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CAPITOLO III I CRITERI DELLA SCELTA GIUDIZIALE

4. La detenzione in carcere

4.3. Le previsioni in malam partem

Il punto di partenza della riflessione è rappresentato dalle numerose tappe evolutive - e involutive - subite dal testo dell'art. 275, comma 3, c.p.p., a opera del legislatore e della Corte costituzionale. Da subito è opportuno rilevare che, fin dai primi anni di vigenza del codice, la “lista” dei reati ricompresi nel meccanismo presuntivo in esame se, da un lato, è vero che tale è stata variamente modulata nel corso del tempo con pendolari alternanze tra interventi di restringimento e di dilatazione, dall'altro lato, è altrettanto vero che questa lista è stata pure caratterizzata dalla peculiare presenza di delitti di criminalità mafiosa o contigui alla mafia stessa427.

Riportare indietro la memoria alla formulazione originaria dell'articolo in questione significa inevitabilmente rivolgere lo sguardo al fecondo dibattito che aveva contraddistinto l'ultimo periodo di vigenza del vecchio codice (coinciso con la stagione di studio per la realizzazione di un nuovo codice di procedura penale) con riguardo all'istituto della cattura obbligatoria428. L'entrata in vigore del nuovo codice di rito rese

palese l'intenzione dei redattori di prendere le distanze dagli assetti della legislazione del 1930429: si ebbe così l'abbandono della

carcerazione preventiva obbligatoria. Questa netta virata a favore del riscontro concreto di tutti i requisiti legittimanti il sacrificio della liberà nella sua misura più estrema, tuttavia, venne ben presto ridimensionata.

427 PILLA E., I criteri di scelta, cit., p. 35.

428 QUATTROCOLO S., Aporie e presunzioni nei criteri selettivi della tutela

cautelare personale. Verso il crepuscolo del giudizio di proporzionalità e di adeguatezza?, in AA.VV., Libertà dal carcere, libertà nel carcere, A. Gaboardi, A.

Gargani, G. Morgante, A. Presotto, M. Serraino (a cura di), Giappichelli, Torino, 2013, pp. 217 s.

429 Il codice del 1930 imponeva, a fronte di sufficienti indizi di colpevolezza, senza nessun'altra condizione, per una serie di gravi reati, la carcerazione preventiva dell'imputato.

La stagione buia dei primi anni novanta, macchiata dalla sanguinaria ferocia di “Cosa nostra”, condusse subito a un ripensamento, portando da lì a poco alla creazione del cosiddetto “doppio binario” per tutta una serie di reati ritenuti di grave allarme sociale. In pochi mesi, in un clima di guerra tra Stato e mafia, una legislazione convulsa introduceva per alcune fattispecie criminose una disciplina derogatoria430. Ispirata pur sempre da lodevoli intenti di contrasto alla

criminalità organizzata, si ebbe una vistosa deviazione verso logiche presuntive, che ha finito sostanzialmente per assegnare alle cautele personali la funzione di assolvere a quel “bisogno di punizione” proprio della risposta sanzionatoria. L'obiettivo a suo tempo perseguito dal legislatore, sull'onda di un'emergenza dettata anche dalla spinta dell'opinione pubblica, è stato quello di privilegiare il ricorso alla soluzione carceraria attraverso la sostituzione della valutazione discrezionale del giudice in relazione al caso concreto, con l'obbligatorietà della massima misura custodiale in ragione della gravità di taluni delitti431.

Il decreto legge 152/1991432, aggiunse al testo originario433 del comma

terzo dell'art. 275 c.p.p. un secondo periodo, nel quale venivano elencati una serie di delitti espressivi di una particolare pericolosità sociale434. Per tali, in presenza di gravi indizi di colpevolezza, doveva

430 CARNEVALE S., I limiti alle presunzioni di adeguatezza: eccessi e incongruenze

del doppio binario cautelare, cit., p. 106.

431 Cfr. BONINI V., La attenuazione degli (altri) automatismi in peius, cit., pp. 139 ss.

432 Decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, recante “provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa”, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203. Prima di questo, di analoghi contenuti, vi furono i decreti legge 13 novembre 1990, n. 324, 12 gennaio 1991, n. 5, 13 marzo 1991, n. 76 che tuttavia non furono convertiti in legge.

