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Sia la presenza di una situazione fortemente indiziante sia l'appartenenza del delitto a una fascia di fattispecie gravi da sole risultano insufficienti, in conformità all'art. 27, comma II, Cost., a determinare nel giudice il dovere di disporre una misura cautelare157.

Affinché la libertà di un soggetto, sia pure presunto innocente, possa essere limitata è necessario anche il presupposto del periculum libertatis. Nella riflessione dogmatica tradizionale il nucleo dell'idea stessa di cautela sta nel concetto di “pericolo”: la tutela cautelare rappresenta uno strumento con cui l'ordinamento consente di far fronte, in via preventiva, al rischio che nel corso del processo si verifichino determinate situazioni che rendano inefficace la decisione finale158.

L'obiettivo che si pone il legislatore, prescrivendo tassativamente, all'art. 274 c.p.p., le ipotesi per le quali è possibile procedere all'applicazione di una misura cautelare, non è quello di anticipare gli effetti della pena - che tra l'altro sarebbe inconciliabile con la presunzione di non colpevolezza ex art. 27, comma II, Cost. - ma è quello di rendere possibile, in vista della realizzazione di uno specifico interesse di giustizia e per finalità endoprocessuali, la corretta verifica delle responsabilità penali159. La legittimità della misura coercitiva si

inquadrerà, infatti, sull'individuazione dei fini che a essa sono attribuiti, rendendo così possibile verificare che, nel trattamento dell'imputato assoggettato alla coercizione personale, non si parta dal

157 In questo senso, tale sunto è stato evidenziato in più occasioni dalla Corte costituzionale. Tra le altre, Cass., Sez. Un., 22 aprile 2011, n. 16085, Khalil, in C.e.d. 249323.

158 Cfr. CHIAVARIO M., Diritto processuale penale, cit., p. 763; AIUTI V., Esigenze

cautelari e discrezionalità giudiziale, in www.legislazionepenale.eu, 01.12.2015, p. 3.

159 In questo senso, l'art. 274 c.p.p. è “l'antidoto” al rischio di un intervento meramente anticipatorio degli effetti della pena, poiché limita drasticamente le possibilità di comprimere la libertà personale dell'indagato o dell'imputato ai soli casi in cui si è in presenza di una delle esigenze tipizzate.

presupposto di una sua identificazione con il colpevole. Le ipotesi tipizzate risponderanno alla medesima ratio: la cautela del processo penale, intesa come protezione del procedimento di accertamento dagli attacchi o comunque dai fattori di disturbo esogeni160. Qualora si

applicasse un provvedimento cautelare in assenza di un'esigenza che lo legittima, si avrebbe un uso improprio del potere di intervento cautelare, in violazione dei principi dettati dalla Costituzione.

Le ipotesi di intervento previste dal legislatore sono tassative: nessuna misura cautelare è applicabile se non ricorre una delle esigenze ivi previste. La disciplina positiva, all'art. 274 c.p.p., restringendo gli spazi di discrezionale valutazione dell'autorità giudiziaria, considera rilevanti ai fini dell'adozione di una misura cautelare tre pericula161: pericolo di

inquinamento probatorio (lett. a), pericolo di fuga (lett. b) e pericolo di reiterazione di condotte delittuose (lett. c)162.

Il giudice a cui è richiesta l'adozione di una misura cautelare dovrà dunque valutare, analizzando gli atti allegati alla richiesta del pubblico ministero, se sussista una o più delle cause potenzialmente in grado di danneggiare il procedimento penale in corso. In tal senso rilevante sarà l'analisi delle modalità della condotta163, nonché l'esistenza di

precedenti penali164, da cui può evincersi la sussistenza di un pericolo

valutabile ai sensi dell'art. 274 c.p.p.165 Inoltre, la sussistenza delle

160 Cfr. CALLARI F., Il periculum libertatis costituito dal rischio di realizzazione di

determinati reati e le misure cautelari: il fine giustifica i mezzi?, in

www.penalecontemporaneo.it, 12.11.2012, pp. 3 s.; DE ROBBIO C., Le misure

cautelari personali, Giuffrè, Milano, 2016, p. 97; CORSO P., Le misure cautelari,

cit., pp. 362 s.

161 Si tratta di pericula libertatis che integrano quelle situazioni prognostiche che esigono il ricorso alla cautela al fine di assicurare le esigenze di giustizia. L'evocazione del concetto di pericolo è da intendersi come “alta probabilità” che un certo evento pregiudizievole accada.

