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B. L’evoluzione del risarcimento del danno da lesione dei diritti d

8. La Lizenzanalogie;

Il secondo criterio oggettivo elaborato dalla giurisprudenza tedesca è la c.d. Lizenzanalogie. In base a questo parametro, il danno risarcibile viene indi- viduato nel corrispettivo che l’autore della violazione e il soggetto leso avrebbero pattuito, se quest’ultimo avesse concesso in licenza al primo lo sfruttamento del diritto violato. In sostanza, viene sviluppato un ragiona- mento ipotetico, immettendo ex post – solo fittiziamente, perché l’azione

117 M.HAEDICKE, Die Gewinnhaftung, cit., p. 533. 118 V. infra, par. D.6. e Cap. III.

119 Il BGH, infatti, ha esteso anche agli illeciti colposi questo rimedio, in considerazione

della particolare Verletzlichkeit e Schutzbedürftigkeit dei beni immateriali: cfr. BGH, GRUR 2001, 329, 331 – Gemeinkostenanteil.

120 Cfr. infra, cap. III.

121 Cfr. § 139, Abs. 2, PatG, § 24 , Abs. 2, S. 2 GebrMG, § 42 Abs. 2, S. 3, GeschmMG, §

37, Abs. II SortenG, nelle formulazioni precedenti all’entrata in vigore della Gesetz zur

Verbesserung der Durchsetzung von Rechten des geistigen Eigentums, dell’11 luglio 2008.

Si noti che questa previsione normativa non era contenuta nella legge sul diritto d’autore.

122 Per l’approfondimento anche di questi aspetti conviene rinviare ad altra sede. In

rimane illecita e il contratto non concluso – la condizione che avrebbe reso lecito il comportamento del danneggiante. In pratica, viene calcolato un ca- none periodico fittizio ed adeguato (“angemessene und übliche Lizenzge- bühr”), esteso per tutta la durata della violazione.

Più precisamente, il riferimento è all’accordo contrattuale che parti ragione- voli (vernünftige Vertragsparteien) avrebbero raggiunto, essendo a cono- scenza di tutte le circostanze rilevanti dell’affare123.

A ben vedere, questo criterio è tagliato su misura per quelle ipotesi di illeci- to che consistono nello sfruttamento abusivo di un diritto immateriale al- trui124. In questi casi, infatti, la voce di danno più significativa è sovente in-

tegrata dal lucro cessante, e, precisamente, dal guadagno che il danneggiato avrebbe potuto ricavare immettendo sul mercato delle licenze la propria opera dell’ingegno.

Se, a prima vista, tale criterio risarcitorio appare fedele alla prospettiva compensativa del risarcimento, sono nondimeno necessarie alcune puntua- lizzazioni.

Anzitutto, con riguardo all’ipotesi di sfruttamento abusivo, rimane difficile provare una corrispondenza effettiva tra il canone di licenza ipotetico e il danno realmente subìto dal titolare del diritto sub specie di lucro cessante. Frequentemente, infatti, questo soggetto è un imprenditore che mette a pro- fitto direttamente il proprio diritto, senza cederne lo sfruttamento a terzi. Il mancato guadagno, in questi casi, sarà integrato da altre voci, quale, ad esempio, la contrazione del fatturato conseguente ad un calo delle vendite. È possibile, inoltre, che il titolare del diritto non avesse alcuna intenzione di concedere in licenza il proprio diritto immateriale – in generale, o anche so- lo con specifico riferimento all’autore della violazione – per altre ragioni, come, ad esempio, di strategia concorrenziale o financo personali. Lo scol- lamento tra il danno subito e la angemessene Lizenzgebühr è, peraltro, un’eventualità riconosciuta ed accettata dalla stessa giurisprudenza del

