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Nozione di ufficio ecclesiastico nel CIC 1917 e

III. L’ufficio ecclesiastico e i caratteri della rinuncia

3.2. Concezione di ufficio ecclesiastico

3.2.1. Nozione di ufficio ecclesiastico nel CIC 1917 e

La Chiesa è “costituita e organizzata da Cristo nel mondo come società”386, indipendente da qualsiasi autorità umana: pertanto, in quanto segno tangibile della presenza del Regno di Dio sulla Terra, necessita – al pari di ogni altra umana società – del potere di organizzarsi al fine di insegnare la dottrina divina, santificare i suoi membri e governarli. Quindi la Chiesa si costituisce in società giuridicamente perfetta e organizzata, indipendente da quella civile, i cui tratti peculiari si riscontrano nell’unità, santità, universalità e apostolicità, grazie all’efficacia dei vincoli di comunione, che fanno dell’insieme dei fedeli un’unità istituzionale organicamente strutturata, implicante, altresì, un’unità sociale sotto il governo dei legittimi Pastori.387 Tale aspetto istituzionale della vita della Chiesa si manifesta prevalentemente negli uffici, attraverso i quali essa esprime la sua attività di governo.

L’ufficio ecclesiastico rappresenta il vero e proprio cardine dell’intera organizzazione ecclesiastica388, giacché è lo strumento che permette alla Chiesa di esercitare ordinatamente i suoi poteri e le sue funzioni, consentendole di adempiere alla sua fondamentale e imprescindibile missione: rendere i suoi servizi agli uomini in vista del perseguimento della “salus animarum”.

386 Cfr. can. 204 § 2 CIC 1983: “Questa Chiesa, costituita e ordinata nel mondo come società,

sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui.”

387 Cfr. P. LOMBARDIA, Lezioni di diritto canonico, ed. italiana a cura di Gaetano Lo Castro,

Giuffrè, Milano, 1984, pp. 122 ss.

388 Cfr. P. A. BONNET, Ufficio, in Enciclopedia del diritto, vol. XLV, Milano 1992, p. 680; V.

DE PAOLIS, La potestà di governo nella Chiesa. Gli uffici ecclesiastici, in Aa.Vv., I religiosi e

il nuovo Codice di Diritto Canonico, Roma 1984, pp. 61-63.

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L’importanza giuridica e pastorale di tale organo istituzionale si evince in maniera particolarmente eloquente dalla circostanza che il Codice di Diritto Canonico del 1983, nel Libro I, vi dedica una parte rilevante delle sue Norme Generali, fornendone la nozione al can. 145 e disciplinandone, poi, accuratamente la provvisione (cann. 146-183) e la perdita (cann. 184-196).

Nel precedente Codice del 1917 il concetto di ufficio ecclesiastico era espresso nel can. 145, dal quale emergeva una duplice nozione di officium ecclesiasticum: in senso lato ed in senso stretto.389 In senso lato l’ufficio

ecclesiastico veniva genericamente definito come compito o qualità di una persona atta ad operare per i fini della Chiesa ricomprendendo, in tal modo, qualsiasi funzione o incarico esercitato legittimamente con fine spirituale, a prescindere dalla potestà d’ordine o di giurisdizione.390 Per ufficio ecclesiastico in senso stretto doveva intendersi, invece, un incarico (munus) costituito stabilmente per disposizione divina o ecclesiastica, conferito a norma dei sacri canoni ed implicante l’esercizio della potestà di ordine o di giurisdizione.391 La dottrina maggioritaria considerava il concetto di ufficio “in senso stretto” come concetto normale o proprio di ufficio ecclesiastico: difatti, come precisava il paragrafo 2 dello stesso canone 145, l’accezione di ufficio ecclesiastico in senso lato era prevista solo come possibile.392

Dunque, l’accezione di ufficio ecclesiastico emergente dal CIC 1917 era costruita sulla base di due nozioni legali che contenevano sei elementi essenziali: un complesso d’attribuzioni e compiti (munus sacrum); l’istituzione divina o

389 Cfr. V. DE PAOLIS, A. D’AURIA, Le norme generali. Commento al Codice di Diritto

Canonico. Libro primo, Urbaniana University Press, Città del Vaticano, 2008, p. 448.

390 Si pensi all’ufficio di sacerdote, di confessore, di predicatore, di catechista, di sagrestano, ecc.

Cfr. V. DEL GIUDICE, Nozioni di Diritto Canonico, Milano 1970, pp. 142-143.

391 Per esempio l’ufficio di Vescovo, di Vicario generale, di Superiore religioso, di parroco.

Cfr. F. COCCOPALMERIO, La riforma del concetto di ufficio ecclesiale nel Vaticano II, in La

Scuola Cattolica 104 (1976), p. 541: “Il canone stabilisce la principale differenza tra officium

latu sensu e officium stricto sensu nel fatto che l’attività propria di quest’ultimo può essere esercitata solo previa abilitazione conferita dalla potestà ecclesiale sia di ordine sia di giurisdizione.”

392 Ibidem.

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ecclesiastica; la stabilità oggettiva determinata dal diritto393; la finalità spirituale; il conferimento canonico e la partecipazione della potestà ecclesiastica d’ordine o di giurisdizione.394

Il Concilio Vaticano II, attraverso il Decreto Presbyterorum ordinis, ha inteso fornire una nuova e diversa accezione di ufficio ecclesiastico, recepita nel vigente Codice di Diritto Canonico. Si legge, infatti, al n. 20 del citato Decreto:

“D’ora in avanti…per ufficio ecclesiastico si deve intendere qualsiasi incarico conferito in modo stabile per un fine spirituale.”

