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La generica funzione sinusoidale del tempo

Nel documento Circuiti elettrici in evoluzione dinamica (pagine 74-86)

C) La funzione che descrive la caratteristica statica non esiste, e non può quindi essere rappresentata da alcun grafico

A.4 Qualche utile relazione

7.1.1 La generica funzione sinusoidale del tempo

Per chiarire la prima questione, facciamo un passo indietro, e cominciamo col ricordare che, già nel paragrafo 1.4, avevamo introdotto le semplici funzioni della variabile t che avevamo indicato con i simboli

SIN(t) , COS(t) , TAN(t) , oppure anche

sen(t) , cos(t) , tan(t) ,

e di cui avevamo riportato i grafici, nonché i modi per calcolarle per ciascun valore di t, sia facendo uso di una comunissima ‘macchinetta calcolatrice’, sia ‘a mano’. Ora, per chiarire bene in cosa consista il funzionamento di un circuito in regime sinusoidale conviene introdurre una funzione un po’ più generale, sia di sen(t) che di cos(t), che va sotto il nome generico di funzione sinusoidale, e che è rappresentata dalla seguente espressione:

a(t) = AM sen(ωt + α) , (7.1)

nella quale

• AM è un numero sempre positivo, che prende il nome di ampiezza della funzione sinusoidale;

• ω è un altro numero, anch’esso sempre positivo, che va sotto il nome di pulsazione della suddetta funzione;

• α è un terzo numero, questa volta di segno qualsiasi, che prende il nome di fase della funzione considerata.

Per fissare subito le idee, riportiamo qualche semplice esempio di funzione sinusoidale:

a1(t) = 100 sen(200t + 1.5) , a2(t) = 300 sen(314t - π/4) , a3(t) = 10 2 sen(1000t + π/3) ,

e così via. Le ampiezze di a1(t), a2(t) e a3(t) valgono, rispettivamente, 100, 300 e 10 2 ; le pulsazioni delle tre funzioni sono rispettivamente 100, 314 e 1000, mentre, infine, le rispettive fasi sono 1.5, - π/4 e + π/3.

L’intera quantità contenuta all’interno della parentesi nella (7.1), e cioè l’espressione

β = ωt + α (7.2) prende il nome di argomento della funzione sinusoidale, e possiamo quindi scrivere:

a(t) = AM sen(ωt + α) = AM sen β . (7.3)

Come vedremo subito, già la semplice definizione che abbiamo appena dato di una generica funzione sinusoidale della variabile tempo richiederà parecchie precisazioni e qualche approfondimento, per essere compresa fino in fondo.

Cominciamo quindi col chiarire subito come si calcola il valore di una funzione del tipo (7.1) per un qualsiasi, assegnato, valore della variabile indipendente t. La cosa è ovvia: si comincia col calcolare, per il valore assegnato di t, il valore dell’argomento β, dato dalla (7.2). Ad esempio, con riferimento alla funzione

a2(t) = 300 sen(314t - π/4) ,

volendo calcolare il valore, diciamo, per t = 12.3, abbiamo, subito:

β = 314 ⋅ 12.3 - π

4 = 3861.41460184 .

Dopo di ciò, basta pigiare sulla calcolatrice il tastino ‘SIN’, per ottenere subito:

sen β = - 0.386866046 .

Infine basta moltiplicare questo risultato per l’ampiezza 300:

a2(12.3) = 300 sen(314 ⋅ 12.3 - π/4) = 300 ⋅ (- 0.386866 ) = - 116.0598 . A questo punto, abbiamo imparato a calcolare il valore di una qualsiasi generica funzione sinusoidale del tipo (7.1) per ogni valore della variabile indipendente t.

Già questo ci consente di ricavare alcune importanti informazioni sulle funzioni sinusoidali, nonché sul significato dei tre numeri AM, ω e α che la caratterizzano.

Cominciamo coll’osservare subito che ogni funzione sinusoidale è periodica.

Questo vuol dire, in parole povere, che, se conosciamo i valori in un determinato intervallo di tempo (che prende il nome di periodo della funzione), i valori in ogni altro istante sono noti a priori, perché non fanno altro che ripetere quelli già

assunti nel periodo. Chiariamo la cosa con un esempio, come al solito, e consideriamo la funzione:

a(t) = 100 sen(50t + π/4) .

