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I COMPUTER NON POTRANNO MAI GUIDARE UN’AUTOMOBILE

Il contesto tecnologico

2.1 I COMPUTER NON POTRANNO MAI GUIDARE UN’AUTOMOBILE

Il contesto tecnologico

Con l’obiettivo di aiutare il lettore ad affinare la sua capacità di analisi del conte-sto riguardo al potenziale di disruption delle tecnologie digitali, apriamo queconte-sto capitolo con un esempio che riguarda l’evoluzione dei veicoli a guida autonoma. Elenchiamo poi brevemente le altre principali tecnologie digitali ad alto poten-ziale di disruption, e spieghiamo come il loro sviluppo, procedendo secondo una legge esponenziale, continuerà, a ritmo accelerato, a metterci difronte ad innova-zioni inattese e spesso sorprendenti, costringendo noi e le nostre organizzazio-ni, a rincorrerle. Passiamo poi ad illustrare i quattro trend tecnologici fondamen-tali, che sostengono il funzionamento e lo sviluppo di tutte queste innovazioni e quindi della trasformazione digitale della società e delle organizzazioni. Una volta definito il quadro del contesto tecnologico, sintetizzando i contributi della letteratura, arriviamo alla nostra definizione di digital transformation organizza-tiva anticipata nell’introduzione. Il capitolo si chiude con una sintesi dei primi risultati della ricerca attualmente in corso sullo stato della trasformazione digi-tale delle imprese italiane.

2.1 I COMPUTER NON POTRANNO MAI GUIDARE UN’AUTOMOBILE

Fino a pochi anni fa, eravamo piuttosto sicuri di conoscere le relative forze e de-bolezze dei computer rispetto agli umani ma oggi i computer hanno iniziato ad

entrare in alcune aree del tutto inaspettate. Fare alcune considerazioni su questo fatto ci aiuterà a comprendere meglio gli ultimi turbolenti anni e il potenziale impatto delle tecnologie digitali sul mondo del lavoro e dell’impresa.

Una buona rappresentazione di quanto i recenti progressi della tecnologia ci abbiano presi di sorpresa viene dalla comparazione di un libro pubblicato nel 2004 e accuratamente basato sulla ricerca, con un annuncio fatto nel 2010. Il li-bro in questione è The New Division of Labor, degli economisti dell’università di Princeton, Frank Levy e Richard Murane [86] che è una descrizione delle capacità comparative di computer e lavoratori umani.

Nel secondo capitolo del libro: “Why People Still Matter”, gli autori presentano uno specchio di compiti legati al trattamento dell’informazione. Ad un estremo ci sono applicazioni molto lineari di regole note. Questo tipo di compiti possono essere facilmente automatizzati, come sappiamo, i computer sono bravi a seguire le regole.

All’estremo opposto dello spettro della complessità, ci sono i compiti legati alla cosiddetta pattern-recognition, ovvero la comprensione di schemi complessi per la quale è necessario creare collegamenti tra domini diversi, attività per le quali le regole non possono essere esplicitate in modo univoco. The New Division of Labor utilizza come esempio di questo tipo di compiti la guida nel traffico ed afferma che essa non è automatizzabile in quanto l’autista deve processare un flusso costante di informazioni visive, sonore e tattili provenienti dall’ambiente. Per programmare questo comportamento gli autori ipotizzano che si potrebbe iniziare con una videocamera e altri sensori per catturare gli input sensoriali. Ma eseguire una curva a sinistra, incrociando il traffico che proviene dal lato op-posto, in una strada trafficata di una grande città, in un incrocio senza semaforo, implica così tanti fattori che secondo Levy e Murane era praticamente impossi-bile scoprire ed esplicitare l’insieme di regole che potrebbero permettere ad un computer di replicare il comportamento del guidatore. Articolare la conoscenza umana non strutturata ed incorporarla nel software per tutte le possibili situazio-ni era ritenuto dagli autori, solo 13 ansituazio-ni fa, un compito al di là della portata dei computer.

I risultati del primo “DARPA Grand Challenge”, tenuto nel 2004, sembrava dare supporto a tali conclusioni. Il challenge, la sfida, era costruire un veicolo senza pilota che potesse navigare una strada di 150 miglia attraverso il deserto del Mo-have. Il veicolo che vinse la sfida, ma non il premio, non riuscì a compiere nem-meno otto miglia nel percorso ed impiegò ore anche per fare quelle.

