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III. L’ufficio ecclesiastico e i caratteri della rinuncia

3.3. La perdita dell’ufficio ecclesiastico

3.3.1. Ragioni e modalità

Dopo aver esaminato il concetto di ufficio ecclesiastico e le quattro modalità attraverso le quali si realizza l’istituzione della provvisione canonica, altro fondamentale aspetto da analizzare è quello della perdita dell’ufficio ecclesiastico, il cui approfondimento, da un punto di vista metodologico, costituisce la necessaria introduzione che ci consentirà di fornire il giusto inquadramento sistematico all’istituto della rinuncia, su cui è focalizzata la seconda parte di questa ricerca.

Se è vero che la missione e le attività della Chiesa esigono, per loro stessa natura, che i ministeri e gli uffici in essa esercitati godano di stabilità, non solo oggettiva ma anche soggettiva464 – in quanto continui mutamenti potrebbero

incidere negativamente sull’attività pastorale, rendendola scarsamente incisiva e poco coerente -, è altrettanto vero che potrebbero verificarsi situazioni in cui, per motivi di varia natura, l’obiettivo del munus non sia perseguito e realizzato e l’ufficio risulti non adeguatamente esercitato o attuato in modo non consono alle concrete esigenze della comunità cristiana: in tali circostanze, una prolungata permanenza in carica potrebbe arrecare grave pregiudizio al bene spirituale dei fedeli, specialmente ove si tratti di uffici a cui sia annessa la cura pastorale.

E’ proprio per prevedere e disciplinare queste situazioni che risulterebbero nocive per la salus animarum che il legislatore ha dedicato specificamente il Capitolo II del Titolo IX del Libro I465 del vigente Codice alla questione della perdita dell’ufficio ecclesiastico466: i canoni 184-186

464 Cfr. F. D’OSTILIO, Il diritto amministrativo della Chiesa, Città del Vaticano, 1996, p. 141. 465 Tali norme si applicano a tutti gli uffici, sia a quelli di cui siano titolari dei chierici che a

quelli esercitati da laici, dal momento che il vigente Codice – a differenza del CIC 17 – non fa alcuna distinzione riguardo alla condizione giuridica personale dei titolari. Cfr. Codice di Diritto

Canonico e leggi complementari commentato, ed. italiana diretta da J. I. Arrieta, Coletti a San

Pietro, Roma, IV edizione 2013, p. 174.

466 Cfr. Christus Dominus, n. 31; A. ALVAREZ, Perdita dell’ufficio ecclesiastico, in Nuovo

Dizionario di Diritto Canonico, cit., p. 789; J. GARCIA MARTIN, Le norme generali del Codex Iuris Canonici, cit., p. 657.

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introducono il tema nei suoi tratti generali ed essenziali, prevedendo le motivazioni e disciplinando le procedure relative alla cessazione della titolarità di un ufficio; i successivi canoni 187-196 legiferano, invece, sulle singole e diverse modalità di perdita dell’ufficio.467

La perdita dell’ufficio è l’atto giuridico con il quale esso rimane vacante, ossia privo del titolare: essa, dunque, produce degli effetti esattamente contrari a quelli della provvista canonica, comportando la perdita della potestà ordinaria che si esercita come annessa all’ufficio.468 Nei casi in cui si perde sia la titolarità

che il possesso dell’ufficio, si parla di perdita piena dell’ufficio; quando, invece, il titolare conserva il diritto all’ufficio ma ne perde il possesso – ad esempio, perché ha rinunciato invalidamente allo stesso, per timore -, si è in presenza di una perdita di fatto; infine, se il soggetto perde la titolarità dell’ufficio ma ne mantiene il possesso, si avrà una perdita solo di diritto.469

Con la cessazione dell’ufficio, il soggetto perde tutti i diritti, le facoltà e gli obblighi derivanti dall’esercizio del munus a cui era stato designato: l’ufficio diviene vacante di pieno diritto e, pertanto, da quel momento potrà essere conferito a un altro titolare, a norma dei sacri canoni.470

