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I singoli servizi tecnico-nautici 1 Il pilotaggio

I SERVIZI TECNICO-NAUTIC

2.2 I singoli servizi tecnico-nautici 1 Il pilotaggio

Quando una nave si accinge ad entrare in porto, il primo operatore con cui il Comandante del vascello si trova ad interagire è solitamente il pilota, coprotagonista nell’individuare la traiettoria esatta e le manovre necessarie negli angusti o, comunque, frequentati bacini rivieraschi e, in particolare, dalla stazione di pilotaggio fino all’approdo al molo. In queste fasi delicate, tale figura può raggiungere fisicamente la nave oppure comunicare mediante strumentazioni radio, avvalendosi di un canale VHF prestabilito.

In termini sostanziali, il pilotaggio consiste quindi in quella caratteristica attività di assistenza tecnica al Comandante della nave integrata dalla fornitura di indicazioni concernenti la rotta e l’esecuzione della manovra allorché la navigazione possa presentare difficoltà e rischi maggiori di quanto non accada usualmente, sia in ragione dello stato dei luoghi che delle condizioni del traffico. In simili circostanze, risulta allora utile se non indispensabile la cooperazione di personale marittimo qualificato particolarmente esperto degli specchi acquei in cui avviene la movimentazione del vascello.25

Tale definizione è confermata inter alia dallo stesso codice della navigazione che, nel primo comma del suo art. 92, mentre indica le attribuzioni e gli obblighi dei piloti finisce per offrire in maniera implicita una descrizione del servizio in esame: “Il pilota suggerisce la rotta e assiste il comandante nella determinazione delle manovre necessarie per seguirla”. Qualora il pilota debba erogare la prestazione recandosi a bordo della nave, la raggiungerà tramite un apposito mezzo nautico, denominato       

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ZUNARELLI S. – COMENALE PINTO M.M., Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, Padova, 2009, p. 391.

  39 pilotina. Salito sul vascello, dovrà verificare il rispetto da parte del Comandante delle prescrizioni formulate dall’Autorità Marittima, sincerandosi nello specifico che le liste di controllo (c.d. check list) compilate dall’equipaggio evidenzino la piena ottemperanza ai principali parametri di sicurezza. Se nel corso degli accertamenti emergessero inadempienze agli obblighi prescritti, il pilota sarà tenuto a riferire al Comandante del Porto, presentando adeguato rapporto sulle difformità riscontrate, e, inoltre, avrà la facoltà di rifiutare il proprio sostegno all’effettuazione della manovra. Terminate con esito positivo le ricognizioni, potrà stabilire contatti radio con gli altri soggetti incaricati di garantire servizi alle navi, svolgendo una significativa attività di coordinamento tra i vari interventi. A questo punto dovrà infatti suggerire al Comandante del bastimento il numero di rimorchiatori da utilizzare durante i movimenti nelle acque portuali per condurre a buon fine la vezione. Analogamente, concorderà con il Comandante dell’imbarcazione le condizioni di ormeggio della stessa, valutando in proposito non solo le sue dimensioni ma anche le condizioni meteo-marine del momento e quelle previste nell’arco temporale di permanenza nello scalo. Per attuare la linea adottata, dovrà per l’appunto individuare con gli ormeggiatori le posizioni a terra in cui i cavi della nave verranno incocciati ai dispositivi di attracco quali ganci, boe e bitte, privilegiando collocazioni in grado di permettere un agevole disormeggio, soprattutto in circostanze emergenziali o complicate dagli agenti atmosferici.