123 S.ROHLFING, Die Umsetzung der Enforcement-Richtlinie, cit., p. 221. Con riguardo al

momento temporale rilevante ai fini della valutazione ipotetica del comportamento di parti ragionevoli, si segnala un contrasto tra la giurisprudenza della Sez. X e quella della Sez. I del BGH, entrambe funzionalmente competenti, seppure specializzate in diversi diritti, a conoscere le controversie nel settore della proprietà intellettuale. Secondo il primo orientamento, informato ad una visione ex post, occorrerebbe fare riferimento alle circostanze esistenti al momento della conclusione della violazione, tenendo cioè conto dell’effettivo utilizzo dell’opera dell’ingegno, nonché della durata del medesimo (v., ad esempio, BGH GRUR 1995, 578, 581 – Steuereinrichtung II). Alla luce del secondo orientamento, che segue un criterio ex ante, invece, occorrerebbe avere a riguardo il momento iniziale, ossia alla previsione delle parti al momento della conclusione fittizia del contratto (ad esempio, v. BGH, GRUR, 1993, 55, 58 – Tchibo/Rolex II). Sul punto, v. K. GRABINSKI,C.ZÜLCH, Sub § 139 PatG, cit., p. 1762, nonché H.DELAHAYE, Kernprobleme

der Schadensberechnungsarten bei Schutzrechtsverletzungen, in GRUR, 1976, p. 220 ss.

124 Si tratta di quelle che si sono definite ingerenze usurpative nella altrui sfera soggettiva

giuridica (v., supra, cap. I, par. 6). Cfr. T.M.MÜLLER,A.PLAIA, Il risarcimento del danno

BGH125, la quale è giunta ad affermare, in materia di marchi, che l’accertamento di un danno concreto non è presupposto per la liquidazione del risarcimento secondo il criterio in analisi126.

A prescindere dalla questione relativa al corretto inquadramento del criterio in esame127, è evidente, allora che il danno viene liquidato, in ogni caso, in via astratta.

Il fulcro dell’attenzione, peraltro, non è la posizione del danneggiato, ma quella del danneggiante, ossia, sostanzialmente, l’arricchimento dell’autore della violazione, conseguente all’illecito. Tale arricchimento può essere ef- ficacemente ed oggettivamente misurato, grazie ad un confronto tra la situa- zione patrimoniale effettiva del medesimo, susseguente alla violazione dell’altrui diritto, e quella in cui si sarebbe trovato se egli avesse agito legit- timamente128.

Esso infatti consiste propriamente nel risparmio di spesa che l’autore della violazione ha realizzato evitando di contrattare una licenza, per un legittimo sfruttamento del diritto violato, con il suo titolare129: ai fini del criterio della Lizenzanalogie, non ha alcuna rilevanza, pertanto, se l’illecito abbia fruttato un qualche profitto per chi l’ha commesso, né l’entità di tale profitto130. La valutazione in analisi è del tutto scevra da un’ottica deterrente o di rim- provero: ne è prova il principio, ricorrentemente affermato in giurispruden- za, secondo cui l’autore della violazione deve essere integralmente equipa- rato ad un redlicher Lizenznehmer (Gleichhandlungsgebot) 131, sicché egli non deve essere valutato in modo migliore o deteriore, ai fini del calcolo del corrispettivo ipoteticamente dovuto, rispetto ad un normale contraente av-

125 BGH GRUR 1980, 841, 844 – Tolbutamid. È interessante notare che, in questa

pronuncia, i giudici motivano l’ammissibilità dell’ipotesi che il canone di licenza fittizio sia superiore all’effettivo lucro cessante, alla luce delle analogie tra questo Berechnungsart e la

Bereicherungsanspruch ex § 812 BGB. In merito all’inquadramento sistematico del criterio

in analisi si rinvia alle Conclusioni del lavoro.

126 «Die Schadensberechnung nach der Lizenzanalogie trägt gerade dem Umstand

Rechnung, dass bei Schutzrechtsverletzungen eine konkrete Vermögenseinbüße meist nicht hinreichend dargelegt werden kann. Der Feststellung eines konkret entstandenen Schaden bedurfte es deshalb nicht»: BGH GRUR 2010, 239, 240 – BTK. Sul punto, v. anche supra,

nota 64.

127 A tale questione sarà dedicato, specificamente, il par. I.2. delle Conclusioni.

128 K.GRABINSKI,C.ZÜLCH, Sub § 139 PatG, cit., p. 1761 ss.; BGH GRUR 1980, 841, 844

– Tolbutamid., secondo la quale, di conseguenza, «zur Begründung der Lizenzhöhe

Umstände, die nicht den Umfang der Bereicherung, sondern nur die Schadenshöhe betreffen, nicht herangezogen werden dürfen».

129 Cfr. T.M.MÜLLER,A.PLAIA, Il risarcimento del danno per violazione della proprietà

intellettuale, cit., p. 471.

