• Non ci sono risultati.

B. L’evoluzione del risarcimento del danno da lesione dei diritti d

2. Lo sviluppo giurisprudenziale della dreifache

Schadensberechnungsmethode; 3. I criteri liquidatori oggettivi. La Gewinnherausgabe. Ge- winnaufteilung e rilevanza dei costi; 4. (Segue). Il passaggio dalla Vollkostenrechnungs-

alla Teilkostenrechnungstheorie; 5. (Segue). La diffusione del criterio della Gewinnheraus-

gabe, alla luce dei legami tra il riparto probatorio disegnato dal BGH e

l’Auskunftsanspruch; 6. (Segue). Critiche alla giurisprudenza Gemeinkostenanteil; 7. La rilevanza dell’elemento soggettivo. Rinvio; 8. La Lizenzanalogie; 9. Osservazioni conclusi- ve: il rapporto tra la dreifache Schadensberechnungsmethode e la valutazione equitativa del danno. C. La direttiva 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, c.d.

Enforcement. 1. L’introduzione della direttiva 2004/48/CE, c.d. Enforcement. Gli scopi

dello strumento comunitario; 2. Uno sguardo d’insieme dell’impianto e della disciplina del- la direttiva; 3. In particolare: il risarcimento del danno; 3.1. Il rapporto tra due paragrafi dell’art. 13 dir.: l’elemento soggettivo come discrimine tra i rimedi?; 3.2. Criteri di quanti- ficazione del danno; 3.2.1. La via della quantificazione concreta: art. 13, par. 1, lett. a); 3.2.2. La via della quantificazione in astratto (art. 13, par. 1, lett. b) e il rapporto con il cri- terio concreto; 3.2.3. Il versante non patrimoniale del danno; 4. Osservazioni conclusive. D.

Impatto delle norme della direttiva 2004/48/CE sul sistema della dreifache Schadens-

berechnungsmethode. 1. La generale compatibilità della dreifache Schadensberechnungs- methode; 2. Il Verquickungsverbot è ancora un cardine della dreifache Schadensberech- nungsmethode?; 3. L’angemessene Lizenzgebühr come Mindestschaden: il nuovo ruolo del-

la Lizenzanalogie; 4. (Segue) La questione della possibilità e (dell’opportunità) di un in- cremento della Lizenzhöhe; 5. Un’ulteriore frizione: a chi spetta il Wahlrecht tra i Scha-

densberechnungsmethoden?; 6. Il nuovo rilievo dell’elemento soggettivo nelle fattispecie di

responsabilità; 7. La scelta del legislatore tedesco di non introdurre la misura facoltativa di cui all’art. 13, par. 2, dir. E. Il risarcimento del danno nel diritto italiano della proprietà

intellettuale. 1. Premessa. Individuazione di un punto temporale da cui muovere

l’indagine; 2. Il panorama normativo italiano. In particolare, l’art. 125 cod. propr. ind.; 3. (Segue). La differente formulazione dell’art. 158 l. dir. aut.; 4. La specialità del danno c.d. industrialistico; 5. La valutazione equitativa del danno nelle ipotesi di lesione dei diritti di proprietà intellettuale; 6. (Segue). Il rapporto tra la determinazione (equitativa) della «somma globale» e l’art. 1226 cod. civ.; 7. (Segue). La via “astratta” del risarcimento e il “prezzo del consenso” come base minima; 8. (Segue). La “residualità” del criterio risarcito- rio della royalty ragionevole. Ricostruzione del ruolo della valutazione equitativa del dan- no; 9. La rilevanza degli utili dell’autore della violazione. Ricapitolazione e rinvio. 10. Dif- ferenza tra le norme interne e l’art. 13 dir. 2004/48/CE: eccesso di delega? F. Osservazioni

conclusive. Spunti dalle differenze tra il sistema rimediale tedesco e quello italiano.

A. Considerazioni introduttive. 1. Premessa.

Come si è avvertito, nella ricostruzione del sostrato normativo su cui inne- stare una riflessione sistematica, volta all’elaborazione di strumenti idonei a

contrastare il fenomeno dell’efficienza dell’illecito, è imprescindibile muo- vere dall’analisi delle uniche norme (per lo meno nell’ordinamento italiano), che sembrano garantire una tutela civilistica piena nei confronti di tale fe- nomeno, ossia gli artt. 125 cod. propr. ind. e 158 l. aut.

