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B. L’evoluzione del risarcimento del danno da lesione dei diritti d

3. I criteri liquidatori oggettivi La Gewinnherausgabe Gewinnaufteilung e

Mentre il primo criterio per la quantificazione del danno risarcibile, seguen- do le regole tradizionali del diritto civile, tendenzialmente non pone pro- blemi di ordine sistematico all’interprete, il quale, infatti, può limitarsi a re- gistrare il significativo aumento dell’incidenza della componente discrezio- nale nella valutazione del giudice, le altre due opzioni a disposizione del danneggiato, ossia il riferimento al canone di un’ipotetica licenza e agli utili illecitamente percepiti dall’autore della violazione, presentano taluni rilievi applicativi su cui è opportuno soffermare l’attenzione.

Si può già avvertire che tali peculiarità scaturiscono dalla natura oggettiva che accomuna i due criteri risarcitori (c.d. objektive Berechnungsarten), in virtù della quale si determina una sorta di scollamento tra il pregiudizio concretamente subito dal danneggiato e la quantificazione giudiziale del ri- sarcimento spettantegli.

Si può iniziare l’analisi dal criterio della Herausgabe des Verletzergewinns, il quale, come si è sopra riferito, è in uso nel sistema tedesco sin dalla fine dell’Ottocento.

Al di là delle questioni relative all’inquadramento dogmatico, che verranno esaminate in apposita sede61, ripercorrendo le pronunce del RG e del BGH, è agevole individuarne il fondamento giustificativo: viene operata una fictio, in forza della quale si equipara la voce di lucro cessante – la cui quantifica- zione, come detto, è particolarmente problematica – al guadagno ottenuto illecitamente dall’autore della violazione62.

60 M.GOLDMANN, Ibidem; F.HACKER, Sub § 14 MarkenG, cit., p. 1165. è evidente che

questa tipologia di danno è particolarmente frequente nelle ipotesi di lesione del marchio altrui. In questi casi, secondo il BGH, quando il risarcimento sia liquidato secondo la

Lizenzanalogie (v. infra, par. 7), «kann der verletzte Zeicheninhaber über die übliche, auf einen zulässigen Vertragsinhalt abgestellte Lizenzgebühr hinaus nach § 252 Abs. 1 BGB Ersatz des Schadens verlangen, der durch eine nicht verkehrsübliche, marktverwirrende und den Ruf seines Zeichens diskreditierende Zeichenbenutzung entstanden ist»: BGH

GRUR 1966, 375, 378 – Meßmer-Tee II; cfr. anche BGH GRUR 1973, 375, 378. Sul rapporto, in particolare, tra questa tipologia di danno e il criterio della Lizenzanalogie si rinvia al par. 7.

61 Cfr. infra, Cap. III.

62 BGH NJW 1973, 800, 801 ss. – Modeneuheit. Più precisamente, si argomenta questa

finzione alla luce di massime di esperienza (Lebenserfahrung): cfr., ex multis, BGH GRUR 1995, 349, 351 – Objektive Schadensberechnung: «Allerdings erlaubt - wovon das BerG

augenscheinlich ausgegangen ist - ein Verletzergewinn im Regelfall den Schluß, daß beim Verletzten ein Schaden eingetreten ist, weil nach der Lebenserfahrung normalerweise davon ausgegangen werden kann, daß dem Verletzten entsprechende eigene Geschäfte (und

Non ha alcun rilievo, invece, la circostanza che non sia possibile individuare il danno patrimoniale diretto, sotto forma di danno emergente o di mancato guadagno, subito dal titolare in conseguenza della lesione del suo diritto: punto di riferimento esclusivo è il valore oggettivo del Verletzergewinn63. Occorre, tuttavia, domandarsi cosa si intenda esattamente per utile ricavato dall’autore della violazione, al fine di comprendere a quale valore sia effet- tivamente parametrato il criterio risarcitorio in esame.

Con riguardo alla sua individuazione, si sono consolidate nella giurispru- denza tedesca alcune regole fondamentali.

In primo luogo, possono venire in considerazione solo gli utili effettivamen- te realizzati dall’autore della violazione nella fattispecie concreta, rimanen- do irrilevanti le ipotetiche Gewinnerzielungsmöglichkeiten nella medesima riscontrabili, tanto nella prospettiva del danneggiante, quanto in quella del danneggiato64.