In una prospettiva storica, è interessante notare come la consapevolezza del ruolo rivestito dal pilotaggio nell’assicurare una navigazione più sicura fosse stata acquisita sin dagli statuti delle Repubbliche Marinare, venendo il servizio regolamentato in dettaglio già dal Codice per la Veneta Mercantile Marina del 1786.26 D’altra parte, le prime testimonianze di questa attività risalgono alle fonti medioevali e, in particolare, ad una raccolta di massime del XII secolo vigenti per le

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coste francesi dell’Oceano Atlantico, chiamata Rôles d’Oléron.27 Ad esempio, l’art. 25 di quest’ultima, norma specchio dei tempi, non sembra prevedere alcuna indulgenza e, soprattutto, valutazione giudiziale delle circostanze del caso, prescrivendo la pena di morte seduta stante e senza processo per il pilota resosi inadempiente rispetto ai propri obblighi.28 In termini simili, si esprimeva del resto anche un altro insieme di usi seguiti nel Mediterraneo occidentale verso lo spirare del Duecento, il Consolato del Mare.29 Nello stesso solco, si è inserita successivamente l’Ordonnance de Louis XIV touchant la Marine del 1681 che, segno del mutare della cultura giuridica, limitava la pena capitale per i piloti ai soli casi di dolo e, comunque, prescriveva lo svolgimento di un “regolare” processo. Ad ogni modo, merita rimarcare come l’atto citato da ultimo contenesse la “prima trattazione organica del servizio di pilotaggio”30, articolata in ben diciotto articoli, ove l’accento veniva posto sull’accezione pubblica della prestazione in commento e, emblematicamente, sulla necessità di affidare l’espletamento della stessa a piloti selezionati oltreché aderenti ad organismi locali.

Diversamente, le fonti non consentono di inferire l’esistenza di un servizio di pilotaggio nel mondo greco e romano. Pertanto, nell’antichità la scelta della rotta e delle manovre doveva essere plausibilmente determinata dal gubernator, soggetto       

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TULLIO L., voce Pilotaggio, in Enc. dir., vol. XXXIII, Milano, 1983, p. 861. 28

Nello specifico, la disposizione citata si esprime nei seguenti termini:

“Et s’il y a d’eux qui la prennent sur leurs testes à conduire et amener, et s’ils la perdent et la

perillent, si le mestre, ou ascun des marineurs ou ascun des marchantz soit qui leur coupent les testes, ils ne sont pas tenuz à poyer d’amendement; mais toutefois l’on doit bien sçavoir avant l’occire s’il a par quoi amender”.

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A livello esemplificativo, si pensi a quanto disposto dal Cap. CCV (257 nella traduzione italiana) di questa raccolta fondamentale per il Mare Nostrum che, in idioma originale catalano, recita:

“E si, per ventura, aquell qui pilot será levat, no sabrá en aquelles parts on ell dit è promes haurá

è convengut, aquell qui pilot sera més, è qui açó al senyor de la nau ò leny haurá promes, è res no li pot attendre d’açó que promes haurá;aquell qui aytal cerá, due perdre lo cap encontinent, sens tot remey, è sens tota mercé. E l’ senyor de la nau ò leny pot lo y fer tolre, que no es tengut que n’ deman à la senyoria, si no s’ vol, perçó com aquell l’aurá enganat è més en iuy de perdre si, è tots aquells que ab ell son, è encara la nau è tot l’haver”.

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  41 avente il comando generale della condotta nautica della nave durante tutta la traversata, con l’eventuale assistenza del proreta, esperto conoscitore dei luoghi ove si sarebbe navigato. A prima vista, questa seconda figura si avvicina a quella del moderno pilota in quanto avrebbe dovuto informare tempestivamente il gubernator in merito ai “pericoli che od ostacoli che all’improvviso fossero apparsi davanti alla nave o scandagliando i fondali”31. Nondimeno, ad uno sguardo più attento emergono marcate differenze tra i due ruoli: il proreta, era in effetti privo di autonomia di giudizio e costituiva parte integrante dell’equipaggio, esercitando le sue mansioni durante tutto l’arco della navigazione; manteneva, quindi, una posizione subordinata rispetto a chi esercitava il comando, rimanendo un aiutante del gubernator.32 Perciò una mera assimilazione tra i due uffici sembra impropria e, in ultima analisi, parrebbe doversi escludere la presenza di peculiari forme di aiuto nei punti di approdo in epoca greca o romana.33

