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Il Piano Paesaggistico nel sistema giuridico europeo, nazionale e

regionale

Gian Franco Cartei

Vorrei iniziare questo contributo facendo una chiosa inziale relativa al fatto che quando si lamenta una certa lentezza nella fase iniziale della pianificazione toscana si tende a sottovalutare la condizione in cui versa in Italia la cultura della pianificazione in generale, e di quella paesaggistica in particolare.

Aggiungo sul punto un’ulteriore notazione preliminare: siamo nel 2017 e soltanto due regioni su venti, Toscana e Puglia, hanno adempiuto all’obbligo legislativo posto nel lontano 2004 dal Co- dice dei beni culturali e del paesaggio. Le ragioni di tale ritardo sono sicuramente molte. Non si può sottacere, tuttavia, una diffi- coltà d’implementazione a causa di una impostazione normativa non certo priva di complessità, cui si cerca di porre rimedio con un’intensa attività formativa degli Enti Locali da parte della Re- gione Toscana e di ANCI Toscana.

Né bisogna dimenticarci che in questo momento in Italia non è soltanto la pianificazione territoriale a essere in crisi: anche l’am- ministrazione locale soffre una crisi finanziaria non certo alleviata dai postumi referendari dello scorso 4 dicembre. Quale sia la sorte delle 14 Città Metropolitane non è dato sapere; né esiste chiarezza sulle competenze delle Province o su quelle dei Comuni e della stessa Regione in materia di territorio. Non possiamo dimenti- carci, infatti, che i piani vivono grazie all’impegno, alle risorse e alle competenze delle amministrazioni territoriali, le cui difficoltà amministrative e finanziarie si riflettono fatalmente sulla qualità della pianificazione.

Quanto al libro che oggi siamo chiamati a presentare, vorrei ri- cordare che il suo oggetto, ovvero il Piano, era già stato anticipato,

Il paesaggio nel governo del territorio. Riflessioni sul Piano Paesaggistico della Toscana, a cura di Massimo

Morisi, Daniela Poli, Maddalena Rossi, ISBN 978-88-6453-669-9 (print), 978-88-6453-670-5 (online), CC BY 4.0, 2018 Firenze University Press

nei suoi elementi fondamentali, dalla legge toscana n. 65 del 2014 sul Governo del territorio, la cui importanza è tale che ha posto la Toscana al centro del dibattito urbanistico nazionale. In realtà, anche la legge toscana nel 2014 è una legge complessa, perché, se è vero che si riallaccia alla legge n. 1 del 2005, è pur vero che questa legge ha voluto imprimere una svolta proprio ai proble- mi della pianificazione, del governo del territorio e del paesaggio. Sul punto, volendo individuare una sintesi di sistema mi piace ricordare, oltre alla nozione già ricordata di invariante strutturale, anche il concetto di patrimonio territoriale. E chi legga l’articolo 2, l’articolo 3, l’articolo 4, in realtà, vede in filigrana una buona parte dei concetti poi sviluppati all’interno della disciplina pae- saggistica del Piano di Indirizzo Territoriale, per cui le norme del Piano toscano sono norme che vanno lette in una sinossi parallela a quelle presenti nella legge n. 65 del 2014. E da questo punto di vista mi piace ricordare che proprio il concetto di patrimonio

territoriale definito come “bene costitutivo della collettività to-

scana”, riecheggia una definizione che non fatichiamo a ritrovare nel Codice e, forse in misura ancora maggiore, nella Convenzione europea del paesaggio del 2000.

Figura 9. Viticoltura specializzata nei pressi di Cerreto Guidi (Fonte: Piano Paesaggisti-

co Regione Toscana, Scheda d’ambito 05_Val di Nievole_Valdarno Inferiore).

Figura 10. Panorama della Valdinievole (Fonte: Piano Paesaggistico Regione Toscana,

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Tutto questo accade in un quadro giuridico complessivo non sempre pienamente in linea con la tradizione giuridica na- zionale fondata sulla dicotomia urbanistica/paesaggio. Secondo la Corte Costituzionale, infatti, urbanistica e paesaggio rappre- sentano piani disciplinari distinti e giustapposti, secondo una distinzione presente anche nella nostra Costituzione. Non co- sì, invece, appariva la nostra tradizione culturale più remota, ma forse più consapevole, la quale, ad iniziare dal fiorentino Giuseppe Bottai, non concepiva il paesaggio come le figure cri- stallizzate della tradizione biblica, ma come un elemento non sottratto alle variazioni e, pertanto, ai mutamenti territoriali. E ciò nonostante che, come sappiamo – e l’analisi di Luigi Scano lo ha dimostrato da tempo – l’applicazione in tema di pianifi- cazione del paesaggio abbia seguito una china assai diversa: i pochissimi piani adottati sotto la vigenza della legge del 1939 sulle bellezze naturali, appena dodici in cinquant’anni in tutta Italia, sono stati e rimasti dei vincoli ancorché su porzioni terri- toriali di una certa dimensione. Un’applicazione, pertanto, non in linea con quella propugnata dall’artefice politico della legge, e in contrasto, va ricordato per onore di memoria, con quan- to già enunciato al Congresso degli urbanisti di Palermo del lontano 1938 dal loro presidente, Gustavo Giovannoni, secon- do cui il Piano Paesistico, come allora era denominato il Piano previsto dalla legge del 1939, doveva avere le sembianze di un Piano regolatore paesistico che disciplinasse la conservazione e la mutazione, stabilendo una zonizzazione ed un regolamento normativo in modo analogo a quanto veniva fatto nei piani re- golatori delle città.

