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B. L’evoluzione del risarcimento del danno da lesione dei diritti d

5. Segue) La diffusione del criterio della Gewinnherausgabe, alla luce de

l’Auskunftsanspruch.

Per comprendere la ragione del sostanziale disuso84, in passato, del criterio della restituzione degli utili, nonché della sua riscoperta, in seguito alla pro- nuncia Gemeinkostenanteil, occorre coordinare il discorso relativo al profilo probatorio, sin qui articolato, con il diritto di informazione riconosciuto al soggetto leso (Auskunftsanspruch).

Si deve premettere che in un sistema in cui la determinazione del pregiudi- zio è intrinsecamente incerta, la congruità del risarcimento si realizza neces- sariamente attraverso una scelta consapevole del danneggiato, in merito al criterio da seguire per la quantificazione del danno. Una tale decisione, tut- tavia, richiede la preventiva conoscenza e l’analisi di una vasta quantità di dati, quali l’ampiezza dell’azione lesiva e l’ammontare delle entrate e delle uscite, ad essa eziologicamente connesse, registrate dall’autore della viola- zione. Solamente nella misura in cui la conoscenza del danneggiato sia completa, egli potrà fare valere pienamente il suo diritto al risarcimento del danno85: solo preventivando l’ammontare della liquidazione del pregiudizio secondo ciascun criterio, in altre parole, il titolare del diritto leso può eserci- tare compiutamente il suo Wahlrecht.

Dal canto suo, secondo l’impostazione tradizionale, l’autore della violazione è tenuto a esternare al soggetto leso queste informazioni, in ragione del suo dovere di comportarsi secondo buona fede (§ 242 BGB)86. Nella prassi, tut- tavia, l’adempimento di questo dovere di condotta si è rivelato insoddisfa- cente per il danneggiato sotto diversi profili.

Anzitutto, l’autore della violazione sovente comunicava solo delle stime ap- prossimative degli utili conseguiti in virtù dell’azione illecita, dichiarando di non disporre più della documentazione necessaria a dettagliare le voci eco- nomiche rilevanti87.

Di fronte al dubbio dell’incompletezza o della non veridicità di tali stime, inoltre, il BGH ha tradizionalmente riconosciuto in capo all’attore unica- mente il diritto di domandare il giuramento del convenuto, ai sensi del § 259

84 Osserva, tra gli altri, A.JANSSEN, Präventive Gewinnabschöpfung, cit., p. 316, che, fino

alla fine del ventesimo secolo, circa il 95% delle decisioni relative al risarcimento del danno, questa pretesa veniva liquidata alla luce del criterio della Lizenzanalogie, sul quale v. infra, par. B.8.

85 Così S. ROJAHN, Praktische Probleme bei der Abwicklung der Rechtsfolgen einer

Patentverletzung, in GRUR, 2005, p. 623.

86 Tra le altre, cfr. la pronuncia BGH, GRUR 1978, p. 54 – Preisauskunft. Anche prima

dell’attuazione dell’art. 8 dir. 2004/48/CE, c.d. Enforcement (v. infra), per il vero, erano riconosciute, nelle Sondergesetze relative alla proprietà intellettuale, specifiche

Auskunftsanspruche al titolare del diritto protetto. Il contenuto di tali pretese, tuttavia, non

comprendeva, tra l’altro il prezzo praticato dall’autore della violazione: informazione essenziale per la definizione del Verletzergewinn.

87 S. ROJAHN, Praktische Probleme, cit., p. 624; A. JANSSEN, Präventive

Abs. 2 BGB88, negando invece che sussistesse il fondamento normativo di una sua pretesa alla verifica del rendimento del conto mediante il ricorso ad un revisore89.

Le esigenze sottese al riserbo dell’impresa autrice dell’illecito nel comuni- care dati sensibili relativi alla produzione e distribuzione dei proprio prodot- ti sono facilmente intuibili: la reazione ad un illecito rischierebbe di tramu- tarsi, in questo modo, in un’occasione per il danneggiato di ottenere un co- spicuo vantaggio concorrenziale, derivante dall’acquisizione di informazioni riservate sull’attività del concorrente.

