• Non ci sono risultati.

Il terzo “Mémorandum sur les objectifs generaux”

Capitolo 2. La siderurgia europea verso una fase di sovracapacità (1960-69)

2.2 Il terzo “Mémorandum sur les objectifs generaux”

La redazione del nuovo Mémorandum impegnò gli uffici tecnici della Comunità e i suoi molteplici consulenti, provenienti da tutti i paesi membri, lungo tutto il 1961. Fu adottato dall'Alta Autorità nella seduta del 14 marzo 1962. Come si è accennato, l'argomento su cui il testo focalizzava la sua attenzione in prima istanza era lo sviluppo del consumo. Vennero presi in considerazione i due metodi di previsione allora disponibili: tanto quello “globale”, quanto quello “per settori”, al fine di avere una stima il più possibile attendibile. Il primo tipo di calcolo postulava che fino alla metà del decennio sia il prodotto interno lordo sia la produzione industriale dei paesi comunitari sarebbero cresciuti a ritmi di poco inferiori a quelli fatti registrare nella seconda metà degli anni '50. Se in questa fase reddito e produzione industriale all'interno della Ceca erano aumentati in media rispettivamente del 5,1 e del 6,9% all'anno, dal 1960 al 1965 l'incremento sarebbe stato del 4,7 e del 6,1%. Questo leggero affievolimento di quegli indici sarebbe avvenuto in conseguenza del prossimo raggiungimento della piena occupazione nei due paesi che fino a quel momento avevano espresso i ritmi di crescita più alti dell'intera Comunità, cioè la Germania e l'Italia34. Tuttavia era lecito chiedersi se, oltre all'intensità, negli anni a venire non sarebbe stata differente anche la forma dello sviluppo: in particolare, se e come sarebbe mutato il rapporto fra le due componenti fondamentali del reddito globale – i beni d'investimento e quelli di consumo –; e, all'interno di questi ultimi, quali produzioni sarebbero cresciute più rapidamente.

Le risposte a queste domande non sarebbero state senza effetti sull'evoluzione della domanda d'acciaio, dal momento che il consumo specifico di beni siderurgici non era omogeneo per tutti i segmenti della manifattura. Tuttavia, per misurare queste modificazioni il metodo globale non era sufficiente; occorreva elaborare una previsione dello sviluppo dei singoli settori del sistema produttivo: essa avrebbe consentito di cogliere la trasformazione negli anni a venire dei rapporti fra

i differenti comparti, valutando il peso che avrebbero assunto nel processo di sviluppo complessivo i segmenti che esprimevano un maggiore consumo d'acciaio. In questo modo si sarebbe offerto al “metodo globale” un robusto sostegno35.

I risultati cui si pervenne attraverso i due metodi diedero luogo a previsioni non troppo distanti: nel 1965 il consumo apparente d'acciaio grezzo all'interno della Comunità sarebbe stato di 78,4 milioni di t, secondo il metodo globale, e di 74,7 secondo l'indagine per settori. Considerato anche il margine di riserve che i produttori e i commercianti avrebbero accumulato negli anni a venire, la previsione veniva precisata, stabilendo 76 mln di t come valore “medio” e 80 mln di t. come ipotesi valida in caso di alta congiuntura36.

Un ulteriore vantaggio del metodo “per settori” era di dettagliare l'evoluzione futura del consumo per qualità di prodotto. Questa stima in sostanza ridimensionava la tendenza manifestatasi nella fase immediatamente precedente: l'avanzamento dei prodotti piani – e delle lamiere sottili, in particolare – a danno dei lunghi – e soprattutto dei laminati mercantili – secondo le stime espresse nel Mémorandum negli anni a venire si sarebbe stabilizzato. Infatti, la discrepanza fra i tassi di espansione del consumo per i diversi comparti appariva molto meno marcata rispetto sia a quella emersa negli anni passati a livello della produzione sia alle stime di crescita delle capacità produttive prospettate dai programmi d'investimento. La domanda di profilati leggeri sarebbe cresciuta infatti del 28%, mentre quella di lamiere sottili del 30. Nell'insieme la quota dei prodotti piani sul consumo totale sarebbe progredita di appena due punti (da 41 a 43%), mentre quella relativa ai lunghi avrebbe fatto segnare un arretramento di un solo punto (da 47 a 46%)37.

