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Nel Titolo I del Libro IV del c.p.p. del 1988 trovano organica regolamentazione le misure cautelari personali85, ossia le misure

attraverso le quali possono essere variamente compresse le libertà della persona nel corso del procedimento penale per il perseguimento di quelle esigenze che, per l'appunto, vengono definite cautelari86. In una

materia già contrassegnata dal principio di legalità sancito dall'art. 13, comma II, Cost., l'art. 272 c.p.p., norma d'esordio del Libro IV, introduce un'ulteriore garanzia, affermando che «le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo».

La norma in esame pone un “principio di legalità cautelare” - espressione del più generale principio di legalità che qualifica l'intero ordinamento giuridico - con riguardo sia alle misure coercitive sia a quelle interdittive, entrambe riconducibili al genus delle misure cautelari personali. Con l'art. 272 c.p.p. viene così prevista una riserva di legge quanto all'an della limitazione posta dall'art. 13 Cost. Soprattutto grazie all'impiego dell'avverbio «soltanto», evidentemente espressivo di una precisa volontà del legislatore, non sembra potersi dubitare del significato garantistico del principio così enunciato sotto il profilo della tassatività, in quanto diretto a vincolare rigorosamente alla previsione legislativa l'esercizio della discrezionalità del giudice in materia di limitazioni alla libertà della persona. La formulazione in

85 Com'è noto, le misure cautelari personali si distinguono in misure coercitive (in quanto tali, destinate a incidere direttamente sulla libertà personale) e in misure interdittive (vale a dire, miranti a impedire l'esercizio di particolari potestà, di cui sia o possa essere titolare una determinata persona), rispettivamente descritte nel Capo II e nel Capo III del Titolo I. Differenti da queste sono le misure cautelari reali, previste nel Titolo II, che colpiscono non la persona in quanto tale, ma i suoi beni o la loro disponibilità.

86 MARZADURI E., voce Misure cautelari personali (principi generali e

esame esprime “in positivo” una garanzia che le Carte fondamentali dei diritti proclamano, di regola, facendo leva su una dizione negativa. La disposizione nella sua semplicità - come pure nell'ambiguità - racchiude in sé più profili. In primis, introduce una caratteristica essenziale del sistema cautelare, rappresentata dall'eccezionalità della misura restrittiva, la quale dimostra come la “vicenda cautelare” non può mai costituire la normalità ma rappresenta, in ogni caso, un momento di “crisi” dalla quale emerge la lesione di alcuni diritti fondamentali. La previsione che un evento così drammatico venga considerato eccezionale, nonché strumentale al raggiungimento di legittime finalità ben definite, è un fatto assai positivo. La norma, peraltro, ha anche ulteriori implicazioni, dal momento che la limitazione della libertà personale durante l'iter processuale finisce, in sostanza, per incidere con la piena esplicazione di altri diritti fisiologicamente esercitati in quel momento, come lo stesso diritto di difesa, il quale inevitabilmente riceve una compressione dall'evento cautelare: in uno stato di custodia cautelare non v'è dubbio che non si possono cogliere i momenti di garanzia (come accedere personalmente agli atti nei vari momenti in cui è previsto) che, di conseguenza, si dovranno affidare necessariamente, e in via esclusiva, al difensore tecnico87.

Tale impostazione indubbiamente colpisce, tuttavia presenta anche alcuni profili di ambiguità. Basta considerare, infatti, l'affermazione del diritto alla libertà esplicitamente riconosciuto dalla norma costituzionale, per vedere come l'art. 272 c.p.p. non solo lascia ancora in ombra quel rapporto di “regola-eccezione”, che sempre dovrebbe presiedere alla definizione dei confini tra il diritto di libertà e le sue restrizioni, ma appare ictu oculi inutile, almeno laddove non si riesca a

87 DE CARO A., Presupposti e criteri applicativi, in AA.VV., Trattato di procedura penale, G. Spangher (a cura di), vol. II, Prove e misure cautelari, Utet, Torino, 2008, pp. 34 s.

cogliere in essa un qualche elemento di novità, dal quale trarre conseguenze giuridicamente rilevanti, non foss'altro che in prospettiva di interpretazione88.

