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I requisiti del soggetto dell’infallibilità

Ciò premesso, analizziamo, dunque, quelli che sono i peculiari requisiti dell’Infallibilità, desumendoli proprio dalla formula di definizione del dogma, che chiude il Capitolo IV della Pastor aeternus:

“Itaque nos [...], sacro approbante Concilio, docemus et divinitus

revelatum dogma esse definimus: Romanum Pontificem, cum ex cathedra loquitur, id est, cum omnium Christianorum pastoris et doctoris munere fungens pro suprema sua Apostolica auctoritate doctrinam de fide vel moribus ab universa Ecclesia tenendam definit, per assistentiam divinam ipsi in beato Petro promissam, ea infallibillitate pollere, qua divinus Redemptor Ecclesiam suam in definienda doctrina de fide vel moribus instructam esse voluit; ideoque eiusmodi Romani Pontificis definitiones ex sese, non autem ex consensu Ecclesiae, irreformabiles esse.”227

preciso in cui il Papa eretico decade dal suo ufficio: una minoranza ritiene che la perdita del pontificato giunga sin dal momento in cui egli cade in eresia; invece, la maggior parte dei teologi sostiene che ciò avvenga solo quando l’eresia diventi manifesta o notoria e pubblicamente divulgata, ossia quando il Pontefice persistesse nell’eresia, pur dopo aver ricevuto ripetute pubbliche ammonizioni, come previsto da San Paolo (Cfr. TIT, 3,10). Scrive Arnaldo Xavier da Silveira, richiamandosi al pensiero di Padre Layman, un grande moralista dei Gesuiti: “…fin quando (il Papa che si sia allontanato dalla fede cattolica) sarà tollerato dalla Chiesa e pubblicamente riconosciuto come pastore universale, egli godrà realmente del potere pontificio, così che tutti i suoi decreti non avranno minore vigore e autorità di quelle che avrebbero se egli fosse veramente fedele.”Cfr. A. X. DA SILVEIRA, Resistenza pubblica a delle decisioni

dell’autorità ecclesiastica, in Cristianità, 13(1975), p.8.

227 In DS 3073-3074.

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Come evidenziato dal Betti nel suo approfondito studio analitico della Costituzione Vaticana228, il dogma viene definito dai Padri conciliari attraverso la precisa e ponderata esposizione dei tre gruppi di requisiti che, nella loro interazione, conferiscono forma e contenuto all’infallibilità229: si tratta dei requisiti relativi al soggetto e all’oggetto dell’infallibilità, nonché alle concrete modalità attraverso le quali l’insegnamento infallibile deve essere espresso.

Quanto ai requisiti del soggetto, occorre, anzitutto, dire che l’infallibilità è personale: da San Pietro all’attuale Papa regnante e sino a quando la Sede Apostolica avrà un suo Pastore, essa è un carisma che è appartenuto personalmente ad ognuno dei 266 Successori del Principe degli Apostoli sulla Cattedra Romana, a prescindere dalle loro private vicissitudini e condotte morali, e che continuerà a competere, singolarmente, a tutti i Pontefici del futuro. Si legge, al riguardo, nell’Enciclopedia Cattolica:

“L’infallibilità è nel Papa prerogativa personale, non perché come persona privata egli sia garantito da errore o da eresia (questione libera) ma nel senso che è infallibile ciascuno dei successori di Pietro senza eccezione, e non la sola serie, o la Sede Romana, considerata come ente morale, secondo le pretese di certi gallicani.”230

Non è la Sede Romana, in virtù dei suoi privilegi e della sua particolare storia, a trasmettere al suo Vescovo l’infallibilità ma, piuttosto, il contrario: essa non è un requisito insito nella Cattedra episcopale dell’Urbe, da considerarsi, cioè,

228 U. BETTI, La Costituzione dogmatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I, Roma, 1961,

p.628. Le medesime conclusioni sono espresse dal Betti anche in: Il magistero infallibile del

Romano Pontefice, in Divinitas, 5(1961), p.588. In maniera sostanzialmente analoga, seppur con

qualche peculiare sfumatura, Ugo Lattanzi analizza l’Infallibilità sotto i profili: “…del soggetto che è dotato d’infallibilità; della causa onde il Papa può porre in essere un atto di magistero infallibile; dell’oggetto cui si estende; dell’obbligazione che crea nei fedeli; delle conseguenze dell’atto infallibile.” Cfr. U. LATTANZI, Il Primato Romano, cit., p. 140.