L'andamento del fabbisogno per le esportazioni non avrebbe apportato correzioni significative a tali andamenti. Nell'insieme queste sarebbero cresciute di appena il 3%, mentre si prevedeva che le importazioni diminuissero in misura molto maggiore (del 47% circa). Nell'insieme, il saldo positivo sarebbe aumentato del 13%. Il contributo maggiore a questo risultato sarebbe derivato dal campo dei prodotti piani, per i quali l'incremento dell'attivo sarebbe stato del 13% contro l'11 stimato per i lunghi. La linea di produzione che in ogni caso avrebbe fatto conoscere una maggiore espansione

35 Ivi, pp. 355-56. L'unico limite cui andava incontro l'indagine settoriale chiamava in causa due esiti correlati all'innovazione tecnologica: il miglioramento della resa dei prodotti siderurgici nei processi di trasformazione e la sostituzione dei materiali a base d'acciaio con altri di diversa natura. Entrambe queste eventualità avrebbero determinato una contrazione del consumo di beni siderurgici per unità di prodotto finito. Tuttavia la prima venne considerata ampiamente prevedibile in un arco di tempo non troppo lungo come quello cui si estendeva il

Mémorandum – in sostanza, i miglioramenti delle rese dei semilavorati erano contemplati dai piani industriali sui

quali i redattori basarono le proprie previsioni –, mentre l'ampiezza della seconda fu ritenuta di entità trascurabile per un periodo così breve.

36 Ivi, pp. 359-60. 37 Ivi, pp. 360-63.

delle esportazioni nette erano i profilati leggeri (+12,1% a fronte dell'incremento del 9% delle lamiere sottili, anche in questo caso il segmento più dinamico nel campo dei piani)38.

Nell'insieme, il fabbisogno di laminati e semilavorati necessario a soddisfare tanto la componente della domanda interna non coperta dalle importazioni quanto il volume delle spedizioni verso le aree extra-comunitarie nel periodo 1960-65 sarebbe cresciuto del 18%, passando da 56,3 a 69,5 mln di t. In acciaio grezzo, sarebbe ammontato a 89 mln di t nell'ipotesi “media” e a 94 in caso di alta congiuntura (il saldo commerciale avrebbe pertanto inciso rispettivamente nella misura di 13 e 14 milioni di t). Il fabbisogno di prodotti piani sul totale sarebbe aumentato di appena un punto (da 41,7 a 42,5%) e in misura corrispondente sarebbe diminuito quello relativo ai lunghi (da 48,5 a 47,5%). A livello di singoli prodotti non si sarebbe verificato nessuno scostamento fra le due linee principali: i profilati leggeri sarebbero rimasti stabili attorno al 25% della domanda totale, mentre le lamiere sottili avrebbero continuato a coprire il 18%39.

La dinamica appena esposta poteva essere considerata come un esito fisiologico: dopo una crescita estremamente significativa, dovuta principalmente al fatto che si trattasse di beni quasi del tutto nuovi, le produzioni maggiormente dipendenti dal consumo di laminati piani avrebbero visto stabilizzarsi il proprio ritmo di espansione in corrispondenza al delinearsi di un maggiore equilibrio fra domanda e offerta. In conclusione, l'evoluzione registrata nella seconda metà del decennio appena trascorso era da considerarsi un evento eccezionale.

Tuttavia i produttori non pervennero per tempo a questa valutazione. Infatti la seconda parte del Mémorandum, che mirava a misurare se gli sviluppi delle capacità produttive negli anni a venire avrebbero permesso di soddisfare i fabbisogni emersi nella prima, mise in evidenza una tendenza crescente alla sovracapacità nel campo dei laminati piani. Pur prendendo a riferimento l'ipotesi “alta” di crescita del consumo emergeva che i piani d'investimento dei siderurgici comunitari avrebbero determinato una situazione di significativo sottoutilizzo delle capacità installate nel 1965: per realizzare la produzione necessaria a soddisfare i bisogni che sarebbero emersi a quella data i laminatoi avrebbero impiegato soltanto il 78% della loro potenza. In realtà tale previsione risentiva dello scarto fra capacità e possibilità di produzione. Queste ultime rappresentavano le capacità che

