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I principali centri produttivi verso la crisi (1970-74)

Capitolo 5. La crisi della siderurgia pubblica e le strategie messe in campo (1970-79)

5.1 I principali centri produttivi verso la crisi (1970-74)

Nella prima parte del decennio il fattore che incise maggiormente sulle performance produttive fu la lentezza che caratterizzò la realizzazione del piano d'investimento emerso dal Comitato Tecnico Consultivo del 1969. Nel 1975, al termine del massiccio sforzo di investimento iniziato al principio del decennio, a fronte di programmi che – per gli stabilimenti di Italsider e Acciaierie di Piombino – prevedevano il raggiungimento di un volume complessivo di 16,5 milioni di t di capacità per le sole acciaierie, la producibilità effettivamente installata ammontava a 15,7 milioni di t. Dieci anni prima invece, ai tempi della messa in marcia del centro jonico, le capacità realizzate corrispondevano perfettamente a quelle programmate. Il ritardo segnalato risultava in realtà ancora più ampio l'anno precedente – 13,5 milioni di t le capacità disponibili, contro 14,7 programmate –, al momento di

massima espansione del consumo di beni siderurgici. Ciò impedì alla Finsider di sfruttare pienamente la congiuntura favorevole1.

Grafico 5. 1 – Risultati economici stabilimenti a ciclo integrale Finsider 1970-75 (in miliardi di lire)

Fonti: Asiri, Italsider. Note sul bilancio, anni vari; Gruppo Finsider. Nota su un quindicennio di attività.

a) Taranto

In particolare, fu il “raddoppio” quanto mai travagliato del centro di Taranto a condizionare i tempi di realizzazione dei nuovi investimenti. Si trattava di un'opera di enorme portata: un quinto altoforno di ingenti dimensioni avrebbe completato la dotazione dell'area ghisa, aggiungendosi ai due già attivi e al quarto in via di realizzazione – sarebbe stato messo in marcia nel 1971 –; la capacità produttiva d'acciaio, a sua volta, avrebbe raggiunto 10,5 milioni di to grazie alla costruzione di una nuova acciaieria composta da tre convertitori L.D.; lo stabilimento, inoltre, sarebbe stato dotato di colate continue: alla prima, già contemplata dai programmi precedenti il varo del “raddoppio” e completata anch'essa nel 1971, se ne sarebbero aggiunte altre due; nell'area laminazione, infine, accanto a quelli esistenti, sarebbero stati avviati nuovi impianti per la sbozzatura, la laminazione di nastri e quella di lamiere, la produzione di tubi saldati; importantissimo, in questo comparto, sarebbe stato il potenziamento del laminatoio a freddo previsto dal piano del 1967: la capacità dell'impianto infatti – pari a 500 mila t al momento

dell'entrata in esercizio, nel 1970 – sarebbe stata portata a un milione di t (i lavori furono completati nel 1973), raggiungendo così il livello dell'impianto di Novi Ligure.

La complessità del progetto, la relativa impreparazione del management di fronte a una sfida di quelle proporzioni e le agitazioni sindacali fecero sì che, in corso d'opera, si verificassero contrattempi di diverso tipo: l'incidente forse più clamoroso fu, nel 1972, l'infossamento della quarta gabbia del treno continuo; nei due anni successivi si manifestarono invece ritardi nell'entrata in esercizio della nuova acciaieria e del quinto altoforno. Gli effetti di questi ritardi li si può cogliere confrontando la produzione effettiva con gli obbiettivi stabiliti dai Piani quadriennali, esposti nella Tabella 5.1.