130 Cfr. F.HACKER, Sub § 14 MarkenG, cit., p. 1159.

131 Per tutti, F. HACKER, Ibidem. Secondo H. DELAHAYE, Kernprobleme der

Schadensberechnungsarten, cit., p. 219, il principio discenderebbe direttamente dal § 249

BGB, dal quale si ricava l’idea che il danneggiato non deve essere rimesso nella medesima situazione in cui si sarebbe trovato se non si fosse realizzato l’evento dannoso. Infatti «umgekehrt bedeutet dies für den Verletzer, daß er einen Anspruch darauf hat, nicht

veduto, edotto degli elementi essenziali per la conclusione dell’affare (übli- che Lizenzgebühr)132.

Il parametro liquidatorio in esame opera, infatti, in modo del tutto spersona- lizzato, al punto da sancire la completa irrilevanza non solo della disponibi- lità dell’autore della violazione a concludere un contratto di licenza avente ad oggetto il bene violato133, ma anche della effettiva volontà del soggetto leso134, il quale, come si è già anticipato, potrebbe avere remore a concedere il godimento del proprio bene immateriale, tanto in assoluto, quanto con particolare riferimento alla persona dell’autore della violazione135.

In buona sostanza, il solo presupposto necessario per poter liquidare il dan- no secondo la stima della Lizenzanalogie è che la fictio su cui si fonda sia astrattamente praticabile. Quando il danneggiato chieda che il danno patito sia calcolato sulla base della Lizenzanalogie, in definitiva, accertata la lesio- ne136, è unicamente necessario verificare, su un piano astratto, che il godi-

132 BGH GRUR 2006, 143, 145 ss. – Catwalk; BGH, GRUR, 1993, 55, 58 – Tchibo/Rolex

II; BGH GRUR 1962, 509, 513 – Dia-Rähmchen II; BGH GRUR 1980, 841, 844 – Tolbutamid. Sul punto cfr. anche M. GOLDMANN, Die Berechnung des

Schadensersatzanspruchs, cit., p. 955, secondo cui la regola della parificazione tra autore

della violazione e normale contraente di una licenza, elaborata dal BGH, sarebbe espressione del principio cardine della responsabilità civile del Bereicherungsverbot, in virtù del quale l’illecito non può tramutarsi in un’occasione di arricchimento per il danneggiato.

133 Si tratta di una massima ricorrente in giurisprudenza, cfr., ad esempio, BGH GRUR

2006, 143, 146 – Catwalk e deriva, come si è condivisibilmente osservato in dottrina, dal principio del nemo venire contra factum proprium: S. ROHLFING, Die Umsetzung der Enforcement-Richtlinie, cit., p. 222; T.DREIER,L.SPECHT, Sub § 97 UrhG, cit., p. 1584; v. anche F.HACKER, Ibidem;

134 Cfr. BGH GRUR, 1993, 55, 58 – Tchibo/Rolex II; BGH GRUR 1966, 375, 377 –

Meßmer-Tee II; BGH GRUR 1975, 323, 325 – Geflügelte Melodien (in tema di diritto

d’autore);

135 Cfr. RG, GRUR, 1938, 838: in questa risalente pronuncia, il Reichsgericht ha ammesso

la liquidazione del danno secondo il criterio della Lizenzanalogie, nonostante fosse stato accertato che l’autore della violazione fosse un acerrimo nemico del soggetto leso, cui mai costui avrebbe concesso in licenza il suo bene. Deriva da questo principio, peraltro, l’irrilevanza, ai fini del calcolo del quantum debeatur, delle ragioni di natura personale che avrebbero portato ad un aumento (o ad una diminuzione) del canone di licenza pattuito. Si pensi alla congettura che il titolare del diritto avrebbe, in queste circostanze, raggiunto l’accordo solo dopo aver pattuito un corrispettivo ben maggiore rispetto a quello risultante dalle dinamiche di mercato.

