CAPITOLO 3 – ANALISI EMPIRICA
3.3 I risultati ottenuti e le osservazioni in merito
Proseguendo ad analizzare i nostri dieci gestori, dall’osservazione dei dati raccolti sui loro Cda, questi risultano composti da un minimo di 1 ad un massimo di 9 amministratori. La media è di 5,64 quindi compresa tra 5 e 6 membri. In otto dei gestori il numero si è mantenuto costante nei cinque anni osservati (2011- 2015), solo in due casi, e nello specifico per CAFC e Acquedotto Lucano il Cda ha cambiato il suo numero prevedendo ad esempio solo per alcuni esercizi l’amministratore unico.
Tabella 3.2 – Numero di amministratori componenti i Cda
Gestori Proprietà N. amministratori nel
Cda
SMAT Pubblica 5
AQUEDOTTO PUGLIESE Pubblica 1
UNIACQUE Pubblica 5
ACQUE VERONESI Pubblica 3
CAFC Pubblica
(2011/12) 5 (2013/14) 1 (2015) 5
ACQUEDOTTO LUCANO Pubblica
(2011-2014) 5 (2015) 1 UMBRA ACQUE PPP 9 GORI PPP 9 PUBLIACQUA PPP 8 ACQUE PPP 9
CAFC nel 2013 e 2014 nomina l’Amministratore unico ciò per effetto della complessa normativa di riferimento per la nomina dei Consigli di Amministrazione delle società partecipate da EE.LL. ed in particolare in attesa della modifica della stessa con il rinnovarsi della possibilità di nomina dei consiglieri di amministrazione al di fuori dei dipendenti degli EE.LL. soci. Questa scelta ha comportato un risparmio di 30 mila euro. La decisione assunta è coerente con la decisione delle altre società del territorio che erogano Servizi Pubblici Locali e presentano il medesimo schema societario e di gestione (“in house providing”).
Il Presidente di Gori ha affermato che la scelta dell’Amministratore unico è stata voluta per creare maggiore speditezza nel lavoro e nei rapporti.
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Acquedotto Lucano invece, ha eletto il suo primo amministratore unico nel 2015; l’elezione è avvenuta in base all’articolo 16 dello statuto, così come modificato nel 2014, che prevede che Acquedotto Lucano possa essere amministrato in via alternativa, su decisione dell’Assemblea, da un Amministratore unico, ovvero da un Consiglio di Amministrazione composto da 5 componenti. Il presidente della Regione Basilicata ha sottolineato che “è una scelta inedita ma importante, presa nella consapevolezza che possa creare ancora più speditezza nel lavoro e nei rapporti. Razionalizzare e semplificare i soggetti che si devono occupare di questa importante risorsa è fondamentale per poter efficientare il sistema e garantire costi contenuti all’utenza.”267
Le aziende pubbliche hanno un Cda poco numeroso che va da 1 a 5 membri ma si riporta una frase riguardo il numero dei Cda, contenuta in un articolo di Guerrini A. e Romano G. (2014), “It is important to highlight that across the world, the most dominant board size is of three members”268.
Inoltre, delle dieci aziende esaminate, quattro hanno un Cda composto da più di 5 membri, e queste sono tutti gestori con proprietà mista pubblico-privata.
Si nota che i gestori sono ancorati al D.L. 78/2010 e il successivo D.L. n. 95/2012, secondo cui nelle aziende a totale azionariato pubblico non possono esserci più di 5 membri nel Cda per ogni azienda. Per quelle ad azionariato misto non prevede alcun limite al numero di amministratori ma il socio pubblico non può nominare più di 5 membri.
Nei partenariati pubblico-privati presi in analisi, 5 degli amministratori sono nominati dal socio pubblico mentre gli altri sono di parte privata.
Gli effetti delle nuove disposizioni normative sulle società a controllo pubblico che abbiamo affrontato nel capitolo 2, sono ancora in fase di attuazione.
