partecipata dei paesaggi agroforestal
1. I Parchi agricol
Sarà interessante notare come nelle diverse esperienze italia- ne ed europee di Parchi agricoli si trovino molte assonanze. A dare avvio ai Parchi agricoli vi è spesso una fase di presa di co- scienza sociale delle problematiche relative all’urbanizzazione, e al valore dei patrimoni territoriali locali (una patrimonializ- zazione del territorio), per passare poi a una fase di rilevante mobilitazione e autorganizzazione sociale che fa da pressione verso le istituzioni per attivare strumenti di tutela del territorio i quali, a loro volta, passano da una fase di tutela passiva a una di tutela attiva in cui vi è sempre più attenzione all’integrazione
con lo sviluppo locale.5
4 G. Becattini, La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale, Donzelli,
Roma, 2015.
5 A. Magnaghi, D. Fanfani (a cura di), Patto città campagna. Un progetto di bio-
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Attualmente non esiste in Italia una definizione giuridica spe- cifica del Parco agricolo: anche laddove esistono dal punto di vista della legislazione nazionale ricadono nelle aree protette, mentre a livello locale si stanno diffondendo all’interno della pianificazione comunale o sovracomunale con articolazioni diverse.
Analizziamo adesso tre esempi di parchi agricoli esistenti che bene raccontano questi aspetti.
• Parco agricolo di Lobregat a Barcellona. Si tratta di quasi 3.000
ettari, dove si coltivano ortaggi e frutta. Il parco nasce da una mobilitazione sociale degli anni ‘70 che lottava contro l’ur- banizzazione del delta del fiume Pla e che ha coinvolto molti agricoltori locali. Su istanza della mobilitazione sociale, le am- ministrazioni partecipano e vincono un bando Life per pro- gettare un parco agricolo sul delta del fiume. Il parco viene istituito nel ‘98. Il parco si è dotato di obiettivi orientati a preservare, a gestire e a sviluppare l’attività agricola. Il parco è molto famoso soprattutto per le molte azioni di sostegno all’agricoltura con forme innovative di commercializzazione, marchi locali, interazione con la popolazione.
• Parco sud Milano. Anche in questo caso il parco nasce perché nel
1985 si è organizzata l’associazione Parco sud Milano che ha mo- bilitato un’ampia fetta della società locale, formata da cittadini residenti nelle aree urbane assieme agli agricoltori che lottavano contro l’urbanizzazione di quei lembi di campagna periurbana.
Figura 25. Panorama di Montalbano (Fonte: Piano Paesaggistico Regione Toscana,
La mobilitazione nel ‘90 produce una proposta di legge po- polare, che porta all’istituzione del parco. Sebbene il parco sia stato istituito, l’associazione non ha cessato la sua attivi- tà, ma mantiene il suo impegno con gli attivisti che si de- finiscono sentinelle del parco, in prima linea a monitorare ciò che accade nel territorio a dare impulso a nuove proget- tualità. Il Parco Sud Milano è il più importante parco agri- colo europeo, con 47.000 ettari sottoposti a tutela. Ancora una volta lo strumento di tutela è aperto alla partecipazione. Inoltre il grande parco – che coinvolge 61 comuni e prevede un comitato di gestione e un Piano su tutta l’area – ha visto nel corso del tempo lo sviluppo di progetti locali più vicini alle istanze della popolazione come il parco di Muggiano, il parco delle Risaie, il parco del Ticinello, a cui si affiancano i Distretti di economia solidale e rurale (DESR). Nei Distret- ti si sperimentano insieme a un grande cartello di sogget- ti (5 GAS, 14 aziende agricole, la finanza etica, i Comuni, Legambiente, Slow Food, ecc), diverse modalità di relazio- ne sociale e soprattutto si sperimentano forme alternative di economia.
• Parco città-campagna nella città metropolitana di Bologna. Un
altro progetto è più recente e si caratterizza per esserne un’e- voluzione dal punto di vista della sua nascita e delle forme di governance. ll Progetto Parco Città Campagna prende av- vio nel 2000 grazie a un contributo della Regione Emilia- Romagna per la realizzazione di progetti di tutela, recupero e valorizzazione territoriale. Il contesto territoriale è quello dell’ ampia area periurbana Sud-Ovest dell’area metropoli- tana bolognese e interessa cinque comuni fra cui Bologna. Il progetto intercetta molte realtà sociali e le coinvolge da subito nella sua realizzazione. Non c’è contrapposizione fra amministrazione e comunità locale, ma inclusione. I Co- muni interessati e la Regione hanno coinvolto da subito i soggetti pubblici, privati e del mondo dell’associazionismo tramite incontri culminati in un Laboratorio di urbanistica partecipata. Per dare attuazione al Progetto definito in quella sede i soggetti istituzionali hanno sottoscritto un Accordo Territoriale nel quale vengono definiti gli impegni di ciascun soggetto egli interventi attuativi che verranno realizzati.
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Il progetto, che aveva come primo obiettivo quello di bloccare l’urbanizzazione, si estende su 8.620 ettari e nasce da subito come progetto partecipato orientato all’integrazione e alla multifunzio- nalità, alla commercializzazione di filiera corta, all’espansione del biologico, all’integrazione tra agricoltura, orti urbani, agricoltura comunitaria.