433 Il testo originario dell'art. 275, comma 3, c.p.p. così affermava: «La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata».

434 Vedi, al proposito, il preambolo del d.l. 152/1991, nel quale si allude

espressamente alla straordinaria necessità e urgenza di far fronte ai gravissimi fenomeni di criminalità organizzata, al fine di assicurare la difesa della legalità.

essere disposta la misura carceraria, salva la insussistenza di esigenze cautelari oppure che le medesime potessero essere soddisfatte con altre misure435. Quest'ultimo periodo, tuttavia, venne ritoccato dal decreto

legge 292/1991436, prevedendo l'alternativa secca per il quale, in ordine

dei delitti ivi elencati, o si escludeva qualunque esigenza cautelare oppure il giudice era obbligato a disporre la custodia cautelare in carcere, senza la possibilità di poter scegliere un'altra e differente misura meno gravosa437. Nel 1991 venne pertanto introdotta nel 3°

comma dell'art. 275 c.p.p. una doppia presunzione: iuris tantum quanto al periculum libertatis, e iuris et de iure quanto alla adeguatezza della custodia carceraria. Attraverso la presunzione relativa verrà derogata al giudice la necessità di provare la sussistenza delle esigenze di cui

435 La prima parte del testo dell’art. 5 del d.l. 152/1991 così recitava: «Nel comma 3 dell'art. 275 del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 c.p., a quelli, consumati o tentati, di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni ovvero ai delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110, ovvero ai delitti di cui agli artt. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,

approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che le stesse possono essere soddisfatte con altre misure».

436 Decreto legge 9 settembre 1991, n. 292, recante “disposizioni in materia di custodia cautelare, di avocazione dei procedimenti penali per reati di criminalità organizzata e di trasferimenti di ufficio di magistrati per la copertura di uffici giudiziari non richiesti”, convertito in legge 8 novembre 1991, n. 356. 437 La prima parte dell'art. 1 del d.l. 292/1991 così affermava: «Nel comma 3

dell'articolo 275 del codice di procedura penale, già modificato dall'articolo 5 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, le parole “o che le stesse possono essere soddisfatte con altre misure” sono soppresse». D'ARCANGELO F., Le misure cautelari personali (l. 16 aprile 2015, n. 47), in Il penalista, Giuffrè, Milano, 2015, p. 32.

all'art. 274 c.p.p. per adottare legittimamente la cautela, essendo sufficiente la mancata acquisizione di elementi dai quali risulti l'insussistenza delle stesse. Inoltre, nel caso di superamento di tale presunzione, ve ne sarà un'altra, assoluta questa volta, che prevederà, per i delitti indicati nella norma, l'obbligo di applicare la misura intramuraria. Con l'introduzione della presunzione assoluta, la custodia cautelare in carcere non viene più considerata l'extrema ratio, ma diviene l'unica misura applicabile. Si avrà così un sistema in cui la massima privazione di libertà personale, per determinati gravi delitti, diverrà la regola438. Si può rilevare, infatti, come il fatto che la norma

de qua specifichi «salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari» - ossia prevedendo una vera e propria probatio diabolica addossata in pratica alla difesa - fa rievocare l'ombra della carcerazione obbligatoria, che era stata abolita con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale proprio allo scopo di assicurare la congruità del provvedimento restrittivo rispetto al caso concreto439. Ebbene, anche se da una parte, viene

prevista formalmente la possibilità per l'indagato o per l'imputato di provare l'insussistenza delle esigenze cautelari, dall'altra parte, viene in una qualche misura re-introdotta una versione, solo in apparenza attenuata, del vecchio mandato di cattura obbligatorio previsto dal codice Rocco che andava emesso automaticamente per taluni reati di determinata gravità440.

Con l'intenzione di realizzare un giusto contemperamento tra le istanze di difesa della collettività e le esigenze di tutela dei diritti individuali,

438 Cfr. FARINELLI E., L'ambito di operatività della presunzione di adeguatezza

della custodia cautelare in carcere, cit., pp. 4 s.; DE CARO A., Presupposti e criteri applicativi, cit., pp. 86 s.