38 Ivi, pp. 368-69.

39 Ivi, pp. 370-71. La stabilizzazione del ritmo di crescita del consumo di laminati piani sembrava almeno in parte smentire le aspettative maturate dai produttori siderurgici nel 1960. Essa era la conseguenza di un affievolimento dei tassi di sviluppo dei principali settori consumatori. In particolare, sul fabbisogno di lamiere di grandi dimensioni avrebbe inciso la stagnazione delle produzioni cantieristiche, mentre la domanda di lamiere sottili sarebbe stata condizionata dal raffreddamento del ritmo di crescita dei settori dell'arredamento, degli imballaggi metallici, delle macchine elettriche e delle automobili. Di contro, i comparti che utilizzavano prevalentemente prodotti lunghi avrebbero continuato a crescere ad un ritmo costante rispetto a quello fatto registrare nella seconda metà degli anni '50. V Ivi, pp. 361-63

potevano essere realmente impiegate dopo aver considerato le strozzature a monte del processo di laminazione (in acciaieria o in fase di sbozzatura) – che provocavano limitazioni più o meno ampie dell'alimentazione di semiprodotti – e l'andamento della congiuntura – se questa fosse stata troppo debole conveniva tenere ferme certe capacità. Nel 1965 il rapporto fra produzione effettiva e possibilità produttive avrebbe fatto segnare un tasso di utilizzo del 90%, mentre le riserve residue sarebbero ammontate a circa il 19% delle capacità disponibili40.

A quale livello si collocavano le strozzature che avrebbero determinato tale esito? Non fra le acciaierie, dal momento che le loro possibilità di produzione avrebbero conseguito nel 1965 un livello significativamente eccedente rispetto alle necessità del consumo. Con 99 milioni di t di capacità il surplus sarebbe stato di circa 10 milioni di t nell'ipotesi “media” di crescita del fabbisogno e di 5 milioni in caso di alta congiuntura41. D'altra parte, l'efficienza dei processi e la qualità dei prodotti sarebbe nettamente migliorata, dal momento che gran parte degli incrementi sarebbero consistiti in installazioni di nuovi convertitori a insufflaggio d'ossigeno42.

Purtroppo, non essendo stimate nel calcolo, non si può valutare l'impatto delle capacità di sbozzatura; ma, in ogni caso, il solo esame dei comparti finora considerati sembra ricondurre il problema delle sovracapacità a una discrasia fra piani d'investimento e prevedibile andamento della congiuntura. Probabilmente, i primi scontavano un'elaborazione che, nel valutare lo sviluppo a medio termine del consumo, si era basato su informazioni per lo più empiriche; o forse i produttori avevano consapevolmente installato capacità di grande potenza per innalzare il livello tecnologico delle rispettive unità, confidando nel fatto che, presto o tardi, l'andamento della domanda avrebbe permesso di utilizzare gli impianti in misura adeguata. Tuttavia si deve altresì considerare la circostanza che alcuni dei progetti presentati all'Alta Autorità non erano ancora in fase esecutiva, per cui la loro realizzazione avrebbe potuto essere ritardata, sospesa o persino annullata in caso di cattivo andamento del mercato. Quello che in ogni caso occorre sottolineare è l'estrema fiducia mostrata dai produttori nei confronti degli sviluppi futuri del settore.

L'eventuale configurarsi di una situazione di sovracapacità – e la conseguente decisione delle imprese di rinviare o annullare gli ambiziosi progetti varati – tuttavia non avrebbe avuto effetti insignificanti sull'evoluzione della siderurgia comunitaria. Il Mémorandum affrontò tali questioni indicandole come “nuovi problemi”43. Proprio in virtù del fatto che i nuovi impianti non sarebbero serviti semplicemente ad ampliare le capacità di produzione della siderurgia europea, ma avrebbero

40 Ivi, pp. 372-83. 41 Ivi, p. 377, Tableau 63.

42 Mentre le possibilità complessive sarebbero aumentate di 22,8 milioni, quelle dei soli convertitori di nuova generazione avrebbero fatto segnare un progresso di 24,2 tonnellate; in questo modo i nuovi impianti avrebbero anche contribuito a colmare la contrazione prevista sul versante dei Thomas – circa 5 milioni di ton. V. Ibid.

permesso un balzo in avanti sul piano dell'efficienza dei processi e delle qualità delle produzioni, il loro abbandono avrebbe rischiato di compromettere la posizione competitiva non solo della stessa industria dell'acciaio, ma dei sistemi produttivi comunitari nel loro insieme.

