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2. L’uscita dalla tratta sessuale e le traiettorie di vita nel post trafficking

2.1 Verso l’affrancamento dal sex trafficking

2.1.1 I principali modelli teorici di riferimento

Baker,Rochelle, Dalla & Williamson (2010) hanno identificato e descritto quattro modelli teorici che vengono utilizzati in sociologia per analizzare il processo di uscita dalla prostituzione, più comunemente utilizzati anche per esplorare l’emancipazione delle persone dalla tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Come accennato nell’introduzione del paragrafo, si tratta di due modelli riferiti al generico cambiamento delle pratiche sociali e comportamentali (Prochaska et al., 1992; Fuchs Ebaugh, 1988) e altri due approcci al mutamento riferiti nello specifico al mondo della prostituzione utilizzati anche per quella connessa al sex trafficking (Månsson & Hedin, 1999; Sanders, 2007). Si tratta di paradigmi che cercano di spiegare quali sono i passaggi e i punti di svolta che una persona attraversa durante il processo di trasformazione e cambiamento della propria situazione di vita. A tal proposito desideriamo presentare le principali caratteristiche di questi quattro modelli per metterne in luce le rispettive specificità e i punti di convergenza. La prima proposta che presentiamo è il Transtheoretical Model elaborato da Prochaska e colleghi nel 1992; gli autori disegnano un modello a 5 fasi in cui il soggetto passa da un momento di

contemplazione fino ad un momento di effettivo cambiamento e mantenimento dello status quo. Senza addentrarci nella descrizione approfondita delle singole fasi54, possiamo esplicitare che si tratta di un modello in cui la persona diviene capace di agire sulla propria condizione di vita attraverso uno sforzo riflessivo e di consapevolizzazione della situazione problematica in cui si trova. Proprio per questo motivo, oltre a specificare le fasi che caratterizzano l’emersione dell’agency individuale, gli autori mettono in evidenza anche come questo avvenga, non limitandosi a presentare gli step del cambiamento, ma anche i processi attraverso cui questo avviene. A tal proposito parlano di consciousness, self-reevaluation, self-liberation, ma anche di environmental re-evaluation, social liberation e helping relationships. Come si può implicitamente avvertire gli aspetti di convergenza tra questo modello e le riflessioni proposte da Archer (2003) in materia di riflessività e agency ci sembrano particolarmente tangibili. I punti di contatto con la sociologa non si limitano alle assonanze con il Transtheoretical Model, ma al contrario si possono ritrovare anche rispetto all’approccio proposto da Fuchs Ebaugh (1988) concretizzato con la formulazione del Role Exit Model. Quest’ultimo infatti sembra fungere da cerniera tra le riflessioni sulla carriera deviante e la labeling theory proposte nei primi capitoli e quelle avanzate dalla Archer sulla riflessività. Ebaugh infatti struttura il suo modello a partire da osservazioni sui cambiamenti di carriera vissuti da persone interpretanti ruoli altamente stigmatizzati come quelli, per l’appunto, delle prostitute, ma anche degli alcolisti o dei detenuti. L’autore (1988) evidenzia fin dal principio come “uscire dal ruolo” sia un processo sociale che si sviluppa nel tempo, durante un arco temporale che non può essere limitato o particolarmente circoscritto. Come descritto da Prochaska e colleghi (1992) infatti anche il Role Exit Model prevede quattro fasi in cui le persone riescono gradualmente a distanziarsi dal ruolo precedentemente ricoperto. Come già messo in evidenza da Becker (1963) le persone possono procedere linearmente nella loro “inversione di carriera” oppure decidere di tornare indietro. Anche in questo caso lo starting per il cambiamento deriva secondo l’autore da un lavorio riflessivo in cui il soggetto inizia a dubitare della situazione in cui si trova divenendo sempre più consapevole dei rispettivi aspetti critici; allo stesso tempo subentrano differenti elementi che vanno ad influenzare la spinta al cambiamento e il movimento riflessivo del soggetto come per esempio le trasformazioni nel tessuto sociale e relazionale delle persone, eventuali reazioni positive degli Altri o eventi improvvisi che possono accelerare l’uscita dal ruolo stigmatizzato. Nel momento in cui le persone sentono

54 In maniera schematica risultano essere le seguenti: 1) pre-contemplazione; 2) contemplazione; 3) preparazione; 4) azione; 5) mantenimento.

