• Non ci sono risultati.

III. L’ufficio ecclesiastico e i caratteri della rinuncia

3.3. La perdita dell’ufficio ecclesiastico

3.3.4. Il trasferimento

La modalità di cessazione dall’ufficio disciplinata ai canoni 190 e 191 del Codice vigente presenta la caratteristica del tutto peculiare di comportare, al contempo, la perdita di un munus e il conferimento di un altro489. Infatti, il trasferimento consiste nel passaggio del titolare da un ufficio ecclesiastico ad un altro, fatto dalla competente autorità per giusta causa.

Nel trasferimento, dunque, la perdita dell’ufficio a quo è conseguenza dell’attribuzione della titolarità del nuovo ufficio, e si perfeziona con la presa di possesso dell’ufficio ad quem.490 Nel rispetto del bene e dei diritti del titolare –

che può essere trasferito soltanto ad un ufficio di uguale o di superiore dignità - , è l’esigenza stessa di salvaguardare il bene supremo della Chiesa che può suggerire l’opportunità del trasferimento da un ufficio ad un altro.

L’autorità legittimata a disporre il trasferimento è soltanto quella che ha il diritto di provvedere ad entrambi gli uffici interessati491 – sia quello a quo che

quello ad quem -, dunque non l’autorità che fosse competente solo per la designazione della persona.492

Il trasferimento si dice volontario o libero se avviene su istanza dell’interessato e con il suo libero consenso, come conseguenza di un suo accordo con il superiore: per questo tipo di translatio è sufficiente qualunque

489 Nel caso in cui, dopo il primo atto non avvenga l’effettivo conferimento di un altro ufficio,

non saremmo in presenza di un caso di trasferimento ma, bensì, di rimozione, privazione o rinuncia.

490 Cfr. F. J. URRUTIA, Trasferimento dall’ufficio, in Nuovo Dizionario di Diritto Canonico,

cit., p. 1064. L’autore sottolinea che: “…il trasferimento coinvolge una rinuncia o una rimozione e una provvisione di un altro ufficio”.

491 Ad esempio, il trasferimento dei Vescovi diocesani è di competenza del Romano Pontefice;

dei Parroci, di competenza del Vescovo diocesano, e dell’Amministratore diocesano (solo dopo un anno dalla vacanza o dall’impedimento della sede episcopale) e degli altri uffici di carattere diocesano, del medesimo Vescovo e, limitatamente, dell’Amministratore diocesano. Il trasferimento dei Superiori è regolato dalle norme del diritto proprio.

492 Si veda R. WALCZAK, Sede vacante come conseguenza della perdita di un ufficio

ecclesiastico nel Codice di Diritto Canonico del 1983, cit., p. 100: “Ciò elimina dalla categoria

della translatio quei casi in cui un titolare lascia il suo ufficio in una diocesi per conseguirne un altro in altra diocesi o in una diversa struttura ecclesiastica. Il trasferimento dunque può aver luogo soltanto tra gli organi della stessa struttura ecclesiastica, come per esempio la diocesi o la Curia Romana. Nel caso di passaggio tra uffici appartenenti a diversi enti si tratta di perdita dell’ufficio e di collazione indipendente dal nuovo ufficio”.

188

giusta causa493 e non si richiedono speciali procedure. Invece il trasferimento è obbligato o autoritativo se è fatto dalla competente autorità contro la volontà del titolare: per esso è necessaria una causa grave e occorre seguire le procedure disposte dal diritto.494 Tale tipologia di trasferimento, a seconda delle circostanze e della procedura seguita, potrà essere giudiziario, amministrativo o penale, se imposto per sentenza o decreto, come pena di un delitto.495

I casi di trasferimento volontario - che, come si è detto, non richiedono speciali procedure -, sono accostabili alle ipotesi di rinuncia condizionata: pertanto si osserveranno soltanto i requisiti per la rinuncia dell’ufficio a quo e le norme generali per la provvista dell’ufficio ad quem, nonché le norme del diritto particolare, se esistenti, e la procedura si conclude con una notifica scritta.

