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La cultura delle regole, una questione di civiltà

La struttura del paesaggio: una nuova cultura del territorio per la costruzione

4. La cultura delle regole, una questione di civiltà

Molti ricorderanno che una delle grandi questioni sollevate, nel momento in cui si stava lavorando al Piano Paesaggistico to- scano, era la domanda forte, espressa dai Comuni e da altri attori istituzionali e non, di riuscire a ridurre e semplificare le procedu- re di autorizzazione per i beni paesaggistici (i cosiddetti vincoli), in alcuni casi sostituendole con norme gestite direttamente dalle istituzioni locali nella loro applicazione ai progetti di trasforma- zione del territorio.

Dovrebbe essere chiaro che la legittimazione di una simile ri- chiesta va fondata sulla dimostrazione della capacità di gestire le trasformazioni, attraverso norme gestite localmente, con esiti di pari se non maggiore qualità rispetto alla gestione dei vincoli.

Negli ultimi due anni sono stati fatti, anche a livello mini- steriale, passi importanti nella semplificazione di una serie di interventi minori, che prima richiedevano la autorizzazione pa- esaggistica, ma manca per ora una valutazione attendibile degli esiti prodotti da questa modifica.

Si deve purtroppo constatare l’assenza (con rare eccezioni che non cambiano il quadro d’insieme) di una cultura delle regole ca- pace di operare collettivamente garantendo la trasparenza delle decisioni, la loro valutazione effettivamente partecipata, l’adegua- mento responsabile di ciò che non funziona.

Se anche le regole previste dal Piano per l’intero territorio re- gionale e per ciascuno degli ambiti di paesaggio vengono applicate invece come fossero semplicemente vincoli più deboli (in forma di direttive o indirizzi, anziché prescrizioni), verificando burocra- ticamente se le previsioni che dovrebbero recepirle le menzionano (solo a parole) oppure no, allora è chiaro che l’unica azione re- sponsabile è la difesa dei vincoli.

Il paesaggio, e le sue regole strutturali, più in generale dovreb- bero essere considerate materia viva, da interrogare e approfondi- re quotidianamente, come esercizio civico, con la partecipazione della civis, e quindi anche necessariamente pubblico, non qualco- sa oggetto di decisioni assunte tra pochi attori, in conferenze di servizi o altre analoghe forme decisionali che risolvono in modo semplificato e ristretto a pochi attori questioni rilevanti per il vi- vere insieme, rappresentative della civiltà di ciascun territorio.

La struttura del paesaggio: una nuova cultura del territorio? 19

Su questi temi, in questo momento politico e socio-economi- co, ritengo che si stia giocando in Italia una partita decisiva, che riflette implicitamente concezioni molto diverse di governo del territorio e di rapporto tra governanti e governati.

Governo del territorio come negoziazione tra pochi attori, che detengono le risorse finanziarie e decisionali, piuttosto che go- verno del territorio e del paesaggio come politica pubblica che richiede adeguate garanzie di ascolto e di voce da parte di una pluralità di soggetti, cui spetta il diritto a ricevere risposte perti- nenti e di merito rispetto alle richieste avanzate, alle alternative proposte o alle critiche esposte. Per migliorare la consapevolezza, innanzitutto, di chi assume le decisioni in nome delle istituzioni e dei cittadini che quelle istituzioni dovrebbero democraticamente rappresentare.

Ritengo che mai come in questo periodo storico, ci siano chiaramente in gioco queste due alternative, che rappresentano due visioni alternative anche di ciò che siamo abituati a chiama- re civiltà.

La Regione Toscana, ancorché “riluttante e confusa”1 (Settis

2016, 277), nel 2014 e 2015 ha scelto questa seconda opzione, l’opzione che il governo del territorio e del paesaggio sia quello che riguarda tutti i cittadini, appunto, e quindi vadano raffor- zate le garanzie di ascolto e partecipazione. Nella legge 65/2014 le procedure di partecipazione nei procedimenti di pianificazione del territorio sono state rafforzate, e rese formalmente obbligato- rie. Ciò grazie a una lunga riflessione cui hanno partecipato sia alcuni Sindaci che avevano sperimentato più percorsi partecipa- tivi che molte associazioni ambientaliste e civiche. La valutazione dei numerosi percorsi partecipativi finora attivati evidenzia infatti come le politiche pubbliche che se ne avvalgono acquisiscano ge- neralmente una maggior qualità.

Oggi la scelta compiuta dalla Regione mi sembra più che mai non scontata, né di durata assicurata. Si è trattato tuttavia di una scelta importante, nel segno del buon governo, che va conti- nuamente rinnovato non essendo una cultura di fatto garantita.

1 S. Settis, “La tutela del paesaggio, dal vincolo al piano”, in A. Marson (a cura

di), La struttura del paesaggio. Una sperimentazione multidisciplinare per il piano della Toscana, Laterza, Bari, 2016, p. 277.

Oggi in questo campo non c’è nulla di garantito, purtroppo, ed è saggio non considerare questa scelta come acquisita, bensì una vera e propria questione politica, oltre che una questione di politiche.

L’insieme di attori, e di conoscenze sociali e politiche, che si è consolidato nel percorso di discussione e approvazione della legge di Governo del territorio e del Piano Paesaggistico, credo tutta- via che possa essere considerato un patrimonio abbastanza stra- ordinario di questa regione. Un patrimonio sociale e politico che rende molti paesaggi della Toscana paesaggi vivi, e quindi capaci non soltanto di sopravvivere ai tempi difficili che attraversiamo, ma persino di riuscire a cambiare in meglio lo stato delle cose, ri- uscendo a trovare rappresentanza adeguata nei processi di costru- zione delle politiche sul territorio regionale.

La Regione Toscana ha a questo riguardo uno Statuto che as- segna alla concertazione e partecipazione un ruolo importante, che spesso è stato valutato anche un po’ ridondante, e tuttavia si tratta di un valore aggiunto alla qualità sociale e culturale di que- sto territorio da tenere davvero al centro della costruzione delle politiche pubbliche, per avere una regione che continui ad essere produttrice collettiva di paesaggi.

Il Piano Paesaggistico toscano tra