136 Su questo punto, pare opportuna un’osservazione. Si è detto che il criterio della

Lizenzanalogie appare particolarmente adeguato per quelle ipotesi di violazione in cui vi è

uno sfruttamento abusivo dell’altrui bene immateriale, che si traduca nella produzione e commercializzazione di merce illecita. Il BGH, peraltro, in un caso di violazione di design, ha ritenuto sufficiente, per poter applicare il criterio in esame, che il modello lesivo sia stato offerto (pubblicizzato) in un catalogo, anche se non ancora concretamente commercializzato. Si tratta del caso deciso dalla Suprema corte tedesca, BGH GRUR 2006, 143, 145 ss. – Catwalk, in cui il diritto protetto era stato leso, cumulativamente, in due differenti modi: attraverso la pubblicità in un catalogo e attraverso la vendita di un determinato quantitativo di merce illecita. Quanto alla quantificazione del canone di licenza, il BGH ha così statuito (ivi, p. 146): «Dabei wird es gegebenenfalls zu einer – auch

mento del bene protetto sia giuridicamente trasmissibile o cedibile a terzi a titolo oneroso (rechtlich möglich)137 e che ciò sia comune nella prassi com- merciale (verkehrsüblich)138.

Appurata l’ammissibilità nel caso concreto dell’uso di questo criterio risar- citorio, il giudice deve procedere alla quantificazione del canone di licenza fittizio che risulti adeguato, in considerazione di svariati fattori139, i quali, peraltro, divergono a seconda della tipologia del bene immateriale protet- to140.

(Einstandszahlung) – hier: für die Werbung – und einer nach der Zahl der verkauften Exemplare berechneten Stücklizenz kommen».

137 Non è possibile fare ricorso alla Lizenzanalogie, ad esempio, quando la cessione dei

titolo oneroso del diritto di sfruttare economicamente il bene protetto sia vietato dall’ordinamento: OLG Hamburg, GRUR, 1984, 663 – Video Intim.

138 Cfr. la pronuncia BGH GRUR 1966, 375, 376 – Meßmer-Tee II, la quale ha fugato ogni

dubbio circa l’estensibilità del parametro liquidatorio in esame anche al diritto dei marchi. V. anche BGH GRUR 2006, 143, 145 – Catwalk, in tema di design, ove è riportata la massima, secondo cui «Für di Annahme der Verkehrsüblichkeit einer Überlassung genügt

es daher regelmäßig, dass ein solches Recht seiner Art nach überhaupt durch die Einräumung von Nutzungsrechten genutzt werden kann und genutzt wird», nonché, in

materia di diritto d’autore, BGH GRUR 1990, 1008, 1009 – Lizenzanalogie: «Die

Schadensberechnung auf der Grundlage einer angemessenen Lizenzgebühr ist überall dort zulässig, wo die Überlassung von Ausschließlichkeitsrechten zur Benutzung durch Dritte gegen Entgelt rechtlich möglich und verkehrsüblich ist». Nonostante anche il profilo della Verkehrsüblichkeit costituisca un requisito, nel ragionamento giurisprudenziale, per

applicare il criterio della Lizenzanalogie (cfr. H. SCHACK, Urheber- und

Urherbervertragsrecht, Tübingen, 2015, p. 400) esso sembra, per il vero rivestire, un ruolo

secondario. Si è osservato, ad esempio, che, in tema di diritto di autore, con specifico riferimento al fenomeno della pirateria, è possibile fare ricorso al criterio della

Lizenzanalogie, pur essendo indubbio che «keine Parteien gibt, die “verständigerweise” einen diesbezüglichen geschlossen hätten»: T. DREIER, L. SPECHT, Ibidem. Cfr. anche

quanto si dirà, infra, con riguardo ai Marktverwirrungsschaden.

139 M.GOLDMANN, Die Berechnung des Schadensersatzanspruchs, cit., p. 955; v. anche,

per una disanima di alcuni fattori che potrebbero determinare una riduzione dell’ammontare dovuto, S. ROHLFING, Die Umsetzung der Enforcement-Richtlinie, cit., p. 223 ss. Cfr., infine, sul punto, T.DREIER,L.SPECHT, Sub § 97 UrhG, cit., p. 1584ss., secondo cui «Im

Ergebnis dürfte die in einem vergleichbaren, fiktiven Lizenzvertrag vereinbarte Vergütung regelmäßig nur den Mindestersatz des vom Verletzer geschuldeten Entgelts darstellen» (ivi,

p. 1584-1585).

