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3. Popular music e settore discografico

3.3. I consumatori di musica

I consumatori sono l’ultimo anello della catena. Una volta che la musica è stata ideata, creata, distribuita e diffusa, diventa, infatti, oggetto di consumo degli individui, i quali se ne possono servire nel modo che preferiscono: dall’ascolto privato a quello in gruppo, da quello di tipo riflessivo a quello più disimpegnato (Straw 2001). L’audience degli artisti del campo musicale è sempre stata composta da svariate tipologie di consumatori, che vanno dai collezionisti, come quelli raccontati da Nick Hornby nel romanzo Alta Fedeltà (1999), a coloro che ascoltano la musica come un sottofondo, senza esserne pienamente consapevoli e senza darle molta importanza. Ci sono poi quelli che si spingono oltre ed arrivano a far parte di

fan club (basti pensare alla cosiddetta Beatlemania), o addirittura ad identificarsi con

subculture con le quali condividono non solo la passione per la musica ma anche uno stile di vita più o meno radicale51 (Hebdige 1979). I movimenti punk, skinhead o hip-

hop sono solo alcuni di quelli che si sono alternati nel corso degli anni e che hanno

51 Come osserva Bourdieu (1984), il gusto musicale distingue come forse nessun’altra espressione

umana e quindi è facile capire perché, a partire dalla musica, continuino a costruirsi e decostruirsi comunità di appassionati, che oltre a questo aspetto, condividono anche altri valori e pratiche di vita.

contribuito in maniera decisiva a cambiare lo scenario musicale, nel quale gli artisti hanno operato (Bennett 2001; Shuker 2001).

La musica, specie quella di genere popular, è dunque un prodotto che si presta a varie occasioni d’uso ed anche a diversi tipi di pubblico. Inizialmente era usata specialmente dai giovani, i quali cercavano di distinguersi dagli adulti (Frith 1978, 1981b), ma adesso, con la crescita dell’industria discografica, vengono proposti sempre più spesso anche prodotti diretti ad altri target (Fairley 2001; Negus 1999), come ad esempio il segmento oldie, fatto di persone di età superiore, a cui si rivolge tutto il cosiddetto nostalgia rock, di cui fanno parte band che suonano riprendendo i vecchi sound (Mizzau 2006), o anche band del passato che vengono riproposte attraverso nuovi cofanetti o Greatest Hits (Shuker 2001, p. 193 ss.).

In particolare, come si può leggere in una recente indagine Istat (2006), in Italia sarebbero oltre 42 milioni e 700 mila le persone che dichiarano di ascoltare la musica: una cifra che corrisponde a circa l’82% della popolazione dei maggiori di 11 anni. Non ci sono significative differenze di genere, né di provenienza geografica, tranne una qualche limitata variazione tra Nord, dove se ne ascolterebbe un po’ di più, e Centro e Sud, dove la musica sarebbe leggermente meno importante. Sempre secondo l’Istat, rispetto alla dimensione professionale, le quote maggiori di coloro che ascoltano la musica si riscontrerebbero tra gli studenti (95%) e tra le persone in cerca di prima occupazione (90,7%), mentre – tra gli occupati – le quote più alte di ascolto si rileverebbero tra i direttivi, i quadri e gli impiegati (93,3%), con una differenza di circa cinque punti rispetto agli operai (88,4%). Altri aspetti interessanti emergono se si considera il titolo di studio. In questo modo, infatti, si può osservare come la percentuale di coloro che ascoltano la musica, superi il 91% fra le persone che hanno conseguito la laurea o il diploma superiore, mentre scenda al 62,1% fra chi possiede la licenza elementare o nessun titolo di studio.

L’Istat aiuta anche a capire come, in effetti, l’ascolto della musica sia un comportamento frequente che fa parte del vissuto quotidiano di moltissime persone. In proposito, è stato rilevato che il 56,2% delle persone maggiori di 11 anni che ascoltano musica, l’ascoltano tutti i giorni, il 32,9% lo fa una o più volte a settimana, il 7,3% una o più volte al mese, mentre solo il 3,7% dei fruitori dichiara di ascoltarla meno di una volta al mese. Nello specifico, sembra che la maggior parte delle persone ascolti la musica mentre sta svolgendo altre attività: così dichiara, ad esempio, l’84,5% degli ascoltatori e soprattutto il segmento femminile. L’ascolto

della musica come attività prevalentemente solitaria è invece un’abitudine del 57,5% della popolazione ed è diffusa principalmente tra gli uomini. L’ascolto della musica con altre persone è, infine, una pratica che coinvolge il 44,3% degli individui ed è, anch’essa, più tipica degli uomini.