Calcoliamo il valore di a(t) per t, ad esempio, pari a 3:

a(3) = 100 sen(50 ⋅ 3 + π/4) = - 1.105 . Ricaviamolo, ora, per t = 3 + 0.125664:

a(3.125664) = 100 sen(50 ⋅ 3.125664 + π/4) = - 1.105 , e, ancora, per t = 3 ± 2 ⋅ 0.125664:

a(3 ± 2 ⋅ 0.125664) = - 1.105 .

Ci accorgiamo così che il valore della funzione a(t), calcolato per t = 3 coincide esattamente col valore calcolato per t = 3 ± n ⋅ 0.125664, essendo n un numero intero qualsiasi (1, 2, , 100, ).

La stessa cosa si ripete per qualsiasi altro valore della variabile indipendente t;

accade, cioè, che ad esempio:

a(23.5) = a(23.5 ± n ⋅ 0.125664) ,

e così via. Si intuisce allora che, per la funzione a(t) assegnata, il numero fisso 0.125664 svolge il ruolo di quello che avevamo chiamato periodo della funzione.

Sorge spontanea allora la domanda: come abbiamo fatto a saperlo? E, inoltre, come si fa a calcolare il periodo per un’altra, qualsiasi funzione sinusoidale?

La risposta è semplicissima: data una qualsiasi funzione sinusoidale scritta nella forma (7.1), il periodo, che indicheremo con la lettera maiuscola T, è dato dalla semplicissima formula:

T = 2π

ω , (7.4)

nella quale ω è la pulsazione della funzione sinusoidale considerata. In altre parole, conoscere ω è equivalente a conoscere T; e viceversa, se si conosce T ma non ω, quest’ultima si ottiene subito dalla stessa (7.4):

ω = 2π

T . (7.5)

Il periodo T è misurato in secondi, ovviamente, quando la variabile t è il tempo.

La pulsazione ω è misurata invece in ‘radianti/secondi’.

C’è una terza grandezza, anch’essa legata a ω e T, che è molto usata nella pratica, ed è la cosiddetta frequenza, di solito indicata con la lettera f, e che corrisponde semplicemente all’inverso del periodo:

f = 1 T = ω

2π . (7.6)

La frequenza si misura in ‘hertz’ (Hz) e suoi multipli (kHz, MHz, GHz, che si leggono rispettivamente chilohertz, megahertz, gigahertz; a volte, si usano, in gergo, anche termini come chilocicli, megacicli, e così via).

In conclusione, conoscere uno qualsiasi dei tre numeri ω, T, f consente di calcolare subito, mediante le (7.4), (7.5) e (7.6), gli altri due.

Per chiarire ulteriormente il significato di questi numeri, facciamo riferimento al grafico tipico di una funzione sinusoidale, riportato in Figura 7.1.

Come si vede, esso è ‘periodico’ anche dal punto di vista ‘visivo’: nel senso che si ripete continuamente lungo l’asse orizzontale.

a(t) = AM sen(ωt + α)

t AM

- AM T

T

0

Figura 7.1: generica funzione sinusoidale.

Il valore del periodo T può essere misurato, su un grafico di questo tipo, con estrema facilità: basta prendere una ‘oscillazione completa’ della funzione, come mostrato in figura e misurare l’intervallo di tempo corrispondente (indicato con T e i suoi estremi, in due posizioni diverse del grafico).

La frequenza f corrisponde, in questo modo, al numero di periodi (e, quindi, di oscillazioni complete) contenuti in un secondo.

La pulsazione ω, infine, altro non è se non la frequenza moltiplicata per il numero

‘fisso’ 2π, come prescritto dalla relazione (7.6).

Data l’importanza fondamentale di questi concetti nello studio dei circuiti (e non soltanto in regime sinusoidale), non deve sorprendere se insistiamo ancora a metterne in evidenza i diversi significati.

A questo scopo, facciamo ora riferimento a un esempio ‘meccanico’ certamente familiare a tutti: quello di un pendolo (fatto semplicemente di un filo appeso al soffitto e terminante con una pallina di acciaio o con qualunque altro oggetto, piccolo ma abbastanza pesante).