Tabella 5. 1 – Andamento produttivo dello stabilimento di Taranto 1969-79 (in migliaia di t)

Ghisa Previsioni Acciaio Previsioni

1969 2328 2258 2725 2900 1970 3111 3200 3357 3800 1971 3395 3600 3871 4000 1972 3927 4350 4382 4900 1973 4723 5640 5400 6400 1974 5905 7740 6889 8700 1975 6365 8500 7010 9600 1976 6951 7300 7761 8250 1977 6808 8650 7421 9700 1978 7211 7350 7739 8150 1979 7156 7750 7517 8500

Fonti: Asiri, Finsider, Piani quadriennali, Anni vari (1969-72 – 1980-84)

Questa comparazione mostra che, fra 1969 e 1972, lo scarto per difetto della prima sulla seconda rimase relativamente contenuto – il massimo, 12%, fu raggiunto nel 1970, quando però i lavori per il raddoppio erano ancora nella fase preliminare –, mentre nel successivo biennio si toccarono livelli altissimi: 16% nel 1973 e 20 nel 1974.

Inoltre, la composizione dell'output del centro jonico mostrò una duplice tendenza Da una parte, dopo l'entrata in funzione del laminatoio a freddo – che portò rapidamente il rapporto fra prodotti finiti e laminati a caldo dal 42 al 50% – la proporzione fra produzioni finali e semilavorati non mutò sostanzialmente – venne così confermata la funzione assegnata originariamente all'unità jonica di fornitore di coils del gruppo (e in particolare di Novi Ligure). Dall'altra, però, nell'ambito dei prodotti finiti crebbe in misura significativa la quota relativa ai coils – da 42 a 50% fra 1972 e 1974 –, mentre quella dei laminati a freddo – il cui volume rimase pressoché stabile – declinò

rapidamente – da 30 a 20% nello stesso periodo. La produzione di Taranto si mosse così in controtendenza rispetto all'andamento del mercato, che dalla fine degli anni ‘60 aveva visto crescere rapidamente il consumo di laminati a freddo (+ 38% fra 1968 e 1974) e ridursi quello di coils (- 8% nello stesso periodo)2.

In definitiva, in prossimità del completamento del raddoppio il centro di Taranto mostrava una specializzazione concentrata prevalentemente su prodotti a valore aggiunto relativamente basso. La combinazione fra questo elemento e le difficoltà incontrate nella realizzazione, avvio ed esercizio dei nuovi impianti diede luogo a risultati economici che vennero giudicati “deludenti” dalla stessa dirigenza del gruppo. In ogni caso, lo stabilimento pugliese, dopo aver realizzato lievi perdite nel 1971-72, conseguì nel successivo biennio utili significativi (v. Grafico 1). C'è da dire che tali risultati consentirono all'intero gruppo di chiudere in attivo entrambi gli esercizi in questione, ma i limiti posti in evidenza poco sopra rendono tuttavia evidente l'“occasione persa” dalla siderurgia pubblica in quel frangente3.

b) Cornigliano-Novi

Come abbiamo visto alla fine del capitolo 3, nella strategia adottata dal gruppo alla fine degli anni '60 Taranto avrebbe dovuto essere il fulcro di un insieme fortemente integrato di unità specializzate nella produzione di prodotti piani. Al ramo originario rappresentato dal complesso Cornigliano- Novi, avrebbe dovuto affiancarsi a partire dai primi anni '70 quello costituito dal nuovo centro a ciclo integrale. Vediamo quale fu l'evoluzione di questo progetto nella prima parte del decennio. Dopo i risultati brillanti conseguiti nel suo primo decennio di vita, lo stabilimento genovese aveva iniziato a mostrare segni sempre più evidenti di declino. Il Comitato Tecnico Consultivo non si era espresso su un suo eventuale ammodernamento e la struttura dell'unità era rimasta sostanzialmente la stessa della fine degli anni '50. Infatti, dopo l'applicazione dell'insufflaggio di ossigeno nei forni Martin e l'installazione del nuovo sbozzatore, nel centro di Cornigliano non si erano più viste innovazioni di rilievo. In particolare, lo stabilimento ligure attendeva il rinnovo dell'acciaieria, attraverso l'adozione di convertitori di nuova generazione – impiantati ormai in tutti gli altri grandi centri Finsider –, l'adozione della colata continua e l'aggiornamento dell'area di laminazione a freddo – ormai obsoleta a fronte delle esigenze qualitative espresse dal mercato. L'azienda iniziò a studiare queste possibilità dal 1970, ma si dovette aspettare il 1974 per pervenire a un progetto operativo. Le difficoltà da superare infatti non erano di poco conto. La più grave era di carattere