229 Requisiti e limiti dell’infallibilità emergono, in particolare, dal documento teologico che

costituisce la chiave per comprendere la portata della Costituzione Pastor aeternus: si tratta della relazione finale redatta da Mons. Vincenzo Gasser, Vescovo di Bressanone e rappresentante della Deputazione della Fede e, dunque, portavoce dello stesso Pio IX (in MANSI, vol. 52, col. 1214).

230 FEDERICO DELL’ADDOLORATA, voce Infallibilità, in Enciclopedia Cattolica, Sansoni,

Firenze 1949-1954, vol. VI, coll. 1920-1924.

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riferito a tutti i Papi globalmente considerati nella perpetuità della successione petrina, ma una prerogativa personale di ogni legittimo Vicario di Cristo in terra, chiunque egli sia231.

Dichiara Giovanni Paolo II in una delle sue catechesi:

“[...]l’infallibilità attribuita al Romano Pontefice è personale, nel senso che deriva a lui con la personale successione a Pietro nella Chiesa romana. [...]il Romano Pontefice non è il semplice portatore di una infallibilità appartenente, in realtà, alla Sede romana. Egli esercita il magistero[...] come “Vicarius Petri” [...]. In lui, cioè, si ha quasi una personificazione della missione e dell’autorità di Pietro, gestite nel nome di colui a cui Gesù stesso le conferì.” 232

Dunque, soggetto dell’infallibilità è la persona del Papa, proprio perché il Papa personalmente gode del Primato apostolico e l’infallibilità, come si è visto, non è altro che una necessaria implicazione di tale Primato. Ovviamente, così come il Cristo non ha conferito i poteri primaziali a Simone, figlio di Giona, ossia alla sua umana condizione di carne e sangue, ma a Cefa, a colui, cioè, che è costituito roccia su cui edificare la Chiesa, analogamente l’infallibilità non è attribuita “…all’uomo che è Papa [...] ma a quest’uomo in quanto Papa”233. Il che equivale

a dire che il Papa è assistito dal dono dell’infallibilità a titolo funzionale e, poiché ad essere infallibile non è tanto la proposizione in sé ma il giudizio emesso, l’esercizio della funzione d’infallibilità si riferisce e appartiene alla persona e

231 U. BETTI, La Costituzione dogmatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I, Roma, 1961,

p. 629: “E’ così dissipata per sempre la distinzione gallicana tra sede e sedente. Partendo da essa, la conservazione e la spiegazione del deposito rivelato erano riconosciute solo alla sede apostolica, cioè alla serie complessiva dei vescovi romani, nel senso che in essa non hanno preso consistenza eventuali errori di qualcuno di loro, oppure che i medesimi furono positivamente rigettati dai loro successori.” Si tenga a mente che, come riportato dall’Evangelista Matteo (cfr. MT. 23, 2-3), il Cristo stesso non esitò a riconoscere pubblicamente l’autenticità e autorevolezza del Magistero degli scribi e dei farisei, in quanto successori di Mosè e custodi della sua Cattedra, pur contestando e anatemizzando la loro privata condotta di vita. Ciò a riprova del fatto che l’infallibilità non può essere condizionata dalle qualità morali dell’individuo che la detiene.

232 IOANNES PAULUS PP. II, L’infallibilità del Romano Pontefice, Udienza generale

24.III.1993, in L’Osservatore Romano, 26 marzo 1993, n.18.