θ

Figura 7.2: esempio di pendolo meccanico.

Immaginiamo di mettere in moto questo pendolo e di lasciarlo poi oscillare da solo per un certo tempo. Non sarebbe difficile mostrare che, specie all’inizio, il moto del pendolo può essere descritto con eccellente approssimazione proprio da una funzione sinusoidale del tipo (7.1), nella quale il valore della funzione rappresenta, in ogni istante, l’angolo θ che il pendolo fa con la verticale (vedi la Figura 7.2). È chiaro che la durata T del periodo è quella che corrisponde a una oscillazione completa del pendolo (e cioè a una andata e ritorno completi della pallina), e che, analogamente, la frequenza con cui il pendolo oscilla corrisponde al numero di oscillazioni complete compiute dal pendolo in un solo secondo. Con

ciò, speriamo di aver chiarito a sufficienza il significato fisico di T, e quindi anche di f e ω.

Ricordando che la generica funzione sinusoidale (7.1) è caratterizzata dai tre numeri AM, ω, α, resta ora da chiarire il significato di ΑM e α per completare il quadro.

Per quel che riguarda AM, la cosa è semplicissima, poiché basta ricordare che la funzione sen(ωt + α) ha come valore massimo + 1 e come valore minimo - 1, per concludere che AM rappresenta il valore massimo assunto dalla funzione (come indicato nella Figura 7.1), e che, analogamente, il suo opposto, - AM, ne rappresenta il minimo.

È importante osservare qui che, per motivi che saranno chiariti più avanti, è molto diffuso scrivere l’ampiezza AM nella seguente forma:

AM = A 2 , (7.7)

dove la quantità A prende il nome di valore efficace della a(t). Nell’esempio del pendolo, AM rappresenta l’angolo formato dal filo con la verticale, quando il pendolo, raggiunto uno degli estremi della sua ‘corsa’, si trova proprio nel momento in cui sta per ritornare indietro.

Più delicato è chiarire, invece, il significato del terzo numero che caratterizza la funzione sinusoidale, e cioè la fase α. Data, però, l’importanza assunta da questo parametro nello studio del regime sinusoidale, ci soffermeremo anche su esso, col dovuto dettaglio per metterne in piena luce i diversi aspetti.

Cominciamo coll’osservare che se, nell’espressione (7.1) di una generica funzione sinusoidale a(t), calcoliamo il valore all’istante t = 0, otteniamo:

a(0) = AM sen(ω ⋅ 0 + α) = AM sen α . (7.8)

Come si vede, quindi, il valore di α determina (indirettamente, e cioè attraverso l’espressione AM sen α) il valore che la funzione sinusoidale assume proprio all’istante t = 0. Così, ad esempio, se la fase α è zero, si ha: a(0) = 0, e il grafico della funzione a(t), riportato in Figura 7.3, passa per l’origine degli assi.

t AM

a(t) = AM sen(ωt) α = 0

0

- AM

Figura 7.3: funzione sinusoidale con α = 0.

Se, invece, la fase α è, ad esempio, pari a π/2, si ha: a(0) = AM sen(π/2) = AM, e il grafico corrispondente è del tipo riportato in Figura 7.4, in cui si vede che a(t) raggiunge addirittura il suo valore massimo AM proprio nell’istante t = 0.

a(t) = AM sen(ωt + π/2)

0 t AM

- AM

α = π/2

Figura 7.4: funzione sinusoidale con α = π/2.

Più in generale, non sarebbe difficile far vedere che α può essere facilmente misurato sul grafico della generica funzione a(t), nel modo indicato in Figura 7.5:

si considera il primo punto (indicato con P in Figura 7.5) a sinistra dell’origine nel quale il grafico assume valore nullo, e cioè ‘taglia’ l’asse orizzontale, mentre cresce; il punto P', quindi, non va bene, perché il grafico ‘taglia’, sì, l’asse orizzontale, ma mentre decresce.

Una volta trovato il punto P, basta misurare la durata P0 sull’asse t, e moltiplicarla per la pulsazione ω. Si ha, cioè:

α = ω P0 , (7.9)

avendo indicato con P0 la durata (misurata ovviamente in secondi, del segmento P0).