Si è già precisato che tali disposizioni sono dettate in un determinato Son- dergebiet des Privatrechts, innervato da caratteristiche peculiari: il diritto della proprietà intellettuale1.

Si deve ricordare, infine, che esse sono il frutto della trasposizione nel no- stro ordinamento di una direttiva comunitaria2, la quale pur avendo una ma- trice chiaramente ispirata agli ordinamenti di common law3, presenta evi-

denti punti di contatto, per i profili qui di interesse4, con l’esperienza giuri- dica tedesca5.

Per questa ragione, prima di procedere ad una disanima approfondita delle norme europee ed italiane, si ritiene opportuno soffermare l’attenzione sull’evoluzione che l’ordinamento tedesco ha conosciuto nell’ultimo secolo con riguardo al tema della quantificazione del danno cagionato dalla lesione di un Immaterialgüterrecht, con particolare attenzione ai principali orienta- menti giurisprudenziali che si sono consolidati nel corso del tempo e alle modifiche normative di rilievo che si sono succedute. Si ritiene, infatti, che tale prospettiva, fornendo una chiave di lettura delle norme della direttiva, ancorata ai principi classici in tema di responsabilità civile della famiglia giuridica di civil law, consenta una migliore comprensione non solo della direttiva medesima, ma anche (e soprattutto) delle norme di trasposizione nell’ordinamento italiano.

Inoltre, sempre con riguardo ai profili di interesse per la presente indagine, sembra particolarmente utile analizzare l’impatto dell’attuazione della diret- tiva in commento nello stesso ordinamento tedesco, ove, come si dirà, il le- gislatore è intervenuto su tutte le disposizioni relative delle leggi speciali (quelle in tema di responsabilità da fatto illecito), introducendo, per ognuna, una norma unica per la determinazione del danno risarcibile, la quale ricalca sostanzialmente la formulazione dell’art. 13, par. 1, dir.

Tale operazione, anche grazie ad un confronto con le reazioni del formante dottrinale, oltre a permettere di misurare l’effettività del dialogo – cui si è fatto cenno – tra l’esperienza tedesca e l’armonizzazione europea in questo campo, ha la finalità di mettere in evidenza quali sviluppi ulteriori

1 Sulla comunicabilità tra il diritto civile e i cc.dd. diritti speciali, i quali costituiscono le

altre branche del diritto privato v. supra Cap. I.

2 Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul

rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, c.d. Enforcement.

3 Rileva la chiara matrice “anglosassone” della direttiva, tra gli altri, cfr. A. PLAIA,

Proprietà intellettuale e risarcimento del danno, Torino, 2005, p. 144 ss. È generalmente

riconosciuta la funzione di tale strumento di dare attuazione nello spazio giuridico europeo degli accordi TRIPs: cfr., infra, par. C.1.

4 Si tratta, naturalmente, delle norme contenute nell’art. 13 della direttiva, rubricato

«Risarcimento del danno e spese connesse all’azione».

5 Cfr., per tutti, A. JANSSEN, Präventive Gewinnabschöpfung, Tübingen, 2017, p. 355 s.,

quest’ultima possa offrire in materia di determinazione del danno risarcibile, non solo in Germania, ma anche in Italia, data la comunanza, tra i due ordi- namenti, dei principi fondamentali che governano questo aspetto della re- sponsabilità.

Per completare questo breve quadro di premesse, preme osservare sin da ora che, nell’attuazione della direttiva, si registra una sensibile differenza tra i due ordinamenti in esame: solo nell’ordinamento italiano, infatti, – e tecni- camente solo con riguardo ai diritti di proprietà industriale, con l’esclusione quindi del diritto d’autore – è stata introdotta la misura (prevista come facol- tativa dal legislatore europeo) della reversione degli utili realizzati dall’autore della violazione che abbia agito incolpevolmente, in favore del soggetto titolare del diritto leso.

