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I “pionieri” della politica industriale: gli Stati Unit

Nel documento Alla riscoperta delle politiche industriali (pagine 119-130)

Le politiche industriali: alcuni esempi dall'estero

2. azioni per accelerare l'andamento delle imprese a un miglior sfruttamento delle loro potenzialità tecnologiche con azioni volte a

3.3 I “pionieri” della politica industriale: gli Stati Unit

Gli Stati Uniti d'America sono considerati da sempre l'esempio per eccellenza in cui il settore privato riesce a creare ricchezza, lasciando il mercato libero di agire. La realtà dei fatti dimostra invece che storicamente lo stato statunitense si è assunto il rischio di impresa per stimolare l'innovazione, fornendo finanziamenti iniziali dove i venture capitals aveano paura ad investire e sostenendo attività innovative di alto livello nel settore pubblico attraverso appalti pubblici. Basti pensare che "tra il 1971 e il 2006, 77 delle 88 innovazioni più importanti (cioè l'88% del totale) non sarebbero state possibili senza i programmi federali di sostengo alla ricerca, specialmente nelle fasi iniziali" (Mazzucato, 2014, p. 92).

Da un certo punto di vista, gli Stati Uniti sono stati pionieri della politica industriale: una delle giustificazioni agli interventi di tale politica ha riguardato la difesa delle industrie nascenti ed è stata elaborata dal Segretario del Tesoro statunitense, Alexander Hamilton, nella sua relazione del 1791 sul settore manifatturiero. La relazione poggiava sull'idea di creare una potente e organica politica industriale favorendo un ampio mercato nazionale competitivo con le potenze economiche del momento e creano le condizioni nelle quali l'espansione del capitalismo potesse operare senza impedimenti. La prima condizione era la realizzazione di una forte struttura bancaria centrale in grado di generare una radicale subordinazione degli interessi agricoli a quelli industriali e capace di

favorire la stessa industrializzazione dell'agricoltura.22 Per raggiungere il

pareggio di bilancio, il governo federale si è fatto carico di tutti i debiti interni ed esteri allo scopo di creare un unico debito nazionale coperto dall'emissione di obblighi federali con lo stesso valore nominale dei vecchi debiti: i pagamenti degli interessi sul debito riconvertito venivano finanziati dalle entrate del nuovo governo provenienti da dazi doganali, una protezione alle nascenti manifatture e dalle imposte indirette in generale; oppure attraverso un ampia e ben organizzata campagna di vendita di terre demaniali federali. Con la strategia di Hamilton, il debito venne risanato, generando un dilagante ottimismo, che portò ad una forte crescita economica (Turri, 2013). Tuttavia, dal 1830 fino alla seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti sono diventati il paese più protezionista del mondo, anche se la politica protezionista non era totale, ma colpiva alcuni settori maggiormente di altri.

Tra la metà del XIX secolo e la metà del XX secolo, il governo degli Stati Uniti ha investito massicciamente in infrastrutture (ferrovie del Pacifico e canali centro-occidentali), in istruzione superiore e in ricerca e sviluppo, tutti settori con un notevole grado di targeting implicito ed esplicito. Anche dopo la seconda guerra mondiale, quando il paese aveva raggiunto la supremazia industriale e aveva iniziato a difendere la causa del libero scambio in mercati liberi, gli Stati Uniti non hanno abbandonato la politica industriale: durante la guerra fredda, il

22 Il dollaro era diventato la moneta comune solo dal 1785, per cui era necessario costituire una Zecca per coordinare la politica monetaria con quella del credito.

governo ha attuato un pacchetto completo di politiche industriali, come contratti di fornitura a lungo termine, sovvenzioni, garanzie di investimento e salvataggi strategici. Tuttavia la situazione mondiale del secondo dopo-guerra rese necessario che gli Stati Uniti svolgessero il ruolo di nuovo egemone del sistema del libero scambio e di difensore del sistema della libera impresa contro il comunismo. Gli USA fecero finta di non essere impegnati nella politica industriale, che invece fu condotta sotto altri nomi: politica di difesa, politica sanitaria, politica agricola (Chang et al., 2013, p. 28).

