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IL RUOLO DEL SOCIAL CAPITAL NELLO SVILUPPO DELLE RETI E NEGLI ECOSISTEMI DI IMPRESE

e innovazione organizzativa

4.3 IL RUOLO DEL SOCIAL CAPITAL NELLO SVILUPPO DELLE RETI E NEGLI ECOSISTEMI DI IMPRESE

Il social capital è necessario alla formazione e mobilitazione del capitale intel-lettuale, o conoscenza e know-how, ai fini produttivi [209]. Il social capital si svi-luppa dalla interazione problem-based tra i membri di una community of practice o comunque tra membri di un gruppo che condivide uno stesso linguaggio ed una stessa interpretazione del problema da risolvere. Il problema condiviso – ad esempio come acquisire utilizzare risorse necessarie a vendere un certo prodotto – attiva una ricerca di modalità per gestire attività e relazioni di interdipendenza tra un’impresa e la sua rete. Il social capital ha l’effetto di fornire un contesto in-terpretativo comune, ovvero dare significato condiviso alle risorse, in particolare alla conoscenza, alle relazioni ed alle competenze, di modo che le risorse posso-no essere più efficacemente mobilitate ed utilizzate per raggiungere obiettivi complementari dei diversi partecipanti al social network. Huysman e Wulf [215] contrappongono il capitale umano, che fa riferimento al patrimonio di abilità individuali, con il social capital, che si riferisce alle abilità collettive derivate dai social network.

Il social capital è tipicamente espresso in tre dimensioni: strutturale, relazio-nale e cognitiva [209]. A supporto del capitale intellettuale, il social capital aiuta a

creare le opportunità strutturali, una motivazione relazionale alla condivisione della conoscenza e l’abilità cognitiva di sviluppare congiuntamente ed applicare la conoscenza condivisa per risolvere i problemi nell’ambito di un contesto social-mente connesso. Il social capital è una risorsa dinamica che ha bisogno di essere utilizzata e rinforzata continuamente e che si prosciugherà e scomparirà in assen-za di un continuo reinvestimento sociale da parte dei partecipanti alla rete. Una delle conseguenze del social capital è che i partecipanti vedono i ritorni dell’inve-stimento e diventano sempre più impegnati a sviluppare e sostenere le interazio-ni cooperative non opportuinterazio-nistiche all’interno della commuinterazio-nity of practice.

Il capitale strutturale è la capacità di accedere e sviluppare informazioni, co-noscenza ed altre risorse che sono essenziali per le attività di business. In pratica, di capitale strutturale è definito dai pattern di connessione o dai collegamenti tra i partecipanti in una rete – intra o inter-impresa. Questi pattern sono descritti dal numero – densità – e dalla varietà – diversità – di connessioni. La densità è quin-di una misura della quantità quin-di connessioni in una rete, la quin-diversità è una misu-ra della varietà di competenze e conoscenze possedute dai membri della rete. Le connessioni possono anche essere sia dirette, come negli scambi uno a uno, che indirette, come in interazioni di tipo broadcast, ovvero comunicazioni pubbliche di determinate informazioni o conoscenze. Le attività di broadcast, producono un aumento sia del numero di connessioni che della loro diversità. Granovet-ter [234] in un articolo fondamentale per chi studia i social network, caratGranovet-terizza i legami forti – srong ties – come quelli che, essendo più diretti, manifestano mag-giore densità, bassa diversità e alta solidarietà tra le parti. In contrasto, i legami deboli – weak ties – presentano maggiori livelli di diversità e sono più indiret-ti. Entrambi i tipi di legami sono importanti nello sviluppo della mobilitazione delle risorse di conoscenza. I legami forti riflettono visioni condivise e impegno verso obiettivi comuni; i legami deboli tendono a servire come risorse di nuova informazione, promuovendo l’acquisizione di conoscenza e l’adattamento stra-tegico. Granovetter osserva che le persone con cui abbiamo relazioni meno in-tense, hanno minori probabilità di essere connesse l’una all’altra rispetto a quelle con cui abbiamo legami forti. Pertanto la rete formata da un’impresa comprende sia una rete a bassa densità, in cui molte delle possibili relazioni tra i diversi com-ponenti sono assenti, che una rete ad alta densità costituita dall’impresa e i suoi partner più stretti, tra i quali è molto probabile che esistano delle linee di con-nessione molto fitte. Il quadro complessivo suggerito da questo argomento può essere visto considerando la situazione di un’impresa, che chiameremo Alpha, all’interno della rete. Questa possiederà un insieme di relazioni di scambio e di condivisione forti che attiva continuamente ed un insieme di relazioni deboli usate raramente. Questa situazione vale anche per un’ipotetica impresa Beta, controparte di Alpha al lato opposto di un legame debole. Anche Beta avrà una sua rete di legami forti e una di legami deboli. Il legame debole tra Alpha e Beta in questo modo, diventa un elemento importantissimo, un ponte fra le due reti a legami forti di cui fan parte le due imprese, al punto che se non ci fosse questo