140 Di norma, quando la violazione si concreti nella produzione e commercializzazione di

merce, il canone di licenza ipotetico viene forfettizzato in un tasso percentuale sul ricavo delle vendite. Più difficile è il calcolo quando sia violato un marchio, per il quale, come si è sottolineato, non si rinvengono tassi fissi: Cfr. T.M.MÜLLER,A.PLAIA, Il risarcimento del

danno per violazione della proprietà intellettuale, cit., p. 472; F. HACKER, Sub § 14

MarkenG, cit., p. 1162, al quale si rinvia (ivi, p. 1160 ss.) per un esame dei principali fattori

rilevanti nel calcolo equitativo del giudice, come elaborati dalla giurisprudenza. A titolo esemplificativo, pare significativo sottolineare che, mentre non può valere a ridurre il canone di licenza l’effetto positivo derivante dalla maggiore diffusione del marchio violato – diversamente da come potrebbe forse suggerire una valutazione ispirata all’operatività della compensatio lucri cum damno – (OLG Köln WRP 2014, 206, 210 – Fair Play), la circostanza che esso fosse già concesso in utilizzo a terzi può comportare una diminuzione del quantum dovuto, quando ciò abbia comportato una riduzione della Kennzeichnungskraft del segno distintivo violato (BGH GRUR 2010, 239, 241 – BTK). Su questi aspetti, v. anche M.GOLDMANN, Die Berechnung des Schadensersatzanspruchs, cit., p. 955 ss.

In definitiva, si tratta di valutazione equitativa del danno ex § 287 ZPO141. In ogni caso, tuttavia, rimane fermo il parametro fine della determinazione giudiziale, ossia il corrispettivo che parti accorte, a conoscenza di tutte le circostanze rilevanti ai fini della conclusione dell’affare, avrebbero astrat- tamente concordato, in date circostanze.

Ciò che viene stimato equitativamente, in buona sostanza, è l’«objektive Wert der angemaßten Benutzungsberechtigung»142, ossia il valore di merca- to del diritto di sfruttamento dell’altrui bene immateriale143. Il criterio della Lizenzanalogie, quindi, forfettizza il danno risarcibile parametrandolo a questo dato astratto, nel cui calcolo le circostanze concrete in tanto hanno rilievo, in quanto servano ad individuare il valore oggettivo di riferimento. Si capisce, dunque, che altre circostanze, quali l’intensità del dolo o il grado della colpa dell’autore della violazione, così come la disponibilità concreta dei soggetti coinvolti a concludere un contratto di licenza sono del tutto irri- levanti.

Solo in determinati casi, il giudice, muovendosi nell’ottica equitativa che contraddistingue questo criterio risarcitorio, può “aggiustare” il canone di licenza144.

141 Cfr. G.WAGNER, Prävention und Verhaltenssteuerung durch Privatrecht, cit., p. 374 ;

P. H. GÜNTHER, Sub § 42, in P. H. GÜNTHER, T. BEYERLEIN, Kommentar zum Geschmackmustergesetz, Frankfurt am Main, 2012, p. 460. In giurisprudenza, tra le altre,

fanno diretto riferimento al § 287 BGB BGH GRUR 1966, 375, 378 – Meßmer-Tee II; BGH GRUR 1980, 841, 844 – Tolbutamid; BGH GRUR 1990, 1008, 1009 –

Lizenzanalogie.

142 F.HACKER, Sub § 14 MarkenG, cit., p. 1160.

143 Si tratta, come non si mancherà di osservare funditus anche nel Cap. III – cui si rinvia –

della somma che il danneggiato potrebbe ottenere anche in forza di una pretesa diversa, fondata sull’arricchimento ingiustificato, quando manchino i presupposti soggettivi per domandare il risarcimento del danno. Infatti, essendo oggettivamente impossibile la restituzione in natura di quanto indebitamente ricevuto (Erlangte), si applica il § 818 Abs. 2 BGB, in forza del quale l’arricchito deve corrisponderne il valore (Wertersatz). Tale valore, nelle ipotesi di sfruttamento di una cosa (anche immateriale) altrui corrisponde al

Verkehrswert, ossia al suo valore di mercato, il quale è calcolato ancora una volta grazie

all’identificazione del corrispettivo che il titolare del diritto leso avrebbe potuto pretendere in sede di contrattazione di una licenza (angemessene Lizenzgebühr). Cfr., tra le altre, BGH, GRUR 2009, 515, 519, in materia di marchi; BGH, GRUR 2012, 715, 718; BGH, GRUR 2010, 623, 625, in materia di diritto di autore.

