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Il paesaggio relazionale (il nuovo oggetto di sfida del Piano): il contributo del Piano Paesaggistico della Regione Toscana

Il paesaggio come occasione per rinnovare lo statuto epistemologico

4. Il paesaggio relazionale (il nuovo oggetto di sfida del Piano): il contributo del Piano Paesaggistico della Regione Toscana

all’innovazione della pianificazione regionale.

Il paesaggio è stato definito in tanti modi, come ad esempio: paesaggio bene comune, paesaggio patrimonio dell’umanità, pae- saggio posta in gioco sociale, e paesaggio come relazione tra natura e cultura. Sarebbe arduo ricostruire qui una genealogia del concetto e delle sue declinazioni. È forse più utile mettere in evidenza un ele- mento comune a tutte queste definizioni, ovvero quello relazionale.

Il paesaggio della transizione diventa un oggetto relazionale, in movimento; non è un quadro o un ritratto da difendere, ma un equilibrio di relazioni e movimenti da riconoscere e per cui disporre le condizioni di produzione e riproduzione.

In sintesi, ciò che caratterizza l’evoluzione recente dei paesaggi ur- bani contemporanei e che sfugge alle categorie concettuali e alla stru- mentazione tecnica ereditata dal XX secolo, è l’intreccio dialettico e a volte contradditorio tra stock e flussi, tra dotazioni e corridoi,10 tra ar- gini e i flussi (sviluppando il concetto di streams and levees di Benton MacKaye, 1928), tra facilitation e limitation,11 tra fixity e motion,12

10 L. Garavaglia, Città dei flussi. I corridoi territoriali in Italia, Guerini e Asso-

ciati, Milano, 2017.

11 C. Schmid, “Specificity and Urbanization: A Theoretical Outlook”, in eth

Studio Basel [R. Diener, J. Herzog, M. Marcel, P. de Meuron, M. Herz, C. Schmid, M. Topalovic] (a cura di), The Inevitable Specificity of Cities, Lars Muller Publishers, Zürich, 2015.

12 N. Brenner, “Between Fixity and Motion: Accumulation, Territorial Organi-

zation and the Historical Geography of Spatial Scale”, Environment and Plan- ning D, Society and Space, vol. 16, n. 4, 1998, pp. 459-81; C. Schmid, “Specific- ity and Urbanization: A Theoretical Outlook”, cit.

intesa come dialettica tra persistenza delle strutture territoriali e istituzionali e i processi di trasformazione socio-spaziale (dinami-

che capitalistiche di urbanizzazione).13

Questa dialettica, che diventa oggetto del Piano (e di stru- menti analoghi) è ontologicamente dilemmatica e coniuga la re- sistenza delle matrici fisiografiche, con le tensioni opposte dei processi di urbanizzazione (forze economiche e pratiche di pro- duzione di territorio) che superano i confini istituzionali, socia- li, economici.

Si tratta di fenomeni opposti, eppure tra loro intrecciati, che evidenziano una delle caratteristiche più rilevanti del processo di urbanizzazione regionale multiscalare richiamato sopra e ri- flesso nell’evoluzione dei paesaggi contemporanei (oggetto del Piano).

Un Piano Paesaggistico che ambisca al progetto di territorio potrebbe forse cogliere la sfida di gestire queste dinamiche di na- tura dialettica e contraddittoria. Il Piano Paesaggistico della To- scana in particolare, contiene alcune componenti strutturali che potrebbero rispondere a tale obiettivo e quindi innovare lo statu- to della pianificazione regionale proprio sul crinale di una transi- zione profonda dei processi di trasformazione del territorio, nel cuore di una crisi epistemologica della pianificazione, alle soglie di una nuova era urbana regionale, come sostiene Soja: “if we are entering a ‘new urban age’, as some proclaim, it is a distinctly

egionalized urban age”.14

Se dunque l’elemento relazionale rimane costante nelle de- finizioni di paesaggio, dentro il concetto stesso di paesaggio è contenuta in una qualche misura, l’accettazione del fatto che il paesaggio, in quanto oggetto della pianificazione e strumento di governo del territorio, cambi.

