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B. L’evoluzione del risarcimento del danno da lesione dei diritti d

9. Osservazioni conclusive: il rapporto tra la dreifache

Già l’evoluzione legislativa del rimedio risarcitorio nei confronti delle vio- lazioni di diritti di proprietà intellettuale – sopra analizzata151 –, ha eviden- ziato il ruolo primario che, in questo campo, gioca la valutazione equitativa nella determinazione del risarcimento del danno.

Si tratta ora di capire quale rapporto sussista, nell’ordinamento tedesco, tra questa facoltà giudiziale – riconducibile attualmente al § 287 ZPO152 – e il triplice criterio di risarcimento del danno elaborato dalla giurisprudenza. Anche muovendo dall’opzione interpretativa che iscrive la Lizenzanalogie e la Gewinnherausgabe nell’alveo dell’unitaria pretesa risarcitoria153, sembra possibile tracciare, quantomeno su un piano logico, una netta linea di de- marcazione tra i due modi di procedere, i quali pure hanno, entrambi, lo scopo di definire, in modo soddisfacente per il danneggiato, il quantum de- beatur in ipotesi in cui risulta impossibile – o oltremodo complesso – dimostrare l’effettivo ammontare del pregiudizio patito.

A ben vedere, pur partendo da analoghe premesse e, pur avendo, probabil- mente, radici comuni, criteri alternativi e valutazione equitativa operano su piani diversi.

La discrezionalità, che il § 287 ZPO (del tutto similmente all’art. 1226 cod. civ.) concede al giudice, attiene esclusivamente alla valutazione degli ele-

149 La motivazione del BGH, slegando dalla finalità risarcitoria la possibilità di tenere conto

del Marktverwirrungsschaden in sede di calcolo della Lizenzgebühr, permette tecnicamente di ottenere una analoga somma anche quando il soggetto leso agisca a titolo di

ungerechtfertigte Bereicherung (§ 812 BGB). Sul rapporto tra azione di arricchimento e

azione di responsabilità, si rinvia al Cap. III.

150 Non può negarsi che il calcolo della licenza dovuta diventi, in questi casi più difficile,

poiché manca un parametro di mercato di riferimento. Come afferma efficacemente A. OHLY, Ibidem, infatti, «Einen Markt Schädigungslizenzen gibt es aber nicht». Egli rileva come la stessa giurisprudenza abbia superato l’obiezione poiché «grundsätzlich jede

Zustimmung käuflich ist, wenn nur der Preis hoch genug ist» e, talora abbia, come ad

esempio nella pronuncia OLG Düsseldorf, GRUR-RR 2003, 209, 210, tenuto conto della necessità di assicurare una funzione deterrente dell’illecito. Lo stesso autore, peraltro, insiste su un ulteriore punto chiave, ossia la prospettiva del danneggiato, al quale l’aumento forfettario di licenza permette di superare le immaginabili difficoltà probatorie in relazione a questo particolare tipo di danno. Sono proprio tali difficoltà a sconsigliare al titolare del soggetto leso di azionare autonomamente il Marktverwirrungsschaden secondo la via “ordinaria” dei §§ 249, 251 BGB.

151 Vedi supra par. B.1.

152 È considerato una concretizzazione di tale norma, è appena il caso di ripeterlo in questa

sede, il § 252 BGB, relativo alla quantificazione del lucro cessante. Vedi supra, par. A.2.

menti di fatto dedotti in giudizio dalle parti, allo scopo precipuo di quantifi- care il risarcimento nella misura più vicina possibile al reale pregiudizio su- bìto dal danneggiato. Questo modus operandi non sposta il target della quantificazione, il quale è costituito dal “danno”, e, quindi, dalla diminuzio- ne patrimoniale immediata e dall mancato guadagno, conseguenti alla lesio- ne.

La dreifache Schadensberechnungsmethode, invece, risponde al problema di una endemica incertezza del quantum, in particolare del lucro cessante, attraverso un procedimento di astrazione, sorretto da talune fictiones cristal- lizzatesi nella prassi giurisprudenziale.