439 Questa “quasi-automaticità” si riscontra, nonostante i ridimensionamenti operati, anche tutt'oggi, a fronte di determinati gravi delitti. Cfr. ILLUMINATI G., Ripartire dalla Costituzione, cit., p. 390.

440 ILLUMINATI G., Verso il ripristino della cultura delle garanzie in tema di

la legge 332/1995441 operò una forte revisione garantista, attraverso un

ridimensionamento dei reati per i quali operava il “quasi-automatismo” della custodia carceraria: il Parlamento qui reagì al furore giustizialista divampato attorno alle inchieste giudiziarie divenute popolari sotto il nome di “Mani Pulite”, le quali, a partire dal 1992, sono state all'origine di un aumento esponenziale degli ingressi in carcere. Il legislatore intervenne per contrastare l'uso dilagante e degenerativo della custodia cautelare, portando a una serie di norme formulate con l'intento di inibire prassi giudiziarie che infrangevano il disegno sistematico tracciato dal codice di procedura penale in accordo con l'assetto costituzionale, e che rischiavano di deformare la logica della coercizione penale. L'obiettivo, in quell'occasione, fu quello di ridare preminenza al valore inviolabile della libertà personale, riponendo la misura detentiva - nell'ottica del “minimo sacrificio necessario” - al ruolo di sorvegliata eccezione442. Con la riforma del 1995, il novero

delle fattispecie attinte dal meccanismo presuntivo sopra descritto viene circoscritto al delitto previsto dall'art. 416-bis c.p. e alle fattispecie che strumentalmente o finalisticamente vi si riconnettono, espuntando dalla previsione normativa un'ampia serie di reati che vengono riportati nell'ambito del regime ordinario443. In

quest'occasione, dunque, si è voluto mantenere il regime speciale

441 Legge 8 agosto 1995, n. 332, recante “modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei provvedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa”.

442 CHINNICI D. - NEGRI D., Una riforma carica di ambizioni ma troppo cauta

negli esiti, in AA.VV., Le misure cautelari personali nella strategia del «minimo

sacrificio necessario» (legge 16 aprile 2015, n. 47), D. Chinnici (a cura di), Dike Giuridica Editrice, Roma, 2015, pp. 3 s.

443 L'art. 5 della l. 332/1995 così recitava: «Quando sussistano gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'art. 416-bis c.p. o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari». Cfr. ALBIANI A., Le misure cautelari personali: un equilibrio in divenire fra

tendenze conservatrici e (non contenibile) spirito innovatore, in Leg. pen., n. 1,

2006, pp. 375 s.; FARINELLI E., L'ambito di operatività della presunzione di

soltanto per i delitti collegati all'ambito della criminalità organizzata di cui all'art. 416-bis, per contro ritenendo ingiustificata la disciplina derogatoria per tutti quei reati che non siano riconducibili al fenomeno mafioso.

Dopo un lungo periodo di quiete normativa durato quasi quindici anni (peraltro dovuto anche a importanti pronunce giurisprudenziali nel frattempo intervenute444), vi fu un «salto di qualità a ritroso»445 con il

pacchetto sicurezza446, che fece riaumentare in maniera esponenziale le

fattispecie rientranti nel congegno presuntivo di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p., figure queste assai lontane da quelle prescelte nel 1991. Animato dalla necessità di introdurre misure atte ad assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell'allarmante crescita di episodi particolarmente violenti447, il

legislatore ampia nuovamente il catalogo delle ipotesi legittimanti l'applicazione diretta della più grave tra le cautele processuali448. Il

timore di violenze belliche ed eversive, nel frattempo sfumato, ha lasciato il posto a preoccupazioni di natura completamente diversa, sfocianti in una vera e propria “ossessione securitaria”449. In

quest'occasione, a fronte dell'incontrollabile dilagare di violenze, in primis quelle sessuali (tra l'altro smentite successivamente dalle

444 In particolare, Corte cost., ord. 24/10/1995, n. 450 e Corte e.d.u., sent. 06/11/2003, Pantano c. Italia.

445 Così Corte cost., sent. 21/07/2010, n. 265, § 8 del Considerato in diritto. 446 Tale “pacchetto” era comprensivo del decreto legge 23 maggio 2008, n. 92,

convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125 recante “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”; del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in legge 23 aprile 2009, n. 38 recante “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”; e della legge 15 luglio 2009, n. 94 recante “disposizioni in materia di pubblica sicurezza”. 447 Vedi, nelle premesse, il d.l. 11/2009, in maniera analoga al preambolo che

accompagnava il d.l. 152/1991.