Orbene, come rilevato da acuti commentatori, nel mondo variegato dei servizi tecnico-nautici, il pilotaggio costituisce la prestazione maggiormente informata al soddisfacimento di interessi pubblici legati alla necessità di garantire la massima sicurezza della navigazione in ambito portuale.34 In effetti, oltre alle attività condotte a beneficio degli utenti, i piloti hanno il compito di formulare osservazioni all’Autorità Marittima relativamente a questioni sia di safety che di security. Salendo a bordo della nave, sono infatti le prime figure in grado di riscontrare direttamente la presenza di anomalie o irregolarità. Tali discordanze potranno inoltre essere prontamente comunicate alla Capitaneria di Porto, grazie al contatto via radio attivo durante tutta la prestazione.

       31

Secondo la ricostruzione operata da MOSCHETTI, Gubernare navem. Gubernare rem publicam, Milano, 1966, p. 36 ss.

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TULLIO L., voce Pilotaggio, cit., p. 861. 33

VOLLI E., op. cit., p. 1. 34

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D’altronde, la regolamentazione codicistica di una simile attività, compresa tra gli artt. 86-100 cod. nav., si distingue per la marcata commistione di caratteri privatistici e pubblicistici, collocandosi nello strumento normativo principe in materia all’interno della parte I del libro I, intitolato non a caso “Dell’ordinamento amministrativo della navigazione”. Laddove, la disciplina in commento attiene, è forse superfluo chiarirlo, esclusivamente a movimentazioni per acqua, siano esse in relazione con il mare (artt. 86-96 cod. nav.), oppure con le acque interne (artt. 97- 100).35

Ciò premesso, è opportuno precisare che il servizio viene usualmente esercitato da soggetti dotati di personalità giuridica propria e operanti in posizione monopolistica, le corporazioni di piloti. Infatti, negli scali in cui se ne avverta la necessità, l’art. 86 cod. nav. stabilisce che le funzioni di pilotaggio siano svolte dai suddetti organismi, istituiti attraverso Decreto del Presidente della Repubblica. Invece, nelle località in cui non vengano costituite, il servizio di pilotaggio rimane erogato in modo individuale da marittimi specificamente autorizzati dal Comandante del Porto, come prescritto dall’art. 96 cod. nav. Pertanto, si assiste invero ad una circostanza singolare: solo nei porti minori si profilerebbe in via teorica una qualche forma di concorrenza tra i marittimi abilitati al pilotaggio, mentre negli scali di maggior rilevanza, ove potrebbe esserci più spazio per una pluralità di prestatori, il servizio in analisi viene erogato da operatori iscritti ad un’unica corporazione.36

Quanto agli aspetti di dettaglio, le corporazioni sono attualmente ripartite in due categorie (in precedenza, fino al 1976, in tre), in base ad una classificazione operata dal Ministro della Marina Mercantile,37 “tenuto conto del movimento medio delle       

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ZUNARELLI S.–COMENALE PINTO M.M., op. cit., pp. 391-392. 36

Di questo avviso, CASANOVA M.–BRIGNARDELLO M., Diritto dei trasporti, cit., p. 142, nota 125. 37

Attraverso decreto ministeriale 25 giugno 1977, emendato dal D.P.R. 26 aprile 1978, n. 285, che ha suddiviso le corporazioni dei piloti nei seguenti due gruppi: - prima categoria: Ancona, Augusta, Bagnoli-Pozzuoli, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta, Gela, Genova,