2 Asiri, Numerazione Rossa, busta R48, fascicolo 2, Finsider, Congiuntura siderurgica 1974, Scheda XII. 3 V. Asiri, Gruppo Finsider. Note su un quindicennio di attività, cit.,Tab. C/7.

logistico: la ristrettezza dell'area dello stabilimento e la sua ubicazione in pieno centro urbano. Il programma definitivo prevedeva la sostituzione dei forni Martin-Siemens con due convertitori all'ossigeno di tipo OBM, l'installazione di una colata continua per bramme e l'impianto di un nuovo treno a freddo destinato a potenziare la produzione di latta4. Nel frattempo, la mancata adozione di queste innovazioni negli anni precedenti incise significativamente sulle performance del centro ligure: il costo dell'acciaio prodotto rimase a livelli relativamente elevati; ciò si riflesse sui risultati economici che, a partire dal 1970, iniziarono a risultare negativi, mentre la ripresa del biennio 1973- 74 fece segnare un'inversione di tendenza (v. Grafico 1)5. Si consideri tuttavia che questi dati comprendono anche l'andamento del laminatoio di Novi Ligure che, con ogni probabilità, maturò risultati migliori del siderurgico genovese. Presso l'impianto piemontese infatti si registrò per tutto il periodo il pieno impiego della capacità produttiva, mentre il tasso di utilizzo della producibilità di acciaio grezzo a Cornigliano si attestò attorno all'80% fra 1970 e 1972, mentre nel successivo biennio diminuì di dieci punti.

Tabella 5. 2 – Andamento produttivo dello stabilimento di Cornigliano 1969-79 (in migliaia di t)

Ghisa Previsioni Acciaio Previsioni

1969 1600 1750 1973 2250 1970 1320 1500 1728 2030 1971 1834 1800 1979 2100 1972 1703 1865 1926 2140 1973 1538 1850 1730 2010 1974 1745 1920 1811 1910 1975 1449 1950 1575 1950 1976 1313 1350 1400 1535 1977 1053 1243 1200 1345 1978 989 1122 1204 1300 1979 887 955 883 1050

Fonti: Asiri, Finsider, Piani quadriennali, Anni vari (1969-72 – 1980-84)

c) L'incognita Gioia Tauro

L'altra “gamba” della strategia Finsider nel campo dei laminati piani avrebbe dovuto essere il nuovo stabilimento a ciclo integrale. Come si è visto, questo avrebbe dovuto essere costruito in due tempi: in un primo momento sarebbe stato installato un laminatoio a freddo, inizialmente previsto per

4 Asiri, Numerazione Rossa, busta R46, Finsider, Piano quadriennale 1975-78. Parte prima, p. 51. 5 V. Asiri, Gruppo Finsider. Note su un quindicennio di attività, cit.,Tab. C/7.

Taranto; successivamente sarebbero stati realizzati tutti gli impianti a monte: dalla laminazione a caldo alle cokerie. Tuttavia il progetto mostrò subito limiti di difficile superamento. In un primo momento la Finsider indicò come possibile area di localizzazione la zona di Sant'Eufemia di Lamezia, in provincia di Vibo Valentia. Considerazioni di carattere politico – da poco era terminata la “rivolta di Reggio” – portarono il Cipe, nel marzo 1971, a preferire la località di Gioia Tauro. In verità, la Finsider aveva già preso in considerazione tale eventualità, scartandola poiché l'area in questione presentava significative criticità ambientali. Per risolvere la questione venne costituita un'apposita commissione presieduta dal Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che in sostanza confermò le remore espresse dalla dirigenza del gruppo. Tuttavia il governo non era intenzionato a rivedere l'ubicazione indicata. Questo portò la Finsider a riformulare il progetto originario per adattarlo alle caratteristiche del territorio. In sostanza,