448 FARINELLI E., L'ambito di operatività della presunzione di adeguatezza della

custodia cautelare in carcere, cit., p. 7.

449 Espressione ripresa da PRESUTTI A., Gli incerti confini delle esigenze cautelari:

le cautele come forma di anticipazione della pena, in AA.VV., Le fragili garanzie

della libertà personale. Per una effettiva tutela dei principi costituzionali. Atti del convegno dell'associazione tra gli studiosi del processo penale, Trento, 11-13 ottobre 2013, Giuffrè, Milano, 2014, p. 46.

statistiche ufficiali), fomentate da morbose campagne mediatiche di notevole impatto sociale, si è rimesso mano ai delicati equilibri delle presunzioni di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p. aggiungendo diversi nuovi delitti, non certo omogenei fra loro quanto a oggettività giuridica, struttura, severità del trattamento sanzionatorio e grado della condotta450. Guardando questo inventario criminale, nella sua variegata

interezza, si può cogliere l'assenza di quel denominatore comune in passato riconducibile alla legislazione dei primi anni novanta. Con tale intervento, in pratica, si è compiuto un “passo indietro”, riespandendo l'ambito di applicazione della disciplina eccezionale, prevedendo un catalogo persino più ampio di quello generato con le modifiche del 1991, e imponendo il massimo sacrificio alla libertà personale a numerose altre fattispecie penali considerate di grave allarme sociale, accantonando ancora una volta i principi di adeguatezza e proporzionalità che, in teoria, avrebbero dovuto governare la materia cautelare451.

I contenuti dell'art. 275, comma 3, c.p.p. così estesi dalla “decretazione d'urgenza” del 2009, negli anni a seguire, furono oggetto di consistenti censure da parte del giudice delle leggi, censure queste che spianeranno la strada alla legislazione successiva. Ebbene, con indubbio coraggio, dopo gli anni bui della legislazione securitaria, i lavori parlamentari tornavano a sfidare il diffuso consenso attorno all'idea di un impiego dei mezzi coercitivi processuali come sanzione

450 Tra cui associazione mafiosa o finalizzata al traffico di stupefacenti, riduzione in schiavitù, tratta di persone, sequestro di persone, sequestro di persona a scopo di estorsione, ecc... (art. 51, comma 3-bis, c.p.p.); delitti con finalità di terrorismo (art. 51, comma 3-quater, c.p.p.); omicidio (art. 575 c.p.); induzione alla prostituzione minorile (art. 600-bis, comma 1, c.p.p.); pornografia minorile, esclusa la cessione del materiale, anche gratuita (art. 600-ter c.p.); turismo sessuale (art. 600-quinques c.p.). Analogamente, la custodia in carcere si applicava in ordine ai delitti previsti dagli articoli 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) c.p., salvo ricorressero le circostanze attenuanti degli stessi contemplate. 451 Cfr. CARNEVALE S., I limiti alle presunzioni di adeguatezza: eccessi e

incongruenze del doppio binario cautelare, cit., pp. 105 ss.; D'ARCANGELO F., Le misure cautelari personali (l. 16 aprile 2015, n. 47), cit., pp. 32 s.

anticipata, con l'obiettivo di ripristinare una cultura delle cautele penali fondata sul pieno rispetto della presunzione di innocenza, additando la necessità di indirizzare più chiaramente l'azione giurisprudenziale nel segno di un uso residuale della custodia detentiva452.