D’altra parte, il necessario rispetto di questa esigenza finiva per tradursi nel- la compromissione dell’interesse risarcitorio del danneggiato. In passato, quest’ultimo, consapevole della possibilità di raggiungere la prova del nesso causale tra la lesione ed il profitto dell’autore della violazione solamente nella ridotta misura in cui questo soggetto lo permettesse attraverso l’esternazione della documentazione necessaria, preferiva, di norma, do- mandare la liquidazione del danno secondo criteri diversi dalla Gewinnhe- rausgabe.

Su questo quadro, la pronuncia Gemeinkostenanteil ha inciso in modo signi- ficativo, ridisegnando la ripartizione dell’onere probatorio90.

In sostanza, una volta dimostrata, da parte dell’attore, la riconducibilità cau- sale del profitto del danneggiante alla lesione del diritto immateriale, questo, come stimato, spetta tendenzialmente per l’intero al danneggiato che voglia valersi di questo criterio risarcitorio. Il responsabile interessato, dal canto suo, può dimostrare l’esistenza di passività ricollegabili univocamente all’azione illecita e, quindi, di costi unitari o variabili, sicuramente detraibi- li, e di costi comuni, deducibili nella stretta misura in cui riesca a provarne la relazione causale esclusiva con l’illecito.

Similmente, egli potrà dimostrare che solo una parte del profitto stimato è eziologicamente riconducibile allo sfruttamento abusivo di un diritto imma- teriale altrui, allegando e dimostrando che il medesimo è il risultato di una pluralità di altri fattori economicamente rilevanti.

A tale fine, tuttavia, sarà di norma necessaria la produzione della documen- tazione contabile attestante con precisione le Aufwendungen di cui l’autore della violazione domanda il computo e, conseguentemente, la detrazione. Ricostruendo in questi termini il riparto dell’onere della prova, l’autore del- la violazione viene sostanzialmente messo di fronte ad una scelta: mitigare il quantum dovuto, anche al costo di rivelare informazioni potenzialmente

88 In dottrina, vi è accordo nel ritenere questo strumento a tutela del danneggiato, rispetto

alla veridicità di quanto oggetto di giuramento, una stumpfe Waffe: così, pittorescamente, U.PROSS, Verleteztergewinn und Gemeinkosten, in Festschrift für W. Tilmann, Köln, 2003, p. 881, il quale rileva che la stessa rilevanza penale di un eventuale falso è nella pratica ridotta, stante lo scarso interesse dei Strafverfolgerungsbehörden a perseguire un “Randerscheinung” di un conflitto civilistico.

89 BGH, GRUR 1984, p. 728 – Dampffriesierstab II, secondo cui, peraltro, nel caso di

lesione dei diritti immateriali, dal fondamento della buona fede non è possibile dedurre l’applicabilità del complesso normativo di cui ai §§ 259 ss. BGB.

sensibili, relative alla propria attività di impresa, oppure restituire l’intero profitto risultante dalla stima, prediligendo mantenere tali informazioni ri- servate.

L’impatto dei principi della sentenza Gemeinkostenanteil sulla prassi giuri- sprudenziale successiva è già stato efficacemente documentato da una re- cente dottrina91, la quale ha evidenziato che, grazie a questa nuova interpre- tazione del criterio liquidatorio, il danneggiato può ottenere, a titolo di risar- cimento, somme ben più elevate del canone di licenza ipotetico.

Si deve osservare, infine, che la direttiva c.d. Enforcement ha significativa- mente ampliato il diritto di informazione del titolare del diritto protetto, ga- rantendo, così, una più ampia consapevolezza nella scelta del criterio risar- citorio92.

6. (Segue). Critiche alla giurisprudenza Gemeinkostenanteil.

La sentenza esaminata, pur avendo inaugurato un solido revirement giuri- sprudenziale, non è andata esente da critiche e perplessità in dottrina.

Anzitutto, ci si è presto domandati se i concetti dettati dalla medesima, con riferimento al modello di utilità, fossero estensibili alle altre opere dell’ingegno93.