Posto che, sovente, non è possibile stabilire, con una “gewisse Wahrschein- lichkeit”154, il mancato guadagno del titolare del diritto immateriale leso, si aggancia il risarcimento di questo pregiudizio, alternativamente, all’ammontare dell’utile dell’autore della violazione – presumendone iuris et de iure una corrispondenza tra il lucro ottenuto dal danneggiante e quello perduto dal danneggiato – o al canone di licenza ipotetico – presumendo che le parti lo avrebbero concordato nella stipulazione di un contratto.

Seppure questi elementi possano certamente avere un rilievo anche nella va- lutazione equitativa del danno concretamente subito dal titolare155, la diffe- renza sostanziale consiste nel fatto che essi, possono essere qui presi in con- siderazione dal giudice, nella misura in cui ne agevolino l’indagine, volta alla determinazione del pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato. In questa valutazione, tali elementi, quindi, hanno unicamente un valore orientativo: sono solo indizi, che possono essere ponderati e financo cumu- lati dal giudicante, con il divieto tradizionale, naturalmente, di operare du- plicazioni risarcitorie.

La possibilità di una ponderazione giudiziale si traduce, per il danneggiato, in un alleggerimento del carico probatorio, ma non muta, almeno in linea teorica, ciò che egli può ottenere.

Non opera, in definitiva, un’astrazione rispetto dal pregiudizio concreto156.

I criteri alternativi di quantificazione del danno, invece, fondandosi proprio su un’astrazione, giungono al punto di scindere il risarcimento dal pregiudi- zio concreto, ripiegando su indici diversi di “compensazione”157 che, ten-

denzialmente, sono di più immediata individuazione.

154 Si ricordi, a questo proposito, l’interpretazione fornita dalla dottrina prevalente e dalla

prassi al termine «Wahrscheinlichkeit», che il § 252 BGB fissa come parametro per la quantificazione del lucro cessante. Vedi supra, par. A.2.

155 Il primo parametro, ad esempio, può certamente essere preso in considerazione dal

giudice quando il danneggiato e l’autore della violazione siano concorrenti diretti e abbiano dimensioni paragonabili; il secondo criterio, invece, può rilevarsi utile quando i soggetti coinvolti siano imprenditori che operano su mercati diversi e il titolare del diritto leso sia solito concedere in licenza il proprio bene immateriale.

156 Spiega bene il concetto K.LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, cit., p. 511 ss., secondo

si può parlare di “risarcimento astratto” solo quando vi sia una «gesetzliche

Pauschalisierung des zu ersetzenden Schaden», mentre non sarebbe all’uopo sufficiente

una semplice Beweiserleichterung.

157 Se si tratti di compensazione vera e propria è questione che deve essere, naturalmente,

Poiché, peraltro, come si è visto, la determinazione di questi valori non è poi così agevole, può rendersi necessaria, anche in questi casi, una quantifica- zione in via equitativa del danno.

Proprio questa circostanza, può fornire una chiave di lettura complessiva della questione in esame.

Il sistema della dreifache Schadensberechnungsmethode agisce a monte, fornendo al danneggiato la possibilità di ancorare, in forza delle dette pre- sunzioni, la quantificazione del risarcimento ad un parametro alternativo ri- spetto al danno concretamente subito dal danneggiato. La valutazione equi- tativa, invece, opera solo a valle, divenendo utile non solo quando si scelga la via tradizionale di liquidazione del danno, ma anche quando si opti per un criterio alternativo.

Ferme rimanendo queste differenze, non si po’ negare che entrambi i piani del discorso risarcitorio qui nettamente distinti, abbiano radici comuni in considerazioni di carattere equitativo158.

D’altronde, poiché si tratta, come si è sottolineato, di criteri elaborati preto- riamente, è inevitabile che il punto di riferimento normativo, prima delle conferme normative registratesi in attuazione della direttiva c.d. Enforce- ment, sia stato rinvenuto § 287 ZPO159.