Quale sia il significato di questo rimedio (per lo meno nell’ordinamento ita- liano), specie in rapporto alle tecniche di quantificazione del pregiudizio ri- sarcibile contestualmente codificate (ove si prevede il riferimento «ai bene- fici realizzati dall’autore della violazione») e quali siano le ragioni che, dall’altra parte, abbiano indotto il legislatore tedesco a non introdurlo, sono interrogativi su cui, naturalmente, ci si dovrà soffermare nel corso dell’indagine. Esse, infatti, paiono centrali al fine di comprendere le diffe- renze (come si vedrà radicali) tra l’interpretazione offerta dalla dottrina ita- liana prevalente e quella tedesca in relazione ad un testo sostanzialmente analogo (quello della direttiva e quello armonizzato), in un contesto identico (quello del mercato unico) e con premesse di sistema, segnatamente con ri- guardo al risarcimento del danno, se non sovrapponibili, quantomeno inter- comunicanti.

2. La connaturata incertezza nella prova e nella quantificazione del danno.

Il punto di partenza irrinunciabile per una approfondita disanima dell’evoluzione dei rimedi alle ipotesi di lesione di un diritto di proprietà in- tellettuale è costituito da una adeguata considerazione delle significative pe- culiarità morfologiche di questa tipologia di illecito, le quali, come noto, rendono particolarmente insicuro il risarcimento del danno. Va tenuto sem- pre presente, infatti, che la prova degli elementi costitutivi dell’obbligazione risarcitoria, nonché del quantum debeatur, spetta, secondo le regole generali, al danneggiato, tanto nell’ordinamento italiano quanto in quello tedesco.

Orbene, nella prassi di questa tipologia di illeciti, la fattispecie più frequente è integrata dall’usurpazione di un bene immateriale altrui (si pensi al plagio di un testo musicale o alla produzione e commercio di merce contraffatta). Tale attività, se permette all’autore della violazione di trarre dei benefici dallo sfruttamento non autorizzato del bene giuridico tutelato (l’opera

dell’ingegno), sovente non cagiona alcun deterioramento apprezzabile di ta- le bene6, in virtù della sua natura immateriale7.

Questo concetto, tradotto nelle categorie del danno risarcibile8, significa che

la voce di pregiudizio patrimoniale di gran lunga più rilevante è quella del lucro cessante9.

In altre parole, in tali casi – ma ciò, a ben vedere, vale anche quando si ri- scontri pure un danno emergente importante –, il cuore della pretesa risarci- toria del titolare del diritto leso non consiste tanto (o, quantomeno, non nella parte economicamente più significativa) nel lamentare che la condotta sleale dell’infringer abbia compromesso l’integrità del bene immateriale, quanto nell’affermazione che egli, attraverso la fruizione illecita del medesimo, ab- bia ricavato delle utilità, sottraendole al suo legittimo titolare.

La prova e la quantificazione del lucro cessante, come noto, sono procedi- menti molto complessi in ogni fattispecie di illecito e, tanto nell’ordinamento italiano10, quanto nell’ordinamento tedesco11, è centrale il momento alla valutazione equitativa del danno12.

6 Talvolta, paradossalmente, lo sfruttamento illecito di un bene immateriale altrui può

migliorarne la capacità produttiva, ad esempio, aumentandone la notorietà, grazie alla rete di diffusione dell’autore della violazione. In questi casi, ci si è chiesti se, in sede di determinazione del danno risarcibile, il giudice debba tenere conto di questo risultato positivo ottenuto dal soggetto leso, alla stregua della regola della compensatio lucri cum

damno. Ripercorrendo lo schema che si è proposto supra, Cap. I, si tratterebbe di una c.d.

ingerenza usurpativa, nella quale, cioè, la lesione dell’altrui sfera soggettiva giuridica si concretizza e si esaurisce nel trarre utilità da un bene il cui godimento è riservato dall’ordinamento al titolare del diritto, salva diversa disposizione negoziale di quest’ultimo. Deve ricordarsi, tuttavia, che non può in astratto escludersi – e, anzi, la fattispecie non è affatto infrequente – che lo sfruttamento illecito determini, simultaneamente, una compromissione del bene giuridico tutelato (c.d. ingerenza mista): si pensi alle ipotesi di contraffazione dei prodotti di un concorrente, dalla quale derivi una perdita di prestigio, suscettibile di valutazione economica, di quest’ultimo, o, ancora, al pregiudizio correlato all’uso di un marchio altrui che ne determini un c.d. annacquamento. Generalizza questa osservazione, con riguardo al diritto d’autore, P.FRASSI, I danni patrimoniali: dal lucro

cessante al danno emergente, in AIDA, 2000, p. 110 ss.