162 Al riguardo, la previsione normativa è esplicita nel sottolineare che si tratti di pericoli ciascuno autonomamente sufficiente a legittimare il ricorso allo strumento cautelare.

163 Cass., Sez. II, 12 aprile 2013, n. 18290, Molisso, in C.e.d. 255755. 164 Cass., Sez. V, 17 aprile 2009, n. 21441, Fiori, in C.e.d. 243887. 165 DE ROBBIO C., Le misure cautelari personali, cit., p. 98.

esigenze cautelari non potrà discendere, ex se, dalla gravità del fatto per cui si procede o dall'allarme sociale destato dalla commissione di un reato, ma dovrà essere comunque valutata in concreto e in relazione alla verifica dell'esistenza di una delle situazioni di pericolo tipizzate dalla norma in esame166.

Con i recenti interventi riformatori, e in particolare con la legge n. 47 del 2015167, il legislatore ha prescritto con un duplice e simmetrico

intervento, da un lato, che ai fini della sussistenza delle esigenze di cui alla lett. b e c, il pericolo non sia più soltanto “concreto”, ma anche “attuale” al momento in cui si procede all'adozione del provvedimento cautelare, allineando così perfettamente le tre esigenze cautelari; dall'altro lato, ha precisato che questi pericoli non possono essere desunti esclusivamente dalla gravità del reato per il quale si procede168.

Entrando nell'analisi delle singole esigenze cautelari, la disciplina codicistica individua nelle necessità investigative e probatorie la prima fondamentale esigenza: all'art. 274 c.p.p. lett. a viene prevista la tradizionale figura del “pericolo di inquinamento probatorio”. La prima parte della disposizione, prevedendo la «sussistenza di specifiche e inderogabili esigenze attinenti alle indagini»169, vuole evocare la

necessità di salvaguardare il quadro probatorio dal rischio di interventi diretti a sopprimere le fonti o gli elementi di prova già esistenti ovvero impedire di acquisirne di nuovi. La norma successivamente afferma che tali esigenze devono essere «in relazione» - qua si intravede la

166 Ibidem, p. 100.

167 Legge 16 aprile 2015, n. 47, recante “modifiche al codice procedura penale in materia di misure cautelari personali e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di visita a persone affette da handicap in situazione di gravità”.

168 BASSI A., I presupposti ed i criteri di scelta delle misure cautelari personali,cit., pp. 19 s.

169 Si è ritenuto che «l'esigenza in esame non può ritenersi legittimamente sussistente qualora sia trascorso un lungo periodo di tempo dal momento della conoscenza, da parte dell'indagato, dell'esistenza di indagini a suo carico per alcuni reati, senza che sia stata posta in essere alcuna condotta che pregiudichi l'integrità o la genuinità della prova stessa» (Cass., Sez. V, 20 febbraio 1996, n. 786, Majocchi, in C.e.d. 204473).

direzione finalistica che vuole dare il legislatore - a «situazioni di concreto170 e attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della

prova»171. Viene così coinvolta l'effettiva possibilità di acquisire

elementi probatori al patrimonio conoscitivo giudiziario ossia di conservarli indenni da possibili manipolazioni. Il pubblico ministero è tenuto, conseguentemente, a dimostrare che la situazione di pericolo dovrà esser fondata «su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio»172.

La previsione attiene alla salvaguardia dai rischi di dispersione e inquinamento del materiale probatorio che potrebbero derivare dallo stato di libertà del soggetto sottoposto a indagine. L'esigenza di arginare un pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova sostanzia il più tipico degli obiettivi cautelari, che esaurisce i suoi effetti nell'ambito processuale, collocandosi su un terreno di indubitabile sintonia rispetto alla presunzione di non colpevolezza di cui all'art. 27, comma II, Cost. Il profilo della genuinità è sicuramente preponderante: la restrizione della libertà personale mira, in tal caso, a sventare il rischio di un possibile inquinamento probatorio. Rilevante è anche, d'altronde, il periculum per l'acquisizione della prova: si pensi alle ipotesi in cui la condotta temuta abbia a oggetto illecite manovre perturbative sulle fonti di prova personali affinché i potenziali dichiaranti siano indotti a non presentarsi avanti all'autorità giudiziaria, oppure all'ipotesi in cui il riferimento al pericolo concerne mezzi

170 Va identificato «in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere che l'indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova,

ostacolandone la ricerca o inquinando la relativa fonte, al fine di evitare mere clausole si stile è necessario che il giudice indichi, con riferimento all'indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali esso viene desunto e fornisca, sul punto, adeguata e logica motivazione» (Cass., Sez. III, 3 dicembre 2003, n. 306, Scotti, in Guida al diritto, 2004).