In secondo luogo, occorre che tra i profitti e l’azione antigiuridica sussista un nesso causale, il quale, però, secondo la giurisprudenza, deve declinarsi

daraus resultierende Gewinnmöglichkeiten) entgangen sind»; BGH BGHZ 57, 116, 119 - Wandsteckdose II; BGH, GRUR 1993, 55, 57 - Tchibo/Rolex II e, più risalente, RG RGZ,

156, 321, 326.

63 Cfr. M.LEHMANN, Präventive Schadensersatzansprüche bei Verletzungen des geistigen

und gewerblichen Eigentums, in GRUR Int., 2004, p. 764 ss., il quale pone l’esempio

dell’imitazione di un orologio di lusso: può benissimo accadere che, dato il prezzo molto elevato, la maggior parte dei consumatori non avrebbe comprato l’originale, mentre, con riguardo all’economica imitazione, si registri una domanda imponente. In questi casi, secondo l’autore, peraltro, il pregiudizio dato dalla «Imageschädigung und Verwässerung» del diritto esclusivo ricorre sempre. Per quanto, quindi, questa

Schadensberechnungsmethode vada nella direzione di una totale astrazione rispetto al

pregiudizio patito dal danneggiato, rimane l’idea di fondo che, poiché, di là delle questioni dogmatiche, esso opera, in concreto, sotto forma di parametro risarcitorio, sia irrinunciabile l’emersione dell’effettiva esistenza di un qualche danno, quale presupposto fondante la responsabilità. Al riguardo, è esemplificativa la citata sentenza Objektive

Schadensberechnung (BGH GRUR 1995, 349, 352), la quale ha negato l’ammissibilità

della Gewinnherausgabe nella fattispecie oggetto di causa, in quanto ci si era resi conto che, paradossalmente, la violazione concorrenziale dell’autore della violazione (un venditore di occhiali) non aveva arrecato danno alcuno al concorrente, ma, addirittura, questi aveva ottenuto un vantaggio dato dalla pubblicità. Così anche G. WAGNER,

Prävention und Verhaltenssteuerung durch Privatrecht – Anmaßung oder legitime Aufgabe?, in AcP, 2006, p. 375. Occorre segnalare, tuttavia, che si registra un sempre più

diffuso orientamento giurisprudenziale secondo cui già la sola circostanza della violazione di un diritto di proprietà intellettuale costituisce un danno a sé e, pertanto, legittima il danneggiato a chiederne il risarcimento secondo i criteri astratti: cfr. BGH GRUR 2009, 515, 517 - Motorradreiniger; BGH GRUR 2010, 239, 240 – BTK.

64 Cfr. K. GRABINSKI, C. ZÜLCH, Sub § 139 PatG, cit., p. 1767; S. ROHLFING, Die

Umsetzung der Enforcement-Richtlinie, cit., p. 206. Proprio sulla base della natura

oggettiva del risarcimento, allora, l’autore della violazione non può impostare efficacemente la sua difesa sul presupposto che il medesimo guadagno non avrebbe mai potuto essere realizzato dal danneggiato, anche nell’ipotesi in cui quest’ultimo non fosse nelle condizioni (o nella disposizione d’animo) di trarre un qualche vantaggio: v. BGH BGHZ 60, 168, 173.

diversamente dal modello tradizionale (nel campo della responsabilità civi- le) della causalità adeguata65.

Tale nesso individua gli utili rilevanti ai fini del calcolo del risarcimento del danno nella misura in cui essi “poggino” (berühren) sull’illecito sfruttamen- to dell’altrui opera dell’ingegno (Gewinnaufteilung) 66.

Come è stato osservato, poi, se la regola generale è quella della riconducibi- lità immediata (unmittelbar) del profitto all’azione antigiuridica, in talune ipotesi possono assumere rilievo anche i guadagni ricavati indirettamente dalla medesima, ferma rimanendo, però, la necessità di accertare che, con alto grado di probabilità, l’utile conseguito dall’autore della violazione deri- vi dall’illecito sfruttamento del diritto altrui67.

