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Le incognite di fine decennio

Capitolo 2. La siderurgia europea verso una fase di sovracapacità (1960-69)

2.4 Le incognite di fine decennio

Negli anni che seguirono, le tendenze già manifestatesi nella prima parte del decennio trovarono in parte conferma. Il consumo di acciaio, dopo la stagnazione del biennio 1966-67, riprese a crescere rapidamente: fra 1965 e 1969 complessivamente l’incremento della domanda di beni siderurgici fu in media del 7% l’anno, sensibilmente superiore rispetto all’andamento registrato nel precedente periodo (v. Grafico 2.3). La produzione tuttavia aumentò in misura meno intensa, del 5,4% l’anno – anche in questo caso con un’accelerazione concentrata alla fine del decennio.

Grafico 2. 3– Produzione e consumo di acciaio grezzo nell’area Ceca 1965-69 (in milioni di t)

Fonti: Eurostat, 1984

96 Ivi, p. 400, Tabella 26.

97 Ivi, p. 410, Tabella 35.

Alla base di questa differenza vi era soprattutto la pressione esercitata dai produttori extracomunitari, che continuarono a riversare sui mercati europei i rispettivi output in misura ancora più consistente rispetto a quanto accaduto negli anni immediatamente precedenti. Le importazioni da aree extra-Ceca crebbero quindi costantemente, in particolare sullo scorcio del decennio, facendo così registrare un tasso annuo di incremento del 30%.

Grafico 2.4 – Scambi commerciali fra area Ceca e paesi extracomunitari 1965-69 (in milioni di t)

Fonti: Eurostat, 1984

In buona parte, tale tendenza fu causata dalla rinnovata aggressività degli operatori dei paesi socialisti, degli USA e del Giappone (v. Tabella 2.14). Nel primo caso, i flussi diretti verso l’area Ceca continuarono a crescere costantemente nel periodo in questione, tornando alla fine del decennio sui livelli record del 1963 (circa un milione di t). Le importazioni di provenienza statunitense e giapponese conobbero invece un andamento diverso: rimaste stabili su livelli relativamente bassi fra 1966 e 1967, esplosero allo scorcio del decennio, in conseguenza della combinazione fra due fattori: da una parte, la vivace dinamica mostrata dalle produzioni di quei paesi – a fronte di un andamento meno brillante dei rispettivi mercati interni – e, dall’altra, il rapido incremento della domanda espressa dall’area Ceca, che giocò da fattore di attrazione.

Tabella 2. 14 – Andamento esportazioni da paesi extra-comunitari verso area Ceca (indice 1966=100)

Europa

Occidentale Comecon USA Giappone

1966 100 100 100 100

1967 118 131 99 65

1968 132 152 111 91

1969 170 210 1049 250

Fonte: Eurostat,1984

Per far fronte alla concorrenza degli operatori extracomunitari, nel 1969 l’Alta Autorità impose “contingenti supplementari dai paesi dell’Est e la sospensione dei dazi sulle importazioni dagli altri Paesi terzi per molti prodotti e sottoprodotti siderurgici.”99, ma tale misura si rivelò inefficace. Contemporaneamente, l’export dalla Comunità verso le altre aree del mondo rimase sostanzialmente stagnante per tutto il periodo; alla base vi erano in parte le stesse ragioni che avevano indotto il rapido incremento delle importazioni extracomunitarie: la crescente concorrenza mossa dagli altri grandi operatori globali – cui andava a sommarsi l’incremento della produzione siderurgica da parte dei paesi in via di sviluppo.

Questo insieme di circostanze determinò due conseguenze rilevanti: una crescente pressione sui prezzi nei mercati comunitari e la riduzione del tasso di utilizzo degli impianti produttivi (v. Tabella 2.15). Solo la ripresa di fine decennio stemperò tali tensioni, ma non del tutto: sul fronte dei prezzi, le quotazioni vigenti sui mercati comunitari restarono anche nel 1969 più basse di quelle applicate alla grande esportazione; nondimeno, il tasso di utilizzo degli impianti rimase su livelli inferiori rispetto al massimo conseguito nella prima parte degli anni ‘60.