La politica industriale dopo la seconda guerra mondiale è stata fortemente incentrata sull'innovazione tecnologica, generata attraverso massicci finanziamenti pubblici in R&S (soprattutto nel campo della difesa e della salute) per uso commerciale. Ciò è stato possibile grazie alla collaborazione tra una rete di persone con elevati livelli di competenza tecnologica, presente in alcune agenzie statali, come l'ARPA (Advanced Projects Research Agency) e la NASA (Nationanal Aeronautics and Space Administration), nelle industrie, nelle università e in altri istituti di ricerca. Contrariamente all'opinione comune, il governo americano ha adottato misure di politica industriale decentralizzata fin dagli anni ottanta, durante l'amministrazione Carter, che istituì un Economic

Policy Group incaricato di condurre una revisione della politica industriale

nazionale. Il gruppo propose di creare e coinvolgere alcune specifiche istituzioni (un'agenzia federale per la strategia; un consiglio di rappresentanti del governo,

delle imprese e dei lavoratori per creare consenso intorno ad una strategia comune; una banca federale di sviluppo) al fine di finanziare le industrie che non ricevevano adeguati capitali dal sistema finanziario privato e di erogare gli aiuti di governo in modo da proteggere le importazioni per le industrie in declino. Tuttavia Carter perse le elezioni e il suddetto Economic Revitalization Program non fu mai implementato. La successiva amministrazione Reagan respinse apertamente tutte le proposte di un intervento strutturato e coerente del governo nell'industria, perché il presidente riteneva che il governo non avrebbe dovuto avere un ruolo maggiore di quello che già deteneva nel determinare le dinamiche di aggiustamento strutturale dell'industria americana: si riteneva che la politica industriale rischiava di disincentivare l'adeguamento a processi produttivi più efficienti, continuando a finanziare e proteggere imprese inefficienti, con il conseguente aumento dei prezzi e perdita di benessere per i consumatori. Le soluzioni di policy erano dunque da ricercare nell'incremento delle agevolazioni fiscali alla R&S o attraverso un rafforzamento della protezione dei brevetti (ERP, 1984). Di fronte al vantaggio competitivo delle economie estere sugli Stati Uniti, l'industria americana doveva trovare autonomamente il modo di migliorare la propria capacità competitiva, oppure doveva allocare le proprie risorse verso altre attività produttive. Tuttavia in quegli anni vennero implementate una serie di interventi di natura protezionistica verso i settori che risentivano maggiormente della pressione competitiva internazionale:

nonostante l'amministrazione Reagan affermò di essere a favore del libero commercio, la politica commerciale adottata fu un importante strumento di aiuto a specifici settori dell'economia e un importante strumento di politica industriale.

Nel 1989 George H. W. Bush prese il posto di Reagan alla Casa Bianca: la retorica di governo del nuovo presidente apparve in continuità e sintonia con quella del suo predecessore, ma nella pratica la politica industriale assunse connotati differenti. Le politiche nazionali protezionistiche e con un impatto verticale sui settori economici lasciarono il posto ad un ruolo dello Stato come regolatore, orientato a definire le regole del gioco: assunsero maggiore rilevanza le politiche antitrust e si avviarono processi di deregolamentazione e privatizzazione. Da una parte il governo adottava una politica aggressiva di apertura dei mercati degli appalti pubblici esteri, attraverso l'influenza esercitata nella costituzione del WTO, la capacità di assoggettare a tale regolamentazione un numero crescente di paesi e negoziando a livello bilaterale le migliori condizioni di accesso al mercato estero. Dall'altro lato gli Stati Uniti erano in grado di chiudere il mercato interno degli appalti pubblici ai fornitori esteri, facendo valere la normativa nazionale attraverso scappatoie legali e altri tipi di barriere informali.

Con l'amministrazione Clinton emerge chiaramente l'idea che l'intervento del governo nelle dinamiche economiche dovesse essere guidato da una

strategia complessiva. Il neo presidente dichiaro di voler adottare nel proprio operato una sorta di terza via, rispetto alle due posizioni estreme: la visione incentrata sull'individualismo considerava l'economia americana autosufficiente, in grado di creare benessere sociale tramite il perseguimento dell'interesse individuale degli imprenditori (liberismo classico); la visione opposta vedeva il governo come il primo responsabile per il benessere della società, per cui doveva intervenire attivamente per limitare le imprese monopoliste, irrispettose dell'ambiente e delle condizioni di vita dei lavoratori. In particolare si riconosceva che il sistema di mercato avesse dei punti deboli, che richiedevano l'assistenza del governo, ma l'azione pubblica doveva essere limitata e intesa a promuovere maggiori opportunità per gli individui, senza porre l'economia in una situazione di dipendenza dall'amministrazione pubblica. La strategia di Clinton prevedeva da una parte una politica commerciale con l'obiettivo di stabilire regole comuni al commercio globale attraverso istituzioni internazionali e, dall'altro, una politica economica interna con l'obiettivo di aumentare la produttività e l'innovazione tecnologica. Nel settembre 1993 il Congresso istituì il Trade

Promotion Coordinating Committee, una commissione formata da diverse

importanti agenzie e dipartimenti del governo federale al fine di ridurre la frammentazione dei programmi di promozione delle esportazioni americane. I lavori nell’ambito di questa Commissione diedero vita alla National Export

miglioramento del supporto finanziario al commercio, il sostegno alle imprese americane nella competizione globale, l’aiuto alle piccole e medie imprese ad entrare nel mercato delle esportazioni e la promozione delle esportazioni americane di servizi e tecnologie per l’ambiente.

