Porto di Genova e Gruppo Ormeggiatori del Golfo della Spezia
3.4 La seconda proposta di Direttiva sui servizi portual
Contrariamente alle previsioni formulate dagli esperti,116 in data 13 ottobre 2004 la Commissione Europea presentava una seconda proposta di direttiva rivolta a consentire l’accesso al mercato dei servizi portuali.117 Questa iniziativa dell’organo esecutivo dell’Unione veniva pure indicata con la denominazione Ports Package II, a
115
BRIGNARDELLO M., La politica portuale alla luce della nuova proposta di Direttiva europea,
cit., pp. 1338-1339. 116
VAN HOOYDONK E., Prospects after the Rejection of the European Port Services Directive, cit., pp. 861-873 e VAN HOOYDONK E., The European Port Services Directive: the Good or the Last
Try?, in Dir. mar., 2006, p. 66.
117
In proposito è interessante notare, secondo quanto ricordato da ACQUARONE G., Il piano
regolatore delle Autorità Portuali, cit., p. 105, come la proposta di direttiva del 13 ottobre 2004,
cosiddetta “De Palacyo 2”, auspicasse l’assunzione da parte delle Autorità Portuali di ruoli qualificabili in termini di “Landlord Authorities”, ovvero di organismi cui “la normativa nazionale affida, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e gestire infrastrutture portuali e coordinare e controllare le attività degli operatori presenti nel porto o nel sistema portuale considerato”.
135 segnare una continuità (perlomeno temporale) con il progetto precedente, noto come
Ports Package, cui veniva conseguentemente aggiunto il numero cardinale “I”. Del
resto, il testo riecheggiava in molte sue parti il primo progetto di direttiva del 2001 e i numerosi emendamenti apportati nelle fasi successive, fino alla sua reiezione nel 2003. Anche in tal caso, l’iter di formazione dell’atto veniva basato sulle regole della procedura di codecisione, per cui questo sarebbe stato frutto dell’approvazione congiunta sia del Parlamento Europeo sia del Consiglio dei Ministri dell’UE.
Orbene, è necessario sin da ora precisare che il tentativo della Commissione non è andato a buon fine: in data 18 gennaio 2006 il Parlamento Europeo ha respinto con ampia maggioranza la proposta e il Commissario ai Trasporti, prendendo atto della situazione di forte criticità, si vedeva costretto a ritirarla il successivo 8 marzo 2006.118
Passando ad un’analisi di maggior dettaglio, l’obiettivo e l’ambito di applicazione del secondo progetto di direttiva non erano sostanzialmente cambiati, in quanto il primo veniva individuato nell’applicazione della libertà, riconosciuta agli operatori europei, di prestare servizi portuali negli scali marittimi del continente, mentre il secondo riguardava i servizi tecnico-nautici di pilotaggio, rimorchio ed ormeggio, tutte le operazioni portuali (aventi ad oggetto, come riferito supra, la movimentazione del carico) nonché i servizi ai passeggeri, a patto che fossero svolti in scali marittimi o sistemi portuali ubicati nel territorio degli Stati membri il cui volume medio di traffico nel triennio antecedente superasse la cifra di 1.5 milioni di
118
In merito, VERNOLA M., Direttiva servizi portuali: motivi di un naufragio, in Dir. mar., 2006, p.
787 rileva: “[d]iversamente da quanto avvenuto nel 2003, il Parlamento europeo ha respinto la proposta di direttiva a larghissima maggioranza (532 voti favorevoli, 120 contrari e 25 astensioni). Si lamentava che la proposta non garantisse la trasparenza e la concorrenza leale tra i porti, e che essa non avesse recepito i suggerimenti espressi dal Parlamento sulla De Palacio 1 in merito all’autoproduzione ed ai servizi di pilotaggio”.
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tonnellate di carico e/o 200.000 persone transitate. Soglie queste ultime che, comparate con il Ports Package I, risultavano più che dimezzate.119
La proposta esplicitava due riserve significative da un punto di vista politico. In
primis, si affermava che la direttiva non avrebbe in alcun modo toccato la
legislazione sociale degli Stati Membri, comprese le regole in materia di salute, incolumità ed impiego di personale.120 Più in particolare, gli standard in materia non avrebbero potuto collocarsi a livelli inferiori rispetto a quelli fissati nel diritto comunitario applicabile. Parimenti, il provvedimento in esame faceva salvi i diritti e gli obblighi degli Stati membri in relazione all’ordine pubblico e alla sicurezza nei porti nonché alla protezione dell’ambiente.121 Ora, è evidente come entrambe cercassero di rispondere alle preoccupazioni, soprattutto a carattere sociale, che da più parti erano state manifestate nei confronti della prima proposta di direttiva del 2001 e che avevano già portato ad una sua parziale modifica nel corso del 2003.