Appare evidente il passaggio da una Chiesa che aveva visto fortemente accentuarsi la componente gerarchica e clericale ad una Comunità ecclesiale intesa essenzialmente come Popolo di Dio, chiamato a svolgere un ruolo partecipe e attivo, conforme al fine ultimo della salvezza delle anime. Il testo conciliare inaugura, pertanto, una rinnovata concezione dell’ufficio ecclesiastico, in cui si fornisce piena evidenza e preminenza alla funzione prettamente pastorale dell’ufficio, rivolta al bene spirituale della Chiesa.395

Conseguentemente, facendo proprio lo spirito del testo conciliare, il CIC 1983 modifica il concetto tradizionale di ufficio ecclesiastico strictu sensu emergente dal Codice Pio-Benedettino, facendo venir meno il suo carattere esclusivamente clericale – legato imprescindibilmente all’esercizio della potestà d’ordine o di giurisdizione - e rendendolo accessibile anche ai laici.396

393 Tale stabilità oggettiva, la cosiddetta “perpetuitas erectionis”, comporta che, anche quando

manca il titolare dell’ufficio, questo non si estingue ma perdura immutato ed è solo “vacante”, quindi inefficace.

394 Quest’ultimo elemento conferiva all’ufficio un carattere esclusivamente clericale, escludendo

i laici dalla partecipazione alla potestà ecclesiale e precludendo loro qualsiasi accesso agli uffici ecclesiastici in senso proprio. Non a caso le relative norme (cann. 145-195) erano collocate nella I parte del II Libro, dedicata ai chierici. Cfr. L. CHIAPPETTA, Sommario di Diritto Canonico e

Concordatario, Roma 1994, pp. 104-105; P-A. BONET, De laicorum notione adumbratio, in Periodica 74 (1985), pp. 227-271.

395 Cfr. J. WIECEK, La natura della rinuncia all’ufficio ecclesiastico nella normativa canonica

vigente, Pontificia studiorum Universitas S. Thoma, Roma, 2011, p. 30.

396 Cfr. S. BERLINGO’, La funzione dei laici nel nuovo CIC, in Monitor Ecclesiasticus 107

(1982), pp. 509-539; L. CHIAPPETTA, Il Codice di Diritto Canonico: commento giuridico

pastorale. Libro primo, Edizioni Dehoniane, Napoli, 1988, p. 200.

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Difatti, il vigente can. 145, al §1, fornisce questa definizione di ufficio ecclesiastico:

“L’ufficio ecclesiastico è qualunque incarico, costituito stabilmente per disposizione sia divina sia ecclesiastica, da esercitarsi per un fine spirituale.”

Dall’analisi del canone emergono gli elementi costitutivi di questa rinnovata accezione dell’ufficio:

1. Un incarico o munus, ossia il complesso delle attribuzioni e dei compiti, degli obblighi e dei diritti annessi ad un ufficio e preordinati ad una finalità spirituale, rispondente alla missione della Chiesa;

2. La stabilità oggettiva, da non confondere con quella soggettiva del titolare dell’ufficio. Difatti, un conto è la creazione dell’ufficio, che è già effettivamente costituito dal diritto ma può, di fatto, non essere assegnato ad alcuno; altra cosa è il conferimento dell’ufficio ad un soggetto che ne diviene il titolare, il quale può anche mancare per un certo periodo di tempo, determinando la vacanza dell’ufficio. In quest’ultima circostanza l’ufficio non viene a mancare, tranne che nel caso di una legittima soppressione. Pertanto, la stabilità oggettiva esclude dal concetto proprio di ufficio ecclesiastico tutti quei compiti e quelle funzioni che, per loro natura, abbiano un carattere temporaneo.397

3. L’istituzione divina o ecclesiastica. L’autorità civile non ha alcuna competenza in merito, al pari di un’eventuale iniziativa privata dei fedeli. Pertanto si potranno avere soltanto uffici ecclesiastici che trovano la loro origine nel diritto divino – si pensi all’Ufficio del Successore di Pietro – o nel diritto ecclesiastico, come nel caso, ad esempio, dell’Ufficio del Parroco.

4. Il concorrere al perseguimento della suprema finalità spirituale della Chiesa, vale a dire l’attuazione del Regno di Dio e la salvezza delle anime.

397 Ivi, p. 201.

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5. Il conferimento canonico, ossia la provvista o provvisione fatta a norma dei sacri canoni, attraverso la quale il soggetto viene ad essere investito della titolarità dell’ufficio.

Dal confronto tra il can. 145 del CIC 1917 e il vigente can. 145 emerge che gli elementi peculiari e costitutivi che contraddistinguono la nozione di ufficio ecclesiastico sono i medesimi, ad eccezione della partecipazione alla potestà ecclesiastica di ordine o di giurisdizione.398

Di per sé, dunque, il conferimento di un ufficio ecclesiastico non comporta la partecipazione né alla potestà di ordine né a quella di giurisdizione o di governo: tale circostanza sarà determinata esclusivamente dalla tipologia dell’ufficio. I chierici, per il fatto stesso di essere membri della gerarchia insigniti dell’Ordine Sacro, risultano titolari di un vero e proprio diritto – che possono rivendicare – ad ottenere uffici il cui esercizio richieda la potestà di ordine o di giurisdizione.399 I laici, sebbene possano essere titolari di uffici ecclesiastici, sono esclusi da tutti quelli che richiedono il sacramento dell’Ordine come prerequisito; in tutti gli altri, sia che comportino l’esercizio della potestà ordinaria di governo o di quella delegata, sia che non la comportino400, potranno essere assunti dall’autorità competente, qualora siano riconosciuti idonei alla titolarità di quel determinato ufficio.