George Walker Bush iniziò il suo primo mandato come Presidente degli Stati Uniti nel 2001 e nel 2004 fu riconfermato fino al 2009. Sebbene le guerre intraprese prima in Afghanistan nel 2001 contro Al-Qaeda e poi in Iraq nel 2003 contro Saddam Hussein caratterizzarono i mandati di Bush, l'impegno in politica industriale non si esaurì nel campo militare: altre iniziative furono condotte con l'obiettivo di migliorare la posizione competitiva americana a livelli internazionale, come l'American Competitive Initiative (ACI), lanciata nel 2006 come intervento per lo sviluppo del sistema industriale mediante diverse misure connesse con il finanziamento pubblico della R&S (con il raddoppio in dieci anni degli investimenti diretti in ricerca e sviluppo), con le politiche per il trasferimento tecnologico e gli incentivi per la ricerca condotta dal settore privato. Se da una parte l'amministrazione Bush si impegnò per la liberalizzazione dei mercati, dall'altra pose in diversi casi importanti limitazioni al libero commercio, applicando tariffe ai prodotti esteri o sussidiando i prodotti americani per proteggere le imprese nazionali. Queste politiche furono implementate soprattutto nel caso del settore agricolo, che doveva competere con le produzioni estere, ma anche nel settore tessile, del legname e dell'acciaio.

Questi interventi furono motivati come risposta a pratiche sleali dei paesi concorrenti, che vendevano i loro prodotti ad un prezzo inferiore a quello della produzione, ma le contestazioni in ambito internazionale portarono ad una loro notevole riduzione.

L'elezione del presidente Obama è avvenuta in concomitanza di una delle più severe recessioni economiche internazionali dell'ultimo secolo. Durante la campagna elettorale, la retorica di Obama suggeriva un approccio politico radicalmente differente rispetto al suo predecessore. Il principale intervento in campo industriale è stato l'American Recovery and Reinvestment Act (ARRA) del 2009, con cui, da una parte, si prevedevano interventi di breve periodo per fronteggiare le situazioni di emergenza, e, dall'altra, si pianificava una strategia di sviluppo di lungo periodo per affrontare le necessità economiche e sociali ritenute prioritarie dall'amministrazione. La peculiarità della strategia di sviluppo promossa da Obama è stata quella di promuovere non solo interventi con un impatto orizzontale sull'economia (investimenti pubblici in ricerca di base o in nuove infrastrutture), ma anche politiche selettive, che colpiscono particolari settori economici, tra cui il settore energetico e delle green industries, il settore delle nanotecnologie, automobilistico e sanitario (ERP, 2010, pp. 53-54). Nel dettaglio l'ARRA ha stanziato circa 90 miliardi di dollari per supportare le persone colpite direttamente dalla recessione, con l'obiettivo di incrementare le assicurazioni sulla disoccupazione, i sussidi volti a consentire ai disoccupati di

mantenere l’assicurazione sanitaria; circa un terzo del budget inoltre è stato reso disponibile sotto forma di tagli fiscali a famiglie e imprese; ancora l’ARRA ha destinato 14 miliardi di dollari per il supporto ad anziani, veterani e persone con disabilità; infine un’altra parte importante dei fondi dell’ARRA è stata resa disponibile sotto forma di sgravi fiscali ai governi dei diversi stati per evitare che diminuissero eccessivamente il livello della spesa pubblica o che aumentassero considerevolmente la pressione fiscale (ERP, 2010).

Il caso più interessante ed emblematico, in cui il governo federale ha sostenuto l'innovazione, riguarda l'azienda Apple, divenuta in meno di un decennio l'azienda leader sul mercato nel campo del mobile computing e delle tecnologie della comunicazione. Quasi tutte le tecnologie all'avanguardia contenute nell'iPod, iPhone e iPad sono il risultato di sforzi di ricerca e finanziamenti del governo e delle forze armate degli Stati Uniti. Fondata il 1° aprile del 1976 a Cupertino, in California, da Steve Jobs, Steve Wozniack e Ronald Wayne, la Apple fu trasformata l’anno dopo in una società per azioni da Jobs e Wozniack (Wayne vendette la sua quota della società per 800 dollari) per vendere il personal computer Apple I. Il 9 gennaio 2007 l’azienda annuncia il passaggio dai personal computer all'elettronica di consumo attraverso il lancio dell’iPhone e dell’iPod Touch, caratterizzati dal nuovo sistema operativo Apple per dispositivi mobili, l’iOS: i due nuovi prodotti esibivano un rivoluzionario schermo multi-touch, con una tastiera integrata nel nuovo sistema operativo. Nei