Solo sei anni dopo, le cose erano già cambiate profondamente. Guidare nel mondo reale passò dall’essere un esempio di attività che non poteva essere au-tomatizzata, ad esempio di una che era automatizzabile. In un blog post dell’ot-tobre 2010 Google annunciò che le sue automobili completamente autonome del progetto Chauffeur avevano guidato con successo, nel traffico, delle strade ed autostrade americane. Solo due anni dopo, come raccontano Erik Brynjolfsson ed Andrew McAfee del MIT di Boston [87], Chauffeur era cresciuto in una piccola

flotta di veicoli che hanno collettivamente registrato oltre un miliardo di kilome-tri senza nessun intervento umano e con solo due incidenti. Uno capitato mentre una persona guidava l’auto, l’altro quando una Google car è stata tamponata da un guidatore umano mentre era ferma ad un semaforo. I due autori hanno spe-rimentato in prima persona il ruolo di passeggero in una Google car convincen-dosi che questo è un approccio percorribile su larga scala ed in grado di gestire le situazioni di guida di tutti i giorni. In meno di 10 anni l’auto che si guida da sé era già passata dall’essere una fantasia per appassionati di fantascienza, ad esse-re una tecnologia in avanzata fase di industrializzazione. Oggi il progetto della Google self driving car è diventato Waimo, un’azienda del gruppo Alphabet, la holding di Google, che nel maggio 2014 ha presentato la prima auto costruita per avere la guida autonoma, un’automobile senza sterzo, acceleratore, freni o altri comandi. Quest’auto dal novembre 2015 ha avuto l’autorizzazione a circolare per le strade al fine di acquisire ulteriori dati che ne permettano lo sviluppo definiti-vo e l’entrata sul mercato prevista per il 2020.

Ma l’opportunità offerta dai Self Driving Vehicles non è solo a panaggio di Go-ogle. Tutti i maggiori marchi automobilistici stanno sperimentando queste tec-nologie e il gruppo Daimler Mercedes ha già in produzione i Freightliner, una famiglia di camion a guida autonoma che utilizza in alcuni suoi grandi centri produttivi e dal maggio 2015 sono sati autorizzati a circolare nelle autostrade del Nevada [88]. È chiaro che una volta che le automobili si guideranno da sole, gli stessi modelli di business che oggi caratterizzano il settore dell’auto e il suo in-dotto verranno radicalmente ripensati. Oggi siamo costretti per questioni prati-che a dover acquistare automobili prati-che utilizzeremo solo per il 5% del loro tempo utile spendendo svariate migliaia di euro, acquistare o affittare posti auto vicino a casa spendendo altre migliaia di euro, pagare assicurazioni manutenzioni e su-bire rischi di furto oltre che naturalmente mettere a rischio la nostra incolumità personale viaggiando in mezzo ad altri veicoli guidati da persone che come noi possono fare degli errori e causare incidenti stradali.

Nel momento in cui le auto che si guidano da sole saranno una realtà tutto ciò non sarà più necessario. Potremo chiamare l’auto con un semplice tocco sullo schermo del nostro smartphone, farci portare a destinazione, farci tornare a pren-dere, farla andare a ritirare la spesa o prendere i bambini a scuola, il tutto per una frazione dell’attuale costo di un taxi. Per quale motivo dovremmo voler acqui-stare un’automobile? È facile immaginare che maggior parte delle persone userà un servizio simile a Uber ma senza autista. Questo scenario è più che realistico e mette in discussione non solo il modello di business dell’industria automobili-stica basato sulla vendita al dettaglio di grandi numeri di veicoli personali, ma anche il sistema della responsabilità civile e quindi delle assicurazioni auto, non-ché il sistema dei servizi di manutenzione, di distribuzione, di registrazione dei veicoli e, naturalmente, tutti i settori legati alla guida di veicoli per il trasporto di persone o di merci. Insomma un grande numero di persone deve pensare a come cambierà il suo mestiere nei prossimi anni. Una valutazione effettuata da

McKinsey [89] prevede che entro dieci anni i veicoli autonomi – AV – saranno già una realtà nelle flotte industriali, entro venti anni il sistema della logistica industriale sarà ridefinito e dal 2040 gli AV saranno il mezzo di trasporto prima-rio, liberando una media di 50 minuti al giorno agli attuali guidatori, riducendo lo spazio necessario ai parcheggi di miliardi di metri quadri – e liberando le città dalle file di auto parcheggiate ai lati delle strade –, gli incidenti stradali si ridur-ranno del 90% salvando oltre un milione di vite all’anno [90]. Con questa prospet-tiva è chiaro che tutti i governi cercheranno di accelerare l’introduzione degli AV.