In particolare, i maggiori dubbi hanno coinvolto il marchio, poiché esso configura, come noto, un diritto immateriale del tutto particolare. Questo, infatti, a differenza degli altri, non si estrinseca in un prodotto materiale (Verkörperung), ma, semplicemente, costituisce un segno distintivo, ope- rando, in sostanza, come un qualsiasi altro strumento di marketing. Sulla ba- se di questo ragionamento, in dottrina94, si è obiettato che la presunzione di riferibilità eziologica dell’intero profitto alla vicenda lesiva di un marchio, non terrebbe conto delle peculiarità di questo bene immateriale, dalle quali deriverebbe, piuttosto, la necessità strutturale di ponderare altri fattori (in

91 A.JANSSEN, Präventive Gewinnabschöpfung, cit., p. 342 ss. Sul significato “deterrente”

della svolta giurisprudenziale, v. anche ivi, p. 390 ss.

92 Si veda, in particolare, l’art. 8 dir., attuato nelle rispettive Sondergesetze tedesche, sul

quale appare utile il riferimento a J.SCHNEIDER, Die EU-Enforcementrichtlinie 2004/48/EG

und deren Umsetzung in das deutsche Markenrecht, Hamburg, 2009, p. 147 ss. Si osservi,

in particolare, che, in ossequio alla norma europea, si è specificato che il titolare del diritto protetto può venire a conoscenza della quantità del materiale lesivo, nonché del prezzo praticato dall’autore della violazione. Cfr., a titolo esemplificativo, in materia di marchio, K.-H. FEZER, Sub § 19 MarkenG, in ID., Beck’schen Kurz-Kommentare, Bd. 13b, Markenrecht, München, Aufl. 4, 2009, Rn. 55 e, in materia di diritto d’autore, T.DREIER, Sub § 101 UrhG, in T. DREIER, G. SCHULZE, L. SPECHT, Kommentar zum

Urheberrechtsgesetz, cit., Rn. 2.

93 Cfr. U.PROSS, Verleteztergewinn, cit., p. 893. Sulla questione, v. anche A.JANSSEN,

Präventive Gewinnabschöpfung, cit., p. 323 s.

primis, le qualità intrinseche del prodotto) concorrenti nella creazione dell’utile dell’impresa95.

Sembra possibile superare questa obiezione, con l’ausilio di due osservazio- ni.

Anzitutto, da un lato, la quantificazione della misura di partenza dell’utile da retrovertere, come si è detto, rimane il frutto di una stima equitativa, nel- la quale il giudice deve tenere necessariamente conto delle regole di espe- rienza del mercato: ne deriva che se il marchio è apposto a prodotti che pos- siedono qualità sufficienti, tali, cioè che avrebbero permesso una loro frut- tuosa commercializzazione anche in assenza dell’illecito, l’utile non dovrà essere restituito per l’intero. Dall’altro lato, e di conseguenza, risulterà più semplice, per l’autore della violazione, fornire la controprova del concorso causale, nella determinazione del profitto ottenuto, di altri fattori rilevanti, domandando, la deduzione della parte di guadagno ad essi riferibile96. In buona sostanza, non vi è ragione per non ritenere estensibile anche alla lesione del marchio l’apparato di regole probatorie elaborato dalla pronuncia Gemeinkostenanteil. La natura peculiare di questo bene immateriale, tutta- via, giustifica alcuni adattamenti, i quali risultano, peraltro, diretta espres- sione del principio di fondo che governa la quantificazione del quantum de- bendi, ossia il principio di causalità.

Appurata la generale vis expansiva della giurisprudenza esaminata a tutte le categorie di diritti di proprietà intellettuale, si deve ora osservare che anche i contenuti e i metodi della medesima sono stati oggetto di un vivace dibattito in dottrina.

Un primo punto critico riguarda la classificazione dei costi operata dal BGH.