cinque anni successivi al lancio dei due nuovi prodotti, il fatturato netto della Apple a livello globale era cresciuto di quasi il 460%, di cui il 70% del fatturato netto complessivo era rappresentato dalla nuova linea di prodotti: nel 2011 la Apple ha registrato ricavi per 76,4 miliardi di dollari, che si sono tradotti in un incremento della valutazione di mercato e in una popolarità crescente delle azioni della società, quotata al Nasdaq (Mazzucato, 2014, p. 129). Tuttavia la percentuale delle risorse destinata ad attività di R&S è scesa progressivamente rispetto alle vendite globali dei prodotti, a dimostrazione che la qualità progettuale dell'azienda si basa su tecnologie inventate da qualche altra parte, spesso grazie a fondi pubblici.

È bene ricordare che prima del grande successo, la Apple ha ricevuto un importante sostegno diretto e indiretto da parte dello stato in tre aree principali: investimenti diretti in conto capitale durante le prime fasi di creazione e crescita dell'azienda; accesso a tecnologie derivanti da programmi di ricerca, finanziati dai singoli stati o dal governo federale; politiche fiscali, commerciali o tecnologiche per mettere le aziende americane in condizioni di sostenere sforzi di innovazione in periodi di difficoltà a livello nazionale o globale.

Esempio classico delle innovazioni finanziate da fondi pubblici è il navigatore Gps integrato nel sistema iOs. Originariamente il sistema Gps nacque come progetto del dipartimento della difesa degli Stati Uniti per digitalizzare il posizionamento geografico e accrescere il coordinamento e l'accuratezza delle

armi e dei mezzi militari sul terreno. Da una tecnologia usata esclusivamente per scopi militari, negli anni novanta è stata messa a disposizione dei civili per gli scopi più vari. Ancora oggi lo stato spende in media 705 milioni di dollari l'anno per lo sviluppo e il mantenimento del sistema Navastar Gps, che con ventiquattro satelliti fornisce agli utenti servizi di navigazione globale e l'ora esatta. Questa tecnologia non sarebbe stata possibile, se lo stato non si fosse assunto l'impegno finanziario necessario per realizzare un sistema così complesso (Mazzucato, 2014, p. 149).

Attraverso agevolazioni fiscali e appalti, il governo statunitense sostiene aziende come la Apple per garantire un accesso sicuro ai mercati globali, mettendole in condizioni di creare e conservare un vantaggio competitivo a livello mondiale. Secondo un documento del dipartimento del Tesoro (Otp, 2011), le aziende private hanno ottenuto nel 2008 crediti di imposta per 8,3 miliardi di dollari sui soldi spesi per la ricerca e la sperimentazione, a cui si aggiungono una serie di agevolazioni fiscali garantite dallo stato della California: dal 1996 la Apple ha ottenuto crediti di imposta per la R&S per un valore complessivo di 412 milioni di dollari, che le hanno permesso di sopravvivere alla feroce concorrenza delle aziende rivali (Mazzucato, 2014, p. 156). Il pacchetto di misure promosso dall'amministrazione Obama nel 2009 per reagire alla crisi finanziaria ha fornito ulteriori incentivi per le aziende del settore informatico ed elettronico: ad esempio gli acquisti di tecnologie e attrezzature informatiche

sono stati classificati come spesa per l'istruzione, dando l'incentivo all'acquisto di computer, tablet e software della Apple da parte delle scuole pubbliche americane.

Alla luce di ciò possiamo dire che le politiche del governo americano hanno consentito alla Apple di diventare protagonista in uno dei settori high-tech più dinamici del XXI secolo. A Steve Jobs bisogna riconoscere il merito di aver integrato tecnologie complesse per creare dispositivi accattivanti e user-friendly, ma gran parte delle tecnologie di maggior valore utilizzate dalla Apple esistono grazie a sforzi collettivi e cumulativi pre-esistenti, trainati dallo stato e portati avanti senza timore delle prospettive incerte (Mazzucato, 2014, p. 158).

La natura camuffata della politica industriale statunitense ha fatto sì che subisse finanziamenti instabili, scarsi coordinamenti tra diverse aree politiche e tra diversi attori e un'eccessiva frammentazione della conoscenza.

3.4 Le esperienze di alcuni paesi orientali

Nel documento Alla riscoperta delle politiche industriali (pagine 119-130)