Per quanto riguarda i generi di musica più ascoltati, si può osservare come prevalga nettamente il popular con tutti i suoi sottogeneri. La musica pop è, infatti, ascoltata dall’86,8% della popolazione analizzata dall’Istat. Segue l’ascolto della musica rock (49,8%) e della musica latino-americana (44,9%), mentre la musica classica la troviamo al 36,5%. Con percentuali comprese tra il 30 e il 20% sono, invece, ascoltate la musica disco/house (30,1%), il blues (29,5%), il folk (27,4%), il

jazz (26,4%) il rap/hip-hop (26,3%) e la musica per bambini (20%). Dedicate, infine,

a un pubblico di nicchia, ci sono la musica country (19,4%), la musica lirica/opera (19,4%), l’etnica/world music (18,9%) la new age (17,6%), il punk/ska (15,2%), la musica elettronica (13,8%) e la metal/dark (12,7%)52. Tale classificazione non trova riscontro nel contesto americano, in cui i dati diffusi dalla RIAA (The Recording

Industry Association of America), riferiti al 2008, dimostrano come sia il rock il

genere più amato (31,8%), seguito da country (11,9%), rap/hip-hop (10,7%),

R&B/urban (10,2%) e pop (9,1%). Al contrario, la musica classica sarebbe ascoltata

solo dall’1,9% delle persone.

Ancora a proposito del contesto italiano, l’analisi condotta dall’Istat permette di effettuare interessanti distinzioni anche riguardanti i generi musicali. Per quanto riguarda il sesso, ad esempio, le donne ascolterebbero prevalentemente musica pop, latino-americana, classica, lirica/opera e per bambini, mentre tutti gli altri generi sembrano prevalere tra gli uomini, con differenze particolarmente significative nei casi del rock, del blues e del metal/dark. I gusti musicali sono indubbiamente collegati anche con l’età: la musica classica, lirica e, in parte, quella rock e quella

folk, sarebbero maggiormente gradite al crescere dell’età. Tutti gli altri generi

musicali sarebbero invece preferiti dai giovani fino ai 24 anni, ma l’interesse tenderebbe a diminuire con l’aumentare degli anni. Importante, inoltre, è anche il

52 Secondo i dati diffusi dall’AC Nielsen, in particolare, la classifica degli album più venduti del 2008

ha visto al primo posto Safari di Jovanotti, seguito da Il mondo che vorrei di Vasco Rossi e Primavera

in anticipo di Laura Pausini. Dopo i primi tre si trovano Secondo tempo di Ligabue, Non ti scordar mai di me di Giusy Ferreri, Back to black di Amy Winehouse, Hard candy di Madonna, Gianna best

di Gianna Nannini, Alla mia età di Tiziano Ferro e Viva la vida or death and all his friend dei Coldplay.

divario dovuto al titolo di studio. Per i generi come la musica classica, le differenze sono particolarmente consistenti, mentre nel caso di altri generi, come ad esempio la musica pop, le differenze sarebbero minori. L’analisi della dimensione professionale mostra, infine, come alcuni generi musicali siano particolarmente amati dagli studenti: musica rock, musica punk-ska e musica disco-house su tutte. I dirigenti, gli imprenditori e i liberi professionisti, al contrario, ascolterebbero più di tutti la musica classica, il jazz e il blues.

Attualmente, considerata soprattutto l’innovazione tecnologia degli ultimi anni, le abitudini dei consumatori di musica si starebbero modificando in modo significativo. Il cambiamento più importante è sicuramente quello legato al consumo di file digitali53 (brani o suonerie), che possono essere ascoltati in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo ci si trovi, soprattutto grazie ai nuovi supporti (lettori mp3 o anche cellulari) che hanno ormai preso il posto dei vecchi walkman (O’Hara e Brown 2006; Cosentino 2006). Radio e TV sono ancora degli importanti trasmettitori di musica e le riviste sono ancora dei punti di riferimento per avere delle informazioni sulle ultime tendenze, ma ormai sarebbe soprattutto Internet il medium attraverso cui le persone si procacciano la nuova musica (Ayers 2006; Giesler 2006; Molteni e Ordanini 2002), ricercano informazioni, recensioni e nuovi artisti, e discutono di tutto questo con gli altri fan del resto del mondo (Ayers 2006; O’Hara e Brown 2006).