di voler abbandonare il “vecchio ruolo” mettono in atto delle strategie di “socializzazione anticipata” (Ebaugh, 1988), simili a “prove di scena” in cui cominciano a identificarsi con valori, norme e atteggiamenti delle persone appartenenti al gruppo o alla cultura a cui desidererebbero associarsi. Durante la traiettoria di vita delle persone possono verificarsi dei “turing point” graduali o improvvisi che giustificano l’uscita dal ruolo stigmatizzante: i punti di svolta ricoprono principalmente tre funzioni quali la possibilità di annunciare pubblicamente la decisione agli altri, la riduzione dalla propria dissonanza cognitiva rispetto all’inversione di carriera e la mobilitazione di risorse sociali per portare a termine il percorso di uscita. Chiaramente durante il periodo di abbandono del vecchio ruolo e l’acquisizione di una nuova posizione sociale, la persona può sperimentare smarrimento in quanto si trova sospesa tra due appartenenze, una condizione che ricorda “l’uomo marginale” di Park (1950); in questo caso avere già tessuto ponti con il nuovo gruppo di riferimento può aiutare la persona a sentirsi meno spaesata. L’ultima fase di questa evoluzione è quella che coincide con la creazione “dell’ex-ruolo”: la sfida per il soggetto è quella di incorporare nell’identità e nel ruolo futuro quello passato. Soprattutto in questo delicato momento le reazioni sociali degli altri (vedi Becker, 1963) influenzano la facilità della transizione, “ad esempio i medici possono essere visti negativamente dalla società per aver lasciato la professione medica, mentre le donne prostituite potrebbero essere applaudite per aver lasciato i loro ruoli precedenti” (Baker, Rochelle, Dalla &

Williamson, 2010, p. 582). Proprio perché in questo modello il ruolo che si acquista è basato su quello avuto in passato, secondo Fuchs Ebaugh è possibile che si verifiche l’effetto del “ruolo residuo” ovvero il mantenimento nel nuovo posizionamento sociale di aspetti specifici appartenenti al ruolo precedentemente ricoperto. Questi primi due approcci che hanno cercato di descrivere le modalità attraverso cui le persone avviano un cambiamento della propria posizione sociale possono essere accostati ad altri due modelli che, come abbiamo anticipato precedentemente, si riferiscono esplicitamente alle pratiche prostituzionali. In realtà si tratta di proposte che non nascono specificatamente per il sex trafficking, ma che avendo come principali interlocutori i lavoratori del sesso presentano con esso diversi punti di contatto e proprio per questo motivo sono stati utilizzati anche per comprendere i processi di affrancamento dalla tratta sessuale. Il primo di questi modelli specifici è stato proposto alla fine degli anni ‘90 da due autori svedesi Månsson e Hedin (1999) che si sono ispirati al modello di Fuchs Ebaugh - appena descritto- e di

Vanwesenbeeck (1994) per elaborarne uno nuovo. Riprendendo l’idea dell’Effetto Matthew55 identificato per la prima volta nel 1968 da Robert Merton il modello di Månsson & Hedin cerca di mettere in luce l’interazione tra fattori ambientali/contestuali e personali che favoriscono l’uscita dalla prostituzione. Anche nella proposta svedese vengono descritte cinque fasi che scandiscono l’affrancamento all’interno delle quali è possibile individuare specifici turning point - contingenze di carriera (Goffman, 1968) – che segnano l’uscita; si tratta in questi casi di eventi negativi come esperienze caratterizzate da particolare violenza oppure positivi come per esempio l’innamoramento.

Secondo gli autori questi “punti di svolta” possono essere dovuti a fattori strutturali, relazionali o individuali: Månsson e Hedin (1999) descrivono i primi come “le circostanze sociali in cui le donne si sono trovate e che hanno influenzato la fuga e il successivo processo di cambiamento come il lavoro, l’alloggio, l’istruzione e le prestazioni sociali”

(Månsson & Hedin, 1999, p. 73); i secondi come il tipo e il funzionamento dei loro social network; i terzi come la propensione delle persone a raggiungere altre possibilità di vita, realizzando le proprie premure fondamentali, direbbe Archer (2003). Accanto alla possibilità di cambiamento, la prospettiva svedese mette, tuttavia, in evidenza come chiunque cerchi di affrancarsi dalla pratica prostituzionale si trovi inevitabilmente a dover fare i conti con il superamento dello stigma sociale che può portare a vivere condizioni di marginalità e la difficoltà di tessere relazioni intime e familiari positive e fondate sulla fiducia e reciprocità (capitale sociale familiare). In linea con il modello svedese si colloca il quarto e ultimo contributo formulato da Sanders (2007) che prevede anch’esso quattro fasi di uscita intervallate da eventi positivi o negativi che segnano le svolte nel processo di emancipazione; anche in questo caso viene messo in evidenza la gradualità del cambiamento e l’interconnessione tra elementi socio-cultuali e dimensioni individuali.