Le cause e le modalità giuridiche attraverso le quali si determina la cessazione dell’ufficio sono dettate dal canone 184 §1471 e possono essere

467 Cfr. Communicationes 9 (1977) 236; G. MARCHETTI, La vacatio di un ufficio ecclesiastico:

annotazioni circa un istituto giuridico canonistico, in Quaderni di diritto ecclesiale, 17 (2004),

pp. 131-132. Qualora si tratti di membri di Istituti di vita consacrata e di Società di vita apostolica, occorrerà tenere presenti anche le cause di rimozione o di trasferimento previste dal loro diritto statutario.

468 Si veda il can. 143 §1 CIC 1983: “La potestà ordinaria si estingue con la perdita dell’ufficio

cui è annessa”.

469 Le fattispecie di perdita dell’ufficio possono essere lette in parallelo con quelle della vacanza.

Inoltre, occorre sottolineare come la perdita di un ufficio e la conseguente vacanza di esso siano cosa ben diversa dalla sospensione dell’ufficio, alla quale non consegue la vacanza: infatti, la sospensione non tocca la titolarità di un ufficio, ma comporta solo l’impedimento dell’esercizio di alcune funzioni proprie dell’ufficio o la sua proibizione (ad es. si veda il can. 1331 §1, n. 3 e il can. 1333 §1). Cfr. R. WALCZAK, Sede vacante come conseguenza della perdita di un ufficio

ecclesiastico nel Codice di Diritto Canonico del 1983, cit., p. 84.

470 Cfr. P. G. MARCUZZI, Gli uffici ecclesiastici nel nuovo Codice di Diritto Canonico, in

Apollinaris 56 (1983), p. 425.

471 Il canone in esame non tratta in maniera specifica della vacanza dell’ufficio, ma soltanto delle

modalità giuridiche attraverso le quali si verifica la cessazione del relativo titolare, modi che vengono poi disciplinati separatamente nei canoni successivi. Ciò spiega perché nel canone non si è fatta particolare menzione dell’ipotesi di decesso. Cfr. Codice di Diritto Canonico e leggi

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raggruppate in tre differenti categorie, a seconda che scaturiscano da una determinazione oggettiva esterna, dall’iniziativa del titolare o dall’iniziativa della competente autorità.

Nella prima categoria rientrano la scadenza del tempo determinato (can. 186), il compimento dell’età prevista dal diritto (can. 186) e la perdita per altre cause stabilite dal Codice (can. 184 §2 e 194); la rinuncia è la sola modalità di cessazione dell’ufficio derivante dall’iniziativa del titolare (cann. 187-189); appartengono, invece, alla terza categoria il trasferimento (cann. 190-191), la rimozione (cann. 192-195), e la privazione (can. 196).472

Ad eccezione dei casi di rinuncia che non richiedono accettazione, per produrre l’effetto giuridico della perdita dell’ufficio tutte queste procedure richiedono un formale intervento da parte dell’autorità attraverso un atto che, a seconda dei casi, potrà avere natura amministrativa (notifica o decreto, di carattere costitutivo o dichiarativo) o giudiziaria (sentenza). L’autorità emanerà tale atto sul presupposto di una causa o motivo che potrà avere diversa entità ma che, in ogni caso, dovrà risultare giusta, proporzionale o grave. Il procedimento formale d’attuazione che verrà seguito per l’adozione del provvedimento di

complementari commentato, ed. italiana diretta da J. I. Arrieta, cit., p. 174; A. ALVAREZ, Perdita dell’ufficio ecclesiastico, cit., p. 790.