13 G. Paba, C. Perrone, “Place Matters: Spatial Implications of Post-Metropol-

itan Transition”, in A. Balducci, V. Fedeli , F. Curci (a cura di). Post-Metropoli- tan Territories: Looking for A New Urbanity, Routledge, London and New York, 2017, pp. 256-273; C. Perrone, G. Paba, P. Perulli, “Post-metropoli - tra dota- zioni e flussi, luoghi e corridoi, fixity and motion”, in A. Balducci, V. Fedeli, F. Curci (a cura di), Ripensare la questione urbana. Regionalizzazione dell’urbano in Italia e scenari di innovazione, cit.

14 E. Soja, “Accentuate the Regional”, International Journal of Urban and Re- gional Research, vol. 39, n. 2, 2015, pp. 372-381.

Paesaggio e statuto epistemologico della pianificazione 51

Questo cambiamento, oggi, con più evidenza che in passato, ha assunto una dimensione estesa e tran-scalare, inclusiva delle molteplici differenziazioni socio-territoriali che configurano una vera e propria riorganizzazione genetica del modo in cui il territo- rio viene prodotto e funziona (che non può più essere interpretato come degenerazione del modello della città diffusa).

Se si assume questo cambiamento, e lo si interpreta come elemen- to generatore di paesaggio (che è uno degli intenti di questo con- tributo), molte domande affiorano sulla natura degli strumenti di governo di questa dimensione transcalare, dialettica e movimentata. Il Piano Paesaggistico della Toscana ha avuto delle intuizioni fondamentali e strategiche a questo riguardo, anticipando alcune direzioni innovative che si configurano proprio come dispositivi metodologici, che introducono un nuovo modo di porsi nei con- fronti del paesaggio e della sua ricchezza territoriale, simbolica, culturale, economica.

L’approccio di cui il Piano si dota, e che viene descritto nei di- versi contributi del libro curato da Anna Marson (2016) La Strut-

tura del Pesaggio. Una sperimentazione multidisciplinare per il piano della Toscana, è composto da due dimensioni – una morfologica,

una storico-strutturale – che danno vita a dei veri e propri stru- menti/dispositivi epistemologici (regole statutarie, i morfotipi in- sediativi, le norme e i codici figurati, l’Osservatorio), attraverso i quali il Piano descrive e interpreta il paesaggio, e lo trasforma in uno strumento di governo del territori nelle mani di istituzioni e attori privati, nell’idea strategica che il paesaggio vada consegnato a chi lo trasformerà, agli operatori, alla comunità, ai pianificatori, ai politici, in un modo diverso da come è stato fatto fino ad adesso.

È proprio in questo tentativo del Piano di avvalersi di nuova strumentazione epistemologica, che è intrinsecamente transcalare e interdisciplinare, e che quindi intercetta la dimensione mobile del territorio, che potrebbe collocarsi una delle risposte efficaci che la pianificazione stava in una qualche misura aspettando, per potersi confrontare con la portata della transizione in corso.

Il territorio sta cambiando, e diventa evidentemente molto diffi- cile pensare di poter affrontare tale cambiamento, o persino orientar- lo (che è l’ambizione della pianificazione), immaginando il paesaggio (sintesi estetico-percettiva, culturale e sociale dei cambiamenti del territorio) come un contenuto statico, fermo, rinchiuso dentro scale, confini, perimetri che in qualche modo ne riducono la complessità.

I dispositivi del Piano Paesaggistico della Toscana, che costi- tuiscono l’agenda epistemologica e innovativa non solo di questo Piano, più in generale della pianificazione regionale e locale, sem- brano cogliere la sfida del cambiamento e l’epocale transizione dei processi regionali di urbanizzazione che stiamo attraversando, seppur con molta strada da fare ancora (come indicato nel para- grafo successivo).