Accanto ai modelli specifici appena illustrati, vi è un altro prototipo, il Traumagenic Social Ecological Framework (Finigan - Carr, Johnson, Pullmann, Stewart & Fromknecht, 2019) che, all’interno di una prospettiva socio-ecologica e multidisciplinare mette in evidenza quali sono i livelli socio-culturali che in differenti modi influenzano l’entrata nel sex trafficking56. In realtà si tratta di un framework teorico che viene usato in termini

55 L’Effetto Matthew si riferisce agli effetti accumulati di una interazione favorevole o meno tra l’individuo e il contesto. Da un punto di vista del linguaggio comune corrisponde al circolo vizioso, mentre nelle scienze economiche coincide con la cosiddetta “causalità cumulativa”.

56 Il Traumagenic Social Ecological Framework si riferisce prevalentemente ai minori coinvolti nelle reti dei trafficanti, ma riteniamo che possa essere utilizzato in termini generali per leggere l’iter percorso anche dalle altre vittime della tratta umana.

preventivi e quindi anche per identificare le variabili che possono facilitare l'uscita dallo sfruttamento, motivo per cui riteniamo essere utile presentarlo accostandolo agli altri modelli. L’aspetto interessante del Traumagenic Social Ecological Framework coincide con la capacità di tenere unite le dimensioni di macro-sistema (culture, norme e valori che influenzano le traiettorie di vita) con quelle micro (come per esempio le relazioni e micro interazioni sociali). A tal proposito viene offerta particolare attenzione al livello socio-culturale, includente tutti quei fattori sociali che promuovono un clima culturale favorevole o meno alla tratta. Rientrano infatti in questo settore le linee guida e gli orientamenti culturali che si esplicitano nelle politiche sanitarie, sociali ed educative attuate, il grado di pervasività del capitalismo e del neo-liberalismo dei mercati e soprattutto il livello di consapevolezza sociale e comunitaria del problema della tratta. Scendendo ad un piano di osservazione leggermente inferiore, Finigan - Carr e colleghi (2019) si soffermano sul tessuto sociale comunitario che può fungere da facilitatore dell’uscita o al contrario incentivare il mantenimento all’interno del circuito della prostituzione. Ecco dunque che in questo livello ritroviamo il grado di povertà economica diffuso sul territorio di residenza della persona, i valori sociali e le norme che caratterizzano la comunità e, connesso ad esse, la propensione all’inclusione sociale o, al contrario, alla marginalizzazione sociale tra gli abitanti. Il rischio di discriminazione può infatti essere riferito all’etnia, ma anche all’età, o alla classe sociale. Quando parliamo di valori sociali facciamo riferimento, infatti, ai modelli culturali di genere diffusi, al grado di violenza e sessualizzazione della donna accettato dai membri della comunità o semplicemente al livello di diffusione delle disuguaglianze di genere in riferimento all’ambito lavorativo. Spostandosi verso un piano di osservazione della realtà “meso”, gli autori inseriscono i network, ovvero, i sistemi relazionali in cui sono inseriti i soggetti: in questo senso rientrano in questo livello i contesti di socializzazione – formali e informali – così come le reti familiari che, nel caso delle migrazioni, definiscono e delimitano i percorsi transnazionali da poter percorrere. In ultima analisi, passando ad un livello di osservazione “micro” gli autori ricordano come anche il piano individuale gioca un ruolo importante nel processo di uscita. Sotto questo punto di vista anche il del Traumagenic Social Ecological Framework propone quanto già sottolineato dagli altri modelli e ampliamente trattato dalla teoria di Archer con lo snodarsi della riflessività e l’emergere di una consapevolezza sempre più forte in merito alle posizioni sociali assunte.

Tutti i contributi presentati fino ad ora hanno il merito di mettere in evidenza la dimensione processuale che caratterizza l’uscita dalla tratta, scandita da turning point, rappresentati da eventi particolari o fattori che si combinano su più piani, da quello individuale a quello relazionale fino a quello inerente al più ampio contesto sociale e culturale. Queste indicazioni ci offrono quindi importanti indicazioni su quali siano i piani di osservazione da tenere in considerazione nell’analizzare l’affrancamento alla prostituzione. Come accennato in apertura del paragrafo, quello che ora desideriamo fare è provare a integrare le riflessioni derivanti dai modelli teorici con i dati empirici che provengono dalle ricerche.

2.1.2 La revisione della letteratura empirica: le evidenze provenienti dal