C. La direttiva 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellet- tuale, c.d. Enforcement.

1. L’introduzione della direttiva 2004/48/CE, c.d. Enforcement. Gli sco- pi dello strumento comunitario.

Senza voler qui ripercorrere nei dettagli il percorso legislativo che ha porta- to all’emanazione della direttiva 2004/48/CE160, è opportuno ricordare che, già nel 1998, la Commissione emanò un Libro verde161, in cui si evidenzia-

va la necessità di predisporre misure per un efficiente contrasto alle imita- zioni ed alla pirateria dei prodotti e dei servizi162.

158 In particolare, è frequente, come si è già osservato (v. supra, par. A.2.) , il riferimento

alla difficile protezione dei beni immateriali, uniti alla connaturata incertezza nell’individuazione del danno.

159 H.OETEKER, Sub § 252, cit., Rn. 58.

160 Per un’analisi approfondita della Entstehungsgeschichte della direttiva, si rinvia alla

monografia di D. AMSCHEWITZ, Die Durchsetzungsrichtlinie und ihre Umsetzung im

deutschen Recht, Tübingen, 2008, p. 75.

161 Libro verde della Commissione per il contrasto alle imitazioni e della pirateria di

prodotti e servizi nel mercato interno, del 15 ottobre 2008, COM (98) 569. Sulle reazioni delle parti v. S. KLEIN, Die Durchsetzungs-Richtlinie, cit., p. 65-66.

162 Osserva B.RAUE, Die dreifache Schadensberechnungsmethode, Baden-Baden, 2017, p.

89, che l’equiparazione operata dalla Commissione in quella occasione tra il fenomeno della pirateria e quello delle comuni lesioni dei diritti di proprietà intellettuale è quantomeno criticabile, poiché mentre la prima consiste in un’attività criminale, le seconde ineriscono sovente zone grigie, sicché non è corretto muovere ad entrambi i fenomeni un rimprovero sociale – sotto forma di apparato sanzionatorio – unitario.

Ad un tempo, si rilevò che, nonostante gli Stati membri dell’allora Comuni- tà Europea avessero ratificato l’accordo ADPIC (o TRIPs)163, finalizzato ad assicurare uno standard di tutela minimo dei diritti di proprietà intellettuale nei territori dei Paesi aderenti, si registravano ancora rilevanti differenze tra gli strumenti sanzionatori nazionali (considerando 7 dir.). Tali differenze, traducendosi in un disomogeneo livello di sicurezza giuridica contro la le- sione di tali diritti, erano fonte di remore per gli operatori economici ad aprirsi ad una dimensione transfrontaliera dello sfruttamento dei propri beni immateriali.

La Commissione, ritenendo che questa situazione costituisse un ostacolo al- lo sviluppo del mercato interno, promosse, nel 2003, una proposta di diretti- va per riavvicinare gli ordinamenti nazionali con specifico riferimento alla tutela civile164 (sostanziale e processuale) dei diritti di proprietà intellettua-

le165.

Si trattava, come è stato osservato166, del primo strumento comunitario con effetti orizzontali167 nel settore della proprietà intellettuale, di cui veniva ri- conosciuta la centralità nell’ambito del mercato interno168, beneficiando di un crescendo di attenzione, che sarebbe approdato, di lì a poco, nella sua so- lennizzazione quale diritto fondamentale nella Carta di Nizza169.

Attraverso la direttiva, inoltre, la Commissione si prefiggeva lo scopo non solo di adempiere agli obblighi provenienti dall’accordo ADPIC, ma anche

163 Si tratta dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al

commercio, più noto con l’acronimo inglese TRIPs (Trade Related Aspect of Intellectual

Property Rights), concluso nell’ambito dell’OMC (Uruguay Round), di cui sono parte non

solo gli Stati membri dell’allora CE ma anche la medesima Comunità, oggi Unione europea (cfr. decisione 94/800/CE del Consiglio).