“in luogo di un ciclo integrale veniva proposto un complesso di impianti di laminazione a caldo (per 3,5 milioni di ton./anno di coils) ed a freddo (per 1,1 milioni di ton./anno), alimentato solo parzialmente (per 0,5 milioni di ton.) da un'acciaieria elettrica; la gran parte dei semilavorati (bramme) sarebbe dovuta affluire da oltre-oceano. Erano infatti n corso, a quell'epoca, trattative con il Venezuela e con il Brasile per la realizzazione in comune di impianti siderurgici che avrebbero messo a disposizione una rilevante quota di semiprodotti.”6

Rimaneva invece identica al progetto originario la stima relativa all'occupazione che il centro avrebbe dovuto assorbire (7.500 addetti) e la tempistica cadenzata in due fasi. Con la rinuncia alla realizzazione di un'area a caldo di grandi dimensioni, incentrata sulla produzione di ghisa, si sarebbero potute ridurre le dimensioni del porto ed eliminare gran parte delle fonti di inquinamento. Era il febbraio 1972 quando la commissione approvò questa nuova versione; a quella data, stando ai progetti emersi dal Comitato Tecnico Consultivo, si sarebbe già dovuta realizzare la prima parte della nuova unità: il laminatoio a freddo. Passarono invece altri tre anni in attesa che le autorità incaricate di realizzare i lavori di infrastrutturazione – in particolare, Cassa del Mezzogiorno e Consorzio ASI di Reggio Calabria – completassero le opere – condizione considerata dalla Finsider come pregiudiziale all'avvio della realizzazione degli impianti industriali.

Nel frattempo però era subentrata la crisi energetica, che aveva colpito in particolare i beni di consumo che assorbivano grandi quantità di laminati a freddo; contestualmente, le trattative con Brasile e Venezuela per la costruzione di unità da condurre praticamente in joint-venture si arenarono di fronte alla volontà di quei paesi di valorizzare pienamente le potenzialità minerarie dei

rispettivi territori – divenute tanto più preziose in una fase di alti prezzi delle materie prime e di difficoltà del commercio internazionale –, completando il ciclo produttivo e offrendo dunque sul mercato prodotti finiti.

Il gruppo dovette allora rivedere nuovamente il progetto relativo al nuovo centro. Nel merito si decise di potenziare la produzione di acciaio, portandola a 1,3 milioni di t/anno, alimentandola in parte con un impianto di pre-riduzione da realizzare in loco; e di sostituire il treno coils con un treno lamiere da un milione di t/anno. Contestualmente, la realizzazione del treno a freddo venne procrastinata in attesa che il consumo dei relativi prodotti tornasse a crescere; nondimeno la sua capacità venne ridotta da un milione a 700 mila t/anno. La proposta così formulata venne accolta dal Cipe il 22 novembre 19757.

La decisione dell'organo governativo tuttavia non approvava le richieste formulate dalla Finsider sin dal 1971 riguardo ad agevolazioni finanziarie aggiuntive rispetto a quelle già proposte dal Comitato Tecnico Consultivo, che il gruppo giustificava con l'esigenza di far fronte alle diseconomie derivanti dall'ubicazione dello stabilimento nell'area di Gioia Tauro. Nello specifico, la Finsider chiese che il finanziamento agevolato al tasso del 4% venisse esteso dal 50 al 70% del fabbisogno necessario per l'investimento fisso e le scorte e che i sovracosti d'investimento e d'esercizio legati alla particolare localizzazione del centro venissero assunti direttamente dalla Partecipazioni Statali – si trattava, in particolare, di coprire l'ulteriore costo dei terreni e dell'energia elettrica (cioè il margine aggiuntivo connesso all'esercizio di un'acciaieria elettrica) e la spesa per la realizzazione di strutture anti- sismiche. In totale la Finsider stimava questi oneri aggiuntivi in 212 miliardi: quasi il 20% della spesa preventivata dallo stesso CIPE per completare la costruzione della nuova unità8.