In ultima analisi, si noti come l'art. 272 c.p.p., tanto nella rubrica quanto nel testo, non parla di «libertà personale» ma, più in generale, parla di «libertà della persona»: l'intenzione del legislatore, dunque, non è soltanto quella di riferire la previsione alla mera sfera della libertà personale stricto sensu intesa, ma è anche quella di estendere la portata di tale disciplina ad altri diritti fondamentali dell'individuo, quali la capacità giuridica individuale e il diritto al lavoro, ovvero le compressioni provocate dalle misure interdittive89.

Premettendo che la libertà dei cittadini è “legata alla procedura penale”, dev'essere anche dato atto che la materia è di quelle più sensibili alle contingenze del momento: si è visto come la nota condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia per il sovraffollamento carcerario90, dal 2013 ha

costituito una leva per la costruzione di un nuovo approccio al tema della libertà personale, aumentando l'utilizzo delle misure alternative alla detenzione e riconducendo l'istituto della custodia cautelare in carcere nel suo alveo naturale di misura di extrema ratio, con un trend che ha interessato anche la normativa del 2014 e 2015.

88 Cfr. GREVI V., Misure Cautelari, in AA.VV., Compendio di procedura penale, G. Conso - V. Grevi - M. Bargis (a cura di), Cedam, Padova, 2016. p. 363;

FÙRFARO S., Le limitazioni alla libertà personale consentite, cit., p. 15. 89 MARZADURI E., voce Misure cautelari personali (principi generali e

disciplina), cit., p. 62.

2.1. Le condizioni previste dall'art. 273 c.p.p.

La disposizione di cui all'art. 273 c.p.p. - insieme all'art. 274 c.p.p. - rappresenta la piattaforma che deve essere valutata91 dal pubblico

ministero prima, e dal giudice poi, per poter procedere legittimamente all'applicazione di un provvedimento cautelare. Le condizioni stabilite dal presente articolo, ovverosia i gravi indizi di colpevolezza (comma 1) e la mancanza di una causa di giustificazione o di non punibilità oppure di estinzione del reato o della pena (comma 2), sono valevoli per tutte le misure cautelari personali, quale che sia il carattere afflittivo.

Un ruolo di primo ordine viene così riservato alla disciplina dell'individuazione del substrato probatorio, a carico del destinatario del provvedimento cautelare, individuato nell'art. 273, comma 1, c.p.p. con il riferimento ai «gravi indizi di colpevolezza». In passato, si sono alternate varie formule, ma non vi è dubbio che l'aver richiesto «gravi indizi» anziché «sufficienti indizi» (art. 252 c.p.p. 1930) o, tout court, «indizi» di colpevolezza (art. 220 disp. coord.) abbia un significato limitativo dei poteri di valutazione giudiziale, imponendo nella motivazione di valorizzare non solo l'esistenza ma altresì la consistenza degli elementi di colpevolezza, al fine di ridurre l'area delle situazioni indizianti che legittimano l'applicazione delle misure cautelari personali. La soluzione adottata dal codice di procedura penale del 1988 si basa sulla convinzione secondo cui, per applicare un provvedimento restrittivo ante iudicium, è necessario un quadro probatorio più che significativo, tale da far ritenere molto probabile un giudizio di condanna92. La probabilità in questione, ha ricevuto di volta

91 É una valutazione cautelare operata “allo stato degli atti”, frutto di un

accertamento non completo, caratterizzato da un giudizio probabilistico circa la condanna futura.

in volta l'attributo identitario di «alta»93, «elevata»94, «mera»95,

«rilevante»96, «assai probabile»97, «fondata»98, «qualificata»99,

«consistente»100, «ragionevole»101, «apprezzabile»102,

«qualificante»103, mostrandosi in varie pronunce “vicina” alla certezza

della pronuncia di merito104.