472 La maggioranza degli autori accetta questa suddivisione delle cause e dei modi in cui può

avvenire la perdita dell’ufficio ecclesiastico, anche se è possibile riscontrare differenze non sostanziali in alcune sottodivisioni da essi adoperate: ad esempio, alcuni li suddividono positivamente o negativamente, secondo il loro aspetto; altri giuristi trattano le cause della perdita dell’ufficio facendo, invece, due distinzioni: cause ordinarie e cause straordinarie. Cfr. V. DE PAOLIS, Gli uffici ecclesiastici, in Aa. Vv., Il diritto nel mistero della Chiesa, Pontificia Università Lateranense, Roma, 1979, pp. 422-423.

Altri autori fanno una suddivisione diversa, secondo la quale la perdita dell’ufficio ecclesiastico può avvenire in tre modi: 1. Ex ipsa natura rei (per morte del titolare; per raggiunto limite d’età; per il tempo prestabilito; per cessazione dell’ufficio da parte del Superiore, se esso fu conferito

ad beneplacitum. 2. Per voluntatem titularis, cioè per rinuncia, che può essere espressa o tacita.

3. Per voluntatem superioris (trasferimento, rimozione, privazione); cfr. F. D’OSTILIO,

Prontuario al Codice di Diritto Canonico, cit., p. 25. Garcìa Martìn elenca: cause naturali,

indipendenti dalla volontà (morte, cessazione del Superiore, scadenza del tempo), cause volontarie (rinuncia) e cause giuridiche (trasferimento, rimozione, privazione); cfr. J. GARCIA MARTIN, Le norme generali del Codex Iuris Canonici, cit., p. 657.

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privazione dipenderà dagli effetti giuridici che si perseguono nonché dall’atteggiamento assunto dall’interessato.473

Sebbene la designazione ad un munus dipenda dalla provvista effettuata dall’autorità competente, al fine di garantire la stabilità soggettiva dell’ufficio ecclesiastico e svincolarla dalle variazioni alle quali possano sottostare i titolari dell’autorità nel loro avvicendamento, il can. 184 §2 stabilisce che se, una volta concesso il provvedimento di provisio, il Superiore che ha conferito l’ufficio dovesse perdere, per un qualsiasi motivo, la sua potestà, il titolare designato rimarrebbe comunque in carica, a meno che non sia diversamente sancito dal diritto comune, particolare o statutario.474

Onde consentire di provvedere immediatamente alla provvisione dell’ufficio e precisare la decorrenza dei termini stabiliti dal diritto, il can. 184 §3 prescrive che la perdita dell’ufficio che abbia sortito effetto sia notificata il prima possibile a tutti coloro che, avendone diritto, saranno chiamati a provvedere alla designazione e all’istituzione del nuovo titolare dell’ufficio.475

Una novità del CIC 83 è rappresentata dall’istituto dell’emeritato, previsto dal can. 185: si tratta di un titolo meramente onorifico – dunque non attribuisce alcuna qualifica giuridica sull’ufficio – che può essere conferito da parte dell’autorità competente al soggetto che lasci l’ufficio di cui sia stato titolare per raggiunti limiti d’età o per rinuncia debitamente accettata.476 La concessione di questo titolo, che non costituisce un obbligo per l’autorità477, vuole essere nella mente codiciale un attestato di stima, di onore e di

473 Cfr. J. I. ARRIETA, Diritto dell’organizzazione ecclesiastica, Giuffrè, Milano, 1997, pp. 190-

191.

474 Ad esempio, per diritto comune, con la vacanza della sede episcopale cessano dal loro ufficio

Il Vicario generale ed episcopale, tranne che si tratti di un Vescovo ausiliare, nel qual caso egli conserva tutte le sue facoltà (can. 481 §1; can. Can. 409). Cfr. A. ALVAREZ, Perdita dell’ufficio

ecclesiastico, in Nuovo Dizionario di Diritto Canonico, cit., p. 789.

475 Cfr. G. P. MONTINI, Il momento della vacanza di un ufficio conferito per un tempo

determinato o fino a una determinata età, in Quaderni di diritto ecclesiale 9 (1996), p. 199.

Tuttavia, l’eventuale mancanza della procedura di notificazione non ha alcun effetto giuridico.