164 Quanto all’armonizzazione della tutela penale di tali diritti, occorre osservare che le

norme che prevedevano obblighi di incriminazione di talune fattispecie, originariamente presenti nella proposta, sono state poi espunte, per il timore che i dubbi del Consiglio sulla riconducibilità al c.d. primo pilastro della competenza penale in materia, frenassero l’approvazione della direttiva prima del termine della legislatura. Rimane traccia dell’originaria intenzione di estendere la tutela al di là dei rimedi civilistici nell’art. 16 dir., il quale, letto alla luce del considerando 28, lascia liberi gli Stati di prevedere sanzioni penali. Sul punto cfr. D.AMSCHEWITZ, Die Durchsetzungsrichtlinie, cit., p. 85 ss. Si ritiene

opportuno segnalare che, nel 2005, fu avanzata una proposta di direttiva, concernente misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, di modifica della dir. 2004/48/CE. Tale proposta fu poi modificata ed, infine, ritirata nel 2010.

165 COM (2003) 46: Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa

alle misure e alle procedure volte ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Base giuridica dello strumento è l’art. 95 TCE, oggi art. 114 TFUE.

166 B, RAUE, Die dreifache Schadensberechnungsmethode, cit., p. 85. 167 A.JANSSEN, Präventive Gewinnabschöpfung, cit., p. 352 s. 168 Cfr. considerando 1 della direttiva 2004/48/CE.

169 Cfr. l’art. 17, par. 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: «La proprietà

intellettuale è protetta», richiamata anche dal considerando 32 dir. La Carta, «solennemente proclamata» a Nizza nel 2007, ha acquisito, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, lo stesso valore giuridico dei Trattati (art. 6 TUE). Sulla natura “fondamentale” di questo diritto cfr. C.FRATEA, Sub art. 17 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Commentario breve ai trattati dell’Unione europea, diretto da F. Pocar, M.C. Baruffi,

di costruire una tutela più penetrante, specificando e potenziando la portata degli strumenti di tutela ivi previsti170.

Infine, per concludere il quadro dei fondamentali della direttiva, deve osser- varsi, che si tratta di una direttiva di armonizzazione minima171.

Ciò permette agli Stati membri un più ampio margine di discrezionalità nel trasporre la direttiva, seppure – è appena il caso di rilevarlo – i limiti minimi di tutela segnati dalla direttiva risultino davvero molto alti.

2. Uno sguardo d’insieme dell’impianto e della disciplina della direttiva.

La direttiva 2004/48/CE contempla, come si è anticipato, strumenti minimi di tutela civile e giurisdizionale: si tratta, per esprimersi con un gergo diffu- so nella dottrina, di norme di diritto secondario. Essa non contiene, invece, norme di diritto primario, concernenti, cioè, il diritto sostanziale della pro- prietà intellettuale: il contenuto e l’ampiezza delle facoltà di godimento e di disposizione dei beni immateriali trovano altrove la loro disciplina172.

Ad un tempo, la direttiva non reca norme di diritto internazionale privato e processuale173.

Quanto alla struttura della normativa, essa si articola in cinque capi174.

Nel primo capo, l’art. 1, si preoccupa di chiarire il concetto di “proprietà in- tellettuale”, quale oggetto della disciplina: in senso stretto, infatti, tale no- zione descrive unicamente la proprietà letteraria e artistica, non quella indu- striale.

Il legislatore dell’allora Comunità, optando per un significato omnicom- prensivo, idoneo a ricomprendere tutti i diritti immateriali, ha inteso costrui- re uno strumentario di tutela unitario e di ampio respiro, astrattamente

170 A.NICOLUSSI, Le Restituzioni, in C.CASTRONOVO,S.MAZZAMUTO (a cura di), Manuale

di diritto privato europeo, Milano, 2007, p. 193; B. RAUE, Die dreifache

Schadensberechnungsmethode, cit., p. 91: si parla, per queste ragioni, di TRIPs-Plus, per

indicare il fenomeno di enucleazione di tutele, su base regionale o nazionale, che superano gli standard minimi fissati negli accordi TRIPs. Sul rapporto tra la direttiva ed accordi TRIPs, cfr. anche S.ROHLFING, Die Umsetzung der Enforcement-Richtlinie, cit., p. 5 ss.