233 Cfr. U. LATTANZI, Il Primato Romano, cit., p. 140.

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allo spirito che proferisce tale giudizio solo nella misura in cui esercita questa funzione234.

Da ciò si evince che l’infallibilità attiene alla persona pubblica del Pontefice e non è compromessa dalla soggettività individuale di costui, ma è rivestita di una garanzia di oggettività che la rende immune dalle sue personali qualità235: tale oggettività risiede nella circostanza che il Pontefice è assistito e

guidato dall’azione dello Spirito Santo unicamente nell’esercizio del suo ministero di guida suprema della Chiesa universale, garante della sua Fede e della sua dottrina236. Scrive, a proposito, il Card. Newton:

“[...]la sua infallibilità non viene messa in esercizio, se non quando si rivolge a tutto il mondo, giacché, se i suoi precetti, per poter rivestire il carattere dogmatico, devono riguardare cose necessarie alla salute eterna, devono pur essere qualche cosa di necessario per tutti gli uomini. Donde ne deriva, che gli ordini che egli impartisce riguardo a particolari paesi, o riguardo a qualche ordine di interessi politici o di classe, non hanno alcun diritto ad essere considerati quali emanazioni della sua infallibilità.”237

Pertanto, quando non insegna come Vicario di Cristo ed è al di fuori della funzione magisteriale che gli deriva dal Primato238- come accade, ad esempio,

234Cfr.R. LAURENTIN, Il fondamento di Pietro nell’incertezza attuale. Riflessione pastorale,

Concilium, 3(1973), p.154. Lo stesso autore sottolinea che non si deve separare il Papa dalla

Chiesa, allo stesso modo non è possibile separare dalla sua persona la funzione d’infallibilità da lui esercitata.

235 Nell’insegnamento infallibile, proprio perché deriva tale natura dall’oggettività del suo

contenuto e non dalla privata condotta del Papa, si può cogliere un’analogia con i sacramenti, che sono e rimangono segni efficaci della grazia anche se amministrati da persona indegna, in virtù del principio del “supplet Ecclesia”. Cfr. U. BETTI, La Costituzione dogmatica Pastor

aeternus del Concilio Vaticano I, Roma, 1961, p.631.

236 IOANNES PAULUS PP. II, L’infallibilità del Romano Pontefice, Udienza generale

24.III.1993, in L’Osservatore Romano, 26 marzo 1993, n.18: “…l’infallibilità non è data al Romano Pontefice come a persona privata, ma in quanto adempie l’ufficio di pastore e di maestro di tutti i cristiani. Egli, inoltre, non la esercita come avente l’autorità in se stesso e da se stesso, ma per la sua suprema autorità apostolica e per l’assistenza divina a lui promessa nel Beato Pietro.”

237 Cfr. J.H. NEWMAN-D. BATTAINI, Il Papa, il Sillabo e l’Infallibilità papale, ossia lotte

d’altri tempi oggi rinate e rigogliose, Bocca, Torino, 1909, p.216.

238 Questo concetto viene espresso semplicemente, come si chiarirà nel prosieguo, con

l’espressione “insegnamento ex chatedra”. U. LATTANZI, Il Primato romano, cit., p. 141: “Quantunque l’infallibilità non sia qualcosa di fluido o di transeunte, ma di abituale e di

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nei suoi studi personali -, nonché quando esercita, con atti di governo e di disciplina, l’ufficio papale in ordine alla potestà di imperio, il Romano Pontefice non è divinamente assistito con il dono dell’Infallibilità e, quindi, non è immune da errore. Non essendo fortificato da tale assistenza, come persona privata il Pontefice può incorrere nelle debolezze proprie di ciascun uomo: ciò implica che l’infallibilità non è assimilabile all’impeccabilità né, tantomeno, alla santità239,

e queste, d’altra parte, non sono esigenze di Fede “…necessarie alla salute eterna”, per usare le parole del Card. Newton.

