Le politiche industriali in Italia
3. maggiori finanziamenti attraverso i fondi nazionali di venture capital.
2.4 La politica industriale dopo la crisi del
Negli ultimi vent'anni diversi fattori hanno prodotto shock radicali, che hanno generato cambiamenti epocali per gli operatori dei settori produttivi in concorrenza: l'adesione all'euro ha portato le imprese a modificare il loro modo
16L’incentivazione automatica in Italia era presente in due leggi fondamentali: la L.341 del 1995 e la L. 317 del 1991, che avevano l’obiettivo di derogare alla regola di accentramento delle funzioni pubbliche per dare spazio alle Regioni negli interventi in aree circoscritte. Sebbene rappresentassero un momento cruciale per la politica industriale, che passava da un approccio di tipo settoriale ad uno di tipo territoriale, entrambe sono state considerate inefficaci dagli analisti e dai soggetti sovvenzionati, sia per l’assetto amministrativo sia per le modalità di erogazione con conseguenti ritardi amministrativi e diversi gradi di diffusione territoriale. Accanto a queste due leggi, troviamo la “Legge Sabatini”, che prevedeva incentivazioni per investimenti in macchine utensili, considerata da molti la legge di incentivazione italiana più efficace (Leon, 1998, pp. 45- 47).
di competere sui mercati internazionali; l'accelerazione della globalizzazione e la conquista di quote di mercato da parte della Cina nel settore manifatturiero ha portato alla riduzione delle quote sul commercio mondiale per tutte le economie avanzate; la diffusione delle tecnologie informatiche ha consentito la frammentazione dei processi produttivi; la differenza tra la crescita della domanda interna in Italia e quella internazionale ha assunto dimensioni molto elevate. La reazione prima alla globalizzazione accelerata e alla manifattura cinese e dei Bric (Brasile, Russia, India, Cina), e poi alla crisi, è stata quella di accentuare le misure di politica industriale (Brancati, 2010b, pp. 13-14).
Da quando gli Aiuti di Stato sono stati vietati in Europa con il Trattato di Roma, le misure vengono monitorate costantemente dalla Direzione generale, che si occupa dei problemi della concorrenza. Nel corso degli ultimi due decenni la situazione dei paesi europei è molto cambiata: soprattutto in Italia e in Spagna le risorse erogate all'industria si sono ridotte e sono cambiate le posizioni relative agli altri paesi di riferimento. In particolare il grado di intervento finanziario in favore delle imprese in Italia è divenuto tra i più bassi in Europa, anche prima degli interventi per limitare gli effetti della crisi (Brancati, 2010, p. 260).
Fonte: elaborazioni Met sui dati Ue, DG competition
Come mostra la Figura 1, la politica di aiuti di Stato ha seguito percorsi diversi in Europa: complessivamente il flusso delle risorse in tutta l'Unione Europea è diminuito; l'unica eccezione nei paesi considerati è rappresentata dalla Francia, che dopo la flessione nel biennio 2001-03, ha conosciuto una nuova ripresa negli anni successivi. All'andamento piuttosto costante del Regno Unito, si contrappone il calo fortissimo della Germania, che dal 2,04% nel biennio
1992-94 2001-03 2007-09 2010-12 2013 0 0,5 1 1,5 2 2,5 Figura1
Aiuti di Stato in Europa: percentuale sul Pil
Francia Germania Italia Regno Unito EU28
1992-94, è arrivata allo 0,44% del 2013. Il risultato peggiore comunque spetta all'Italia, che ha raggiunto il punto di minimo nel 2013 (0,23%).