171 A tal riguardo, il richiamo all'acquisizione e alla genuinità della prova non può ritenersi limitato alla fase delle indagini preliminari, ma dev'essere esteso a tutta la fase processuale dal momento che, così come le altre esigenze cautelari, il pericolo può insorgere durante tutto l'arco del processo.

172 Cfr. DE CARO A., Presupposti e criteri applicativi, cit., pp. 63 s.; GREVI V.,

probatori che necessitino della presenza dell'imputato o del sottoposto alle indagini, si pensi al riconoscimento di persona o al confronto cui debba partecipare l'imputato o l'indagato173.

Sul versante dello sfruttamento in malam partem degli effetti concomitanti delle misure, viene escluso che il ricorso alla misura cautelare possa essere finalizzato a ottenere dichiarazioni autoincriminanti174, ossia a ottenere la collaborazione o la

partecipazione ad acta dell'indiziato. Al riguardo, la lett. a precisa che «le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti»175. Si tratta di un “divieto motivazionale” che enfatizza

il peso che il procedimento argomentativo può avere sull'instaurarsi di prassi illegittime. Nei fatti, tuttavia, si è riscontrato che, pur riconoscendo che questo divieto rimane un principio di notevole civiltà giuridica, la norma risulta insufficiente, nella sua efficacia, nel momento in cui si crea una correlazione tra il pericolo di inquinamento probatorio e il diritto al silenzio176, con la logica conseguenza di avere,

in sostanza, un sistema di cautela che mette in discussione l'autodeterminazione del soggetto per cui si procede177.

La seconda situazione presa in considerazione dalla norma in esame è

173 DI CHIARA G., Libertà personale dell'imputato e presunzione di non

colpevolezza, cit., p. 325.

174 La stessa relazione al progetto preliminare del codice del 1988 precisa che si è inteso escludere nel modo più assoluto un'utilizzazione delle cautele a scopi, più o meno direttamente, estorsivi di confessioni.

175 La specificazione è dovuta alla legge 08.08.1995 n. 332, che ha reagito agli abusi verificatesi nella prassi applicativa. A tal fine il legislatore ha inserito una ulteriore disposizione, che in verità doveva ricavarsi implicitamente dal sistema ed esplicitamente dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (art. 14, comma 3, lett. g); e cioè si è precisato che il silenzio mantenuto dall'imputato non si può ricavare l'esistenza del pericolo di inquinamento probatorio. TONINI P., Manuale di procedura penale, cit., p. 435.

176 Sul tema BOCCHINI B., L'accertamento degli indizi e delle esigenze cautelari, in AA.VV., La prova penale, A. Gaito (a cura di), vol. I, Utet, Torino, 2008.

177 Cfr. EPIDENDIO T. E., Proposte metodologiche in merito al dibattito sulle

il “pericolo di fuga”. La previsione dell'art. 274 c.p.p. lett. b ha lo scopo di impedire che la persona sottoposta al procedimento possa sottrarsi, con la fuga, a conseguenze da lui ritenute negative e, in particolare, all'esecuzione di una particolare condanna178. La norma,

infatti, si riferisce all'indiziato che «si è dato alla fuga» e al caso in cui sussista un «concreto ed attuale pericolo che egli si dai alla fuga». Riguardo a questo tipo di esigenza cautelare, con l'intento di inserire una specifica delimitazione quoad poenam, il legislatore precisa: «sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione»179. Viene circoscritto così l'ambito

di applicazione della misura, aggiungendo una previsione la cui dinamica postula una prognosi concreta sull'entità della sanzione da irrogare. Il riferimento qui alla pena non dovrà essere inteso come pena edittale180, ma come pena prevedibilmente da infliggere nella specie181.