L’infallibilità attiene abitualmente al Papa, in quanto Capo della Chiesa, e rimane una sua personale prerogativa e non un attributo dell’atto, anche se non deriva dalla sua individuale natura ma gli viene donata dall’esterno: infatti, è il suo intelletto ad essere istruito dallo Spirito e, dunque, è la sua persona a definire infallibilmente una verità di Fede.

Da tale assoluta e imprescindibile personalità del carisma, discende la sua totale intrasmissibilità: anche se, nell’apprestarsi a sancire un dogma, il Pontefice è assistito da esperti studiosi in materia e dalla Curia romana, che contribuiscono in maniera sostanziale ad enucleare una verità di Fede con le loro conclusioni e proposte, costoro non partecipano in alcun modo all’infallibilità del Papa e, perciò, sarà unicamente la sua personale assunzione di responsabilità a consacrare quella verità con il sigillo dell’irreformabilità.

Occorre aggiungere che il carattere personale dell’Infallibilità papale procede di pari passo con la sua socialità: dalle parole della definizione, infatti, emerge chiaramente che al Pontefice è stata donata la stessa e identica

permanente, tuttavia [...] il Papa, anche come Papa, può indubbiamente compiere molti atti di magistero pastorale, diremo così, corrente; e non è detto che ogni e qualsiasi atto di magistero del Papa debba essere necessariamente infallibile.”

239U. BETTI, Il magistero infallibile del Romano Pontefice, in Divinitas, 5(1961), p.590:

“L’infallibilità[...]sul piano individuale è qualcosa di meno dell’impeccabilità, perché questa dà a chi la possiede l’inerranza congenita anche nelle sue azioni segrete, anche nei suoi pensieri; sul piano ecclesiastico è qualcosa di più della santità, perché, mentre questa consiste non tanto nell’assenza d’errore quanto nella non imputabilità del medesimo fondata sulla rettitudine d’intenzione, l’infallibilità al contrario ha come oggetto primo la bontà oggettiva di quel che è definito, che perciò è indipendente dalle qualità morali della persona dalla quale proviene.”

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infallibilità di cui gode l’intera Chiesa docente240, ossia il Collegio episcopale in unione al Successore di Pietro. Scrive al riguardo il Card. Newman:

“La missione della Chiesa è quella di insegnare, e la materia di un tale insegnamento è precisamente quel corpo di dottrine, che gli apostoli consegnarono ai loro successori quale loro perenne deposito. Se sorga qualche divergenza intorno a qualche particolarità della dottrina apostolica, essa possiede l’infallibilità che le è stata promessa, ed è in grado di rispondere trionfalmente, mediante la voce unanime di tutto l’episcopato.”241

Ne deriva che il Pontefice, nel far uso della sua personale infallibilità, realmente distinta dalla medesima prerogativa – che è la stessa quanto alla natura e al raggio di influenza - della quale il Cristo ha dotato il suo mistico Corpo, non può comportarsi come una monade, ma deve mantenersi indissolubilmente unito alla Chiesa, insieme alla quale condivide il dono dell’assistenza divina: il Pontefice non può separarsi dall’edificio rispetto al quale è costituito fondamento né dalle membra di quel Corpo di cui è il capo; egli non può opporsi alla Chiesa, poiché è infallibile proprio perché è a Capo di essa, non collocandosene né al di sopra né al di fuori242.

240 CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Dich. Mysterium Ecclesiae, 24.VI.1973, AAS

65 (1973), p. 397: “Nella sua immensa bontà Dio dispose che la Rivelazione, da Lui fatta per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre nella sua interezza. A tal fine, Egli ha affidato alla Chiesa il tesoro della Parola di Dio, alla cui conservazione, penetrazione ed applicazione alla vita concorrano insieme i Pastori e il Popolo santo. [...]Gesù Cristo, nell’affidare ai Pastori l’incarico di insegnare il Vangelo a tutto il suo Popolo e all’intera famiglia umana, volle dotare il loro Magistero di un adeguato carisma di infallibilità in cose riguardanti la fede e i costumi. [...]nell’esercizio della loro funzione i Pastori della Chiesa sono convenientemente assistiti dallo Spirito Santo; e questa assistenza raggiunge il vertice quando ammaestrano il Popolo di Dio in modo tale che, per le promesse di Cristo a Pietro e agli altri Apostoli, il loro insegnamento è necessariamente immune da errore.”