144 In particolare, secondo il BGH, il giudice può, entro determinati limiti, tenere conto

della circostanza che la posizione dell’autore della violazione, non avendo questi mai concluso un contratto con il soggetto leso, può essere caratterizzata da vantaggi o svantaggi. Fermo il Gleichbehandlungsgebot, la Corte ha precisato che «der Tatrichter bei

der Schätzung der Schadenersatzlizenz auf Unterschiede zwischen der Stellung eines Schutzrechtsverletzers und der eines Lizenznehmers nicht eingehen müsse, wenn nicht diese sich m Einzelfall überdurchschnittlich ausgewirkt haben»: BGH GRUR 1982, 287 – Fernabstützvorrichtung. In questo caso, in particolare, i giudici hanno tenuto conto del

beneficio ottenuto dall’autore della violazione, rispetto ad un redlicher Lizenznehmer dalla circostanza di un pagamento posticipato del canone di licenza (ossia al momento del risarcimento del danno) Sul punto, cfr. T.DREIER,L.SPECHT, Sub § 97 UrhG, cit., p. ,

nonché, V.TETZNER, Der Verletzerzuschlag bei der Lizenzanalogie, in GRUR 2009, p. 7, il quale sottolinea l’insufficiente apertura del BGH alla considerazione di fattori concreti nel calcolo del danno secondo la Lizenzanalogie.

Questa regola, quantomeno nell’ambito dei marchi, acquisisce un certo margine di flessibilità, quando l’illecito abbia determinato un ulteriore pre- giudizio, collegato, precisamente, all’effetto confusorio sulla platea degli acquirenti, nonché al discredito conseguente all’associazione del segno di- stintivo violato a prodotti di qualità scadente (c.d. Marktverwirrungsscha- den)145.

In queste ipotesi, si apre per il danneggiato una duplice possibilità. Anzitut- to, poiché, come si è anticipato, la forfettizzazione non copre questa partico- lare tipologia di danni, egli può domandarne la liquidazione in via separata, ai sensi del § 251 Abs. 1 BGB, nell’ambito dell’unitaria domanda risarcito- ria146.

Il giudice, in caso contrario, può tenerne conto nel calcolo del canone di li- cenza ipotetico, assorbendo questo aspetto in detta forfettizzazione147.

In altre parole, ove non liquidato autonomamente, il Marktverwirrungs- schaden si tramuta in un fattore ulteriore, da valutarsi assieme agli altri nel calcolo della übliche und angemessene Lizenzgebühr: ne deriva, in pratica, una erhöhte Lizenzgebühr.

Prevenendo la prevedibile obiezione che, così ragionando, si rischierebbe di snaturare il funzionamento del criterio in esame, volto unicamente – come si ripete – ad identificare il valore di mercato del diritto di utilizzare il bene protetto, nelle forme, con le modalità e nelle circostanze che hanno caratte- rizzato il suo sfruttamento abusivo, il BGH giustifica l’aumento della licen- za alla luce dell’eventualità non remota che parti modello di un contratto di licenza prendano in considerazione, nel calcolo del corrispettivo, tali effetti negativi per il titolare del diritto protetto, scaturenti dall’altrui utilizzo (pur legittimo) di un segno distintivo148.

In ogni caso, la ponderazione di questi pregiudizi nella quantificazione del canone ipotetico di licenza sembra giustificabile alla luce della finalità del criterio utilizzato, il quale, in ultima analisi, rimane quello di definire equi- tativamente il danno subito dal titolare del diritto leso, per sua natura incerto

145 Su questa specifica tipologia di danno v. supra, par. B.2. 146 V. ancora supra, par. B.2.

147 BGH GRUR 2010, 239, 241 – BTK, nonché la dottrina ivi citata; cfr., inoltre, F.

HACKER, Sub § 14 MarkenG, cit., p. 1165. Rimane fermo, naturalmente, il divieto di ogni duplicazione risarcitoria, cui è preposto il Vermengungsverbot: A. OHLY,

Schadensersatzansprüche wegen Rufschädigung und Verwässerung im Marken- und Lauterkeitsrecht, in GRUR 2007, p. (926) 934, il quale precisa: «Deshalb muss sich der Markeninhaber entscheiden, ob er für eine erhöhte Lizenzgebühr optiert oder Ersatz für