7 Nella letteratura italiana, si parla, in particolare, di “trascendenza”, ossia, con le parole di

M. ARE, voce «Beni immateriali (dir. priv.)», in Enc. Giur., V, Milano, 1959, «la

separabilità del contenuto intellettuale del bene dal suo supporto materiale», la quale «implica la concettuale possibilità del bene stesso di circolare in un numero indefinito di esemplari corporei o di essere realizzato più volte attraverso un procedimento materiale, ovvero ancora di reiterare all'infinito l'estrinsecazione energetica».

8 Si dà comunemente per presupposta, nella dottrina tedesca, l’impossibilità della

Naturalrestitution (cfr. § 249 BGB e art. 2058 cod. civ.): infatti, non è certamente

immaginabile la riparazione in forma specifica del danno cagionato dalla Ausbeutung illecita di un altrui Schutzrecht. Si veda, per tutti, S. ROHLFING, Die Umsetzung der

Enforcement-Richtlinie ins deutsche Recht. RL 2004/48/EG – Eine Untersuchung zu den

Rechten auf Beweisbeschaffung, Beweissicherung, Auskunft und Schadensersatz, Hamburg,

2009, p. 202.

9 Cfr. V. DI CATALDO, Risarcimento del danno e diritti di proprietà intellettuale, in M.

MAUGERI,R.ZOPPINI (a cura di), Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del

mercato, Bologna, 2009, p. 277.

10 È chiaro, in questo senso, il tenore letterale dell’art. 2056 c.c. In termini generali, si veda

Come si è già brevemente riferito13, nelle ipotesi di lesione di un diritto su un bene immateriale, tale complessità aumenta esponenzialmente, tanto sot- to il profilo dell’an quanto sotto quello del quantum debeatur.

Sotto il primo versante, anzitutto, occorre considerare che, in ragione della c.d. ubiquità che contraddistingue tale categoria di beni, carattere peculiare che ne consente il simultaneo godimento da parte di più soggetti allo stesso

centralità della valutazione equitativa del danno è ampiamente riconosciuta anche dagli autori che si sono occupati nello specifico del risarcimento da lesione dei diritti di proprietà intellettuale. Secondo M.S.SPOLIDORO, Risarcimento del danno nel codice della proprietà

industriale. Appunti sull’art. 125 c.p.i., in Riv. dir. ind., I, 2009, p. 175, dati i rilevanti

problemi pratici che la quantificazione del lucro cessante pone (v. infra nel testo), «il ricorso alla liquidazione equitativa deve essere favorito e facilitato».

11 In quest’ultimo sistema, le norma di riferimento per la quantificazione dell’entgangener

Gewinn è il § 252 BGB, il quale precisa che deve ricomprendersi in questa voce di danno

risarcibile quel guadagno che il danneggiato avrebbe potuto attendersi in assenza dell’illecito «nach dem gewöhnlichen Lauf der Dinge oder nach den besonderen

Umständen, insbesondere nach den getroffenen Anstalten und Vorkehrungen». Il criterio

rilevante, ai fini della causalità giuridica, è quello della probabilità, e, precisamente, secondo la più autorevole dottrina, è richiesto un «hoher Grad von Wahrscheinlichkeit»: così K.LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts. Allgemeiner Teil, München, 1987, 14. Aufl.,

p. 492. Nella giurisprudenza del BGH si parla, più sovente, di una «gewisse

Wahrscheinlichkeit»: cfr., ex aliis, BGH, NJW-RR 2001, 1542. La dottrina testé citata