  43 navi a propulsione meccanica e delle difficoltà del pilotaggio” (art. 98 reg. nav. mar.). Alcuni studiosi sostengono che la corporazione eserciti il servizio a titolo originario, in quanto la concretizzazione dello scopo perseguito è, invero, demandata a tale istituzione ex lege, e, inoltre, nella fattispecie pare assente uno dei tratti fondamentali della concessione, la trasmissione di poteri pubblici al privato.38 Contrapponendosi ad una simile osservazione, altri autori vi ravvisano invece gli estremi del fenomeno concessorio, fondando le loro argomentazioni su di una valorizzazione delle indicazioni normative contenute nella legge di riordino del sistema portuale nonché sulla natura rivestita dalla corporazione stessa che, in base alla impostazione suggerita, recherebbe caratteri eminentemente privatistici.39

Terreno piuttosto insidioso è infatti proprio quello riguardante la definizione della corporazione di piloti. Questo “istituto peculiare del diritto della navigazione”40 ha ricevuto nel tempo diverse qualificazioni ad opera della dottrina, le cui analisi, soprattutto recentemente, sono pervenute a risultati contrastanti. Da un lato, la maggioranza dei commentatori ha propeso per una configurazione in termini pubblicistici di questo rilevante organismo. Frutto di variegati itinera logico- argomentativi che, per l’indubbio valore dogmatico, è perlomeno doveroso ripercorrere brevemente. Innanzitutto, una posizione di respiro storico, coeva alla nascita del codice, aveva osservato come la corporazione de qua fosse, per un verso, finalizzata a scongiurare il verificarsi di incidenti laddove ne risultasse maggiore il pericolo a causa delle particolari difficoltà di navigazione, con ciò mirando a         La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Milazzo, Napoli, Olbia, Palermo, Porto Torres, Piombino, Ravenna, Sarroch, Savona, Siracusa, Taranto, Trapani-Marsala (sede inserita con D.P.R. 26 aprile 1978, n. 285), Trieste, Venezia; - seconda categoria: Anzio, Barletta, Castellammare di Stabia, Crotone, Follonica, Imperia, Licata, Lipari, Manfredonia, Monfalcone, Porto Empedocle, Portoferraio, Porto S. Stefano, Reggio Calabria, Salerno, Sant’Antioco.

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VOLLI E., op. cit., pp. 1-2. 39

In tal senso, pur con sfumature diverse, RIGHETTI G., Pilotaggio, in Dig. disc. priv., Sez. Comm., vol. XI, Torino, 1997, p. 85 ss. e ZUNARELLI S., Lezioni di diritto dei trasporti, Bologna, 2003, pp. 154-155.

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Per usare l’incipit dedicato al tema da COTTIGNOLA G., Studi sul pilotaggio marittimo, Milano, 2003, p. 1, che a sua volta pare rinnovare un’espressione dello Scialoja.

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realizzare una missione dello Stato, quale la protezione dell’incolumità di persone e beni privati. Inoltre, per altro verso, come la stessa svolgesse un ruolo sostanzialmente strumentale rispetto al conseguimento obbligatorio di un determinato scopo, per cui si aveva nel caso di specie la creazione per mano dello Stato di un soggetto diverso da sé per il raggiungimento anche di propri interessi. A testimonianza di una simile “destinazione statuale” venivano ricordati diversi elementi, tra cui il fatto che la creazione e la soppressione della corporazione avvenisse ad opera dello Stato, titolare oltretutto del potere di stabilire la disciplina speciale del pilotaggio nei luoghi di erogazione del servizio.41

Quindi, in virtù di queste constatazioni, ulteriormente suffragate da “indici rilevatori” presenti nel diritto positivo,42 la corporazione di piloti godrebbe di natura pubblica.43

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Si tratta dell’antica, anche se non meno suggestiva, analisi di PESCATORE G., La corporazione dei

piloti, Milano, 1942, p. 97 ss., contenuta in una delle poche monografie incentrate sul tema.