A questo punto, siamo in condizioni di chiarire la differenza sostanziale che passa tra un numero come ω e uno come α. Mentre, infatti, per una data funzione sinusoidale, ω è un numero assegnato, che noi non possiamo modificare in alcun modo, α dipende sostanzialmente da noi, poiché dipende dall’istante in cui noi facciamo ‘scattare’ il cronometro. Non dimentichiamo, infatti, che l’istante t = 0 non esiste di per sé: esso indica semplicemente l’istante in cui noi decidiamo di far partire la lancetta del nostro orologio.

AM

- AM

a(t) = AM sen(ωt + α)

0 t P P'

Figura 7.5: misura di α per una generica funzione sinusoidale.

Ora, tornando, per chiarire ulteriormente la cosa, all’esempio del pendolo, è facile capire che, mentre il pendolo sta oscillando per conto suo (e cioè liberamente, senza alcun intervento da parte nostra), noi possiamo decidere di far partire in qualsiasi momento il nostro orologio. Con ciò, la fase della funzione sinusoidale che descrive il moto del pendolo rimane praticamente decisa da noi stessi, nel momento in cui azioniamo il cronometro.

In conclusione, mentre la pulsazione ω (e quindi anche la frequenza f, e il periodo T) di una data funzione sinusoidale è univocamente fissata, la fase α è arbitraria, poiché dipende, come già detto, dall’istante in cui facciamo partire il nostro orologio.

Ciò detto, va però chiarita subito un’altra cosa, altrettanto importante, che riguarda le differenze di fase fra funzioni sinusoidali diverse. Se, infatti, consideriamo le due seguenti funzioni sinusoidali

a(t) = AM sen(ωt + α) , b(t) = BM sen(ωt + β) , (7.10) che hanno la stessa pulsazione ω, è chiaro, in base a ciò che abbiamo detto prima, che, facendo scattare il nostro cronometro in un determinato istante (scelto arbitrariamente da noi), possiamo decidere il valore della fase di una delle due funzioni, ma non di tutte e due insieme. Per chiarire ulteriormente, se di pendoli che oscillano ciascuno per conto proprio ce ne sono due (e non uno soltanto), possiamo fare scattare l’orologio nell’istante in cui, ad esempio, il primo pendolo sta passando proprio per la verticale, ma, in quello stesso istante l’altro pendolo si troverà in generale in una posizione diversa. Ne dobbiamo concludere quindi che,

‘giocando sull’istante t = 0‘, possiamo decidere ad arbitrio il valore di α, oppure quello di β, ma non il valore della differenza

ϕ = α - β , (7.11)

che prende il nome di ‘sfasamento di b(t) rispetto ad a(t)’, ed è indipendente dal momento in cui azioniamo il cronometro.

La stessa cosa vale ovviamente quando, invece che due funzioni sinusoidali di uguale pulsazione, ne consideriamo tante quante ne vogliamo:

a(t) = AM sen(ωt + α) , b(t) = BM sen(ωt + β) , c(t) = CM sen(ωt + γ) ,

s(t) = SM sen(ωt + σ) .

(7.12)

‘Giocando’ sull’istante t = 0, possiamo fissare ad arbitrio il valore di una qualsiasi delle fasi α, β, γ, , ma di una soltanto. Restano, invece, determinati in modo fisso tutti gli sfasamenti (e cioè le differenze di fase) fra le diverse funzioni:

ϕ1 = α - β , ϕ2 = α - γ , . (7.13)

In gergo, quando lo sfasamento ϕ dato dalla relazione (7.11) è positivo, si dice che a(t) è in ‘anticipo di ϕ‘ sulla b(t); oppure, il che è equivalente, che b(t) è ‘in ritardo di ϕ‘ sulla a(t). Ad esempio, per

a(t) = AM sen(ωt + π/4) , b(t) = BM sen(ωt + π/5) , lo sfasamento ϕ è

ϕ = π 4 - π

5 = π

20 = 9° ,

e a(t) è in anticipo di π/20 su b(t). Analogamente, posto a(t) = AM sen(ωt + π/2) , b(t) = BM sen(ωt - π/3) , risulta che

ϕ = π 2 - - π

3 = 5π

6 = 150° , e a(t) è in anticipo di 5π/6 su b(t).