legame debole, le due reti densamente connesse non sarebbero in contatto tra loro. Ne consegue allora che le reti imprese più chiuse, quelle con molti legami forti e pochi legami deboli, non avranno accesso a molte informazioni presen-ti nel loro ambiente economico e saranno confinate alle nopresen-tizie limitate e alle visioni provinciali del loro ristretto ambito di relazioni forti, tendenzialmente autoreferenziali. Questa deprivazione, non solo le isolerà dalle idee più nuove e dalle ultime tendenze dei mercati, ma le metterà in una posizione svantaggiata di accesso al mercato, in quanto sempre più opportunità di business possono esse-re colte solamente grazie ad un accesso tempestivo ad informazione inattesa che arriva all’impresa attraverso i legami deboli [235].

Mentre il capitale strutturale si riferisce ai pattern di relazioni fra partecipanti a una rete, il capitale relazionale è definito più dalla qualità affettiva ed emotiva delle connessioni stesse. Il capitale relazionale riguarda il desiderio dei parteci-panti di condividere l’informazione e la conoscenza e prestarsi supporto recipro-co, per il solo fatto di percepire un senso d’identità condivisa e un obiettivo co-mune. Per questa ragione, all’aumentare di rispetto e fiducia, le parti saranno più disponibili a condividere la conoscenza, soprattutto la conoscenza tacita.

Infine il capitale cognitivo, è descritto come l’insieme delle risorse che forni-scono una comprensione comune attraverso rappresentazioni, interpretazioni e sistemi di significati, reciprocamente accettate tra le parti di un’interazione [209]. In altri termini nella meglio le persone saranno in grado di connettersi cognitivamente tra loro, meglio capiranno i significati intesi dagli altri durante la comunicazione.

Huysman & Wulf [215] rilevano come, per produrre capitale cognitivo, le ca-ratteristiche dei media, ad es. l’ampiezza di banda, debbano essere adeguate ai fabbisogni della comunicazione necessaria a supportare le ricchissime ed in-tense interazioni capaci di sviluppare consonanza cognitiva. Quando è richiesto un trasferimento di conoscenza esplicita, codificata come ad esempio un listino prezzi, messaggi e-mail una semplice pagina Web possono essere sufficienti. Ma quando conoscenza tacita più complessa deve essere condivisa, ad esempio quando è necessario sollecitare e convincere le controparti rispetto all’affidabili-tà di un fornitore, forme di interazione ben più ricche, ad esempio una conferen-ce call telefonica o una riunione in videoconferenza, saranno molto più efficaci.

La costruzione delle tre componenti del social capital non avviene in modo ca-suale ma segue una sequenza, come possiamo derivare estendendo le classiche fasi formig, storming, norming e performing, osservate da Tuckman studiando i pro-cessi di formazione dei team [236, 237]. La prima fase, quella del forming, in cui il gruppo, o la rete, si forma, è caratterizzata dall’esistenza del solo capitale strut-turale, le persone sono connesse tra loro ma non si conoscono. Il gruppo, comin-ciando ad agire come tale, comincia a misurare le sue risorse attraverso scambi e verifica di informazioni, rafforzando connessioni e fiducia tra i membri, facendo così nascere il capitale relazionale. Nella fase di norming, una volta che la fiducia reciproca ha ampliato e lubrificato i canali di comunicazione, diventa naturale

cominciare a costruire assieme significati e valori condivisi, creando capitale cognitivo. A questo punto il gruppo, o la rete di imprese, è finalmente in grado di costruire nuove competenze, sviluppare nuovi processi, affrontare nuovi pro-getti, questa è la fase del performing, che mette a frutto il social capital per creare intellectual capital.

Si noti che nessuna delle tre componenti, strutturale, relazionale e cognitivo, è sufficiente da sola a generare il social capital. Per ottenere intellectual capital, ov-vero conoscenza utilizzabile all’interno del proprio business network, un’impresa deve essere in grado di sviluppare tutte e tre le forme di social capital. Pertanto per generare social capital utilizzabile, la tecnologia deve essere disegnata per suppor-tare tutti e tre i suoi aspetti fondamentali.

4.4 ORGANIZZAZIONE E TECNOLOGIA A SUPPORTO DELLA FORMAZIONE