171 J. VON UNGERN-STERNBERG,Schadensersatz in Höhe des sog. Verletzergewinns nach

Umsetzung der Durchsetzungsrichtlinie, in R. HILTY,J.DREXL,W.NORDEMANN (hrsg.),

Schutz von Kreativität und Wettbewerb. Festschrift für u. Loewenheim zum 75. Geburtsstage, München, 2009, p. 351. L’art. 2, par. 1 dir., infatti, fa salvi «gli strumenti

vigenti o da adottare nella legislazione comunitaria o nazionale, e sempre che questi siano più favorevoli ai titolari dei diritti»; l’art. 16 dir., poi, ferme le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti, permette agli Stati membri di adottare «altre appropriate sanzioni» (v., supra, nota 164): cfr. J. VON UNGERN-STERNBERG, Einwirkung der

Durchsetzungsrichtlinie, cit., p. 460; RAUE, Die dreifache Schadensberechnungsmethode, cit., p. 102, il quale osserva che, peraltro, il considerando n. 13 dir. può costituire un incentivo per gli Stati membri ad estendere lo strumentario adottato alle violazioni che si verificano in altri campi.

172 Cfr. considerando 15 dir. 173 Considerando 11 dir.

174 Per un’analisi approfondita, articolo per articolo, del tessuto normativo della direttiva, v.

estensibile a campi del diritto che presentino analogie con quello disciplina- to175.

Il campo di applicazione oggettivo della direttiva si coglie meglio, da un punto di vista “dinamico”, dalla lettura dell’art. 2, par. 1, dir., il quale preci- sa che la disciplina armonizzatrice riguarda le «violazioni dei diritti di pro- prietà intellettuale» e quindi, in buona sostanza, i rimedi176.

Il secondo capo contempla le «misure, procedure e mezzi di ricorso» a pro- tezione della proprietà intellettuale ed è diviso in più sezioni: si tratta della parte qualitativamente più importante della direttiva.

I principi di fondo che devono ispirare l’intero sistema di tutela sono con- densati nell’art. 3, norma di apertura della prima sezione177. In particolare, in base al par. 1, gli strumenti predisposti dagli ordinamenti nazionali devo- no essere leali, equi ed efficienti; nel secondo paragrafo, invece, si ritrova la ricorrente espressione, secondo cui essi devono essere «effettivi, proporzio- nati e dissuasivi»178. Si ribadisce, inoltre, che essi devono essere orientati a garantire il buon funzionamento del mercato interno, in ciò rivelando l’obiettivo chiave del legislatore comunitario.

Da tali caratteristiche, discende direttamente l’idea che il sistema rimediale debba essere adeguatamente graduato a seconda delle peculiarità della sin- gola fattispecie di violazione, nonché della natura del diritto violato. La ri- sposta degli ordinamenti a tali ipotesi, inoltre, deve differenziarsi in funzio- ne dell’elemento soggettivo caratterizzante la condotta del soggetto agen- te179.

La seconda sezione contempla norme probatorie di sicuro interesse. Tra queste, meritano particolare attenzione le disposizioni di cui all’art. 6 dir., le