Per l'emissione di una misura cautelare si richiede la gravità indiziaria, e cioè l'idoneità degli indizi a dimostrare l'esistenza di un reato e la rilevante probabilità che l'indagato ne sia autore o coautore105. Il solo

riferimento alla gravità non significa, tuttavia, che si debba prescindere da criteri valutativi che connotino il quadro indiziario: pertinenza e rilevanza con il fatto da provare; reale sussistenza dei dati valutati; nesso logico chiaro e univoco con il reato per cui si procede; esclusione di elementi privi di affidabilità e mere congetture106. Per

«gravi indizi di colpevolezza» devono dunque intendersi tutti gli elementi a carico, raccolti fino a quel momento, di natura logica o rappresentativa che, contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli

non sono legalmente quantificabili, si dev'essere consapevoli dell'impossibilità di tracciare linee di demarcazione ben definite, nonostante pur l'abbandono del requisito ambiguo della sufficienza degli indizi. La probabilità in questione ha ricevuto di volta in volta l'attributo identitario di “alta”, “elevata”, “mera”, “rilevante”, assai probabile”, “fondata”, “qualificata”, “consistente”, Cfr. MARZADURI E., voce Misure cautelari personali (principi generali e

disciplina), cit., p. 64; CORSO P., Le misure cautelari, in AA.VV., Procedura

penale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 360.

93 Così Cass., Sez. III, 23 febbraio 1998, Derzsiova, in Riv. pen., 1998. 94 Così Cass., Sez. I, 7 febbraio 1996, Calabrese, in Riv. pen., 1996. 95 Così Cass., Sez. I, 18 gennaio 1994, Carelli, in Riv. pen., 1994. 96 Così Cass., Sez. I, 2 aprile 1996, Basile, in Riv. pen., 1997. 97 Così Cass., Sez. II, 2 giugno 1992, Marra, in Riv. pen., 1993. 98 Così Cass., Sez. II, 28 gennaio 1992, La Rocca, in Riv. pen. 1992. 99 Così Cass., Sez. Un., 25 ottobre 1995, Liotta, in Foro.it, 1996. 100 Così Cass., Sez. I, 25 ottobre 1993, Giglio, in Riv. pen., 1994. 101 Così Cass., Sez. IV, 13 agosto 1996, Pacifico A., in Cass. pen., 1997. 102 Così Cass., Sez. VI, 20 agosto 1992, Panigritti, in Riv. pen., 1993. 103 Così Cass., Sez. I, 26 gennaio 1994, Damiani, in Riv. pen., 1994.

104 DEGANELLO M., I criteri di valutazione della prova penale. Scenari di diritto

giurisprudenziale, Giappichelli, Torino, 2005, pp. 100 ss.

105 Cass., Sez. I, 20 settembre 1995, Vitiello, in C.e.d. 202510.

106 In tal senso, SPANGHER G., Misure cautelari personali, in Digesto disc. pen., agg., Utet, Torino, 2014, p. 391.

elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sé a provare “oltre ogni ragionevole dubbio” la responsabilità dell'indiziato107. Per fare legittimo uso del potere cautelare, infatti, non

c'è bisogno dello stesso genere e dello stesso grado di convinzione che è richiesto per condannare o anche soltanto per mandare a giudizio; ma perché l'uso non si trasformi in abuso, occorrerà certamente essere in possesso - e darne conto nella motivazione - di una serie di elementi idonei a sorreggere una più che credibile convinzione di responsabilità a carico di quella persona108.