Tacendo il profilo della confusione terminologica tra i costi comuni e i costi fissi – adoperati come sinonimi, pur non designando categorie sovrapponibi-

95 In altre parole, mentre dalla violazione di un brevetto o di un copyright altrui, discende

tout court l’illiceità del prodotto commercializzato, poiché la sua stessa produzione è lesiva

delle prerogative del titolare, nel caso del marchio, il prodotto è creato lecitamente, di per sé, sicché, ad eccezione dell’ipotesi in cui la merce, data la sua scarsa qualità, in assenza di quel segno distintivo, sarebbe rimasta invenduta, la contraffazione o l’imitazione del segno distintivo ha un effetto solo coadiuvante, ma non determinante rispetto al numero delle vendite registrato dall’autore della violazione. Sul punto, si registra anche l’opinione di O. TEPLITZKY, Wettbewerbsrechtliche Ansprüche, München, 1997, Rn. 33, il quale distingue

le ipotesi di lesione dei brevetti e dei modelli di utilità, da un lato, e dei segni di riconoscimento (come il marchio) dall’altro, riconoscendo che, in questo secondo caso, solo altri Schutzrechte potessero essere presi in considerazione per diminuire il quantum dovuto.

96 Cfr. la sentenza BGH, NJW-RR 2006, 834, 835 – Noblesse, concernente proprio

un’ipotesi di lesione del marchio. In tale pronuncia, che ha sostanzialmente esteso la giurisprudenza Gemeinkostenanteil alla violazione di questo diritto esclusivo, il BGH alleggerisce la posizione del danneggiante rispetto all’obbligo di disclosure di informazioni rilevanti, affermando che «Der Umstand, dass nicht der gesamte mit dem Absatz der

widerrechtlich gekennzeichneten Ware erzielte Gewinn herausverlangt werden kann, hat Auswirkungen auch auf den Umfang des Auskunftsanspruchs».

li97 –, si è osservato, in dottrina98, che i giudici di legittimità hanno seguito una tipizzazione operata dalla scienza aziendalistica. In questa disciplina, tuttavia, la distinzione tra costi fissi e variabili, comuni e unitari, ha la pre- cipua finalità manageriale di monitorare le uscite dell’impresa, al fine di controllarle e di elaborare strategie per ridurle. In sostanza, questa suddivi- sione è stata immaginata allo scopo preciso di coadiuvare l’imprenditore nel prendere delle decisioni operative; non è stata pensata, invece per una Ge- winnaufteilung99.

Sulla base di questo ragionamento, una voce dottrinale100 ha proposto di ab- bandonare il riferimento ad una rigida categorizzazione e di valorizzare, ad un tempo, un triplice criterio per la selezione dei costi rilevanti. Andrebbero detratte, in particolare, le spese che, in assenza dell’illecito, non si sarebbero realizzate, quelle che si sarebbero verificate in misura minore (per la parte eccedente), nonché quelle che avrebbero trovato copertura alternativa rispet- to alla produzione illecita101.

Di analoga matrice, inoltre, è l’ulteriore osservazione critica avanzata, da altra dottrina102, con riguardo all’inesaustività della classificazione pretoria dei costi, alla quale non potrebbero essere ricondotte tutte le fattispecie di spesa. Il problema non riguarda tanto i cc.dd. unechte Gemeinkosten103, quanto quelle uscite che possono essere imputate solo parzialmente all’attività illecita104, rispetto alle quali la giurisprudenza, di fronte al difetto di tipizzazione, ha deciso nel senso della loro indeducibilità105.

97 Il rilievo è comune nei commenti alla sentenza Gemeinkostenanteil. Si deve supporre che

il BGH abbia inteso riferirsi alla categoria dei costi comuni, i quali possono essere, tecnicamente, fissi o variabili. Diversamente, i costi fissi possono essere ricondotti unicamente alla categoria dei costi comuni. Sul concetto di costi comuni e sulle sue principali articolazioni pratiche, cfr. U.PROSS, Verleteztergewinn, cit., p. 882 ss.

98 P.MEIER-BECK, Herausgabe des Verletzergewinns, cit., p. 620.

99 La scienza aziendalistica, infatti, conosce più metodi di imputazione dei costi e, a

seconda di quello prescelto, i risultati possono variare. Cfr., ancora, P. MEIER-BECK,

Herausgabe des Verletzergewinns, cit., p. 621, il quale, riporta il pensiero di A.G.