Per abituarvi, poi, al gergo degli elettrotecnici, ricordate che quando ϕ = π/2 = 90°, si dice che a(t) è in quadratura d’anticipo (o di ritardo, se ϕ = - π/2 = - 90°) su b(t), e che, se ϕ = π = 180° , a(t) e b(t) sono in opposizione.

Al termine di questa lunga parentesi dedicata a chiarire bene cosa sia una generica funzione sinusoidale del tempo, e a metterne in luce i diversi aspetti e i diversi parametri, è ora il caso di applicare quello che abbiamo detto al caso pratico che ci interessa più da vicino, e che ciascuno di noi ha sottocchio tutti i giorni, in casa e sui posti di lavoro: quello delle cosiddette ‘prese’ (alle quali accennavamo già all’inizio di questo libro). Siamo ora, finalmente, nelle condizioni di spiegare in dettaglio cosa rappresenti una ‘presa’ dal punto di vista circuitale.

Con riferimento a una tipica presa a tre fori, del tipo rappresentato in Figura 7.6 (come se ne trovano normalmente nelle nostre case), diciamo subito che, malauguratamente (per motivi che saranno chiariti nel libro dedicato agli impianti elettrici), molto spesso, per non dire quasi sempre, il foro centrale della presa è inutile, e può essere quindi ignorato, perché elettricamente inattivo.

Figura 7.6: presa a tre fori.

Quando non è così, esso è invece molto importante ai fini della sicurezza degli utenti!

Per semplicità, facciamo riferimento quindi a una presa a due soli fori (Figura 7.7), come, pure, se ne trovano ancora tante nelle nostre case.

+

e(t)

Figura 7.7: presa a due fori e circuito equivalente.

Bene: da un punto di vista circuitale, possiamo pensare che una presa di questo genere sia equivalente, con buona approssimazione (pari a ± 5%) a un generatore indipendente di tensione, la cui d.d.p. sia la seguente funzione sinusoidale del tempo:

e(t) = 220 2 sen(2π 50 t + α) ≅ 220 2 sen(314 t + α) . (7.14) Si vede così che:

• è più corretto considerarla come ‘presa di tensione’, che non ‘di corrente’ (non trattandosi di un generatore di corrente, bensì - semmai - di tensione);

• che la frequenza di questa tensione è 50 Hz (e cioè 50 oscillazioni complete in un secondo); il periodo è quindi di 20 ms (millisecondi), mentre la pulsazione è circa 314 radianti/secondo;

• che il valore efficace di questa d.d.p. è pari a 220 V, mentre l’ampiezza (e cioè il valore massimo) è circa 311 V.

Siamo ora giunti al punto di poter dare piena e completa risposta alla prima domanda che ci eravamo posti nella premessa, e cioè cosa debba intendersi esattamente per regime sinusoidale quando ciascuna delle grandezze fondamentali della rete, e cioè ciascuna corrente e ciascuna tensione varia nel tempo come una funzione sinusoidale la cui pulsazione sia assegnata una volta per tutte nell’intera rete. Così, in Italia (e nel resto della Comunità europea), il regime sinusoidale, per i comuni impianti domestici e industriali, ha la frequenza di 50 Hz. Ciò vuol dire -lo ripetiamo - che ogni corrente e ogni tensione, in Italia, in Francia, e così via, variano nel tempo sinusoidalmente alla frequenza di 50 Hz (negli USA, invece, il regime sinusoidale ha una frequenza di 60 Hz).

Si osservi, infine, che, nel definire il regime sinusoidale di una rete, si è fatta attenzione a specificare che le grandezze che variano sinusoidalmente sono soltanto quelle fondamentali, e cioè le correnti e le tensioni: non così per le grandezze derivate. Vedremo, infatti, che, in particolare, le potenze elettriche assorbite (ed erogate) dai diversi componenti non variano, in generale, con legge sinusoidale, bensì in modi diversi (che a suo tempo specificheremo caso per caso).

Nel documento Circuiti elettrici in evoluzione dinamica (pagine 74-86)