65 F. HACKER, Sub § 14 MarkenG, cit., p. 1155; BGH GRUR 2012, 1226, Rn. 20 –

Flaschenträger: «In welchem Umfang der erzielte Gewinn auf die Schutzrechtsverletzung zurückzuführen ist, lässt sich regelmäßig – zumindest mit praktisch vertretbarem Aufwand – nicht genau ermitteln, sondern nur abschätzen. Der erforderliche ursächliche Zusammenhang zwischen der Schutzrechtsverletzung und dem erzielten Gewinn ist daher nicht im Sinne adäquater Kausalität zu verstehen. Vielmehr ist wertend zu bestimmen, ob und in welchem Umfang der erzielte Gewinn auf mit dem verletzten Schutzrecht zusammenhängenden Eigenschaften des veräußerten Gegenstands oder anderen Faktoren beruht»; BGH GRUR 2009, 856 Tripp-Trapp-Stuhl; BGH GRUR 2007, 431, 434 – Steckverbindergehäuse, secondo cui «Dies ist - wie zu Recht bemerkt worden ist - nicht im Sinne einer adäquaten Kausalität, sondern - vergleichbar mit der Bemessung der Mitverschuldensanteile im Rahmen des § 254 BGB - wertend zu verstehen». In dottrina, si

riconosce, infatti, un’analogia tra la valutazione eziologica e in commento e quella che caratterizza il calcolo del risarcimento dovuto al danneggiato, in ipotesi di suo concorso colposo: cfr. KÖHLER, Sub § 9, in ID, J.BORNKAMM,J.FEDDERSEN, in Beck’schen Kurz-

Kommentare, cit., Rn. 1.45.

66 Si tratta di un principio universalmente riconosciuto nel campo della lesione degli

Immaterialgüterrechte: v. T.HELMS, Gewinnherausgabe, cit., p. 259 ss.; K.GRABINSKI,C.

ZÜLCH, Sub § 139 PatG, cit., p. 1767 e la giurisprudenza ivi richiamata, nonché, ex

plurimis, BGH, BGHZ, 34, 320, 323 – Vitalsulfal; BGH, GRUR 1962, 509, 512 – Dia- Rähmchen II; BGH, NJW-RR 2006, 834, 835 – Noblesse. Secondo R. KRAßER,

Schadensersatz für Verletzungen von gewerblichen Schutzrechten und Urheberrechten nach deutschem Recht, GRUR Int., 1980, p. 264, l’utile restituendo andrebbe quantificato

alla luce di un calcolo finalizzato a trovare il “Mittelweg” tra il profitto concretamente ricavato dall’autore della violazione e la differenza tra questo e il valore ipotetico del medesimo, in assenza della violazione. Sul punto v. anche P.MEIER-BECK, Herausgabe des

Verletzergewinns – Strafschadensersatzrecht nach deutschem Recht?, in GRUR, 2005, p.

618 ss., il quale rileva come la giurisprudenza ragioni in termini più semplici, basandosi sulla valutazione equitativa ex § 287 ZPO.

67 Cfr. BGH, GRUR 1962, p. 509 – Dia-Rämchen II: «Dienen die unter Patentverletzung

hergestellten Gegenstände dem Verletzer als Werbeartikel für andere von ihm als Hauptartikel hergestellte Gegenstände, so kann der Verletzte unter dem Gesichtspunkt der Herausgabe des Verletzergewinns auch auf die mit dem Hauptartikel erzielten Gewinne greifen, soweit sie auf die Werbewirkung gerade der mit der Patentverletzung zusammenhängenden technischen Eigenschaften des Werbeartikels zurückzuführen sind».

Cfr. anche H. GRABINSKI, Gewinnherausgabe nach Patentverletzung. Zur gerichtlichen

Praxis acht Jahre nach dem „Gemeinkostenanteil”- Urteil des BGH, in GRUR, 2009, p.

261, il quale osserva che possono venire a rilievo anche gli utili ricavati dalla commercializzazione di prodotti secondari (cc.dd Peripheriegeräten), pur non illeciti, quando essa sia associata alla vendita dei beni lesivi dell’altrui diritto e si accerti che, in assenza di questi, tale vendita sarebbe stata infruttuosa. Lo stesso accade nel caso in cui

Naturalmente, è centrale il profilo dell’onere probatorio relativo alla sussi- stenza di questo nesso: secondo le regole generali, la prova della misura in cui il profitto derivi dalla violazione spetta al danneggiato68, il quale, tutta-

via, può giovarsi di presunzioni, nonché dell’ausilio della valutazione equi- tativa del giudice.