L’OCSE infatti si è espressa sulla composizione dei Cda nelle società ad evidenza pubblica, dicendo che “essi dovrebbero avere limitate dimensioni, comprendenti solo il numero di amministratori necessari per assicurare l'efficace
267http://www.sassilive.it/economia/lavoro/assemblea-acquedotto-lucano-michele-vita-eletto-
amministratore-unico-lintervento-di-pittella-e-cifarelli/
268 Romao G., Guerrini A., The effects of ownwrship, board size and board composition on the performance
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funzionamento”. Lo stesso ha fatto più dettagliatamente il Decreto della Riforma Madia per le società a controllo pubblico, per le quali è ora stabilito che, quale regola generale, l'organo amministrativo debba essere costituito da un amministratore unico. Solo a determinate condizioni è possibile optare, in luogo della conformazione "monocratica", per quella pluripersonale "collegiale", fermo però restando che i consiglieri di amministrazione possono essere solo tre o cinque.
Ma talvolta, si riesce a giustificare la dimensione dei board sulla base della dimensione e complessità delle aziende. Si è provato a vedere se vi sono delle possibili relazioni in merito, considerando la dimensione dei nostri gestori e la dimensione dei Cda. La dimensione è misurata dal valore totale dell’attivo (assets) e dal numero totale dei dipendenti, facendo una media dei 5 anni. (Tab. 3.3)
Tabella 3.3 – Dimensione dei gestori e dei loro Cda
Assets
N.dipendenti
Dimensione del Cda AQP 1.779.532 1569 1 Smat 955.034 885 5 Publiacqua 562.315 637 8 Gori 552.822 670 9 Acque 467.727 370 9 Acquedotto Lucano 201.073 387 2011/14 5 2015 1 Acque Veronesi 140.712 276 3 Umbra Acque 134.605 342 9 CAFC 132.336 193 2011/12 5 2013/14 1 2015 5 Uniacque 118.660 266 5In realtà dalla tabella non si manifesta una evidente connessione tale per cui i Cda numerosi dovrebbero essere presenti nelle aziende più complesse e grandi. Smat a Acquedotto pugliese ad esempio, pur essendo due aziende molto grandi
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hanno un Cda di ridotte dimensioni, addirittura monocratico in AQP. Publiacqua, Acque e Gori hanno un Cda numeroso rispetto alle altre e sono aziende abbastanza complesse servendo rispettivamente 1.300.000, 800.000 e 1.400.000 abitanti. I gestori più piccoli in termini di assets, dipendenti e abitanti serviti invece, ossia Uniacque, Acque Veronesi, CAFC e Acquedotto Lucano hanno un Cda meno numeroso, ad eccezione di Umbra Acque.
Se ci sia o meno una reale evidenza tale da giustificare le dimensioni dei Cda, lo si può dire soltanto dall’osservazione di un campione di aziende rappresentativo.
La percentuale media di amministratori politicamente connessi è abbastanza elevata pari al 63%. Delle dieci aziende solo una (Acquedotto Pugliese) risulta avere una percentuale pari a zero nei cinque anni in cui si susseguono i tre diversi Amministratori unici che non risultano essere o essere stati connessi politicamente e tra l’altro si tratta di un’azienda pubblica regionale. Al contrario, il gestore Acque Veronesi, ha un consiglio composto da tre amministratori connesso politicamente al 100% nei cinque anni; Acquedotto Lucano dal 2011 al 2014 pare avere un board al 100 per cento composto da amministratori politicamente connessi, solo nel 2015 l’unico amministratore non risulta esserlo. Tutti gli altri, come si vede dal Grafico 3.1, presentano percentuali che vanno dal 40% in su.