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A sostegno della propria tesi l’autore appena citato ricordava una serie di fattori emblematici, denominati “indici rilevatori”, rinvenibili nelle norme dell’epoca e, soprattutto, nel Codice della Marina Mercantile del 1872 e nel Regolamento c.d. “generale” n. 778 del 29 aprile 1926:

“la diretta dipendenza dei piloti dai comandanti e dagli ufficiali di porto; l’accertamento della idoneità fisica degli aspiranti piloti da parte di due medici militari, nominati dal capo del compartimento marittimo; la facoltà discrezionale dell’Autorità marittima di bandire il concorso per la nomina ad aspirante pilota; la partecipazione del capo di compartimento, in qualità di presidente, alla commissione esaminatrice; la nomina dei membri della commissione da parte del direttore marittimo, su proposta del capo del compartimento (art. 19, 1°, 3°, 5°, reg. cit.); la nomina degli aspiranti piloti da parte del capo del compartimento; il giudizio di idoneità per la nomina a pilota effettivo; il licenziamento dei non idonei con ordinanza del capo del compartimento; la facoltà conferita al Ministero delle Comunicazioni di decidere sull’idoneità per la nomina a pilota effettivo, nel caso di divergenza di giudizio tra la corporazione dei piloti e il capo compartimento (art. 20, 1° e 2° comma, reg. cit.); il conferimento degli incarichi di capo e sottocapo pilota da parte del capo compartimento (art. 21, 1° comma, reg. cit.); il potere del Comandante di porto di redigere le osservazioni sulle note informative concernenti i singoli piloti e di compilare le note relative al capo piloti, la trasmissione delle note stesse alla direzione marittima (art. 22, 4°, 5°, 6° comma); la necessità dell’autorizzazione da parte dell’Autorità marittima perché i piloti si possano allontanare dalla località in cui ha sede la corporazione e nella quale essi devono risiedere; il potere della predetta Autorità di stabilire il turno di servizio (art. 23, 2° comma, reg. cit.); il potere del comandante del porto di punire le mancanze lievi dei piloti (art. 24 reg. cit.) e quello del Ministero delle Comunicazioni di revoca dell’incarico o di cancellare dal registro indicato dall’art. 193 cod. mar. merc. i capi e i sottocapi ed i piloti in caso di gravi mancanze o di provata incapacità (art. 25 reg. cit.); il potere del capo del compartimento di sospendere dal servizio o di cancellare dal registro il pilota, nel caso di condanna (art. 26 reg. cit.); la facoltà del Ministero delle Comunicazioni di nominare un commissario straordinario nel caso di cattivo funzionamento della corporazione, il licenziamento da parte del Ministero, su proposta del

  45 Aderiva a questa tesi la figura cui si è soliti attribuire la paternità del codice regolante la materia, ad avviso del quale la corporazione avrebbe personalità giuridica pubblica in quanto “istituita dallo Stato per l’attuazione di un fine di pubblico interesse”, come la sicurezza della navigazione.44 D’altronde, avvertiva il medesimo autore, una simile qualità verrebbe confermata dai poteri di vigilanza e di tutela esercitati mediante controlli in grado di pervadere tutti gli aspetti in cui si esplica l’ente in esame. È necessario però qui ricordare detto studioso per la significativa intuizione secondo cui “lo strettissimo intreccio di norme pubbliche e private ne fa una persona giuridica sui generis, la quale se ha qualche analogia con altri istituti del diritto della navigazione (ad es. le compagnie delle maestranze portuali) non può invece essere utilmente ravvicinata ad altri tipi di corporazioni del diritto generale”.45

Anche più recentemente, altri commentatori sono arrivati a conclusioni del medesimo tenore, intravedendo nella corporazione un ente pubblico. Tramite essa, infatti, lo Stato riuscirebbe a conseguire un proprio interesse, pur non perseguendolo in via diretta. Apprestando mezzi adeguati a prevenire sinistri e, per l’effetto,