Una questione particolarmente rilevante a questo proposito è quella della pirateria, che per quanto esistente da decine di anni, ha trovato nel contesto della rete vita ancora più facile, e attualmente – grazie al sistema peer-to-peer – ha potuto accrescere ancora di più la sua diffusione54. Questa particolare architettura informatica, resa nota dal celebre sito Napster (Giesler 2006), poi chiuso e sostituito da altri simili (Kazaa, Morpheus, eMule, etc.), avrebbe avuto una penetrazione piuttosto alta nel nostro paese, dove i consumatori si sono sempre dimostrati

53

In proposito, i dati diffusi dall’AC Nielsen testimoniano che, nel 2008, i brani più scaricati da Internet sono stati A te di Jovanotti, Non ti scordar mai di me di Giusy Ferreri e Novembre della stessa Ferreri.

54

La stessa IFPI, nel report riferito al 2008, riconosce che ormai il 95% di tutta la musica sia scaricata senza pagare artisti e produttori. Secondo una ricerca svolta dall’Università di Hertfordshire in Gran Bretagna nel 2008, il 63% dei giovani intervistati dichiara di scaricare musica attraverso il peer-to-

peer. Il numero medio di brani scaricati al mese è 53, ma ci sarebbero picchi di persone che

particolarmente sensibili al prezzo dei CD (Stante 2007, p. 47). È evidente quindi che, in un contesto di questo tipo, la possibilità di avere la musica gratuitamente, ancorché esclusivamente in formato digitale, abbia avuto ancora più presa55

.

In proposito, sono in molti gli studiosi che, negli ultimi anni, si sono interrogati sulle conseguenze di breve e lungo periodo di un tale cambiamento di scenario. Tra questi, alcuni sostengono che la pirateria, ormai presente sia in forma fisica che digitale, possa fungere da surrogato dell’originale e pertanto restringere il mercato di riferimento. Per di più lo scenario, reso particolarmente critico anche dalla diffusione di numerosi concorrenti indiretti della musica, come ad esempio i videogiochi – che costituiscono anch’essi un modo per trascorrere il tempo libero (Hesmondhalgh 2007, p. 244) – potrebbe avere un futuro ancora peggiore, in quanto la considerevole perdita di ricavi dovuta alla pirateria tenderebbe a scoraggiare la creatività e l’investimento nell’industria culturale (Stante 2007, p. 53).

Un’altra visione, meno pessimista, pone invece l’attenzione sulle potenzialità offerte dalla rete ed anche dal download tramite peer-to-peer, in chiave di promozione della musica. Non sono pochi, infatti, i consumatori – specialmente tra gli appassionati – che dichiarano di scaricare file da Internet solo per fini esplorativi e quindi per conoscere nuovi tipi di musica, che poi – se apprezzati – possono essere acquistati in un secondo momento (Molteni e Ordanini 2002, 2004). E anche nel caso in cui non si proceda all’acquisto, grazie a questo mezzo, sarebbe possibile conoscere qualche nuovo artista, che poi si potrebbe essere incuriositi a seguire in concerto.

Vale la pena ricordare, infine, come sul consumo di musica i fattori di natura socio-culturale rivestano un’importanza superiore a quelli di tipo strettamente economico o utilitaristico. Il disco, anche come feticcio (Cerchiari 2001), continua ad assumere per molti consumatori un fascino irrinunciabile e difficilmente potrà scomparire del tutto dalle vite degli ascoltatori. È in quest’ottica, quindi, che deve essere interpretata la recente decisione di molti artisti (tra cui ad esempio i Radiohead) di tornare a fare stampare – in controtendenza con l’attuale

55 Alcuni dati diffusi dalla Federazione contro la Pirateria Musicale (FPM) hanno evidenziato come,

in Italia, il 23% degli utilizzatori della rete scaricherebbero musica tramite peer-to-peer. Va detto, comunque, che in Italia permangono drammatici ritardi nella banda larga e nella diffusione di Internet, che in qualche modo frenano anche questo fenomeno. Secondo i dati Istat (2008), nel confronto tra famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiedono accesso ad Internet, l’Italia è quart’ultima in Europa, con una penetrazione del 42% rispetto alla media europea del 60%. Inoltre, sulla banda larga, l’Italia si colloca addirittura al ventesimo posto, con un tasso di penetrazione del 31%, rispetto alla media europea del 48%.

smaterializzazione della musica (Jones 2002) – anche la versione vinile dei loro

album, da sempre preda dei collezionisti.