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I numeri complessi: forma algebrica e forma polare

Nel documento Circuiti elettrici in evoluzione dinamica (pagine 93-102)

C) La funzione che descrive la caratteristica statica non esiste, e non può quindi essere rappresentata da alcun grafico

A.4 Qualche utile relazione

7.2 Una indispensabile parentesi matematica: i numeri complessi

7.2.2 I numeri complessi: forma algebrica e forma polare

• divisione: (j a) : (j b) = a : b ;

ad esempio, (3 j) : (2 j) = 3 : 2 = 1.5; (3 j) : (- 2 j) = - 1.5 . Nella divisione, in altre parole, l’unità immaginaria ‘si semplifica’.

Per completare il quadro dei numeri immaginari, non resta a questo punto che stabilire un’ultima cosa importante: come si fanno le quattro operazioni fra numeri reali e numeri immaginari.

Qui, le cose si complicano un po’, perché si tratta di mettere insieme, in qualche modo, ‘oggetti’ matematici molto diversi tra loro. Cominciamo quindi col renderci conto subito che già dalla prima operazione, l’addizione, incontriamo una difficoltà insormontabile. Se, infatti, proviamo a sommare un qualsiasi numero reale (che so? 5) a un qualsiasi numero immaginario (ad esempio, 3 j), cosa ne può

‘venire fuori’?

Pensateci un momento: non può veneri fuori né semplicemente un numero reale, ma neppure un numero immaginario, perché il ‘risultato’ deve in qualche modo contenere sia il numero reale che quelli immaginario. Cosa fare, allora? In pratica ... non si fa proprio niente, stabilendo che la somma può soltanto essere indicata, ma non eseguita.

In conclusione, potremo soltanto limitarci a scrivere la somma così com’è, cioè 5 + 3 j ,

stabilendo che essa non può essere eseguita: deve semplicemente essere lasciata così com’è. Anzi: per non correre alcun rischio di confusione, possiamo fare una cosa ancora più ‘simpatica’, e cioè stabilire una volta per tutte di introdurre un terzo tipo di ‘oggetti’ matematici (oltre ai numeri reali e ai numeri immaginari), che chiameremo numeri complessi, per distinguerli dagli altri.

essendo sia ‘a’ che ‘b’ due qualsiasi numeri reali, e ‘j’ l’unità immaginaria. Spesso, i numeri complessi vengono indicati con lettere soprassegnate, oppure con un puntino sovrapposto, scrivendo quindi:

c = a + j b , oppure c = a + j b . (7.30)

A seconda delle circostanze, ci atterremo all’uno oppure all’altro degli usi.

A questo punto, ancora una volta, per completare il quadro dei numeri complessi e del loro uso, non ci resta che stabilire come vanno fatte le quattro operazioni.

Siamo così giunti al punto centrale della questione, che è alla base dei ‘trucchi’

inventati da Steinmetz e Kennelly per risolvere i circuiti in regime sinusoidale:

avrete già intuito, infatti, che questi trucchi si basano proprio sull’uso di questi strani numeri complessi. Quindi, occorre imparare a usarli in modo corretto e rapido, a partire, ovviamente, dalle quattro operazioni fra numeri complessi.

La cosa, dal punto di vista concettuale, è meno banale di quanto possa apparire a prima vista: infatti, i matematici ‘rigorosi’ presentano le cose in maniera abbastanza diversa da come faremo noi di qui a poco. A noi, però, come tante volte abbiamo ripetuto, quel che davvero interessa è che voi impariate a risolvere i circuiti in modo rapido e corretto, e rinunzieremo, quindi, a un po’ di rigore, a patto che ciò serva a rendere le cose più semplici e chiare.

Diciamo subito, dunque, che piuttosto che darvi le definizioni delle quattro operazioni fra numeri complessi nella loro forma più generale e astratta (come fanno appunto i matematici), noi preferiamo spiegarvi subito come conviene farle, in modo da risparmiare fatica. Tanto, per quel che ci serve, il risultato sarà lo stesso: ... non preoccupatevi.

Per fare quel che abbiamo appena detto, conviene però fare un passo indietro, e ritornare a un argomento che certamente sapete usare con disinvoltura: le frazioni.

