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3. Popular music e settore discografico

3.2. Il settore discografico e i suoi attori principali

3.2.4. I media

I media, ovvero i responsabili della diffusione della musica nel settore, assumerebbero un ruolo di primissimo piano almeno per due motivi. In primo luogo, perché, accanto alle occasioni in cui gli individui scelgono di ascoltare un certo tipo di musica ad esempio inserendo un CD nell’impianto stereo o andando a un concerto, sarebbero particolarmente importanti anche tutte quelle situazioni in cui non necessariamente l’ascolto sia intenzionale, ma piuttosto risulti casuale e mediato dalla TV, dalla radio, oppure anche dai nuovi media, legati al mondo di Internet (Sibilla 2006, p. 79). Sarebbe soprattutto in questi casi, infatti, che spesso le persone verrebbero a conoscenza di nuovi artisti, di nuovi lavori e, in genere, otterrebbero delle informazioni aggiuntive sul mondo della musica. In secondo luogo, i media rivestirebbero una certa rilevanza perché ogni volta che un brano passa per uno di essi si contaminerebbe con i significati del medium stesso e muterebbe il suo significato originale (Hesmondhalgh 2007; Lash e Lury 2007; Negus 1992; Shuker 2001; Sibilla 2003, 2006). Basti pensare a quando il linguaggio musicale si trasforma per adattarsi al mezzo televisivo nel caso dei videoclip o della pubblicità, a quello teatrale nel caso del musical, oppure viene usato come stimolo all’attività fisica ad esempio nel caso dello spinning. La popular music, dunque, non avrebbe un linguaggio unico, ma anzi ne utilizzerebbe diversi, adeguandosi di volta in volta ai vari contesti sociali e di comunicazione. Sibilla (2003, p. 11), in proposito, parla della popular music come di un fenomeno intertestuale e intermediale, che rivela tutto il suo potere comunicativo modificando il proprio linguaggio a seconda dei contesti in cui appare.

Non è un caso, infatti, se i nuovi artisti o i nuovi lavori di artisti affermati vengano lanciati in modo completamente diverso, rispettando precisi cliché che ormai da tempo si sono affermati nei vari stili e generi musicali (Negus 1992, p. 67). Una boy

band, ad esempio, viene promossa prevalentemente attraverso radio e TV, che sono

quelle che hanno un pubblico più giovane, mentre vengono tralasciati la stampa specialistica, che probabilmente non avrebbe una buona opinione del lavoro, oppure i concerti, che magari questo tipo di band non sarebbe in grado di sostenere. Di esse è importante soprattutto mettere in risalto l’immagine, che deve necessariamente

essere all’ultima moda. Al contrario, un disco o un artista rock possono essere comunicati proprio attraverso un tour d’impatto, le recensioni e le interviste di approfondimento sul lavoro svolto. Il videoclip non è sempre necessario: ad esempio se si tratta di un cantautore, che attira un pubblico di un’età maggiore, o di un artista del circuito indipendente, il cui pubblico è maggiormente legato alla dimensione live della musica e meno a quella dell’apparenza visiva, sarebbe inutile investire in un prodotto che non sarebbe coerente con il target di riferimento (Negus 1992; Sibilla 2006; Stante 2007). Come nota Sibilla (2006, p. 81), quindi, se musicisti, discografici e promoter lavorano la musica, i media lavorerebbero con la musica, diffondendola e contribuendo in modo decisivo a definirne i significati e il posizionamento culturale e commerciale49.

Tra i media, la radio è quello storicamente più importante, in particolar modo per la coerenza esistente tra pubblico di riferimento e prodotti trasmessi. Se si volge lo sguardo al passato è facile vedere come il rock’n’roll sia esploso anche grazie al lavoro svolto in radio da DJ come Wolfman Jack o Alan Freed, che tra l’altro coniò l’espressione stessa rock’n’roll (Sibilla 2006). Oggi il DJ è una figura in via d’estinzione che lascia spazio allo speaker, che tende a parlare e a creare la propria identità attraverso lo stile di conduzione e la capacità di intrattenere, ma la radio, essendo presente nei luoghi più disparati (come centri commerciali, palestre e centri benessere), continua a rivestire un ruolo piuttosto importante nella diffusione e nella costruzione dei significati della musica.

Nei confronti della TV, invece, la musica tende ad avere una relazione meno stabile50

. Salvo il caso delle TV tematiche, come MTV o All Music, che sono nate

49

A tale proposito Goodwin (1992, p. 106) evidenzia come nei video musicali, le band siano spesso presentate in modo diverso da come sono nella realtà. Ad esempio, il video di Paradise City dei Guns’n’Roses mostra la band che si esibisce davanti a migliaia di persone nel Giants Stadium di New York. In realtà, prima di quel video, il gruppo rock aveva realizzato un solo album e non era affatto famoso. Nonostante il video dia l’impressione che la folla sia per loro, le immagini sono estratte dalla loro apertura al concerto degli Aerosmith, veri protagonisti della serata e di cui, all’epoca, i Guns’n’Roses erano gruppo spalla.