       

commissario, dei piloti responsabili del cattivo funzionamento (art. 27, 1° e 2° comma, reg. cit.); i particolari accertamenti predisposti dall’Autorità marittima nel caso di assenza dei piloti per motivi di salute ed i provvedimenti relativi (art. 28, reg. cit.); i poteri di vigilanza dell’Autorità marittima locale sulla ripartizione dei proventi di pilotaggio ed i poteri di controllo della predetta Autorità sulla contabilità della corporazione; il potere della stessa Autorità di decidere le controversie tra i piloti relativi alla ripartizione dei proventi (art. 31 reg. cit.); il potere attribuito all’Autorità marittima di autorizzare i negozi relativi alle navi (art. 32 reg. cit.); l’assegno a carico del bilancio del Ministero delle Comunicazioni a favore delle corporazioni istituite nei luoghi nei quali sia necessario il pilotaggio obbligatorio nel caso in cui siano insufficienti i proventi relativi”.

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In particolare, il Pescatore giungeva a siffatte conclusioni, attraverso una puntuale applicazione della formula che, a suo giudizio, permetteva di individuare meglio le persone giuridiche pubbliche, ovvero quella elaborata dal Ranelletti. Nell’ottica di quest’ultimo, secondo la parafrasi operata dal navigazionista, gli enti pubblici risulterebbero tali quando, al contempo, destinati a soddisfare interessi rientranti tra i fini dello Stato (e, per questo, indicati come pubblici), nonché considerati dallo Stato come attivi anche nel proprio interesse, in quanto strumentali al conseguimento dei suoi scopi. In una simile prospettiva si rivelerebbe, dunque, determinante il fine perseguito.

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SCIALOJA A., Corso di diritto della navigazione, Roma, 1943, pp. 154-155 che, invero, afferma, “i risultati raggiunti dal Pescatore in suo approfondito studio sono pienamente accettabili”.

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salvaguardare l’incolumità delle persone nonché l’integrità dei beni, le corporazioni di piloti assicurerebbero un servizio pubblico, garantendo la tutela della sicurezza della navigazione ovvero il raggiungimento di una finalità statuale. Peraltro, l’indole pubblica di tale organismo verrebbe conclamata da ulteriori fattori, quali la sua istituzione tout court ad opera dello Stato, attraverso decreto presidenziale, e la sua sottoposizione ad ampi controlli dell’Autorità Marittima che eserciterebbe sulla stessa notevoli ingerenze.46

Pur giungendo ad una qualificazione pubblicistica della realtà in esame, seguono itinerari piuttosto originali altri esponenti della letteratura esistente in materia. Così, c’è chi ha sostenuto trattarsi più propriamente di una persona giuridica di diritto singolare, dal momento che la corporazione, nonostante svolga prestazioni in rapporto di servizio con lo Stato e sia stata istituita per il conseguimento obbligatorio di un fine attribuibile a tale entità, mancherebbe del potere di imperio tipico delle persone giuridiche pubbliche.47 Diversamente, un altro studioso, risentendo maggiormente delle suggestioni provenienti dalla c.d. tesi privatistica (oggetto di prossima analisi), ravvisa nell’organismo posto a presidio del pilotaggio un ente pubblico economico, seppure sui generis.48 Del resto, proprio la singolarità del

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Questa è l’opinione manifestata da TULLIO L., voce Pilotaggio, cit., pp. 863-864. 47

In particolare, secondo VOLLI E., op. cit., p. 2, la corporazione costituirebbe “un soggetto diverso dallo Stato, istituito per il conseguimento obbligatorio di un determinato fine, sottoposto a controllo statuale, che pone concretamente in essere un’attività in rapporto di servizio con lo Stato”. In virtù di una simile configurazione, sussisterebbero dunque “tutti gli elementi determinanti secondo la dottrina classica per l’identificazione di una persona giuridica pubblica”. Tuttavia, lo stesso autore rileva come questa sia “però priva del potere di imperio che caratterizza le persone giuridiche pubbliche (Cass., 2 dicembre 1977, n. 5245) ed andrebbe qualificata più esattamente, sulla base della più recente dottrina (GALGANO F., Delle persone giuridiche, in Comm. c.c. Scialoja-Branca,