Nel 2013 il legislatore, tramite la proposta di legge n. 631453, al fine di

riportare il terzo comma dell'art. 275 c.p.p. alla versione voluta dalla legge n. 332 del 1995 anteriore alle modifiche apportate delle riforme securitarie, aveva prefigurato che la custodia in carcere fosse sempre disposta solo per i delitti di cui agli artt. 270, 270-bis e 416-bis c.p., salvo che fossero stati acquisiti elementi dai quali risultasse che non sussistevano esigenze cautelari. Al di fuori di tali ipotesi, non erano state introdotte ulteriori deroghe in malam partem alla disciplina delle misure cautelari personali454. Questa impostazione, d'altro canto, era

già destinata a essere rivista. Infatti, già nel corso dell'esame in Commissione Giustizia della Camera dei deputati si dovevano fronteggiare due orientamenti opposti: da una parte, vi era chi premeva per un recupero della disciplina introdotta dal pacchetto securitario (nella piena consapevolezza del contrasto con le pronunce della Consulta) e, dall'altra parte, vi era chi riteneva di attenuare la presunzione di adeguatezza della custodia carceraria, configurandola tout court come una mera presunzione relativa. Era evidente che il risultato non poteva non essere una soluzione che tenesse in considerazione entrambi questi orientamenti455.

452 Ibidem, p. 8

453 Proposta di legge n. 631, recante “modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali”, presentata alla Camera dei Deputati dagli on.li Ferranti e altri il 3 aprile 2013, in www.camera.it.

454 Negli stessi termini, del resto, si sarebbe anche espressa la Commissione Canzio, istituita con decreto del 10 giugno 2013 presso l'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, con il compito di elaborare una proposta di interventi in tema di di processo penale.

MARZADURI E., L'applicazione della custodia in carcere alla luce della nuova

disciplina delle presunzioni in materia cautelare, in www.legislazionepenale.eu, 01.12.2015, p. 3.

Preso atto del “disboscamento” operato dalla Corte costituzionale456, il

legislatore opta, con la legge 16 aprile 2015 n. 47, per una soluzione “di compromesso”. Così, per le fattispecie indicate all'art 275, comma 3, c.p.p., viene prevista una prima presunzione, riferita alla sussistenza delle esigenze cautelari contemplate dall'art. 274 c.p.p., che sarà sempre relativa, dal momento che ammetterà la prova contraria. In più, vi sarà una seconda presunzione, sulla adeguatezza della sola misura carceraria, che potrà configurarsi in un due differenti modi: per un verso, la praesumptio per i soli reati di cui agli artt. 270, 270-bis, 416- bis c.p. sarà considerata assoluta, prevedendo per tali delitti la presunzione legale di idoneità esclusiva della custodia in carcere; mentre, per un altro verso, la presunzione verrà considerata relativa per il residuo catalogo di reati di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p.457 Il

legislatore, tenuto conto delle considerazioni fatte dalla Corte costituzionale, ha voluto dunque restringere l'ambito di operatività della presunzione assoluta di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere, da un lato, ai delitti di associazione sovversiva (art. 270 c.p.) e di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico (art. 270-bis c.p.), quest'ultimi caratterizzati da una tenuta particolarmente subdola e sotterranea, che

456 Corte cost., sent. 21/07/2010, n. 265; Corte cost., sent. 12/05/2011, n. 164; Corte cost., sent. 22/07/2011, n. 231; Corte cost., sent. 03/05/2012, n. 110; Corte cost., sent. 29/03/2013, n. 57; Corte cost., sent. 18/07/2013, n. 213; Corte cost., sent. 23/07/2013, n. 232; Corte cost., sent. 26/03/2015, n. 48.

457 Il secondo periodo del terzo comma dell'art. 275 c.p.p. così recita: «Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistano gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-

quinquies e, quando non ricorrono le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis,

609-quater e 609-octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure». TONINI P., Manuale di procedura penale, cit., p. 440.

giustificherebbe la massima misura custodiale come strumento volto a spezzare il collegamento tra le varie “cellule”; dall'altro lato, a quelli di associazione per delinquere di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.), ovvero a quelle fattispecie che presuppongono una permanente adesione a un sodalizio criminoso estremamente radicato nel territorio. La ratio della previsione eccezionale è da ricondursi alla necessità di recidere, date le caratteristiche dei reati, i collegamenti con gli