106 Fonte: ns elaborazione
Tabella 3.4 – Percentuale media di politici nei boards dei gestori
Smat AQP Uniacque Publiacq. Acque Acque Veronesi
Umbra
Acque Gori CAFC
Acquedotto Lucano 2011 60 0 80 63 67 100 67 44 60 100 2012 60 0 80 50 78 100 56 44 80 100 2013 60 0 80 50 67 100 56 44 100 100 2014 60 0 80 63 78 100 56 44 100 100 2015 60 0 60 80 78 100 44 44 80 0 Media 60 0 76 61 73 100 56 44 84 80
L’età media dei consigli è di 57 anni, calcolata come media dell’età media di ogni consiglio per ogni esercizio, che va da un minimo di 30 anni nel 2011 ad un massimo di 76 anni del 2015.
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Tabella 3.5 – Età media degli amministratori
Le gestioni che presentano i boards con un’età media al sopra dei 60 anni sono 3: Smat (63,4), Acquedotto Pugliese (63,2) e CAFC (61), tutte sono di proprietà pubblica. I restanti boards vanno da un’età media di 50 a 57 anni. È Umbra Acque, gestore con una partecipazione pubblica del 60%, ad avere il Cda più giovane. L’età media mostra in generale un trend crescente dal 2011 al 2015 nel momento in cui vengono riproposti dall’Assemblea gli amministratori già in carica, trend che viene spezzato al momento del rinnovo delle cariche.
Smat è quella con il trend in crescita più lineare, così come Acque Veronesi, a evidenza della stabilità delle cariche; ciò potrebbe essere sinonimo di un Cda che svolge bene il proprio mandato. Infatti la performance dell'impresa potrebbe essere correlata con il tasso di rotazione: una performance deludente può portare i responsabili ad avere una probabilità significativamente più elevata di perdere la loro posizione270. Ma questa conseguenza non può avere evidenza nel nostro caso poiché richiede un periodo di analisi ben più lungo.
L’età media dei consigli è relativamente alta e potrebbe essere considerato un indicatore negativo per il settore, ciò significa che così facendo i giovani professionisti del settore, non sono coinvolti nella governance delle water utilities.
La percentuale media dei membri dei Cda aventi una laurea è del 65%, calcolato come media della media dei singoli gestori. Per tre amministratori non si è trovata alcuna informazione sul grado di istruzione. Il dato va da un minimo del 27% per Acque Veronesi, in cui su tre amministratori solo uno risultava laureato e nel 2011 addirittura nessuno di loro, ad un massimo del 100% per Acquedotto Pugliese, in
270 BARONTINI R., CAPRIO L., Il Cda, la rotazione degli amministratori e la performance
108
quanto i tre amministratori unici susseguiti sono stati tutti in possesso del titolo di laurea. Il dato è anche basso per CAFC (32%) dal momento che nel 2013 e 2014, anni in cui è stato previsto l’Amministratore unico, quest’ultimo risultava non laureato.
Tabella 3.6 – Media % di amministratori in possesso di laurea
La maggior parte dei titoli di laurea sono in Ingegneria (36%), soprattutto Ing. civile e idraulica. Segue poi Giurisprudenza (19%) ed Economia (17%). Tuttavia, alcuni membri del consiglio hanno lauree che non forniscono loro direttamente conoscenze e competenze legate al business, alla contabilità, alla finanza, marketing o legge, né le conoscenze e le competenze specifiche dell'azienda che gli permettano di avere un’intima comprensione delle operazioni legate alle utilities idriche e delle problematiche di gestione interna. Infatti ben il 25% è in possesso di altre lauree come Scienze Politiche, Pedagogia, Lettere, Medicina, Architettura. Per il 6% degli amministratori non siamo stati in grado di identificare lo specifico titolo di studio posseduto e in alcuni casi neanche l’informazione relativa al possesso o meno di laurea.
Per quanto concerne il profilo professionale degli amministratori, mediamente il 56% di essi sono manager o hanno ricoperto svariati incarichi nella direzione e amministrazione, il 16% sono professionisti (consulenti, revisori, ingegneri, avvocati etc.) e il 14% è accademico. È tuttavia estremamente difficile collocarli in uno specifico profilo professionale, dal momento che la maggior parte di essi si è trovato a svolgere negli anni o svolge nel presente incarichi diversi simultaneamente.