Nel condurre il difficile accertamento del pericolo di fuga, occorrerà dimostrare anzitutto che si tratti di un pericolo concreto, caratterizzato da un ragionevole grado di probabilità182, ossia non desumibile da

mere congetture o presunzioni, bensì reale ed effettivo perché difficilmente eliminabile con tardivi interventi; inoltre il pericolo deve

178 In giurisprudenza, non è assente la tendenza ad affermare che il giudizio

prognostico sul pericolo di fuga deve tener conto dei parametri forniti dall'art. 133 c.p., guardando sia alla gravità del fatto addebitato, sia alla personalità del soggetto e alle motivazioni del suo agire (Cass., 6 giugno 2012, n. 27042). La Corte europea dei diritti dell'uomo, arricchendo l'elenco degli elementi da considerare, suggerisce di valutare il carattere della persona, i suoi costumi morali, il luogo in cui abita, la sua attività lavorativa, le sue disponibilità

finanziarie, i suoi legami familiari e ogni genere di collegamento con il luogo nel quale si procede contro di lui (Corte e.d.u., sent. 11/10/2011, Romanova c. Russia).

179 In deroga all'art. 280 c.p.p., agli effetti delle misure cautelari, la fuga o il pericolo di fuga è irrilevante se la pena irrogabile è compresa nei due anni di reclusione, sia perché una pena di tale entità può comportare il beneficio della sospensione condizionale della pena sia perché la pena non sarebbe espressiva di un illecito particolarmente grave o di una concreta pericolosità.

180 Viceversa, nelle condizioni generali di applicabilità delle misure coercitive (art. 280, comma 1) è considerata la pena edittale prevista nel massimo per il delitto addebitato.

181 CHIAVARIO M., Diritto processuale penale, cit., pp. 767 s.

essere anche attuale, nel senso di un rischio imminente che la persona possa fuggire. Secondo un orientamento della giurisprudenza ormai consolidato, la sussistenza del pericolo di fuga non dev'essere desunta necessariamente da comportamenti materiali che rivelino l'inizio dell'allontanamento o da una condotta indispensabilmente prodromica (come l'acquisto di un biglietto aereo o la preparazione dei bagagli), essendo sufficiente accertare con giudizio prognostico (in base alla concreta situazione di vita del soggetto, alle sue frequentazioni, ai precedenti penali, ai procedimenti in corso) un effettivo e attuale pericolo di fuga183. Non può essere la semplice lontananza della

propria abitazione a integrare un simile pericolo, a meno che altre circostanze comprovino la intenzionalità di quell'allontanamento. I caratteri della concretezza e attualità impediscono di valutare la sussistenza di tale pericolo in base alla sola entità della pena inflitta184

o la disponibilità di alloggi o di conti all'estero185 o alla mera

irreperibilità dell'imputato186. In questo senso delle linee direttive

provengono anche dai giudici di Strasburgo: in questa sede, in particolare, è stato precisato che ai fini della valutazione del pericolo di fuga, non è rilevante la circostanza di dover affrontare una lunga carcerazione187 né la mancanza di una fissa dimora188.

Il periodo della lett. b conclude affermando che dette situazioni non potranno essere desunte «esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede». Circa la compatibilità di questa esigenza cautelare con l'art. 27, comma II, Cost. qualche obiezione è sorta in dottrina, talora ritenendo che essa possa ricollegarsi a una sorta di

183 Cass., Sez. II, 5 dicembre 2013, n. 51436, Morosanu, in C.e.d. 257981. 184 Cass., Sez. Un., 24 settembre 2001, n. 34537, Litteri, in C.e.d. 219600. 185 Cass., Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 44132, Gussoni, in C.e.d. 251523.

186 CIAVOLA A., La valutazione delle esigenze cautelari, in AA.VV., La riforma delle misure cautelari personali, L. Giuliani (a cura di), Giappichelli, Torino, 2015, pp. 64 s.

187 Corte e.d.u., sent. 23/09/1988, I.A. c. Francia, § 87. 188 Corte e.d.u., sent. 15/02/2015, Sulaoja c. Estonia, § 64.

“presunzione di commissione del reato”. Queste osservazioni, basate sulla sostanziale sproporzione tra detenzione e finalità partecipative, tuttavia non hanno trovato riscontro nella giurisprudenza della Corte costituzionale189.