Il termine “indizio” è adoperato in diverse occasioni nel codice, tanto da ritenersi consolidata l'idea che tale abbia carattere polisemico rispetto alle diverse disposizioni. Difatti, si fa riferimento all'indizio, oltre che per l'adozione delle misure cautelari personali, a proposito delle condizioni richieste per l'esecuzione del fermo (art. 384 c.p.p.) e delle intercettazioni telefoniche (art. 267 c.p.p.), per la concessione dell'estradizione (art. 705 c.p.p.), per l'applicazione in via provvisoria di una misura di sicurezza (art. 312 c.p.p.). Nell'ambito cautelare, il termine dovrebbe servire a designare i risultati conseguibili durante la fase di accertamento, contrapponendosi al concetto di «prova» la cui dimensione normativa resta, invece, prudentemente circoscritta al giudizio finale sulla responsabilità dell'imputato. Ebbene, sulla scorta della bipartizione così delineata, già fin dai primi anni di entrata in vigore del codice dell'88, la giurisprudenza ha insistito nel distinguere tra la nozione tecnica di prova, quale situazione conoscitiva occorrente in sede di merito ai fini della condanna, e il grado minore di forza

107 Per questa ragione non viene usato il termine “prove” ma “indizi”, proprio per consentire di individuare gli elementi a carico dell'imputato anche utilizzando il materiale formato unilateralmente. BASSI A., I presupposti ed i criteri di scelta delle misure cautelari personali, in AA.VV., La cautela nel sistema penale, A. Bassi (a cura di), Cedam, Padova, 2016, p. 5.

108 CHIAVARIO M., Art. 273 c.p.p., in AA.VV., Commento al nuovo codice di procedura penale, M. Chiavario (a cura di), vol. III, Utet, Torino, 1990, p. 32 s.

persuasiva derivante dal materiale raccolto nel corso delle indagini preliminari - gli indizi - che basterebbe a limitare, in via provvisoria, la libertà personale109. Altre decisioni avvertono, in maniera simile, che il

termine indizio va inteso in senso valutativo, definendone il significato alla stregua di una probatio minor: gli indizi risulteranno inidonei a giustificare una piena affermazione di responsabilità, sia per la «qualità inferiore» rispetto alla prova che anche in relazione al «momento cronologico» anteriore al giudizio, nel quale si applicano le misure cautelari personali110.

Il carattere della “gravità” sta a indicare l'univocità degli indizi raccolti: il concetto di grave indizio postula un giudizio prognostico, allo stato degli atti, orientato necessariamente verso la condanna della persona sottoposta a misura cautelare. La previsione di una gravità indiziaria, allora, ha una funzione di garanzia, che consiste nell'ancorare il provvedimento cautelare a un alto grado di convincimento sull'ipotesi d'accusa - sebbene comunque più basso di quello tipico del giudizio di condanna - consentendo, in tal modo, di ridurre al minimo il sacrificio anticipato della libertà personale111.

La normativa che regola i presupposti applicativi delle misure cautelari personali, utilizza il termine indizio, peraltro, in un'accezione completamente diversa all'analoga qualificazione delle prove indiziarie contenuta nell'art. 192, comma 2, c.p.p. Al contrario di quest'ultima disposizione, l'art. 273 c.p.p. descrive il presupposto probatorio del provvedimento restrittivo ante iudicatum della libertà personale attraverso un'espressione - indizi - adeguata alla provvisorietà e

109 In tal senso, Cass., Sez. V, 11 dicembre 1990, Covelli, in Riv. pen., 1991; Cass., Sez. VI, 15 gennaio 1991, Dresia, ivi; Cass., Sez. VI, 19 febbraio 1992, Papale,

ivi, 1992; Cass., Sez. I, 2 luglio 1993, Marazzotta, ivi, 1994.

110 Cass., Sez. I, 21 dicembre 1993, Sabatelli, in Riv. pen., 1994. NEGRI D., Fumus commissi delicti. La prova per le fattispecie cautelari, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 218 s.