L’operatività del principio della Gewinnaufteilung, per il vero, risulta ora significativamente ristretta, a seguito della pronuncia del BGH Gemeinkos- tenanteil69. In questa sentenza, relativa ad un caso di violazione di un mo- dello di utilità, la Corte ha precisato che il danneggiante non può allegare che parte del profitto derivi anche dallo sfruttamento lecito di risorse proprie (Vertriebsleistungen) o di terzi e chiederne, pertanto, la detrazione dal quan- tum restituendi. Nell’interpretazione del BGH, infatti, l’utile andrebbe di norma restituito «in voller Höhe», mentre il principio secondo cui der Ver- letztergewinn nur insoweit herauszugeben ist, als er auf der Rechtsverlet- zung beruht imporrebbe semplicemente di ponderare quegli elementi del prodotto illecito commercializzato, dai quali si possa evincere che una parte del profitto ottenuto sia effettivamente da imputarsi ad una componente economica diversa dalla lesione del diritto protetto. Da questo punto di vi- sta, secondo il BGH, nell’ipotesi in cui sia lesa l’esclusività di un modello di utilità, non rileva come diminuente la circostanza che la vendita del prodotto contraffatto sia stata agevolata da una rete più sviluppata di relazioni com- merciali, oppure da un grado di Know-how più elevato rispetto al concorren- te: diversamente, potrà tenersi in considerazione che tale prodotto illecito presenti delle qualità intrinseche proprie, tali da aver determinato nell’acquirente la scelta dell’acquisto del medesimo indipendentemente dal- lo sfruttamento dell’opera dell’ingegno violata70.

Ad una analisi più approfondita dei precedenti tedeschi, in realtà, si evinco- no molteplici esempi di circostanze di cui il giudice deve tenere conto nella determinazione dell’utile da retrovertere71, tanto che trova conferma, nella

risulti che un prodotto, di per sé lecito, non sarebbe stato venduto con successo senza la contestuale applicazione di un determinato procedimento brevettato, quando tale diritto sia stato violato.

68 Cfr. S.ROHLFING, Die Umsetzung der Enforcement-Richtlinie, cit., p. 207, la quale rileva

che, in talune fattispecie, possono risultare decisivi fattori ulteriori, quali, ad esempio, la popolarità del marchio dell’autore della violazione, le peculiari strategie di vendita nonché le relazioni commerciali del medesimo, sicché ad una siffatta allegazione di quest’ultimo soggetto, la controprova del danneggiato che voglia dimostrare la decisività dell’azione antigiuridica nella produzione di quell’utile risulterà oltremodo complessa.

69 BGH, Urteil vom 2. 11. 2000 - I ZR 246/98 – Gemeinkostenanteil, u.a. GRUR, 2001,

329. Cfr. A.JANSSEN, Präventive Gewinnabschöpfung, cit., p. 333 ss.

70 Critico, in dottrina, P. MEIER-BECK, Herausgabe des Verletzergewinns, cit., p. 619,

secondo il quale l’utile conseguito dalla commercializzazione di un bene prodotto mediante la lesione di un diritto immateriale altrui è influenzato anche da fattori diversi dalle qualità intrinseche al medesimo, basti pensare all’incidenza del differente marchio nella determinazione del prezzo di vendita di due prodotti qualitativamente identici.

71 Cfr., a titolo di esempio, la sentenza dell’Oberlandesgericht di Francoforte, GRUR-RR,

2003, p. 274, richiamata da T.M. MÜLLER, A. PLAIA, Il risarcimento del danno per

violazione della proprietà intellettuale nel diritto tedesco, in Europa e dir. priv., 2009, p.

stessa giurisprudenza successiva del BGH, l’idea dell’eccezionalità della re- stituzione integrale del profitto72.