Per tornare alla legge toscana del 2014, bisogna riconosce- re, pertanto, che opportunamente alcune disposizioni sono comunque richiamate e rivolte al Piano Paesaggistico; in par- ticolare assume rilevanza l’afferenza del Piano all’intero tessuto territoriale, senza particolari cesure o discontinuità. E sul punto uno dei meriti del Piano, e, quindi, della legge, è la connessione individuata tra il Codice e la Convenzione europea del paesag- gio, cui si deve la necessità di riferire il paesaggio al contesto nel quale è inserito. Profilo quest’ultimo già enfatizzato da Alberto Predieri, evocato poco fa dal collega Giusto Puccini, che defi- niva il paesaggio come “la forma del territorio”. Ma non basta.

La Convenzione, infatti, segnala ulteriori elementi di connessio- ne tra il paesaggio ed il territorio progressivamente sempre più importanti nel dibattito urbanistico attuale: gli aspetti ecologici e quelli sociali. E ciò significa intendere il territorio come cifra della qualità della nostra vita, intesa tanto sotto la dimensione sociale, quanto sotto il profilo della qualità ambientale.

Quanto poi più specificamente al nostro Piano Paesaggisti- co, la prospettiva che ho richiamato consente di ribadire alcu- ni aspetti. Si pensi all’attenzione prestata all’uso consapevole del territorio, al minor consumo del suolo; si pensi, altresì, al riferi- mento allo sviluppo socio-economico. Questo vuole dire che la conservazione del territorio non può trasformarsi nella sua sem- plice cristallizzazione, ma occorre pensare che il territorio abbia un suo sviluppo di lungo corso, che non può essere arrestato da nessun Piano. Altro aspetto del Piano non meno meritevole di considerazione riguarda un elemento presente tanto nella Con- venzione che nel Codice: il concetto di realizzazione di nuovi paesaggi. Che consiste nel riconoscere che il lascito storico, cul- turale e naturale, delle epoche passate ha un rilievo decisivo che non ci esime, tuttavia, in alcun modo dal creare noi stessi territo- ri caratterizzati da nuove qualità paesaggistiche.

Pochi rilievi conclusivi.

Il Piano di cui tratta il volume che commentiamo è rivolto non soltanto alle eccellenze estetico-naturalistiche, ma, altresì, al paesaggio della vita quotidiana, agli interessi tradizionalmente riferiti a discipline non sempre compatibili con la conservazio- ne del paesaggio, e ad una dimensione ambientale ed ecologica sempre più embricata con quella paesaggistica. Se guardiamo ai problemi del nostro immediato quotidiano l’elemento più con- troverso appare il rapporto tra la disciplina del Piano e i piani degli enti territoriali. Sotto tale aspetto, l’indicazione del Codi- ce, che pone la disciplina paesaggistica al vertice della piramide normativa, è chiara, ma non di facile applicazione. Lo sforzo che richiederà non è a tutt’oggi prevedibile. Quello che è prevedibi- le, invece, è che lo sforzo delle amministrazioni si preannuncia molto gravoso e, allo stesso tempo, improcrastinabile.

Vorrei concludere proprio su questo punto. Poche settimane fa, infatti, il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana ha emanato la prima sentenza di applicazione del Piano Paesaggistico.

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Il contenzioso è originato dal diniego di autorizzazione paesag- gistica motivato dal Comune di Forte dei Marmi in base al fatto che l’ampliamento volumetrico di una struttura ricettiva, se au- torizzato, avrebbe modificato lo skyline dell’area costiera di For- te dei Marmi, occludendo così i coni visivi verso le Alpi Apuane. Il TAR Toscana ha respinto il ricorso. Ma il punto rilevante non è tanto l’esito giudiziario della vicenda, quanto la considerazio- ne che la disciplina comunale vigente all’epoca della richiesta autorizzazione contemplava come legittima l’addizione volume- trica richiesta. L’episodio rischia di non rimanere isolato. Anche per questo occorre dare piena ed immediata applicazione alla disciplina attuativa del Piano.

Il paesaggio come politica pubblica.