50 Tale relazione è, spesso, addirittura conflittuale. Ad esempio, l’uso del playback, tipico delle

esibizioni in TV, dove l’organizzazione di una performance dal vivo risulta particolarmente complicata e impraticabile, è visto da molti artisti come un’opera di falsificazione della loro musica. Questo punto è interessante per capire come, a seconda del target, il linguaggio usato possa essere diverso. Per artisti diretti ad ascoltatori non troppo esigenti, infatti, le esibizioni televisive riuscirebbero a essere efficaci anche se basate sul playback, poiché pensate per raggiungere un’audience appunto generalista, meno legata all’ideologia della musica pura e desiderosa più che altro di vedere il proprio artista preferito, come se fosse un divo della TV o del cinema (Codeluppi 2009; Sibilla 2003).

proprio sul modello radiofonico, nel caso della TV generalista, che appunto ha un pubblico molto vario, è più difficile per la musica trovare spazio. Il concerto di Claudio Baglioni trasmesso in prima serata da Canale 5 il 19 settembre del 2003, pur rivelandosi un grande successo per i discografici per aver ottenuto una media di 2.100.000 spettatori, dal punto di vista televisivo ha costituto un mezzo flop (Sibilla 2006, p. 89). Nonostante questo aspetto, la musica ha saputo comunque ritagliarsi i suoi spazi anche in TV ed è stata protagonista di molti programmi di successo. Su tutti Top of the Pops, nato nel 1964 e trasmesso fino al 2006, ultimamente pure con una versione italiana. In genere, si differenziano quei programmi in cui la musica appare in primo piano (eseguita da musicisti) da quelli in cui la musica rimane in sottofondo (senza mostrarne gli interpreti). Della prima categoria se ne distinguono almeno cinque tipi (Sibilla 2006, p. 91 ss.):



Le comparsate nei vari talk-show o varietà, dove i cantanti si esibiscono generalmente in playback;



I programmi di musica dal vivo, come Night Express, Taratatà o Sonic, che però non sono stati molto longevi soprattutto perché gli scarsi risultati di audience non hanno giustificato il lavoro produttivo necessario;



I media-event, come il Festivalbar o il Festival di Sanremo, che sono due eventi storici nel nostro paese, anche se il secondo, a differenza del primo, è diventato ormai un evento più televisivo che musicale;



I contenitori video-musicali, che sono gli spazi dedicati ai videoclip, i quali, però, faticano sempre di più a trovare spazio anche nelle reti tematiche;



I reality/talent show, come Music Farm, Amici o X-Factor, che tendono a usare la musica esclusivamente a fini di spettacolo, ma riescono anche ad avere un qualche impatto sul mercato musicale, come dimostra il caso di Giusy Ferreri.

La seconda categoria comprende le sigle, gli spot e tutti gli altri casi in cui la musica è in sottofondo e il musicista è fisicamente assente. Ciò non toglie che anche questi spazi abbiano una certa influenza sul mercato discografico. Prova ne sia il successo raggiunto da alcuni artisti perché interpreti di brani di sottofondo di pubblicità o telefilm (Sibilla 2006, p.93). Il caso della T-Band, recentemente lanciata proprio a partire dalla campagna pubblicitaria della Tim, è abbastanza emblematico di tale tendenza.

La stampa costituisce un altro medium fondamentale e un punto di riferimento sia per gli ascoltatori sia per gli artisti e l’industria stessi. Pur essendo l’unico mezzo che non può diffondere direttamente i suoni, ma deve tradurli in testi scritti, la stampa ha, infatti, la capacità di generare credibilità, che è un valore fondamentale per un musicista (Sibilla 2006). La rilevanza di tale mezzo sarebbe dovuta soprattutto al fatto che la stampa musicale non è direttamente integrata con l’industria e quindi mantiene quel distacco che le permette di essere ritenuta maggiormente attendibile (Sibilla 2003). L’importanza dell’editoria si nota anche dall’esistenza dell’ufficio stampa, che le case discografiche usano per pianificare strategicamente la presenza di un loro artista sulle riviste, e la pubblicazione di notizie, interviste o recensioni. Le notizie, nello specifico, possono riguardare pubblicazioni, tour o gossip e – a seconda dei casi – le une tendono a essere preferite alle altre: le testate specializzate, ad esempio, possono essere interessate sia a pubblicazioni che a tour, mentre le testate generaliste tratterebbero solo i grandi artisti e soprattutto gli aspetti umani e non strettamente musicali (Sibilla 2006).