Vi ricordiamo ancora una volta che le frazioni coincidono con quei numeri che abbiamo chiamato razionali, per distinguerli dagli irrazionali. Vedrete, infatti, che ci sono ... strane somiglianze fra un argomento facile come le frazioni e uno complicato come i numeri complessi (almeno per ciò che riguarda i modi in cui conviene fare le quattro operazioni).

Cominciamo, quindi, col ricordarvi innanzitutto che una frazione, e cioè un

‘oggetto’ matematico che solitamente indichiamo con il simbolo

M

N → generica frazione (7.31)

essendo M e N due qualsiasi numeri interi (ad esempio, 3/4, 11/3, - 4/5, e così via), può essere espresso anche in una forma diversa, ma equivalente, e cioè in forma cosiddetta decimale. Possiamo scrivere quindi:

4

5 = 0.8 , 3

4 = 0.75 , 2

3 = 0.6 = 0.666 , 11

5 = 2.2 , e così via.

Le due forme, quella ‘frazionaria’ e quella ‘decimale’, si presentano in modo completamente diverso, ma sono equivalenti, perché sappiamo come si fa a passare da una all’altra, e viceversa. Ricordate che, per passare dalla forma frazionaria a quella decimale, basta dividere in numeratore per il denominatore, mentre per passare dalla forma decimale a quella frazionaria, bisogna calcolare le cosiddette

‘frazioni generatrici’. Comunque, anche se non lo ricordate in dettaglio, non ve ne preoccupate. L’importante è che sia chiaro che le due forme sono equivalenti, e che possono essere usate, l’una oppure l’altra, a seconda di quel che fa più comodo. In particolare, conviene usare una forma oppure l’altra, a seconda delle operazioni che bisogna fare.

Se, infatti, occorre eseguire un’operazione di addizione o sottrazione, conviene ricorrere alla forma decimale. A esempio, dovendo sommare le frazioni 3/4 e 4/5, conviene eseguire la somma usando le forme decimali

3 4 + 4

5 = 0.75 + 0.80 = 1.55 ,

piuttosto che in forma frazionaria (dove occorre calcolare innanzitutto il minimo comune denominatore delle due frazioni, e così via).

Quando, invece, occorre eseguire una moltiplicazione o una divisione, conviene di solito la forma frazionaria. Ad esempio, volendo moltiplicare 3/4 per 4/5, conveniamo subito che è più semplice usare la forma frazionaria

3 4 ⋅ 4

5 = 3 5 ,

piuttosto che eseguire la moltiplicazione tra le due forme decimali 0.75 ⋅ 0.8 = 0.6 .

La conclusione di questi brevi elementari richiami sull’uso dei numeri decimali e delle frazioni può così essere riassunta in due punti essenziali:

• l’oggetto matematico chiamato numero ‘razionale’ può essere rappresentato in due forme diverse, ma equivalenti; è essenziale saper passare da una forma all’altra, e viceversa, in modo corretto;

• per eseguire le quattro operazioni fra numeri razionali, conviene operare, a seconda dei casi, utilizzando una forma oppure l’altra; l’importante è che i risultati, in un modo o nell’altro, siano gli stessi (anche se rappresentati in forma diversa).

Bene: entrambe le affermazioni contenute nei due punti precedenti valgono anche per i numeri complessi. Ciò che, quindi, ci accingiamo a fare ora è proprio mostrarvi innanzitutto le due forme (diverse, ma equivalenti) in cui i numeri complessi possono essere presentati, mostrandovi come si passa dall’una all’altra (e viceversa), e poi insegnarvi a fare le quattro operazioni fra numeri complessi, ricorrendo a una forma oppure all’altra, a seconda della convenienza.

a) Forma algebrica

La cosiddetta forma algebrica di un numero complesso possiamo dire di conoscerla già, poiché altro non è se non la forma, rappresentata dalla (7.29) con la quale abbiamo introdotto (e, quindi, definito) i numeri complessi.

Diremo, perciò, che un dato numero complesso c è espresso in forma algebrica, quando è nella forma

c = a + j b , (7.32)

‘a’ e ‘b’ essendo due numeri reali qualsiasi, e ‘j’ l’unità immaginaria j = - 1 . Ad esempio:

c1 = 3 + 4 j , c2 = - 1.2 + j 7.4 , c3 = - 3 - 4.5 j , e così via.