Tabella 2. 15 – Utilizzo impianti nell’area Ceca 1966-69 (in milioni di t)

1966 1967 1968 1969

Produzione 85,1 89,8 98,6 107,5

PMP 108 112 114,8 120,9

Utilizzo impianti 78,8% 80,2% 85,9% 88,9%

Fonti: Ceca, Haute Autorité; Eurostat, 1984

Meno marcata fu invece la tendenza alla conquista di quote di mercato all’interno della Comunità: dopo la rapida ascesa registrata soprattutto nel periodo 1960-63, il tasso di interpenetrazione

relativo all’intera area Ceca si stabilizzò intorno al 20%. Tale esito fu reso possibile in gran parte dell’entrata in funzione di nuove unità produttive che andarono a colmare alcuni evidenti deficit di offerta – il più rilevante dei quali riguardava il nostro paese. Come vedremo fra breve, l’avviamento del nuovo stabilimento di Taranto permise alla siderurgia italiana – fino a quel momento “spugna” delle sovraproduzioni degli altri partner comunitari – di recuperare parti significative del consumo interno. Tuttavia quello stesso elemento, contribuendo a sua volta alla dilatazione della potenza produttiva nel mercato Ceca, accentuava l’intensità della competizione all’interno della Comunità, e così imprimendo un’ulteriore spinta al livellamento dei prezzi.

D’altra parte non mancarono in quel frangente pratiche di sostegno delle rispettive produzioni da parte dei singoli governi nazionali. La stessa Finsider denunciava che

“il Governo Francese, oltre alle enormi sovvenzioni già concesse alle miniere di carbone, per il periodo 1967-70, ha preso l’impegno di prestare lungo un arco di 5 anni, per la durata di 20 anni, un totale di 2,7 miliardi di FF al tasso del 3% per i primi 5 anni e del 4% per i rimanenti, oltre ad altre agevolazioni di carattere fiscale;

il Governo Belga con un finanziamento di 9 miliardi di F al tasso del 3% per 10 anni, ha finanziato per il 505 il nuovo impianto Sidmar;

il Governo della Repubblica Federale Tedesca, dove oggi la situazione è particolarmente grave, sta disponendo un ulteriore aumento del diritto compensativo.”100

In conclusione, le evidenze emerse nella seconda metà degli anni ’60 confermavano l’esistenza di una situazione di sovracapacità a livello globale, che per la siderurgia europea aveva due risvolti: accentuata pressione commerciale da parte dei concorrenti extracomunitari e bassi livelli di utilizzo delle capacità produttive. Tali circostanze rendevano quello comunitario uno dei mercati siderurgici più competitivi del mondo. Esse infatti determinavano a loro volta tensioni di segno opposto sul versante dei prezzi e dei costi, agendo come una morsa sui margini di profitto degli operatori comunitari. La ripresa di fine decennio spinse imprese e osservatori a tralasciare tali elementi, incoraggiando il varo di nuovi robusti piani di investimento, che prospettavano per il 1973 un ulteriore incremento della potenza produttiva nell’ordine del 20% rispetto ai livelli correnti. Per saturare tali ulteriori margini sarebbe stato necessario, nel medesimo periodo, un tasso di crescita medio della produzione dell’ordine del 5% annuo: un obiettivo che i dati dell’ultimo decennio avevano visto realizzarsi solo in pochi brevi momenti.

Grafico 3. 1 - Produzione e consumo apparente di acciaio grezzo in Italia 1960-65 (in milioni di t)

Fonte: M. Balconi, 1991

Grafico 3. 2– Scambi con l’estero della siderurgia italiana 1960-65 (in milioni di t)

Fonti: M. Balconi, 1991

Grafico 3. 3 – Produzione laminati in Italia 1960-65 (in milioni di t)