In buona sostanza, se è vero che, in seguito alla pronuncia Gemeinkostenan- teil73, risulta ben difficile per il danneggiante ottenere la decurtazione di una parte del profitto da restituire, perché corrispondente a proprie Aufwendun- gen, la quantificazione dell’utile rimane, per sé, il risultato di una stima (Schätzung), ispirata ai canoni della valutazione equitativa (§287 ZPO) e a massime di esperienza relative al particolare settore merceologico e all’opera dell’ingegno violata74.

4. (Segue). Il passaggio dalla Vollkostenrechnungs- alla Teilkostenrech- nungstheorie.

In tema di quantificazione dell’utile rilevante, il passaggio più innovativo della citata pronuncia Gemeinkostenanteil riguarda la questione della detrai- bilità, dalla somma oggetto di restituzione, dei costi sostenuti dall’autore della violazione nel processo produttivo degli utili.

Anche in relazione a questo punto, il principio fondamentale è quello della riconducibilità causale delle spese all’illecito: possono essere prese in con- siderazione solamente quelle voci passive che siano state determinate dalla produzione o dalla commercializzazione dei prodotti lesivi di un altrui dirit- to di proprietà intellettuale.

Sulla base di questo principio, la prevalente giurisprudenza75 abbracciava la teoria della Vollkostenrechnung, considerando deducibili non solo i costi ri- feribili specificamente alle prestazioni aziendali relative ai prodotti illeciti (cc.dd. costi singoli), ma anche una quota proporzionale dei costi generali dell’impresa, ossia di quelli non strettamente riconducibili ad una determi- nata attività produttiva (cc.dd. costi comuni).

Il cuore del problema, come è evidente, risiede nella detraibilità dei costi comuni, poiché in relazione a questi, che per definizione ineriscono alla

la quota degli utili spettanti al danneggiato alla misura del 20% del totale, rivelando come i prodotti in questione fossero di alta qualità, riflessa anche nel prezzo di vendita, e che il segno distintivo non era stato pedissequamente imitato dal danneggiante.

72 Cfr., in particolare, BGH, NJW-RR 2006, 834 – Noblesse.

73 BGH decisione del 2 novembre 2000 - I ZR 246/98, ex aliis, in GRUR 2001, p. 329. 74 H. GRABINSKI, Gewinnherausgabe nach Patentverletzung, cit., p. 263. Ciò limita,

nell’interesse dell’autore della violazione, il contenuto delle informazioni che devono essere condivise con il danneggiato sulla base del suo Auskunftsanspruch. Secondo questa pronuncia, un dettagliato resoconto degli utili ricavati dall’autore della violazione è necessario nella sola ipotesi in cui si pretenda la restituzione per intero del profitto ricavato grazie all’azione illecita. Ciò è possibile solamente quando profitto sia da ricondurre interamente, da un punto di vista causale, alla violazione del diritto immateriale: tuttavia, secondo il BGH, sulla base di una massima di esperienza, ciò deve essere negato con riferimento allo Kennzeichenrecht. Ne deriva che, in questi casi, è sufficiente una quantificazione per stima.

75 Tra le altre, v. BGH, GRUR 1962, 509, 511 – Dia-Rähmchen II; OLG Köln, GRUR

complessità della dimensione aziendale, non è possibile riscontrare un nesso causale univoco con l’attività illecita. In sostanza, anche nell’ipotesi in cui un’impresa non avesse compiuto alcun illecito, questi avrebbero dovuto es- sere comunque versati in eguale misura. Quantomeno nel breve periodo, pe- raltro, queste voci passive sono tendenzialmente fisse, poiché non dipendo- no dalla intensità produttiva del momento (Beschäftigungsgrad).

Secondo autorevole dottrina76, infatti, la scomposizione dei costi comuni e la loro fittizia attribuzione, in quota proporzionale, a ciascun settore produt- tivo dell’impresa è un’operazione connotata da un elevato tasso di arbitra- rietà e non terrebbe conto della realtà economica77.

Il BGH, nella pronuncia Gemeinkostenanteil, di fronte a queste critiche, uni- tamente alla circostanza che l’impostazione dominante, nella prassi, aveva determinato il disuso del criterio della Gewinnherausgabe, risultando gli uti- li netti sistematicamente esigui e comunque di ammontare inferiore a quanto il danneggiato avrebbe potuto ottenere in forza degli altri parametri risarci- tori78, ha mutato radicalmente il proprio orientamento, adottando l’opposta teoria della Teilkostenrechnung79.

