparmio cinese152.

Alcuni osservatori occidentali ritengono che la Cina abbia un tasso di risparmio elevato perché la sua crescita non è fondata sul progresso tecnologico né sull’innovazione organizzativa, ma bensì sulla soppressione dei salari e quindi dei consumi delle famiglie. Questi osservatori sostengono che un apprezzamento della valuta cinese potrebbe risolvere non solo il problema del persistente debito commerciale statunitense, ma condurrebbe anche a un maggiore benessere della popolazione cinese.

Tuttavia, Paesi come gli Stati Uniti, nonostante le innumerevoli pressioni,

151 Si veda World Bank (2015) World Development Indicators, URL:

http://data.worldbank.org/indicator/NE.EXP.GNFS.ZS/countries/CN?display=graph op. cit.

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avrebbero da guadagnare ben poco da una possibile rivalutazione del renminbi. In primo luogo, perché un apprezzamento del renminbi provocherebbe una spinta inflazionistica, in quanto il valore delle importazioni cinesi aumenterebbe, incrementando i costi per i consumatori americani. In secondo luogo, un apprezzamento della valuta cinese significherebbe che Pechino non avrebbe bisogno di acquistare così tanti titoli del tesoro statunitensi per tenere stabile la sua valuta; questa situazione porterebbe a un’impennata dei tassi d’interesse e,

sospendendo gli investimenti, arresterebbe la crescita statunitense153.

Si possono anche considerare i risparmi cinesi come conseguenza del potere asimmetrico nel mercato del credito e nelle reti di marketing, giacché l’utilizzo di prezzi non lineari (la mancanza di linearità tra il prezzo totale e la quantità) è diventato il principale strumento per le compagnie multinazionali che dominano il mercato delle esportazioni cinesi. Le compagnie e il governo cinesi invece non hanno alcun potere d’acquisto nel mercato internazionale, di conseguenza il loro mercato appare più aperto e competitivo rispetto a quello statunitense o europeo. Ad esempio, l’industria automobilistica in USA è dominata da solo tre compagnie, in Cina invece è composta da più di cento imprese che competono tra di loro, per

sopravvivere devono aggiornarsi in materia di tecnologia, autofinanziandosi154.

Poiché le piccole e medie imprese hanno scarso accesso ai mercati azionari o obbligazionari, tale distorsione produce un tasso molto elevato di risparmio delle aziende cinesi. Perciò, se i depositi individuali rappresentano circa il 50%, il 30%

è costituito dai risparmi delle imprese155.

L’aumento dei depositi riflette l’aumento dei redditi reali a disposizione, mentre i crescenti depositi da parte delle imprese rispecchiano la visione cinese di

corporate governance: restie alla distribuzione dei profitti, le imprese cinesi

153 Chad Salitan, “China’s Currency Regime: The Perceived Threat to U.S. Economy”, International

Affairs Review 21:1, 2010, pp. 84-85.

154 Ibid.

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preferiscono accantonare per investire156. Quindi l’enigma dell’elevato risparmio

connesso alla stabilità finanziaria in Cina non può essere risolto solo dagli alti risparmi delle famiglie, perché a essi contribuiscono nettamente anche le imprese. Il meccanismo propulsore che guida l’economia dovrebbe essere spinto dalle nuove tecnologie e dall’innovazione anziché dai consumi per vincere la competizione internazionale. I Paesi in via di sviluppo, seguendo la ricetta cinese, dovrebbero esplorare tecnologie appropriate e sviluppare un governo efficace per affrontare le

sfide storiche che vi si presentano157.