Più problematica190, infine, è la categoria riguardante il “pericolo di

reiteratio criminis”, sancita dall'art. 274 c.p.p. lett. c. L'intenzione del legislatore è quella di contrastare il «concreto e attuale pericolo» che l'indiziato commetta gravi delitti, valorizzando l'esigenza cautelare di natura sostanziale di tutela della collettività e specificandone le condizioni nel tentativo, tutt'altro che agevole, da un lato, di evitare richiami troppo generici alla pericolosità sociale, censurabili sotto il profilo della determinatezza della fattispecie ex art. 13, comma II, Cost. e, dall'altro, di assicurare il rispetto dell'art. 27, comma II, Cost. dal quale si ricava la illegittimità di qualunque finalismo delle misure cautelari tale da presupporre la colpevolezza dell'imputato191. In altri

termini, si vuole contrastare il pericolo effettivo, e non meramente ipotetico, che l'imputato o l'indagato libero commetta delitti rientranti in specifiche tipologie. Da rilevare è che, nella sostanza, però, la lettera normativa ripete il concetto di pericolosità sociale tipico delle misure di sicurezza.

La previsione assume quale parametro di valutazione dell'esigenza cautelare, gli elementi ricavabili da «specifiche modalità e circostanze del fatto» - non dalla sua gravità o dal disvalore sociale - nonché dalla «personalità» del soggetto per cui si procede, quest'ultima considerata alla luce di comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali192.

189 Cfr. TAORMINA C., Procedura penale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 365. 190 Le ragioni della perplessità si incardinano nella natura estranea alle esigenze

processuali, riconducibili a ragioni social preventive. 191 GREVI V., Misure Cautelari., cit., p. 367.

192 In merito la Cass., Sez. V, 25 settembre 2014, n. 5644 ha specificato che ai fini della configurabilità dell'esigenza cautelare del pericolo di reiterazione dei reati, prevista dall'art. 274 lett. c c.p.p., il parametro valutativo costituito dalla

Il pericolo di reiterazione assumerà rilevanza ogniqualvolta che l'indiziato commetta una serie di gravi fatti193 criminosi. La norma

infatti parlerà innanzitutto di «gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata». Da notare qui che la valutazione della “gravità” del delitto è rimessa al libero apprezzamento del giudice, non risultando suggerito alcun parametro normativo. Accanto a questo primo pericolo di reiterazione del reato che giustifica l'adozione della misura cautelare, se ne ha un secondo, ossia il pericolo che l'indagato o l'imputato commetta altri delitti «della stessa specie di quello per cui si procede». Per quest'ultima categoria di delitti, si devono intendere fattispecie delittuose medio gravi, che offendono lo stesso bene giuridico, ovverosia presentino lo specifico carattere comune costituito dal bene primario posto a fondamento della fattispecie tipica ascritta all'indagato o all'imputato. Quest'ultima previsione è volta a sottolineare l'applicabilità della misura cautelare, nei confronti di quelli che sono delinquenti professionali e abituali, per delle fattispecie criminose che di per sé non sono connotate da una particolare gravità. Questi delitti di media gravità giustificano l'applicazione di una misura cautelare personale, ai sensi della lett. c dell'art. 274 c.p.p., solamente allorquando quegli elementi specifici desumibili dal comportamento della persona sottoposta alle indagini lascino intendere che il pericolo di reiterazione riguardi delitti della medesima specie di quelli per cui si procede194. Sempre nel caso in cui

personalità dell'indagato o dell'imputato va desunto da comportamenti o atti concreti ovvero, in via disgiuntiva, dai suoi precedenti penali, nel senso che gli elementi per una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti in difetto di precedenti penali.

193 La gravità può essere desunta dalle modalità dell'azione e dall'intensità del dolo. Sull'importanza della gravità del fatto come riferimento principale in tema di valutazione dell'esigenza cautelare in esame. Cfr. Cass., Sez. II, 16 ottobre 2013, n. 51843, Caterino e altri, in C.e.d. 258070. 194 I giudici della Cassazione hanno avuto riguardo nel precisare che, ai fini della

prognosi del pericolo di reiterazione del reato, rimarrà estraneo l'esercizio della facoltà di non rispondere in quanto espressione del diritto di difesa (Cass., Sez.

il pericolo riguardi la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, il legislatore inserirà nella norma dei limiti edittali per poter applicare legittimamente il provvedimento cautelare. Per le misure di custodia cautelare (diverse da quella in carcere) si potrà procedere solo per delitti punibili con la «reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni». Altresì si potrà accedere alla custodia cautelare carceraria solo per delitti per i quali è prevista la pena della «reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni» (il che rappresenta il riferimento edittale generale di applicazione della custodia carceraria previsto dall'art. 280, comma 2, c.p.p.) nonché per il «delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195». Come periodo di chiusura della lett. c, anch'esso come nella lett. b introdotto con la riforma del 2015, si prevede che le situazioni di attuale e concreto pericolo non potranno