241 Cfr. J. H. NEWMAN, Il Papa, il Sillabo e l’infallibilità papale, cit., p. 205.

242 U. BETTI, La Costituzione dogmatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I, Roma, 1961,

p.636: “La sua, quindi, non è altro che l’infallibilità attiva di tutta la Chiesa concentrata in lui, nello stesso modo che nella sua persona si concentra l’assistenza divina, che ne è la causa efficiente, che agisce poi su tutta la comunità dei credenti, destinatari dell’infallibilità passiva della Chiesa, di cui sono membri.” Dunque, benché al Pontefice l’assistenza dello Spirito Santo venga donata senza alcuna intermediazione e non sussista alcuna istanza umana che possa giuridicamente controllarla, l’infallibilità papale non è separata dal resto della Chiesa né posta al di fuori di essa. Poiché il Pontefice è infallibile solo in quanto Pastore e Dottore universale, ne

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Il Cristo ha promesso il suo costante sostegno e quello dello Spirito Santo alla predicazione non solo di Pietro, ma di tutti gli Apostoli e dei loro successori, garantendo, in tal modo, la purezza e l’incorruttibilità del loro insegnamento che, perciò, deve credersi esente dal pericolo di errare: ne deriva che il Magistero infallibile è unico, ma due sono i soggetti che hanno il diritto di esercitarlo243.

Uno dei Padri conciliari, Mons. Bartolomeo D’Avanzo, membro della Deputazione della Fede, il 20 giugno del 1870 dichiarò in Assise:

“[...]Perciò, così come lo Spirito Santo, lo Spirito di Verità, rimane tutti i giorni nella Chiesa, allo stesso modo la Chiesa insegna tutti i giorni le verità della Fede con l’assistenza dello Spirito Santo[...]tanto principalmente per il Papa, quanto per ciascuno dei Vescovi in comunione con il Papa. Tutti, e il Papa e i Vescovi, in questo magistero ordinario sono infallibili della stessa infallibilità della Chiesa: differiscono solamente in ciò: i vescovi non sono infallibili per se stessi, ma hanno bisogno della comunione con il Papa, dal quale sono confermati; il Papa, invece, non ha bisogno di nient’altro che dell’assistenza dello Spirito Santo a lui

deriva che questa sua prerogativa si esercita solo nella Chiesa e per la Chiesa. Mons. Gasser affermava: “Noi non separiamo il pontefice romano dal suo stretto legame con la Chiesa.” (in MANSI 52, 1213b). Lo stesso Gasser sosteneva che l’infallibilità papale, oltre a non essere separata, non fosse neppure esclusiva: difatti, non esitò a respingere un emendamento del Vescovo d’Urgel, secondo il quale nella Chiesa esisterebbe unicamente l’infallibilità che le è comunicata dal Papa. (in MANSI 52, 1222c). Il Papa è solo l’organo supremo di quella medesima infallibilità che appartiene all’intero organismo della Chiesa: in quanto organo supremo è legittimato ad esercitarla senza controllo giuridico, ma non può separarsi dall’organismo.

243Cfr.G. RUFFINO, Gli organi dell’infallibilità della Chiesa, Salesianum, 1 (1954), pp. 39-