Secondo questa ricostruzione, possono essere detratti i soli costi variabili, con l’esclusione quindi dei costi fissi, per due ordini di motivi, tra di loro correlati.

Anzitutto, accogliendo l’insegnamento di Lehmann, la Corte rileva che, pur astrattamente corretta, l’operazione di ascrivere, al singolo prodotto creato o commercializzato, una parte dei costi fissi dell’impresa è, di norma, in con- creto impossibile.

La ragione può rinvenirsi nella natura del costo comune, il quale è riferibile, come si è detto, al mantenimento generale dell’azienda e non ad un concreto settore produttivo della medesima.

In secondo luogo, e di conseguenza, permettendo all’autore della violazione di detrarre una quota ideale di questa tipologia di uscite, si consentirebbe al medesimo soggetto di trattenere una parte dell’utile netto sub specie di ri- sparmio di spesa. Il guadagno, più nello specifico, consisterebbe nell’ottenimento, grazie all’attività illecita, di una parziale copertura di quanto necessario per il mantenimento complessivo della struttura aziendale (Deckungsbeitrag).

Alla luce di queste argomentazioni, si può intuire come il passaggio dalla Vollkostenrechnung alla Teilkostenrechnung non sia il frutto di un muta- mento della prospettiva di fondo, la quale rimane sempre ancorata al princi- pio di causalità, ma segua un ragionamento di necessità. In altre parole, ri-

76 M.LEHMANN, Juristisch-ökonomische Kriterien zur Berechnung des Verletzergewinns

bzw. des entgangenen Gewinns, in BB 1988, p. 1683 ss.

77 La decisione imprenditoriale di intraprendere un’attività illecita non determinerebbe

necessariamente l’aumento dei costi fissi dell’impresa e, tantomeno, sarebbe riscontrabile un nesso di proporzionalità tra questo eventuale aumento e l’incremento produttivo. Sul punto, v.T.HELMS, Gewinnherausgabe, cit., p. 251.

78 Lo rileva, ad esempio, T.HELMS, Gewinnherausgabe, cit., p. 255.

79 Si segnala che tale teoria è seguita anche dall’Obergerichtshof austriaco: cfr. Oberster

spetto ad una scelta logicamente più coerente con tale principio, che impor- rebbe la detrazione di tutti i costi eziologicamente ricollegati ai prodotti ille- citi, si impone una soluzione obbligata, registrandosi l’impossibilità di de- durre una quota dei medesimi senza creare un ingiustificato arricchimento in capo all’autore della violazione. La ragione di tale impossibilità risiede, co- me detto, nell’assenza, anche pro quota, di un nesso eziologico univoco tra i costi comuni ed il singolo prodotto.

Da questo angolo prospettico, si comprende come il BGH non cada in con- traddizione quando ammette, nella stessa pronuncia, che tali costi possano essere, in alcune ipotesi eccezionali, detratti: si tratta di quei casi in cui, questi, pur essendo generalmente qualificati come comuni, per la singolare articolazione della fattispecie concreta, possono essere imputati esclusiva- mente all’attività produttiva incriminata80. È necessario, tuttavia, che si di-

mostri la unmittelbare Zurechenbarkeit della spesa all’illecito.

Nella pratica, la corte risolve la questione articolando, sul piano probatorio, una sorta di presunzione relativa sui Gemeinkosten: si presume l’assenza di un nesso eziologico tra questi e la lesione di un bene immateriale altrui e, quindi, che i medesimi si sarebbero comunque registrati in assenza dell’illecito (cc.dd. “Sowieso”-Kosten). All’autore della violazione, tuttavia, è data la possibilità di fornire la prova contraria, dimostrando che, nel caso di specie, tale nesso sussistesse, essendo queste spese direttamente ricondu- cibili alla violazione81. L’onere di allegazione e di prova è, pertanto, sposta- to sul convenuto, in relazione alla misura di quanto può essere detratto dall’integrale restituzione dell’utile ricavato grazie all’illecito82.

Adottando questo schema, il BGH ha mantenuto fede al principio generale di causalità che, permeando la quantificazione del danno risarcibile, deve