Nel 2008, dopo un anno di rallentamento sensibile, si è avuto un approfondimento della crisi con rilevanti caratteri economici, oltre che finanziari: la crisi si è inserita in un contesto già molto difficile per l'industria italiana: esiste una percentuale rilevante di imprese, che non realizza azioni di rafforzamento produttivo, come attività di R&S, attività dedicate all'innovazione o investimenti materiali o immateriali, perché si tratta di imprese che operano in settori relativamente protetti (mercati locali, mercati pubblici o mercati protetti in senso stretto), o che non subiscono forti pressioni competitive: questi soggetti sono poco vulnerabili sul piano finanziario, per cui non sono destinati a scomparire. Al contrario i soggetti più colpiti dalla crisi sono alcune imprese che investono e sono impegnate in attività più rischiose, per cui sono molto esposte sui mercati e l'indebitamento risulta più elevato (Brancati, 2010b, p. 16).
In un periodo di difficoltà delle imprese, il gradimento e la domanda di politiche pubbliche crescono esponenzialmente e si traducono in interventi sporadici, che riguardano le situazioni di possibile chiusura o di crisi di stabilimenti, mentre rimangono nell'ombra le imprese che, a determinate condizioni e con un supporto appropriato, sarebbero disponibili ad ampliare le azioni nel campo degli investimenti materiali e in ricerca.
Fonte: Commissione Europea, DG Concorrenza, 16-08-2013
La Figura 2 presenta un dettaglio della spesa, in percentuale del PIL, sostenuta da alcuni stati europei per evitare il fallimento delle banche, evidenziando due situazioni diverse tra gli aiuti concessi e i fondi realmente utilizzati. In particolare la Gran Bretagna è intervenuta in maniera più decisa attraverso lo stanziamento di 873 miliardi di euro, anche se poi ne sono effettivamente utilizzati 300. D'altrocanto, l'Italia ha concesso aiuti pari a 130 miliardi di euro, di cui sono stati effettivamente spesi appena 15, con un'incidenza minima sul PIL del paese.
Gran Bretagna Germania Francia Italia 0 10 20 30 40 50 60 Figura2
Spesa degli stati europei per salvare le banche in percentuale del PIL
Aiuti finanziari concessi (dal 2008 a settembre 2012) Fondi effettivamente utilizzati (dal 2008 al 2011)
Tabella 1. Aiuti di Stato per strumento finanziario (al netto degli interventi per la crisi), 2008
Concessione di capitale
Esenzioni fiscali Partecipazioni azionarie Tassi di interesse Garanzie Germania 42,60% 51,40% 0,30% 3,50% 2,20% Gran Bretagna 45,00% 53,90% 1,10% 0,00% 0,00% Francia 44,80% 52,10% 0,00% 2,90% 0,20% Italia 76,50% 14,80% 0,10% 8,60% 0,00% EU-27 51,70% 42,80% 0,50% 3,30% 1,60%
Fonte: elaborazioni Met sui dati Ue, Dg Concorrenza
Dalla Tabella 1, si nota come la concessione di capitale, nella sua forma diretta o attraverso la deduzione fiscale, rappresenta lo strumento principale e costituisce quasi il 90% delle erogazioni complessive. Nel dettaglio, in Italia si registra un peso relativo maggiore delle agevolazioni in conto capitale, pari al 76,5% delle risorse totali, a fronte del 45% della Gran Bretagna. In Francia e in Germania poco più della metà delle erogazioni complessive è operata attraverso sconti fiscali. In tutti e quattro i paesi le concessioni di capitali e gli sconti fiscali rappresentano oltre il 90% delle risorse complessive. Le altre tipologie di agevolazione hanno quindi un peso relativamente marginale. In Italia si registra un certa diffusione dei mutui agevolati e delle misure in conto interessi, per una quota che risulta dell' 8,6%. Le garanzie pesano in media solo per l' 1,6% della
spesa complessiva; la Germania è l'unico paese tra i quattro presi in esame a far registrare una quota superiore alle media europea, con una percentuale del 2,2%.