Il numero reale ‘a’ è detto parte reale del numero complesso c, ed è anche indicato come

a = ℜ c ; (7.33)

il numero reale ‘b’ (senza l’unità immaginaria) è detto coefficiente dell’immaginario, ed è indicato come

b = ℑ c . (7.34)

La (7.32) può essere anche formalmente scritta come c = ℜ c + j ℑ c ,

ma, per la verità, è piuttosto rara.

Un’operazione che ci tornerà utile nel seguito, e che nel campo dei numeri reali non viene definita, è l’operazione di coniugazione. Diremo coniugato del numero complesso (7.32), il numero

c * = a - j b ,

in cui l’asterisco ci ricorda proprio la nuova operazione. Il numero complesso c * ha la stessa parte reale del numero complesso c, ma parte immaginaria opposta.

Ad esempio:

se c = 4 - 5 j → c * = 4 + 5 j .

b) Forma polare

L’altra forma, detta polare, con cui può essere rappresentato un numero complesso, richiede una semplice costruzione grafica. A questo scopo, cominciamo col tracciare una coppia di assi cartesiani x e y, come in Figura 7.8, e conveniamo di indicare l’asse x come asse reale, e l’asse y come asse immaginario. Ciò fatto, conveniamo di rappresentare il generico numero complesso (7.32) come un raggio-vettore ‘spiccato’ dall’origine degli assi, come mostrato in Figura 7.8. I raggi-vettori come c vengono detti comunemente fasori; si parla, quindi, indifferentemente di ‘numeri complessi in forma polare’, oppure di ‘fasori’, senza alcuna distinzione di significato.

È chiaro che, in questo modo, la parte reale ‘a’ del numero complesso c rappresenta la componente lungo l’asse x del vettore c, mentre il numero reale ‘b’

rappresenta l’altra componente del vettore c. Si ha, così:

cx = a , cy = b . (7.35)

c α

a b

0 x ≡ ℜ

y ≡ ℑ

Figura 7.8: numeri complessi in forma polare.

Dunque, per rappresentare il numero complesso c, è possibile assegnare, invece che i due numeri reali ‘a’ e ‘b’, gli altri due numeri reali ‘c’ e ‘α’, che rappresentano rispettivamente:

c → modulo del vettore c e si scrive: mod c ;

α → angolo formato dal vettore c con l’asse reale e si scrive: arg c .

Vale la pena sottolineare che il modulo, trattandosi della lunghezza di un vettore, è sempre positivo. A proposito di ‘α’, va notato esplicitamente che esso va considerato positivo quando misurato, a partire dall’asse reale, in senso antiorario, e negativo, quando è misurato (sempre a partire dall’asse reale) in senso orario.

Perciò lo stesso angolo di Figura 7.9 può essere considerato come positivo, e pari a 270°, oppure negativo, e pari a - 90°.

270°

- 90°

Figura 7.9: due modi diversi di indicare lo stesso angolo.

Un modo diffuso di indicare il numero complesso c in questa ‘forma polare’ è scrivere

c = c , α ,

oppure anche c = c ∠α, o altre ancora, meno diffuse.

La semplice costruzione grafica mostra con sufficiente chiarezza tanto come si faccia a passare dalla forma algebrica a quella polare, quanto come si faccia il passaggio inverso, dalla forma polare a quella algebrica. Per essere il più possibile chiari, come sempre, ricorriamo a un paio di esempi.

Esempio 1 - Consideriamo il numero complesso espresso nella forma algebrica c = 3 + 4 j .

Per passare in forma polare, costruiamo il grafico seguente, partendo col segnare l’ascissa 3 e l’ordinata 4. Si ha subito (misurando α con un goniometro)

c = 32 + 42 = 25 = 5 , α ≅ 53° .

Alcuni autori, quando esprimono gli angoli in gradi, sono soliti indicare questa scelta chiaramente anche nel simbolo, per cui si scrivono, ad esempio, α° ≅ 53°.

Useremo questa distinzione nei simboli solo nei casi in cui si possa dar adito a qualche confusione.

c

α

0 x ≡ ℜ

y ≡ ℑ

1 1

2 2

3 3

4

Esempio 2 - Dato il numero complesso in forma polare c = 10 , 45° = 10 , π/4 = 10 ∠π/4 .