Il grande parco città-campagna trova nelle aree pubbliche di ognuno dei cinque comuni l’occasione di sperimentare dei proget-
ti pilota con la funzione di volano per la riqualificazione dell’in-
tera area. Nei 54 ettari del terreno agricolo di Villa Bernaroli a Bologna, coltivati integralmente con metodo biologico e biodi- namico, viene approntata una forma di co-gestione con le asso- ciazioni locali e gli agricoltori (cohousing solidale, ippoterapia, recupero dal disagio sociale, riqualificazione paesaggistica, recu- pero delle acque, ecc.), che lascia anche delle aree libere per l’uso dei visitatori. Tre ettari sono stati affidati a un’azienda cooperativa comunitaria, Arvaia, che sperimenta il metodo della co-progetta- zione e co-gestione assieme ai cittadini; questi diventano così co- produttori, che decidono assieme agli agricoltori gli alimenti da coltivare, pagando in anticipo, sul modello delle AMAP francesi (Association pour le Maintien de l’AgriculturePaysanne) e parte- cipando anche (in forma limitata) ai lavori agricoli.
2. I Biodistretti
Il Biodistretto si inserisce all’interno della strumentazione pro- grammatica come sviluppo dei distretti rurali. Grazie al decreto 228/2001 indirizzato alla modernizzazione del settore agricolo le regioni possono promuovere l’organizzazione di sistemi locali pro- duttivi (Distretti rurali) in un territorio spiccatamente rurale con la presenza di attività agro-alimentari. Il riferimento culturale è quello della distrettualizzazione della piccola e media impresa. Lo stesso concetto viene esteso alla ruralità, mutuando anche l’idea dell’inte- grazione tra più forme di economia, per rafforzare il territorio locale.
I Distretti rurali in Toscana (e più estesamente in Italia) non hanno avuto molta fortuna, non sono prosperati. Ma adesso è in- teressante seguire l’evoluzione dal Distretto rurale al Distretto del biologico (come recita la legge ora in discussione al senato).
Già dal 2004 l’AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) ha rilanciato lo strumento della distrettualità rurale, collegandolo maggiormente alla società locale e indirizzandolo decisamente verso la produzione biologica. I Biodistretti sono aree geografiche che non necessariamente seguono i confini co- munali, nelle quali è costituita un’alleanza tra agricoltori, citta- dini, operatori turistici, associazioni e pubblica amministrazione per la gestione sostenibile delle risorse, sulla base del modello biologico e di consumo orientato alla sostenibilità e alla filiera corta che coinvolge gruppi di acquisto (che spesso sono il pri- mo soggetto proponente localmente), ristorazione, scuole, ecc. Si manifesta qui con chiarezza il nuovo patto tra più soggetti.
Nel 2009 nasce su impulso di AIAB il primo Biodistretto Eu- ropeo multifunzionale (Agricolo, Ambientale, Culturale, Socia- le, Eco-turistico, Eno-gastronomico), quello del Cilento, con un parterre di stakeholder molto allargato (da Legambiente a Col- diretti, ad Associazioni quali Dieta Mediterranea, Biodinamica, Corbezzolo, ecc.) integrato nella società locale in accordo con i GAL (progetti Leader), le associazioni pro-loco, ecc. I Biodistret- ti intessono anche relazioni multiscalari col Ministero dell’Eco- nomia, dell’Ambiente, del Turismo ecc. Emerge con forza un progetto multi-attoriale e multi-livello che mette in opera un progetto integrato e multi-obiettivo.
Figura 26. Appennino pistoiese (Fonte: Piano Paesaggistico Regione Toscana, Scheda
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Uno degli obiettivi principali di tutti i Biodistretti è quel- lo di puntare sulle mense scolastiche, gestite direttamente dalle amministrazioni comunali, che possono dar impulso, rilanciare e sostenere l’agricoltura locale, soprattutto quella di piccola di- mensione. Sempre lo stesso decreto del 2001 offre un’oppor- tunità rilevante agli enti pubblici (amministrazioni comunali, Consorzi di bonifica, ecc.) di attivare relazioni dirette con gli agricoltori tramite forme di contratto, dando loro incarichi rela- tivi all’alimentazione delle mense, alla gestione di un corso d’ac- qua, alla manutenzione di aree verdi e così via. Il Biodistretto si caratterizza quindi per essere uno strumento integrato e pat- tizio, che data la sua forma di aggregazione riesce con maggior facilità ad accedere agli strumenti finanziari come le misure del PSR (che spesso lo prevedono).
Si nota in questo veloce excursus come i Parchi agricoli da strumenti di tutela si siano spostati verso lo sviluppo locale, mentre i distretti rurali, da dispositivi per l’erogazione di fi- nanziamenti si sono indirizzati verso la riqualificazione del territorio e del paesaggio sperimentando forme di governance pattizia dal basso, orientata alla co-progettazione, alla co-ge- stione con la società locale così come illustrato in precedenza da Massimo Bastiani per i Contratti di Fiume. Risulta evidente un avvicinamento delle finalità e delle modalità degli strumen- ti esaminati, sebbene attengano a settori e capitoli di spesa di- versi. Appare quindi cruciale per il governo del territorio capire come far dialogare e integrare l’innovazione proveniente dalla pianificazione territoriale e ambientale con quella della pro- grammazione rurale.