spiega (ivi, p. 493), inoltre, che, poiché la valutazione causale deve tenere conto anche degli sviluppi successivi al verificarsi dell’evento dannoso, la formulazione letterale del § 252 S. 2 BGB, secondo cui va tenuto conto delle disposizioni adottate e dei preparativi intrapresi dal danneggiato ai fini della valutazione delle probabilità del conseguimento del guadagno (ponderazione la quale, come è evidente, può avere senso solo se riferita al momento del verificarsi dell’illecito), può spiegarsi solo se intesa come una Beweisregel. Ciò significa che, in generale, si presume (iuris tantum) che il danno patito dal danneggiato

sub specie di lucro cessante sia quello che risulta sulla base degli elementi cui fa

riferimento la norma, ossia in ragione di una valutazione probabilistica fondata sulle circostanze esistenti al momento del prodursi dell’evento dannoso, ma è data (tanto al danneggiante quanto al danneggiato la possibilità della prova contraria. V. anche . H. OETEKER, Sub § 252, in F.J.SÄCKER,R.RIXECKER,H.OETEKER ,B.LIMPBERG (Hrsg.),

Münchner Kommentar zum Bürgerlichen Gesetbuch, Bd. 2, Schuldrecht. Allgemeiner Teil,

München, 7. Aufl., 2016, Rn. 31.

12 Nel sistema tedesco, i rapporti tra il § 252 BGB e il § 287 ZPO (norma che, similmente

all’art. 1226 cod. civ. italiano, consente la Schadensermittlung equitativa del danno) sono stati oggetto di approfondimento nella dottrina, ove si è giunti alla conclusione che l’introduzione della prima disposizione non abbia mutato sensibilmente la posizione in cui il danneggiato si sarebbe trovato se avesse potuto contare esclusivamente sulla seconda. La ragione di una norma ad hoc sulla liquidazione del lucro cessante può allora probabilmente rinvenirsi nella volontà del legislatore storico di precisare meglio i criteri che devono ispirare il giudice in questo tipo di valutazione, al fine di rendere più controllabile il suo potere discrezionale. Da questo punto di vista, in definitiva, il § 252 BGB può intendersi come norma che concretizza in un caso specifico il § 287 ZPO. Rimane peraltro fermo che, nell’ipotesi in cui occorra valutare le «besondere Umstände» cui fa riferimento il § 252 S. 2 BGB, può tornare di nuovo utile, al fine del loro accertamento e ponderazione, l’applicazione diretta del § 287 ZPO. Su questi temi, v. H.OETEKER, Sub § 252, cit., p. 510

s., nonché F. HALFPAP, Der entgangene Gewinn. Dogmatik und Anwendung des § 252

BGB, Frankfurt am Main, 1999, p. 117 ss.

tempo14, non è detto che il soggetto titolare del diritto, in un caso di usurpa- zione o di contraffazione, subisca un effettivo pregiudizio, tanto in termini di diminuzione patrimoniale effettiva, quanto di mancato guadagno15.

Il concetto può chiarirsi facilmente se solo si pone mente al fatto che, in questi casi, la principale perdita riconducibile al lucro cessante è data, di norma, dalle mancate vendite conseguenti all’attività contraffattiva o usur- pativa, e, quindi dal correlato calo di fatturato.

Tuttavia, è ben possibile che non si verifichi alcuna variazione dei flussi di vendita in conseguenza dell’illecito: ciò accade, ad esempio, quando l’autore della violazione operi su un mercato diverso, che non interferisce, cioè, con quello in cui è attivo il titolare del diritto leso16, oppure quando la vittima dell’illecito abbia scelto di fruire della propria opera dell’ingegno non direttamente, ma concedendola in licenza17, oppure quando, più sempli-

cemente, il danneggiato non disponesse, al momento del verificarsi dell’evento dannoso, delle possibilità di sfruttare imprenditorialmente la propria opera dell’ingegno18.

14 Cfr., nella dottrina tedesca, T.DREIER, Kompensation und Prävention, Tübingen, 2002,

p. 61: «Potentielle Ubiquität bedeutet zugleich, daß ein und dasselbe Immaterialgut im

gleichen Zeitpunkt an einem oder auch mehreren Orten von mehreren Personen mehrfach genutzt werden kann».