Per passare in forma algebrica, costruiamo ancora il grafico, partendo questa volta col tracciare il modulo del vettore c, e cioè il numero positivo 10 in una

scala scelta ad arbitrio sul grafico, e posizionando poi il vettore c in modo da formare l’angolo di 45° con l’asse reale.

0 x ≡ ℜ

y ≡ ℑ

45°

c = 10

Non è difficile convincersi che l’operazione di coniugazione di un numero complesso in forma polare si ottiene cambiando il segno della fase:

c * = c , - α .

A questo punto, il passaggio dalla forma algebrica a quella polare di un qualsiasi numero complesso, nonché il passaggio inverso dovrebbero essere chiari. Così come li abbiamo spiegati, essi richiedono sempre la costruzione geometrica di un grafico del tipo di quelli mostrati negli esempi, e la misura, con un goniometro, dell’angolo ‘α’. Ora, entrambe le operazioni, benché concettualmente molto semplici, richiedono però una certa precisione grafica. È preferibile, per evitare errori, far ricorso a una delle solite calcolatrici, e fare il passaggio da una forma all’altra, servendosi delle formule che, qui di seguito, riassumiamo.

È forse questo il momento migliore per leggere l’appendice trigonometrica posta alla fine di questo capitolo.

a) Passaggio da forma algebrica a forma polare.

Cominciamo a dire che se il numero è immaginario, cioè se a = 0, la cosa è semplice:

se c = j b → c = b , α = 90° , se b > 0 ,

c = - b , α = 270° , se b < 0 . (7.36a)

Facciamo qualche esempio:

c = 3 j → c = 3 , 90° = 3 ∠90° ; c = - 8 j → c = 8 , 270° = 8 ∠270° . Se, invece, il numero è complesso, allora:

se c = a + j b → c = a2 + b2 , α = arctan b

a , se a > 0 , 180° + arctan b

a , se a < 0 ,

(7.36b)

in cui la funzione ‘arctan’ è detta funzione arcotangente, e la trovate sulle vostre calcolatrici, vi fornisce il valore della fase del numero complesso se a > 0, vi fornisce il valore della fase, a meno dell’angolo 180° = π, se a < 0. La sola cosa cui dovete prestare attenzione è capire come la vostra macchinetta calcolatrice misura gli angoli, se in gradi, in radianti, o in qualche altra strana unità. Solo un po’ di ‘confidenza’ con la calcolatrice vi fornirà la sicurezza necessaria per interpretare correttamente il risultato fornito.

Ad esempio:

c = 1 + j → c = 12 + 12 ≅ 1.42 , α = arctan 1

1 = 45° = π 4 ; c = 3 + 4 j → c = 32 + 42 = 5 , α = arctan 4

3 ≅ 53.1° ;

c = - 1 + 2 j → c = (- 1)2 + 22 ≅ 2.24 , α = 180° + arctan 2

- 1 ≅ 116.6° ; c = - 1 - 3 j → c = (- 1)2 + (- 3)2 ≅ 3.16 , α = 180° + arctan 3 ≅ 251.6° ; c = 1 - 5 j → c = (- 1)2 + 52 ≅ 5.10 , α = arctan - 5

1 ≅ - 78.7° = 281.3° . Insomma, ogni volta che state per calcolare la fase di un numero complesso, dovete valutare con attenzione se sommare, o meno, l’angolo di 180° = π rad alla funzione arcotangente.

b) Passaggio inverso, da forma polare a forma algebrica.

Sono noti c (> 0) e α → a = c cos α , b = c sen α . (7.37) Ad esempio:

c = 5 ∠30° → a = 5 cos 30° ≅ 4.33 , b = 5 sen 30° = 2.5 ; c = 6 ∠120° → a = 6 cos 120° = - 3 , b = 6 sen 120° ≅ 5.20 ; c = 8 ∠210° → a = 8 cos 210° ≅ - 6.93 , b = 8 sen 210° = - 4 ; c = 5 ∠310° → a = 5 cos 310° ≅ 3.21 , b = 5 sen 310° ≅ - 3.83 .

Nel documento Circuiti elettrici in evoluzione dinamica (pagine 93-102)