d) Piombino

Nel campo dei laminati lunghi il primo significativo progetto di rilancio perseguito nel corso degli anni '70 riguardò lo stabilimento di Piombino. Ormai gestito da Italsider in compartecipazione con Fiat, il centro toscano presentava ancora una struttura produttiva inadeguata: in particolare, nonostante i propositi di innalzarne la specializzazione, il reparto laminazione non aveva conosciuto importanti trasformazioni. Di conseguenza, le performance del centro toscano nei primi anni '70 peggiorarono rispetto al decennio precedente sul piano propriamente produttivo – lo scarto fra realizzazioni e obbiettivi oscillò attorno al 10% fra 1970 e 1972 –, mentre su quello economico si

7 Ivi, p. 137.

intensificò la tendenza manifestatasi nella seconda metà del decennio precedente: nel 1972 le perdite raggiunsero quasi 10 miliardi9.

Tabella 5. 3 – Andamento produttivo dello stabilimento di Piombino 1969-79 (in migliaia di t)

Ghisa Previsioni Acciaio Previsioni

1969 1301 1285 1132 1150 1970 1200 1301 980 1200 1971 1460 1500 1291 1400 1972 1502 1550 1563 1700 1973 1451 1570 1527 1700 1974 1428 1510 1446 1600 1975 1346 1580 1282 1600 1976 1227 1300 1241 1300 1977 1450 1450 1489 1500 1978 1305 1300 1286 1300 1979 1526 1500 1400 1500

Fonti: Asiri, Finsider, Piani quadriennali, Anni vari (1969-72 – 1980-84)

Il vertice Italsider, d'accordo con quello Fiat, impostò allora una complessa opera di ristrutturazione. Fra 1972 e 1973 vennero decisi: l'installazione di un nuovo altoforno – che avrebbe dovuto prendere il posto di due dei tre già in marcia –; l'avviamento di una terza colata continua; l'ammodernamento dei laminatoi esistenti e la realizzazione di un nuovo treno per vergella10. Quest'ultimo non si sarebbe sovrapposto con la linea analoga annunciata sin dal 1969 per Bagnoli, in quanto buona parte della sua capacità (250 delle 350 mila t previste) avrebbe permesso di ottenere prodotti in acciai di qualità, speciali al carbonio e basso-legati. L'obiettivo del programma era di far progredire il rapporto fra l'output di semilavorati e quello di prodotti finiti dal livello corrente di 40/60 a 30/70. Oltre tutto, l'avvio del nuovo treno avrebbe rappresentato per lo stabilimento toscano l'inverarsi delle indicazioni espresse dal Comitato Tecnico Consultivo circa un suo ingresso nel campo degli acciai speciali. Intanto, complice la ripresa congiunturale, i risultati economici migliorarono sensibilmente fra 1973 e 1974.

9 Asiri, Gruppo Finsider. Note su un quindicennio di attività, cit., Tab. C/7.

10 Asiri, Numerazione Rossa, Finsider, busta R41, Finsider, Piano quadriennale 1973-76. Allegati. Sintesi dei Piani

e) Bagnoli

Mentre si avviava l'opera di rinnovamento di Piombino, quella che il Comitato Tecnico Consultivo aveva previsto per Bagnoli subiva un brusco arresto. Il 31 marzo 1972 il Ministero dei Lavori Pubblici approvava il Piano Regolatore Generale del Comune di Napoli, che di fatto consentiva alle industrie di base presenti nel circondario di provvedere esclusivamente a lavori di ordinaria manutenzione. Veniva così preclusa la possibilità di realizzare nuovi impianti o anche solo ammodernamenti o ampliamenti di quelli esistenti. L'anno seguente Italsider presentò una richiesta di variante che le consentisse quanto meno di installare delle versioni depotenziate rispetto ai programmi originari della colata continua e del treno travi; si rinunciava invece al treno vergella, che avrebbe dovuto sostituire l'antiquato impianto ancora in attività. Entrambe queste innovazioni avrebbero permesso – secondo gli estensori – un incremento del livello di finitura dell'acciaio prodotto dal 55 al 70%. La variante venne concessa solo il 26 aprile 1976: essa lasciava campo libero all'azienda per la realizzazione di tutte le modificazioni che avrebbe ritenuto necessario apportare allo stabilimento; contestualmente venne rilasciata la licenza per la realizzazione della colata continua. Tuttavia il dispositivo aveva durata di un decennio: a partire dal 26 aprile 1976 sarebbero tornate in vigore le norme restrittive indicate dal Piano Regolatore originario. Al contempo, l'Amministrazione comunale avrebbe potuto comunque interferire con la realizzazione del programma dal momento che i progetti, prima di diventare esecutivi, sarebbero dovuti passare dalla sua approvazione. Le prospettive per il piano di ristrutturazione di Bagnoli restavano pertanto incerte, tanto più che la stessa variante venne impugnata davanti al TAR.