15 Si veda A.METZGER,Schadensersatz wegen Verletzung des geistigen Eigentums gemäß

Art. 13 Durchsetzungs-RL 2004/48, in O.REMIEN (Hrsg.), Schadensersatz im europäischen

Privat- und Wirtschaftsrecht, Tübingen, 2012, p. 216 ss., il quale parla di «Nicht-Rivalität immaterieller Schutzgüter». L’Autore ricorda che, conseguentemente a questa

caratteristica, il danno emergente si configura molto raramente (soprattutto in termini di discredito delle qualità di un prodotto agli occhi del consumatore o di annacquamento del marchio) e, con riguardo al lucro cessante, quando sia effettivamente identificabile, sussistono significativi problemi in termini di prova del nesso causale.

16 Si pensi alla società che sfrutti il diritto di autoredell’inventore di un software gestionale

illecitamente (i.e. senza negoziare la concessione di licenza del software medesimo), al fine di migliorare la sua attività di impresa, senza che tra i medesimi, vi sia alcun rapporto di concorrenza, diretta o in diretta. L’esempio è tratto, nei suoi termini essenziali, da T. HELMS, Gewinnherausgabe als haftungsrechtliches Problem, Tübingen, 2007, p. 2. Nella dottrina italiana cfr. A.PLAIA, Proprietà intellettuale, cit., 2005, p. 8 ss.

17 «Verwertet der Verletze das Patent ausschließlich durch Lizenzerteilung so besteht der

zu ersetzende Verlust bzw. entgangene Gewinn in dem ihm entgangenen Lizenzgebühren»:

così K.GRABINSKI,C.ZÜLCH, Sub § 139 PatG, in Beckliche Kurz-Kommentare, Bd. 4,

Patentgesetz, Gebrauchsmustergesetz, Patentkostengesetz, begründet von G. BENKARD, München, 11. Aufl., 2015, p. 1761. Rileva, in modo del tutto condivisibile, M.S. SPOLIDORO, Risarcimento del danno nel codice della proprietà industriale, cit., p. 170-171,

che i termini del discorso mutano a seconda del «modo in cui il soggetto che chiede il risarcimento sfrutta il suo diritto. Per esempio, il titolare può seguire la politica di non dare licenze o, al contrario, di concedere licenze. In questo secondo caso, può darsi che il titolare sfrutti il diritto solo tramite la concessione di licenze oppure sfrutti il suo diritto sia direttamente sia concedendolo in licenza. (…). In tutti questi casi i danni effettivamente subiti dal titolare sono diversi».

18 Con riferimento al diritto d’autore, poi, è possibile che il titolare non avesse alcuna

intenzione di sfruttare economicamente la sua opera e preferisse lasciarla nel cassetto. In queste ipotesi, ben note nella dottrina, non può parlarsi di un lucro cessante in termini di mancati ricavi cagionati dalla violazione: tra gli altri, cfr. G.SAVORANI, Diritto d’autore:

Quando poi si riscontri effettivamente una contrazione delle vendite tempo- ralmente successiva all’illecito19, rimane a carico del danneggiato l’onere della prova (tutt’altro che agevole) della sussistenza di un nesso di causalità che leghi la conseguenza dannosa all’attività illecita, secondo le regole ge- nerali20.

Il ragionamento che si è sino a qui condotto può ripetersi, nei suoi passaggi fondamentali, anche con riguardo all’altra voce tipicamente ricondotta, in dottrina e nella prassi giurisprudenziale, al lucro cessante, ossia alla c.d. price erosion21. Si tratta, a ben vedere, di una componente del pregiudizio ancora più “sfuggente” alla prova, e può definirsi, precisamente, come il ri- tocco (in negativo) dei prezzi che si impone al soggetto titolare del diritto leso, per rimanere competitivo sul mercato, in conseguenza della sleale con- dotta di un concorrente che si avvalga di un’attività di contraffazione o di usurpazione22.

Anche il profilo della mera quantificazione del danno – una volta che ne siano state dimostrate l’esistenza ontologica e il nesso causale con il fatto