111 Cfr. CORSO P., Le misure cautelari, cit., p. 361; NEGRI D., Fumus commissi

all'incompletezza dell'accertamento. Sul punto è ormai diffuso l'atteggiamento che contrappone al giudizio di “certezza” necessario per condannare, il quale esige prove incontrovertibili circa la responsabilità penale dell'imputato, la valutazione di tutt'altra natura a sostegno delle misure cautelari personali, che si fonda soltanto sull'“alta probabilità” di colpevolezza112. L'esigenza di mantenere

ferma sul piano logico la separazione degli stati della “certezza” e “probabilità”, confinanti ma pur sempre divisi, spinge a ritenere che valgono regole di giudizio distinte a seconda del tipo di decisione da prendere, altrimenti l'uso dei medesimi criteri condurrebbe a una sostanziale equiparazione di risultati non richiesta dalle norme, e resa impraticabile a causa del diverso momento processuale in cui vengono a porsi la sentenza di merito e l'ordinanza cautelare113. Inoltre, non si

deve sovrapporre le diverse nozioni di prova indiziaria ex art. 192, comma 2, c.p.p. e di indizio di cui all'art. 273 c.p.p. anche per un altro motivo. Si constata infatti che, se da un lato, l'art. 192, comma 2, c.p.p. fa riferimento alla prova indiretta, ossia quando un elemento ricade su un oggetto diverso da quello che si deve provare, ma attiguo (in pratica, una volta accertato in contraddittorio l'oggetto x, si può desumere l'oggetto da provare y attraverso un ragionamento logico fondato su regole di comune esperienza), dall'altro lato, diametralmente opposto sarà l'indizio previsto all'art. 273 c.p.p. che non si porrà nel contraddittorio tra le parti, ma verrà formato unilateralmente, risultando “in prospettiva” sia prova diretta che indiretta.

112 La giurisprudenza consolidata in tal senso, Cass., Sez. I, 10 dicembre 1991, Nemolato, in Arch. nuova proc. pen., 1992; Cass., Sez. I, 20 febbraio 1992, Liguori e altri, ivi, 1992; Cass., Sez. I, 25 maggio 1992, Di Martino, in Riv. pen., 1992; Cass., Sez. I, 11 maggio 1993, Cafari e altri, ivi, 1993; Cass., Sez. I, 8 giugno 1993, Licciardello e altri, in Arch. nuova proc. pen., 1993; Cass., Sez. I, 27 settembre 1993, La Rocca e altri, ivi, 1994; Cass., Sez. VI, 9 febbraio 1996, Meocci, ivi, 1996.

113 Cfr. NEGRI D., Fumus commissi delicti. La prova per le fattispecie cautelari, cit., pp. 220 s.

L'art. 273, comma 1, c.p.p., in sintesi, attraverso il riferimento al fumus commissi delicti individua il livello indiziario necessario per il legittimo esercizio del potere cautelare. La sussistenza di siffatti indizi, in tema di applicazione di una misura cautelare, costituisce il presupposto, e in tal senso è condicio sine qua non per la limitazione della libertà personale. Nella richiesta e nella valutazione per l'applicazione della cautela, sarà necessario sussista un solido fondamento probatorio che porterebbe a ritenere che se si dovesse decidere hic et nunc sulla colpevolezza dell'indagato, con altissima probabilità, si avrebbe una sentenza di condanna.