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La rappresentanza di genere è abbastanza limitata, dato che le donne sono una media del 13,8% dei membri dei consigli (è calcolata come media della percentuale media delle donne in ogni consiglio nel quinquennio). Perciò, non si può dire che le donne rappresentino una "massa critica" nella gestione delle water utilities italiane.271Tuttavia, la tendenza generale che si osserva nei dieci gestori, è
l’aumento delle donne nei Cda andando dal 2011 al 2015. Infatti nell’ultimo periodo osservato la presenza delle donne è il 22,2% nel complesso, contro il primo periodo di osservazione che presenta una media dell’8,4% di donne nei Cda. Un aumento del 160%, quasi triplicata la loro presenza. Solo Acque Veronesi è in contro tendenza, poiché nel 2011/12 è stata presente una donna in un Cda composto da 3 membri, mentre le nuove nomine a valere per il triennio successivo hanno previsto 3 uomini nel Cda.
Questa situazione esprime un livello di reazione molto elevato delle società a partecipazione pubblica agli stimoli indotti dalla normativa sulle quote di genere. Un’analisi272 fotografa positivamente la situazione a febbraio 2017, ossia a 4 anni dall’entrata in vigore degli obblighi previsti dal DPR. N. 251 del 2012, di assicurare equilibrio di genere negli organi collegiali delle società a controllo pubblico. Quindi una disposizione anteriore al D. Lgs N. 175 del 2016 che abbiamo analizzato nel corso del capitolo 2.
Il dato raccolto sugli investimenti realizzati nel corso dei cinque anni, è stato reso comparabile tra i gestori, rapportandolo al numero di abitanti serviti da ognuno di loro. Di seguito si vedono gli investimenti pro capite che in media ogni azienda ha realizzato.
271 Erkut, S., Kramer, V.W., Konrad, A.M., 2008. Critical mass: does the number of women on a corporate
board make a difference? In: Vinnicombe, S., Singh, V., Burke, R., Bilimoria, D., Huse, M. (Eds.), Women
on Corporate Boards of Directors:International Research and Practice. Edward Elgar, Cheltenham, pp. 350- 366.
Torchia, M., Calabr_o, A., Huse, M., 2011. Women directors on corporate boards: from Tokenism to
critical mass. J. Bus. Ethics 102, 299-317.
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Tabella 3.7 – Investimenti medi pro-capite per gestore
Si notano subito gli investimenti pro-capite dei due gestori idrici toscani (Publiacque e Acque), rispettivamente pari a 52€ e 60€ per abitante servito.
La Toscana si conferma una regione dove gli investimenti pro-capite realizzati sono superiori a quelli realizzati mediamente in Italia: 57 € contro il dato medio nazionale raccolto da Aeegsi nel 2015 pari a 27 € pro-capite.
La loro capacità di realizzare gli investimenti previsti è condizionata dalla disponibilità di finanziamenti di medio/lungo periodo273. I due gestori toscani sono
inoltre partecipati da un socio privato che detiene il 40% e il 45% del capitale sociale rispettivamente in Publiacqua e Acque. La presenza del privato potrebbe portare gli shareholders all’obiettivo della massimizzazione del profitto; i managers sarebbero portati ad incrementare gli investimenti per ottenere un maggiore rendimento e l’applicazione di più alte tariffe per finanziarli274 (non a
caso la Toscana è la Regione in cui gli utenti pagano le tariffe idriche più elevate). Ma osservando il dato degli investimenti negli altri gestori analizzati, non emerge una differenza di importo che si possa attribuire alla proprietà interamente pubblica o mista del gestore. Infatti, Gori e Umbra acque che sono anch’essi PPP, hanno un
273 Autorità Idrica Toscana, Relazione Annuale del Direttore Generale sul Servizio Idrico Integrato in
Toscana, 2016.
274 Romano G., Molinos –Senante M., Guerrini A., Water utility efficiency assessment in Italy by
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livello di investimento comparabile a quello delle gestioni interamente pubbliche, se non inferiore in alcuni casi.