In generale, la posizione nei confronti degli aiuti alle imprese dominante in Italia si basa su impostazioni semplificate: non serve avere interventi distorsivi e dannosi come quelli per l'industria, mentre è indispensabile avere uno Stato snello ed efficiente in grado di garantire l'accesso a beni pubblici in modo capillare e con una qualità dei servizi elevata. In parallelo, si continuano ad avere interventi nel campo delle politiche per le imprese, senza particolare attenzione al modo in cui sono realizzati né alle possibilità di miglioramento: mancano idee convincenti e articolate su quale strategia seguire e, nel frattempo, “si va dietro a emergenze o logiche occasionali senza disegni generali” (Brancati, 2010b, p. 266).
L'esperienza in l'Italia mostra l'utilità di una verifica indipendente, che consente di analizzare più in dettaglio ciò che viene fatto realmente, le caratteristiche e i problemi. L'analisi dei singoli strumenti, delle forme tecniche e delle risorse è un passaggio essenziale per capire come opera la politica, con la possibilità di erogare le risorse in base agli obiettivi. In merito ai numeri, se si considerano i contributi concessi, e non quelli realmente erogati, i valori possono essere diversi: ciò è dovuto ad uno scostamento sistematico tra i valori di concessione e di erogazione e all'errore di considerare anche i valori
amministrativi, che valutano mutui agevolati e contributi in conto capitale, fondi di garanzia e contributi in conto interesse, oltre alle forme di aiuto considerabili. Inoltre non bisogna dimenticare che il contributo è lordo: si tratta di somme che entrano nell'imponibile della società e su cui vengono pagate le imposte.
La valutazione dell'efficacia delle politiche attuate è un altro aspetto di importanza assoluta e generale per tutti gli interventi pubblici. Il rigore delle metodologie di valutazione registra alcune debolezze, che sconsigliano di affidarsi unicamente ad esse come elemento di giudizio. L'aspetto più problematico deriva dalla risposta, che si ricava da queste analisi. Per una valutazione utile occorrerebbe segnalare anche in quale direzione muoversi per migliorare i risultati e dove sono gli errori di selezione, di gestione e dei meccanismi operativi. In sostanza occorre spiegare perché gli obiettivi non sono stati raggiunti. Alcune recenti proposte hanno dato spazio ai processi valutativi, evidenziando la necessità di incorporare la valutazione già nel disegno di policy e di avviarla in parallelo con le politiche pubbliche cui si riferiscono. Si tratta di un processo interessante, anche se di gestione complessa, che andrebbe programmato e sperimentato nel concreto. I limiti e le capacità di ciascuna metodologia di rispondere solo ad alcune domande della politica economica, rendono opportuni approcci ad ampio raggio con una gamma di strumenti adatti a considerare i molteplici aspetti di politiche complicate. Una politica multi- strumento e multi-obiettivo presenta vantaggi non trascurabili, in quanto
consente di gestire e rendere coerenti le informazioni e i metodi diversi, che approfondiscono singoli aspetti (Brancati, 2010b, pp. 268-271).
In questo contesto, l’Italia si è trovata ad affrontare la crisi in un periodo di continua fragilità ed instabilità politica17, che non ha consentito di definire
azioni di lungo periodo né di promuovere interventi di politica industriale per incoraggiare i cambiamenti strutturali e una riorganizzazione del sistema produttivo. Resta da sottolineare la contrapposizione tra i governi di alcune regioni, che hanno realizzato interventi di politica industriale efficaci ed efficienti per le comunità territoriali di persone, istituzioni e imprese, e altri governi locali sottoposti costantemente alle pressioni di alcuni segmenti della società, con il pericolo di alimentare clientelismo e corruzione.
17 Governo Prodi II dal 17 maggio 2006 al 6 maggio 2008; Governo Berlusconi IV dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011; Governo Monti dal 16 novembre 2011 al 27 aprile 2013; Governo Letta dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014; Governo Renzi dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016; Governo Gentiloni dal 12 dicembre 2016 ad oggi