Sul versante delle materie prime, il Mémorandum sembrava confermare invece la situazione distensiva già emersa nel corso degli anni immediatamente precedenti. Per quel che riguarda il rottame, nell'ipotesi “media” le risorse disponibili all'interno della Comunità sarebbero cresciute, dal 1960 al 1965, del 19% circa, mentre il consumo globale di quello stesso materiale avrebbe conosciuto un'espansione ad un ritmo appena inferiore: 17%. Ne sarebbe derivata una contrazione delle importazioni del 35%. Solo in caso di alta congiuntura l'eccedenza del fabbisogno rispetto all'offerta sarebbe aumentata, determinando comunque un incremento dell'import di appena il 6%44. Nell'ambito della ghisa la situazione sarebbe stata persino migliore: per la prima volta dopo anni in cui l'offerta si era trovata a dover inseguire una domanda in rapida espansione – riuscendo solo in rare occasioni a soddisfarla pienamente –, si sarebbe venuto a determinare un eccesso di capacità produttiva45.

Sul fronte del minerale ci si aspettava invece un aumento della dipendenza da fonti extra- comunitarie, tendenza che ormai caratterizzava l'evoluzione del settore da circa un decennio46. Nel frattempo sarebbe proseguita l'espansione della messa a mille di agglomerato in altoforno, che nel 1965 avrebbe raggiunto 1000/1200 kg/t di ghisa, un livello superiore al 65/70% rispetto al dato del '60.

Ciò avrebbe permesso di limitare la crescita del fabbisogno di coke. La sua messa a mille in altoforno alla fine del periodo in questione sarebbe crollata da un minimo di 780 kg/t ghisa a un massimo di 750 kg/t – contro i correnti 880. Ne sarebbe derivato un risparmio di quel materiale pari a 2 milioni di t/anno47. In conclusione, non si sarebbero posti problemi per il rifornimento di coke – piuttosto l'andamento dell'uso siderurgico di questo materiale avrebbe contribuito ad aggravare della crisi dell'industria carbonifera comunitaria.

In definitiva, il Mèmorandum approvato nel 1962 ribadiva il venir meno di strozzature tecniche ad ogni livello del processo produttivo: dal rifornimento di materie prime alla realizzazione di prodotti finiti. Le incognite si trasferivano sul versante della domanda: sulla base delle previsioni elaborate l'evoluzione di quest'ultima avrebbe determinato nel medio periodo una situazione di sovracapacità,

44 Ivi, pp. 387-89.

45 Nell'insieme, a fronte di un consumo stimato fra 65,4 e 68,9 milioni di ton. a seconda dell'andamento congiunturale, i piani d'investimento dei produttori siderurgici prevedevano che entro il 1965 le capacità di produzione di ghisa avrebbero raggiunto 75 milioni di ton. Ivi, pp. 389-92.

46 Se nel 1960 l’import arrivava a coprire il 41% del fabbisogno complessivo di minerale, nel 1965 avrebbe soddisfatto il 44% del consumo. Ivi, pp. 393-95.

47 Ne sarebbe derivata una crescita del fabbisogno complessivo negli anni a venire di appena il 7% (a fronte di una produzione di ghisa il cui incremento sarebbe oscillato fra 21 e 27%). Ivi, pp. 395-97.

cui si sarebbe potuto porre rimedio solo se lo sviluppo del consumo fosse continuato alla stessa intensità nella seconda metà degli anni '60. Per questo le conclusioni del documento rimandavano ad ulteriori ricerche, che avrebbero dovuto estendere le previsioni sullo sviluppo del mercato siderurgico comunitario alla seconda parte del decennio. Esse raccomandavano anche un aggiornamento continuo, anno per anno, delle stime di crescita nel medio periodo: in questo modo si sarebbe potuta misurare l'attendibilità delle previsioni appena formulate e l'eventuale acuirsi dei problemi prefigurati48.

Quello che pare di ricavare dalla lettura di queste ultime battute è che il Mémorandum, nonostante l'ottimismo ostentato in certi punti del testo, non fosse riuscito a diradare completamente il senso d'incertezza che si era impadronito degli operatori e degli analisti al volgere del nuovo decennio – sentimento più che giustificato dalla complessità dei problemi e dall'entità della posta in gioco. Gli anni a venire avrebbero seminato nuovi angosciosi dubbi.