COENENBERG, Kostenrechnung und Kostenanalyse, Stuttgart, 2012, p. 35: «Grenzinformationen können nicht losgelöst von ihrem Kontext werden. Sie werden unter

einengenden Voraussetzungen bzw. für ihre bestimmte Entscheidungssituation erhoben und besitzen auch nur für diese Gültigkeit». Si veda anche T.HELMS, Gewinnherausgabe, cit., p. 252 ss., il quale preferisce distinguere tra Verletzungskosten (detraibili) e

Bereitschaftskosten (non detraibili).

100 P.MEIER-BECK, Herausgabe des Verletzergewinns, cit., p. 622.

101 P.MEIER-BECK, Ibidem. Secondo, l’Autore, infatti, occorrerebbe apprezzare la regola di

esperienza in base alla quale un imprenditore tende ad adeguare sempre i costi al suo apparato produttivo, sicché, nel ragionamento ipotetico, ex post, di eliminazione dell’attività illecita, si dovrebbe rilevare che il medesimo avrebbe, alternativamente, ridotto la capacità dell’azienda o rimpiazzato la produzione.

102 K.GRABINSKI, Gewinnherausgabe nach Patentverletzung. Zur gerichtlichen Praxis acht

Jahre nach dem „Gemeinkostenateil“-Urteil des BGH, in GRUR 2009, p. 260, 262.

103 Si veda supra, nota 80 e infra nel testo.

104 Si pensi alle retribuzioni del personale che lavora per un determinato numero di ore alla

produzione illecita e per il rimanente in altri settori produttivi dell’impresa.

Entrambi i rilievi esaminati condividono, a ben vedere, il fondamento: essi, infatti, muovono dalla considerazione che la aprioristica distinzione tra le varie tipologie di costi non soddisfi il principio di causalità, il quale dovreb- be esclusivamente, in ultima analisi, informare il criterio di distinzione tra voci rilevanti e irrilevanti.

Per il vero, come si è visto, la pronuncia Gemeinkostenanteil lascia inaltera- to il cardine eziologico fondamentale della ripartizione dei costi, che aveva ispirato la previgente impostazione della Vollkostenrechnung. All’opposta visione della Teilkostenrechnung si giunge indirettamente, per effetto della ricalibratura dell’onere probatorio delle parti: l’autore della violazione, in- fatti, è ora gravato del rischio di non riuscire a dimostrare l’esistenza di un nesso tra una determinata spesa e l’attività lesiva dell’altrui diritto.

Se questo onere può essere agevolmente soddisfatto con riferimento a quelle voci passive direttamente riferibili all’articolazione produttiva incriminata, maggiori complicazioni sorgono con riguardo ai costi che ineriscono all’intero assetto aziendale.

In sostanza, non è esclusa in assoluto la detraibilità dei Gemeinkosten: è semplicemente più difficile, in rerum natura, dimostrarne la derivazione causale dall’attività illecita. A ciò si aggiunge che il BGH ha imposto, quale parametro stringente di soddisfazione di tale onere, la necessaria prova della unmittelbare Zurechenbarkeit.

Tale parametro, in ultima analisi, non costituisce un superamento del princi- pio causale, quanto, piuttosto, un restringimento delle maglie di ciò che può ritenersi, ai fini della quantificazione del quantum debeatur, eziologicamen- te rilevante. È innegabile, in ogni caso, che si tratti di una scelta di valore (Wertentscheidung), e non di stretta coerenza con il principio di causalità106. Cosa significhi, in concreto, unmittelbare Zurechenbarkeit dei costi comuni all’attività illecita, tuttavia, non è chiarito dalla pronuncia in esame. Come è stato puntualmente segnalato in dottrina107, peraltro, in un arresto di poco successivo108, il BGH ha evitato di dare un’interpretazione eccessivamente

rigida alla precedente massima, con ciò volendo scongiurare l’estremo op- posto di rendere, nella pratica, indeducibile questo tipo di costo.