Di fronte al delinearsi di notevoli ostacoli, emerse l'idea di risolvere l'impasse delocalizzando il centro campano in una località poco più a nord di Napoli, nella zona di Castel Volturno. In realtà si sarebbe trattato di avviare un centro quasi del tutto nuovo e di notevole capacità (7 milioni di t/anno), la cui produzione avrebbe permesso di soddisfare il fabbisogno di semilavorati di Gioia Tauro e Cornigliano. In sostanza, si sarebbe trattato dello stabilimento più grande del gruppo dopo Taranto; in questo modo si sarebbe corso il rischio di andare incontro ad una pericolosa situazione di sovracapacità. Tuttavia anche per questa opzione vennero individuate rilevanti criticità: sul piano economico, la spesa sarebbe stata di sicuro ingente e avrebbe ulteriormente indebolito la situazione finanziaria del gruppo, già appesantita dal costo del raddoppio di Taranto e dai risultati economici deludenti conseguiti nel frattempo. Inoltre, sarebbe stato impossibile ammortizzare in un breve lasso di tempo gli impianti già attivi a Bagnoli, considerate soprattutto le pessime performance del centro e le difficoltà politiche che sarebbero emerse qualora si fossero volute compensare le minusvalenze conseguenti la chiusura degli impianti con la valorizzazione immobiliare delle aree su cui insisteva

lo stabilimento. Oltre tutto si sarebbe dovuta mettere in conto l'opposizione dei lavoratori, ai quali l'eventuale reimpiego nel nuovo centro, distante circa 40 km da Napoli, avrebbe arrecato disagi e della Regione, che avrebbe potuto preferire una specializzazione dell'area in questione nel settore turistico11.

Mentre proseguivano le discussioni sul suo destino, il centro campano maturava risultati estremamente negativi. Lo scarto fra le produzioni effettive di acciaio e gli obbiettivi programmatici raggiunse livelli altissimi nella prima parte del decennio – dal 19% del 1969 al 27 del 1972, passando per il 39% del 1971 – per migliorare gradualmente nel biennio di buon congiuntura – 20% nel 1973 e 14 nel 1974 (v. Tabella 4). L'andamento della produzione d'acciaio incise su quella di laminati, che diminuì del 16% fra 1969 e 1972, tornando nel 1974 allo stesso livello di partenza. Sul piano economico le conseguenze furono gravissime: le perdite decuplicarono fra 1969 e 1971 e si mantennero su livelli inferiori, ma comunque molto alti, nel biennio successivo; solo nel 1974 tornarono allo stato di fine anni '6012.

Tabella 5. 4 – Andamento produttivo dello stabilimento di Bagnoli 1969-79 (in migliaia di t)

Ghisa Previsioni Acciaio Previsioni

1969 1675 1955 1941 2370 1970 1664 2035 1847 2450 1971 969 1500 1111 1800 1972 1498 2014 1671 2290 1973 1540 1840 1647 2060 1974 1778 1900 1906 2200 1975 1442 1960 1558 2250 1976 1427 1250 1507 1400 1977 1394 1550 1395 1800 1978 1128 1135 1266 1250 1979 1675 1030 1941 1175

Fonti: Asiri, Finsider, Piani quadriennali, Anni vari (1969-72 – 1980-84)

11 V. Asiri, Relazione del Comitato Tecnico Consultivo IRI, cit., pp. 122-131. 12 Asiri, Gruppo Finsider. Note su un quindicennio di attività, cit., Tab. C/7.