175 Cfr. considerando 13 dir.

176 Interpretando proprio l’art. 2, par. 1, dir., la Commissione, nella dichiarazione

2005/295/CE, ha ritenuto che rientrino nel campo di applicazione della direttiva «almeno» i seguenti diritti: «diritto d'autore, diritti connessi al diritto di autore, diritto sui generis del costitutore di una banca di dati, diritti dei creatori di topografie di prodotti a semiconduttori, diritti relativi ai marchi, diritti relativi ai disegni e modelli, diritti brevettuali, compresi i diritti derivanti da certificati protettivi complementari, indicazioni geografiche, diritti relativi ai modelli di utilità, diritti di privativa per ritrovati vegetali, nomi commerciali, se protetti da diritti di privativa nella legislazione nazionale». Il significato dell’avverbio «almeno» si coglie se pone mente a quanto appena osservato (supra, nel testo) in relazione alla vis expansiva dello strumentario rimediale. Sul puntoM. STIEPER, Dreifache Schadensberechnung nach der Durchsetzungsrichtlinie 2004/48/EG im

Immaterialgüter- und Wettbewerbsrecht, in WRP, 2010, p. 628 ss.

177 Meritano di essere brevemente ricordati anche gli artt. 4 e 5. Il primo si segnala per aver

esteso la platea dei legittimati attivi ad usufruire degli strumenti di tutela. Il secondo cristallizza la regola della presunzione di titolarità del diritto d’autore (o dei diritti ad esso connessi) del soggetto il cui nome sia indicato nell’opera. Tale previsione, come spiega il considerando 19, proviene dal principio, già consacrato dalla Convenzione di Berna del 1886 secondo cui il diritto d’autore nasce contestualmente all’opera creata e non richiede una formale registrazione.

178 Come rileva condivisibilmente B.RAUE, Die dreifache Schadensberechnungsmethode,

cit., p. 99 ss., queste espressioni devono essere lette alla luce di un’interpretazione autonoma. Il riferimento, è in particolare, all’art. 4 III UA 2 TUE.

quali incidono sul riparto dell’onere della prova, imponendo un dovere di “collaborazione processuale” del convenuto: questi, su richiesta di parte, può essere tenuto, per ordine dell’autorità giudiziaria, alla disclosure di elementi di prova rilevanti rispetto alla fattispecie di violazione, salva la tu- tela delle informazioni riservate180.

Anche la terza sezione, costituita interamente dall’art. 8, contiene norme de- gne di rilievo. Sul modello di taluni Stati membri, la direttiva prevede che il titolare di un diritto immateriale possa esperire, nel contesto di procedimenti riguardanti la violazione di tale diritto, una pretesa volta ad ottenere le in- formazioni riguardanti l’origine e le reti di distribuzione di merci o presta- zione di servizi in cui si è integrata la violazione181.

La quarta sezione, la quale coincide con l’art. 9 dir., è dedicata alle misure provvisorie e cautelari. La strada intrapresa dal legislatore comunitario è nel senso di un loro ampiamento. Risulta chiaro alle istituzioni, infatti, che esse hanno un ruolo decisivo nella protezione dei diritti in questione, sia perché forniscono una tutela immediata al titolare del diritto, sia perché, se effettive e tempestive, disincentivano gli illeciti dolosi182.

La quinta sezione del capo secondo riguarda le misure che possono essere adottate conseguentemente all’accertamento di una violazione di un diritto di proprietà intellettuale, indipendentemente dal diritto al risarcimento del danno.

In particolare, l’art. 10 contempla le cc.dd. misure correttive, le quali posso- no essere richieste cumulativamente al risarcimento del danno e prescindono dall’elemento soggettivo dell’autore della violazione.

Attraverso tali misure, concesse dal giudice sulla base di una valutazione di opportunità183, il titolare del diritto leso può ottenere – nella normalità dei casi, a spese dell’autore della violazione – (a) il ritiro dai circuiti commer- ciali, (b) l’esclusione definitiva dai medesimi; (c) la distruzione.

L’art. 11, invece, contempla la possibilità che il giudice emetta un’ingiunzione diretta a vietare il proseguimento della violazione e lascia agli Stati membri la discrezionalità di prevedere che tali ingiunzioni possano essere accompagnate dalla condanna al pagamento di una pena pecuniaria reiterabile quando l’autore della violazione non rispetti il comando giudizia- le.