Il grado di protezione della libertà personale e poi rafforzato dalla disposizione del secondo comma dell'art. 273 c.p.p. che impone uno sbarramento invalicabile, ovvero si prevede un generale divieto di applicazione delle misure cautelari personali in relazione a vicende che, da un lato, non possono non incidere sulla prognosi di colpevolezza e, dall'altro, non sembrano poter rilevare in un'ottica di semplice ipotizzabilità, richiedendosi un accertamento che ne evidenzi l'oggettiva sussistenza114. Per poter disporre una qualsiasi misura

restrittiva, viene così imposto all'autorità competente un “accertamento negativo”115: la cautela non potrà essere applicata allorché il fatto sia

stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione sintomo di un fumus boni iuris (l'adempimento di un dovere, l'esercizio di un diritto, la legittima difesa, il consenso dell'avente diritto) o di non punibilità (artt. 308, 309, 384, 649 c.p.), o se sussiste una causa di estinzione del reato o della pena che si ritiene possa essere irrogata (la remissione di querela accettata dal querelato, l'amnistia e l'indulto). In

114 MARZADURI E., voce Misure cautelari personali (principi generali e

disciplina), cit., p. 65.

115 Il giudice dovrà valutare di non essere in una situazione che, pur essendo pienamente compatibile con la formulazione di una prognosi di colpevolezza dell'imputato, consente di pronosticare un esito del processo privo di conseguenze negative per la libertà personale del condannato.

ossequio ai principi di inviolabilità della libertà personale e di ragionevolezza sanciti dalla Costituzione, un provvedimento direttamente incidente su tale bene primario non può invero trovare giustificazione allorquando si possa prevedere, già nella fase costitutiva del titolo, che nei confronti di quella persona non sarà mai pronunciata una condanna, stante l'esistenza dei presupposti di un'esimente, di una causa di non punibilità o di estinzione del reato, o che la pena non sarà mai eseguita. Va tuttavia precisato che l'adozione di una misura cautelare non è preclusa quando la declaratoria di estinzione del reato o della pena possa eventualmente aver luogo in futuro, sulla base di valutazioni di merito affidate all'esclusivo apprezzamento del giudice del fatto116.

116 BASSI A., I presupposti ed i criteri di scelta delle misure cautelari personali,cit., p. 15.

2.1.1. I criteri di valutazione degli indizi

Ora per quanto concerne la valutazione degli indizi di cui all'art. 273 c.p.p., se da una parte, è stato evidenziato come la gravità indiziaria richiesta per l'applicazione di una misura cautelare dev'essere tale da lasciar desumere una qualificata probabilità di attribuzione del reato per cui si procede, dall'altra parte, non è sempre stato certo quali elementi possano essere utilizzati al fine dell'emissione del provvedimento cautelare. A tal proposito, la giurisprudenza si è dovuta confrontare sulla eventuale estensione, in materia cautelare, della disciplina contenuta nel Libro III del codice, quest'ultima applicabile anche alle indagini preliminari ma pensata con riferimento alla fase dibattimentale.

Nel quadro sistematico precedentemente delineato, con la legge n. 63 del 2001117, al fine di meglio definire la latitudine dei gravi indizi di

colpevolezza, si è voluto rispondere al problema del “se” ritenere operanti o meno le disposizioni generali in materia di prova nella valutazione dei suddetti indizi. Nel tentativo così di colmare le più avvertite differenze di utilizzabilità e valutazione tra il materiale decisorio oggetto dei giudizi cautelare e di merito, all'art. 273 c.p.p., il legislatore aggiunge il comma 1-bis, ove prevede che nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano una serie di norme. Le disposizioni ivi richiamate sono l'art. 203, comma 1, c.p.p. e l'art. 195, comma 7, c.p.p. che rappresentano la base normativa di riferimento in tema di esclusione delle testimonianze indirette “anonime”, oltre che le previsioni di cui all'art. 271, comma 1, c.p.p. in cui si vieta l'utilizzazione dei risultati delle intercettazioni eseguite

117 Con l'art. 11 della legge 1° marzo 2001, n. 63, recante “modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della Costituzione”.

illegittimamente e dell'art. 192, commi 3 e 4, c.p.p. che impone dei riscontri per le dichiarazioni di imputati connessi o collegati118. Queste

norme espressamente richiamate sono state oggetto di ampi dibattiti: in tale terreno la giurisprudenza di legittimità si è confrontata proprio