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Le principali macro-categorie che definiscono la disabilità visiva sono due: la cecità e l’ipovisione. La condizione certamente meno conosciuta è l’ipovisione e talvolta la confusione tra cecità e ipovisione può condurre ad interventi educativi e riabilitativi inadeguati. Il termine infatti risulta ancora poco conosciuto e si caratterizza per collocarsi al confine tra la si- tuazione di visione e di non visione, aspetto che determina incertezza in coloro che la vivono. Si inquadra infatti tra le minorazioni meno signifi- cative che non generano disabilità visiva consistente e le minorazioni gravissime42.

Nella sfera delle disabilità visive vanno inoltre inclusi anche i soggetti che presentano una pluridisabilità come le persone sordocieche (talvolta esse presentano anche disturbi del comportamento). Queste persone hanno una doppia minorazione senza però presentare una disabilità co- gnitiva con grandi limiti alla comunicazione, è diffuso comunicare con loro attraverso il Malossi (scrittura sulla mano) o la Lingua dei segni tat- tile.

La legge 138 del 2001 “Classificazione e quantificazione delle minora- zioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici” ci offre una definizione della menomazione visiva in questi termini:

Art. 2. (Definizione di ciechi totali).

1. Ai fini della presente legge, si definiscono ciechi totali:

a) coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli oc- chi;

b) coloro che hanno la mera percezione dell'ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore;

42 Le persone ipovedenti hanno un campo visivo inferiore al 60% ma superiore

al 10%. Hanno maggiori difficoltà per quanto riguarda la percezione dei colori, della luce e dei contrasti, pertanto anche nella lettura e nel riconoscimento dei volti. L’organo sensoriale principale resta la vista, mentre il tatto e l’udito svolgono una funzione di supporto.

c) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento. Art. 3.(Definizione di ciechi parziali).

1. Si definiscono ciechi parziali:

a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione;

b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10 per cento. Art. 4.(Definizione di ipovedenti gravi).

1. Si definiscono ipovedenti gravi:

a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione;

b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 30 per cento. Art. 5. (Definizione di ipovedenti medio - gravi).

1. Ai fini della presente legge, si definiscono ipovedenti medio - gravi: a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione;

b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50 per cento. Art. 6.(Definizione di ipovedenti lievi).

1. Si definiscono ipovedenti lievi:

a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione;

b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 60 per cento43.

Ricordiamo che, in base agli ultimi dati ISTAT (aprile 2018), la cecità rappresenta lo 0,7% degli alunni disabili in Italia, mentre gli ipovedenti il 3,4% del totale44.

Nell’ambito della cecità totale esistono notevoli differenze tra coloro che sono nati ciechi o che lo sono diventati nella prima infanzia e coloro che lo sono diventati in età più avanzata.

Yvette Hatwell, dell'Università di Grenoble, riconosciuta come uno dei maggiori esperti della psicologia dei non vedenti ha riflettuto sullo sviluppo cognitivo dell’individuo affetto da deficit visivo in relazione al periodo di insorgenza del deficit e sulle difficoltà che può incontrare nell’acquisizione di alcune attività cognitive. I ciechi tardivi risultano avvantaggiati rispetto ai ciechi totali dalla nascita. Tuttavia i ciechi con- geniti dispongono per esempio di immagini mentali di carattere spaziale

43 www.uicpiemonte.it/servizi/classificazione-minorazioni-visive

44 www.tecnicadellascuola.it/ecco-il-nuovo-braille-per-tutti-font-universale-per-

formate sulla base della percezione aptica e rievocabili sia attraverso nuovi stimoli tattili, sia attraverso descrizioni verbali.

In ogni caso la privazione precoce della vista non condiziona la nor- male evoluzione intellettiva del soggetto:

Contrariamente dunque a quanto credono le persone che non hanno familia- rità con i problemi della cecità, il «mondo dei ciechi» non è fondamentalmente diverso da quello dei vedenti, sul piano cognitivo, benché sia evidentemente molto particolare sotto il profilo sensoriale e dell’immaginazione45.

La persona cieca è privata del sistema percettivo che acquisisce l’80% delle informazioni - l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera infatti la cecità come la disabilità più grave - e si avvale di tutti gli altri dati multisensoriali provenienti dagli altri sensi, che sono definiti sensi vicarianti. Il tatto e l’udito sono ritenuti i sensi più importanti, fonda- mentali per l’orientamento spaziale, l’olfatto offre informazioni momen- tanee per riconoscere luoghi e cose, a seguire c’è il senso cinestetico e propriocettivo e infine il senso del gusto. Il tatto permette la conoscenza di quasi tutte le proprietà degli oggetti: forma, dimensione, localizzazio- ne spaziale, rigidità dei materiali e può riuscire anche a valutare peso, durezza e temperatura. Aldo Grassini scrive

Handicap grave la cecità – non c’è dubbio – sul piano pratico e sul piano co- gnitivo! Ma non si pensi che un cieco debba vivere soltanto con il 20% delle in- formazioni di cui dispone un vedente […] Il mondo è fatto anche di suoni, di odori, di sapori, di impressioni tattili e tutto questo, in mancanza della luce, è sufficiente a dare un’immagine concreta, abbastanza chiara ed oggettiva per consentire la comunicazione e l’orientamento a fini pratici. Spetta poi alle fun- zioni intellettuali coprire eventuali vuoti, sì, insomma, tappare i buchi interpre- tando i dati a disposizione e sostituendo quelli mancanti46.

I problemi maggiori si riscontrano nella percezione del colore nella quale è difficile sostituire la vista, inoltre il sistema tattile è un recettore di contatto che ha un campo percettivo molto esiguo, per questo la per-

45 GALATI DARIO,Vedere con la mente, Conoscenza, affettività, adattamento nei non veden- ti, Milano, FrancoAngeli, 1992, p. 109.

46 GRASSINI ALDO, Per un’estetica della tattilità. Ma esistono davvero arti visive? Roma,

cezione tattile comporta sempre una componente cinestetica47. Secondo Gibson, esponente della psicologia ecologica, non c’è nessuna differenza di natura tra la vista e il tatto:

Le due modalità sono rette dalle stesse leggi di funzionamento ed hanno ac- cesso agli stessi dati spaziali, benché questi ultimi siano contenuti in stimola- zioni differenti (energia luminosa per la visione, energia meccanica per il tat- to)48.

Tuttavia com’è noto il tatto è particolarmente adatto alla conoscenza delle proprietà sostanziali degli oggetti (rigidità, texture etc.) ed è meno efficace della vista nel campo spaziale. Anche se come ricorda la Hatwell (1986) con una posizione simile a quella di Piaget e per certi versi di Barkley, che si ritrova anche nella scuola sovietica (Leontiev, 1976; Zapo- rozhets, 1965), il tatto ha un accesso diretto allo spazio tridimensionale e in tal senso è più veritiero della visione.

2.2. I non vedenti e l’arte: la percezione aptica in relazione alla