Il fatto di non aver incluso nell’analisi alcun gestore totalmente privato, rende l’assetto proprietario un elemento poco significativo per commentare le variabili di performance utilizzate nell’analisi. Anche perché, dalla letteratura esistente sul tema, si conferma che la natura della proprietà, pubblica o privata, ha scarso valore nello spiegare l’efficienza operativa di un’azienda, mentre gli strumenti di governance interni assumono un ruolo più rilevante275.
Il numero di amministratori nel board, non sembra avere una influenza sugli investimenti in questi casi analizzati. Dove il Cda è numeroso si hanno diversi livelli di invetimento: le due aziende toscane infatti, hanno un Cda molto numeroso di 8 e 9 amministratori ciascuna e investimenti sopra la media italiana; Umbra Acque ha degli investimenti conformi alla media Italiana ed ha un Cda di 9 amministratori e Gori con un Cda di 9 amministratori ha realizzato degli investimenti sotto la media italiana (10,9 € pro-capite). Allo stesso modo è variegata anche la situazione per quelle con un Cda ridotto, Smat, AQP e CAFC presentano investimenti sopra la media italiana, mentre Uniacque, Acque Veronesi e Acquedotto presentano un investimento pro-capite molto basso.
Le connessioni politiche esistenti all’interno dei Cda, sono il più delle volte una determinante di rilievo, queste infatti possono permettere all’azienda di trovare i mezzi adeguati a finanziare gli investimenti previsti dai piani d’ambito. La presenza di amministratori connessi alla politica è elevata nel nostro Data set, abbiamo già osservato una media del 63% nel complesso, ma è chiaro che sarebbe del tutto errato attribuire univocamente ed in modo certo determinati valori all’influenza politica.
Smat, Publiacqua, Acque, CAFC, sono gestori che hanno investito molto ma che hanno anche un’importante presenza di connessioni politiche nel loro Cda.
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Questo potrebbe aiutarle a ottenere accesso al capitale finanziario dalle banche, come evidenziato da alcuni studi276, per il mezzo di amministratori che
intessono connessioni con le istituzioni locali e nazionali, banche e finanziatori.
Tabella 3.8 – Connessioni politiche e livello di investimento
Investimenti pro- capite Amm. Politicamente connessi ACQUA 60 € 73 % PUBLIACQUA 52 € 61 % CAFC 37 € 84 % SMAT 30 € 60 %
Anche Acquedotto Pugliese comunque ha investimenti elevati ma è meno interpretabile l’eventuale influenza dal momento che il suo organo amministrativo è monocratico e non si ha evidenza di connessioni politiche.
Merita attenzione anche Umbra Acque e Gori, sono aziende con una più contenuta presenza di amministratori connessi politicamente e con investimenti anche più bassi.
Investimenti pro- capite Amm. Politicamente connessi UMBRA ACQUE 26 56 GORI 11 44
Un altro aspetto che riguarda il Cda e che potrebbe avere un impatto sulle aziende è il dato relativo alla percentuale di amministratori in possesso di laurea. Le considerazioni non sono mai univoche e non è detto che un Cda composto da molti laureati sia migliore rispetto ad un altro, perché le competenze, le conoscenze e le capacità di una persona non sono quantificabili da un titolo di laurea, e spesso
276 Asim Ijaz Khwaja A.I., Mian A., Do lenders favor politically connected firms? Rent provision in an
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anche in assenza di questo, il background di esperienze e formazione attinenti e coerenti, è tale da rendere meritevole e degno l’amministratore del ruolo ricoperto.
Smat, AQP, Publiacqua, Acque e CAFC sono quelle che hanno investito di più nel quinquennio e in cui più della metà di amministratori sono laureati (Tab. 3.9). Fa eccezione CAFC, ma la bassa percentuale è causata dai due anni in cui vi era l’amministratore unico non laureato (quindi 0%) rispetto ai tre anni in cui su 5 amministratori 3 erano in possesso di laurea.