476 Se ne deduce, pertanto, che il titolo non può essere di regola conferito al soggetto che perda

il suo ufficio per rimozione o per privazione. La ragione risulta quanto mai evidente: sarebbe del tutto inopportuno conferire un titolo onorifico ad un soggetto che cessi dal suo ufficio per motivi disciplinari o, addirittura, penali, come nel caso della privazione.

477 Cfr. F. D’OSTILIO, I Vescovi emeriti, Città del Vaticano, 2000, pp. 22-24.

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riconoscenza per chi ha portato a termine il munus affidatogli con competenza e lealtà, dedicandosi con speciale amore e dedizione all’adempimento delle sue funzioni pastorali. Il medesimo titolo può essere attribuito anche ai laici che abbiano lodevolmente espletato per più anni un ufficio a tempo determinato.

Nel rispetto del principio di sussidiarietà, l’ulteriore e specifica regolamentazione dell’istituto in esame è lasciata al diritto particolare o proprio.478

Il can. 186, nel prevedere le due modalità di perdita dell’ufficio per scadenza del tempo prestabilito – ove si tratti, quindi, di un ufficio conferito a tempo determinato – e per compimento dell’età prevista dal diritto, precisa che, in entrambi i casi, la cessazione non si verifica in maniera automatica ma richiede un’intimazione scritta da parte della competente autorità.

Ciò significa che la cessazione avrà effetto giuridico soltanto nel momento in cui sarà consegnato al titolare dell’ufficio il decreto dell’autorità che lo informa della scadenza del tempo definito o del raggiungimento dell’età prestabilita.479

478 Sebbene, come si è detto, il titolo di emerito non viene conseguito automaticamente, ipso iure,

con la perdita dell’ufficio, ma deve essere conferito dalla competente autorità, il can. 402 §1 del vigente Codice, in via eccezionale, riconosce il titolo al Vescovo dimissionario ex iure. Cfr. CONGREGAZIONE PER I VESCOVI, Normae in vita Ecclesiae de Episcopis ab officio

cessantibus, 31 ottobre 1988, in Enchiridion Vaticanum, vol. 11, EDB, Bologna, pp. 900-905,

nn. 1431-1438. Una simile eccezione si trova anche nelle nuove Norme della Rota Romana, dove nell’art. 3 §2 si legge: “I Giudici all’inizio del settantacinquesimo anno di età cessano dall’ufficio; se poi gli stessi, nel contempo, avranno compiuto almeno dodici anni nell’ufficio di Uditore, diventano emeriti”. Normae Romanae Rotae Tribunalis, 18 aprile 1994, AAS 86 (1994) 508-540.

479 L’autorità ecclesiastica ha in ogni caso la possibilità di dimostrare che l’intimazione sia

comunque avvenuta, pur senza la forma scritta. Inoltre, a termine dei cann. 55 e 56, qualora una gravissima ragione dovesse frapporsi alla consegna del testo scritto del decreto, lo stesso si ritiene intimato se viene letto all’interessato di fronte ad un notaio o a due testimoni, e viene redatto un verbale di quanto avvenuto, firmato da tutti i presenti. Ugualmente il decreto si ha per intimato se l’interessato si rifiuti senza giusta causa di comparire a ricevere o a sentir leggere il decreto, oppure se, comparso a ricevere o sentire il decreto, non sottoscriva il relativo verbale. Ai fini della determinazione del momento preciso della vacanza dell’ufficio, nel caso in cui la cessazione sia notificata per iscritto farà fede la data della ricevuta della raccomandata con la quale essa sarà spedita; nel caso in cui, invece, la cessazione sia notificata a norma dei cann. 55 e 56, farà fede la data del verbale. Cfr. A. ALVAREZ, Perdita dell’ufficio ecclesiastico, cit., p. 789; V. DE PAOLIS, Gli uffici ecclesiastici, in Aa. Vv., Il diritto nel mistero della Chiesa, cit., p. 424.

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