Il procedimento del trasferimento forzoso penale è simile alla procedura della privazione – di cui si dirà nel prosieguo – mentre per il trasferimento forzoso amministrativo la procedura da seguire dipenderà dalla tipologia di trasferimento e dalle cause che lo provocano. Ciò comporta che l’autorità competente che procede al trasferimento avrà l’obbligo, anzitutto, di verificare il grado di stabilità dell’ufficio che riveste colui che sarà trasferito: se i cosiddetti “trasferimenti semplici” – ossia quelli che riguardano uffici che godono di minore stabilità - potranno essere effettuati senza una particolare procedura, avendo come soli punti di riferimento le norme generali del diritto e l’equità naturale, per poter effettuare il trasferimento ai titolari degli uffici più stabili

493 La causa “giusta” e la “grave” devono essere vagliate alla luce dell’equità naturale e canonica.

Cfr. P. GEFAELL, La tutela del soggetto nella perdita dell’ufficio, in Ius Ecclesiae 7 (1995), p. 139.

494 Cfr. F. D’OSTILIO, Prontuario del Codice di Diritto Canonico, Tavole sinottiche, Città del

Vaticano, 1998, p. 127. L’intensità della gravità richiesta dipende dal tipo di ufficio o dalle circostanze: ad esempio, se si tratta del trasferimento del titolare di un ufficio conferito a tempo indefinito, che gode di una speciale stabilità, la causa dovrà essere più grave rispetto all’ufficio conferito per un tempo determinato o lasciato alla prudente discrezionalità del Vescovo.

495 Sebbene il can. 1336 preveda il trasferimento forzoso come eventuale pena espiatoria

conseguente ad un’azione definita come delittuosa, nel diritto comune non esistono delitti che esigano una tale pena: pertanto è da considerare soltanto come una delle possibilità concesse al Superiore per i delitti che prevedono una pena indeterminata o per ammorbidire la pena di privazione dell’ufficio se il Superiore ritenga che concorrano circostanze attenuanti. Cfr. Ivi, p. 1064.

189

occorrerà osservare speciali procedure amministrative, come quella dettata per il trasferimento dei Parroci nei cann. 1748-1752.496

Il trasferimento, sia volontario che obbligato, per produrre effetti ed essere valido richiede che il decreto di intimazione sia notificato per iscritto497 al destinatario. L’ufficio da cui si è trasferiti diviene effettivamente vacante non a seguito dell’atto di trasferimento ma solo nel momento in cui colui che viene trasferito prende possesso dell’ufficio ad quem, a meno che il diritto non disponga diversamente o l’autorità competente prescriva altro498: in

conseguenza, sino a che ciò non avvenga, il trasferito continuerà a percepire la remunerazione connessa con il primo ufficio.

3.3.5. La rimozione

La rimozione è una causa di perdita del munus che si sostanzia nell’allontanamento o destituzione dall’ufficio ecclesiastico, stabilito con decreto dell’autorità competente o dalla legge stessa in casi tassativi. Essa produce il medesimo effetto giuridico della privazione, in quanto entrambe comportano la perdita dell’ufficio in perpetuo, ma se ne differenzia per i motivi: infatti, mentre la privazione ha sempre natura penale, configurandosi come punizione per un reato o delitto, la rimozione ha, invece, carattere disciplinare o

496 Norme particolari sono dettate, ad esempio, anche per il trasferimento dei Legati pontifici

(can. 362); il trasferimento dei Vescovi diocesani è regolato dai cann. 416-418 e, anche se il Romano Pontefice può decidere il trasferimento forzoso di un Vescovo diocesano, è antica prassi stabilire un consenso con l’interessato. Cfr. F. J. URRUTIA, Trasferimento dall’ufficio, in Nuovo

Dizionario di Diritto Canonico, cit., p. 1064.

497 Così R. WALCZAK, Sede vacante come conseguenza della perdita di un ufficio ecclesiastico

nel Codice di Diritto Canonico del 1983, cit., p. 105 “Il can. 190 §3 non prevede, per la validità,

la forma scritta del decreto dio trasferimento, bensì la forma scritta dell’intimazione, cioè dell’atto con cui si porta il provvedimento a conoscenza dell’interessato. Dunque, la mera notizia orale del trasferimento non ha alcun valore giuridico”.

498 Si veda, ad esempio, il canone 418: applicando il principio generale, esso dispone che la

Diocesi a qua rimane vacante dal momento in cui il Vescovo prende possesso della diocesi ad

quam; tuttavia, il §2 di tale canone determina che, dal momento che ha ricevuto notizia certa del

trasferimento, egli non è più il Vescovo diocesano della Diocesi a qua ma l’Amministratore diocesano e, di conseguenza, cessa la potestà del Vicario generale ed episcopale. Cfr. J. GARCIA MARTIN, Le norme generali del Codex Iuris Canonici, op. cit., pp. 673-674.

190