Al fine di risolvere tale questione interpretativa, può essere d’ausilio la valu- tazione delle circostanze della fattispecie concreta. Nel caso deciso dalla sentenza Gemeinkostenanteil, ad esempio, autrice della violazione era un’impresa di dimensione paragonabile a quella del concorrente leso, sicché si poteva desumere che i costi fissi, sopportati da entrambe le parti, fossero sostanzialmente coincidenti. Per questa via, la Corte ha argomentato che il danneggiato, se avesse sfruttato il proprio diritto esclusivo in modo analogo

106 T.HELMS, Gewinnherausgabe, cit., p. 255 ss.

107 T.HELMS, Gewinnherausgabe, cit., p. 256: «So hat der Bundesgerichtshof (...) nun auch

etwas stärker in den Vordergrund gestellt, dass die Nichtberücksichtigung von Fixkosten lediglich eine Grundlege darstelle, die immer dann durchbrochen werden müsse, wenn die in Frage stehende Kosten doch der schutzrechtsverletzenden Produktion zugerechnet werden können».

a quanto fatto dal danneggiante, avrebbe ricavato una copertura economica corrispondente per i propri Bereitschaftskosten. La conclusione della gene- rale indetraibilità di questa categoria di costi è apparsa, pertanto, logica in una simile ipotesi. Questo ragionamento, tuttavia, non appare valido in ogni circostanza109. Si pensi, ad esempio, al caso dell’impresa di grandi dimen- sioni che dirotti parte della propria capacità produttiva sulla fabbricazione di un bene lesivo del brevetto registrato da un piccolo imprenditore e tale ille- cito sia stato perpetrato a danno di quest’ultimo solo colposamente. In que- sta ipotesi, – si è sottolineato110 – non si può certo dire che il danneggiato riceva la parte dell’utile corrispondente ai costi comuni dell’autore della violazione non detratti, in quanto coincidenti con quelli che egli avrebbe ipoteticamente sostenuto: anzitutto, non è detto che il titolare del diritto pro- tetto fosse effettivamente intenzionato a sfruttarlo economicamente e, in se- condo luogo, in ogni caso, i costi dei soggetti coinvolti per il mantenimento dell’assetto aziendale potranno avere valori molto diversi, in funzione della differente dimensione. Inoltre, la regola dell’indetraibilità dei costi comuni potrebbe costituire una sanzione iniqua per chi abbia commesso l’illecito so- lo in colpa lieve.

Attenta dottrina111, tuttavia, non ha mancato di osservare che il riferimento alla situazione patrimoniale del danneggiato, così come al Deckungsbeitrag che egli, in concreto, avrebbe potuto ipoteticamente trarre se avesse sfruttato in modo analogo il proprio diritto immateriale, è in contraddizione con i principi consolidati, sopra esaminati, che governano la dreifache Schadens- berechnungsmethode.

In particolare, un ragionamento di questo genere violerebbe il Verqui- ckungsverbot tra i criteri risarcitori112, poiché la valutazione delle effettive possibilità di guadagno del soggetto leso attiene specificamente, come noto, alla voce di lucro cessante, quale componente del danno calcolato secondo le regole ordinarie dei §§ 249 ss. BGB (primo criterio: konkrete Schaden). Ne deriva, pertanto, che, a rigore, dovrebbero essere prese in considerazione solamente le circostanze concrete oggettive113 che vengano a rilievo dalla prospettiva dell’autore della violazione.

Per questa via, si è concluso che soddisfano il requisito della unmittelbare Zurechenbarkeit quei costi che, pur tradizionalmente qualificandosi come

109 Rileva, puntualmente, P.MEIER-BECK, Ibidem: «Der Gedanke, dem Verletzer solle oder

dürfe kein Deckungsbeitrag zu seinen fixen Gemeinkosten verbleiben, läuft in Wahrheit auf die Fiktion hinaus, den Verletzer so zu behandeln, als habe er für die Verletzung nur variable Kosten aufwenden müssen, wobei als Begründung die weitere Fiktion dient, dem