Tabella 3.9 – Presenza di laureati e investimenti realizzati
Smat CAFC AQP Publiacqua Acque
Inv.Pro-capite 30 37 35 52 60
Laureati % 76 32 100 53 73
Segue la stessa relazione in Acque Veronesi, bassi investimenti (17€) e scarsa presenza di amministratori con laurea (27%).
Questo legame non si verifica in Uniacque e Acquedotto Lucano, a bassi livelli di investimento pro-capite rispettivamente (12€ e 8,60€) corrisponde un’alta presenza di laureati (72% e 67%).
Riguardo invece all’età degli amministratori, questa non fa emergere nella nostra osservazione alcuna relazione significativa.
Altra variabile “dipendente” di cui abbiamo raccolto i dati è il costo del capitale a prestito o return on debt (ROD). Il costo del debito calcolato come rapporto (oneri finanziari / debiti verso banche)*100, quindi espresso in termini percentuali, è influenzato da diversi fattori. L’aumento di questo dipende in genere dall’aumento degli oneri finanziari conseguente al maggiore tasso di riferimento applicato sui finanziamenti a tasso variabile rispetto a quello dell’esercizio precedente, a seconda della congiuntura economica. Dipende anche dalle tipologie di finanziamento che si utilizzano e dal livello di rischio che l’azienda presenta.
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Vogliamo vedere in questa analisi, se il costo del capitale a prestito può essere anche condizionato da variabili di governance. Si veda la Tab. 3.10.
Tabella 3.10 – Costo del denaro a prestito e variabili di governance
Costo del denaro a prestito Proprietà Connessioni politiche in % Laureati nei Cda in % Appartenenza ad un gruppo SMAT 1,5 Pubblica 60 76 Sì Publiacqua 3 PPP 61 58 Sì AQP 4 Pubblica 0 100 Sì Uniacque 4 Pubblica 76 72 Sì Acque 4,2 PPP 73 73 Sì CAFC 4,7 Pubblica 84 32 No
Umbra Acque 5,1 Pubblica 100 27 No
Gori 5,1 PPP 44 67 No
CAFC 5,2 PPP 56 78 No
Acquedotto Lucano 5,2 Pubblica 80 67 Sì
Smat ad esempio sostiene un costo del denaro a prestito più basso rispetto agli altri gestori (1,45%). L’azienda adotta, si dice chiaramente nel bilancio, “la strategia di limitare, per quanto possibile, l’esposizione al rischio di crescita del tasso di interesse attraverso l’accesso preferenziale a finanziamenti comunitari rilasciati dalla Banca Europea per gli Investimenti e con l’intervento in garanzia di una Banca nazionale così da beneficiare sia della minore onerosità della provvista sia del più contenuto costo della garanzia, nonché diversificando le linee di credito con l’emissione di prestiti obbligazionari”. Smat è un gestore in house, e questa forma di gestione accentua il ricorso all’indebitamento che in questo caso risulta agevolato dalle favorevoli condizioni offerte dal mercato, in termini di tassi di interesse e nelle procedure di richiesta del finanziamento (garanzie).
Nei gestori osservati il tipo di proprietà non pare sia una determinante importante, perché ad esempio, mentre Publiacque ed Acque (partenariati pubblico-privati) hanno un costo del 3% e 4,2%, Umbra e Gori, pure PPP, hanno un costo del 5,2% e 5,1%.
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Il Cda della Smat si presenta connesso politicamente, così come lo sono la maggior parte dei gestori, questo in qualche modo potrebbe aiutare le imprese a ottenere accesso al capitale finanziario dalle banche, come evidenziato da alcuni studi277, grazie alle loro connessioni con le istituzioni locali e nazionali, banche e finanziatori. Umbra Acque e Gori, sono più indipendenti da legami politici, potrebbe forse essere uno dei motivi per cui il loro Return on debt (ROD) è più alto.
Le aziende più grandi di solito riescono a strappare un più basso costo del denaro preso a prestito e ad ottenere più facilmente prestiti dal sistema creditizio.