76. L’infallibilità della Chiesa è da sempre una delle fondamentali verità della coscienza cristiana, sin da quando illustri Padri della Chiesa, come Ireneo e Tertulliano, collocavano il criterio di certezza delle verità di fede nella successione episcopale e nella prescrizione ecclesiastica. Tuttavia, dopo che il Concilio Vaticano ha proclamato che l’Infallibilità del Romano Pontefice prescinde dal consenso della Chiesa universale, la questione è stata oggetto di accese dispute teologiche, dal momento che veniva a configurarsi, da una parte, l’infallibilità del Collegio dei Vescovi insieme al Papa, dall’altra, l’infallibilità del Papa anche da solo. Ci si chiedeva, pertanto, se l’infallibilità competesse immediatamente solo al Papa, mentre i Vescovi ne divenivano solo partecipi, nell’atto di insegnare in unione con lui, venendosi, in tal caso, a configurarsi un unico organo dell’insegnamento infallibile; o se, invece, l’infallibilità appartenesse direttamente al Papa da solo e pure al Papa considerato in unione al Corpo episcopale, delineandosi, in tal modo, due organi dell’infallibilità, seppur solo inadeguatamente distinti, come afferma Ruffino, giacché sarebbe lo stesso Romano Pontefice a costituire tale duplice organo, da solo e in unione ai Vescovi.

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promessa; per questo motivo egli ammaestra e non è ammaestrato, conferma e non è confermato.”244

È Dio stesso a comunicare il carisma dell’infallibilità ad entrambi i soggetti: la differenza sta nel fatto che il Papa la riceve individualmente, mentre i Vescovi non ne sono destinatari singolarmente, ma solo come Collegio, che, per essere autenticamente tale, deve imprescindibilmente comprendere il suo Capo.

Pertanto, quando il Collegio, in unione al Romano Pontefice, come accade nei Concili Ecumenici245, definisce infallibilmente una verità di Fede, quell’atto sarà collegiale nella forma e per sua stessa natura, dal momento che, in questi casi, il Papa non è colui che trasmette l’infallibilità ai Vescovi riuniti in Concilio, ma compartecipe con essi dello stesso dono divino246.

244 MANSI, 52,764.

245 La storia e le vicende ecclesiastiche successive al Concilio Vaticano I danno eloquente prova

che la definizione dell’Infallibilità pontificia non ha in alcun modo segnato la fine delle Assisi Ecumeniche né ha fatto venir meno il favore dei Romani Pontefici nei confronti di tali ufficiali consultazioni dell’Episcopato universale. Già nel dicembre 1922, a soli cinquant’anni di distanza dalla sospensione sine die del Vaticano I, Pio XI manifestò nella sua prima Enciclica, Ubi

arcano, l’intenzione di voler convocare l’intero Collegio episcopale, non appena i tempi si

fossero mostrati maturi. Cfr. AAS 14(1922) 692. Papa Pacelli riprese questo progetto nel 1939, istituendo un gruppo di ecclesiastici per predisporne i lavori preparatori. Cfr. Card. E. RUFFINI,

Giovanni XXIII nel primo anno di Pontificato, in L’Osservatore Romano, 4 nov. 1959, p.3, col.3.

Ovviamente, sarà Giovanni XXIII ad attuare le intenzioni dei suoi due predecessori e, con il solenne annunzio del 25 gennaio 1959 (Cfr. AAS 51(1959) 65-69) e la convocazione del Concilio Vaticano II, confuterà definitivamente la tesi di chi sosteneva che il dogma del 1870 avrebbe impedito la convocazione di futuri Concili.

246U. BETTI, Il magistero infallibile del Romano Pontefice, in Divinitas, 5 (1961), p. 594.

Non mancano, tuttavia, autorevoli testimonianze a favore di una infallibilità concentrata in maniera piena e diretta solo nel Romano Pontefice, che la comunicherebbe, poi, ai Vescovi, quali destinatari indiretti e mediati di tale carisma. Scrive, ad esempio, Sant’Alfonso Maria De Liguori: “Sicché la fermezza di fondamento direttamente fu data a Pietro e indirettamente alla Chiesa, essendo vero che il fondamento sostiene la casa, non la casa sostiene il fondamento.” (Cfr. Opere del Beato Alfonso Maria De Liguori, classe terza, Opere Dogmatiche, vol. II, Verità

della Fede, vol. I, 1826, p.145). Ed un grande sostenitore dell’infallibilità pontificia, San