Con specifico riferimento ai servizi ancillari alla navigazione, autorevoli commentatori122 hanno rilevato che la seconda proposta di direttiva non aveva mutato approccio al tema. Di conseguenza, salvo la parziale eccezione rappresentata dal pilotaggio, non si rinveniva alcuna distinzione in termini regolatori tra le prestazioni tecnico-nautiche e gli altri servizi portuali lato sensu intesi. In un simile quadro, dunque, dette attività rese alla nave potevano essere svolte solo in forza di “autorizzazioni” limitate nel tempo che consentivano l’accesso a tali mercati e, nel caso in cui questo fosse stato ristretto, si sarebbero dovute tenere delle gare d’appalto atte a garantire la possibilità di ingresso nel settore ai migliori operatori. D’altronde,
119
LIU H., Access to the Market of Port Services – the European Port Package II, in EHLERS P.– LAGONI R. (edited by), Maritime Policy of the European Union and Law of the Sea, LIT VERLAG Dr. W.Hopf, Hamburg, 2008, pp. 251-252.
120
Art. 4 del Ports Package II. 121
Art. 5 della seconda proposta di direttiva. 122
MUNARI F., The Impact on Technical-Nautical Services of the Second Proposal for a Port
137 anche nei riguardi di tali servizi ausiliari sarebbe valsa una presunzione di natura concorrenziale secondo cui in ogni scalo vi era una pluralità di erogatori in competizione tra loro. Inoltre, la proposta de qua non riteneva indispensabile dettare norme specifiche per regolamentare l’autoproduzione nelle prestazioni tecnico- nautiche rispetto a quelle afferenti le operazioni portuali.123
In proposito, bisogna riconoscere che nel secondo progetto di direttiva l’autoproduzione veniva limitata all’utilizzo di personale appartenente a postazioni a terra, di cui non fanno parte gli equipaggi di bordo.124 Invece, nel Ports Package I, le definizioni di self-handling erano diverse, in quanto, da un lato, nella versione del 2001 non era circoscritta all’avvalimento di forza lavoro a carattere terrestre; mentre, dall’altro, nella stesura di conciliazione elaborata nel 2003 comprendeva esclusivamente l’organico dei marittimi di bordo.
Ma c’è di più. Il secondo progetto di direttiva prevedeva che ogni Stato membro dovesse prendere tutte le misure necessarie a consentire, ove possibile l’autoproduzione. In termini concreti, i Paesi UE avrebbero avuto l’onere di assicurare che il rifiuto da parte delle autorità competenti di permettere, in relazione ad una o più categorie di servizi portuali, l’effettuazione degli stessi in autoproduzione potesse avvenire solo in presenza di limiti o ragioni oggettivi concernenti il rispetto delle norme di sicurezza, di protezione dell’ambiente nonché la capacità o lo spazio disponibile.125 Pertanto, in linea generale il diniego all’autoproduzione poteva giustificarsi unicamente con riferimento a fattispecie eccezionali e dai contorni nitidi.
123
Con l’eccezione, peraltro significativa, del pilotaggio, come illustrato da MUNARI F., The Impact
on Technical-Nautical Services of the Second Proposal for a Port Services Directive, cit., p. 49.
124
In senso leggermente difforme ACQUARONE G., Il piano regolatore delle Autorità Portuali, cit., p. 113, nota 61.
125
138
Quanto appena illustrato non deve tuttavia trarre in inganno, inducendo a ritenere che la proposta garantisse l’esecuzione del self-handling ad libitum. Infatti, l’autoproduzione risultava in base al nuovo testo sempre subordinata al rilascio di un’autorizzazione, laddove nella proposta del 2001 e anche nelle sue successive versioni emendate la decisione circa l’obbligatorietà di un previo provvedimento autorizzatorio veniva delegata ai singoli Stati membri. Tale autorizzazione sarebbe stata accordata in maniera efficiente ed opportuna, secondo parametri rilevanti e identici a quelli applicati agli erogatori di servizi portuali uguali o comparabili. Oltretutto, avrebbe mantenuto la sua vigenza fintantoché l’autoproduttore avesse rispettato i criteri posti a fondamento di una simile deliberazione.126
Inoltre, è bene precisare che, a tutela delle istanze dei lavoratori e contro il rischio di un uniformazione verso il basso degli standard qualitativi, le disposizioni della direttiva proposta dedicate all’autoproduzione non avrebbero comunque leso le legislazioni nazionali relative ai requisiti di esperienza, alle qualifiche professionali e in materia di occupazione e protezione sociale. Nello specifico, la seconda proposta includeva espressamente in tale riserva eventuali accordi collettivi.127 Tutto ciò a condizione che le regole interne ai Paesi UE fossero compatibili con gli obblighi assunti a livello internazionale dallo Stato membro e dall’Unione nonché con il diritto comunitario.128
D’altro canto, la proposta in commento ribadiva che nei casi in cui l’autoproduzione venisse assoggettata alla corresponsione di una tassa concepita quale contributo alle obbligazioni di pubblico servizio gravanti sugli erogatori di servizi tecnico-nautici, questa dovesse essere definita in conformità a criteri non discriminatori, trasparenti, oggettivi e pertinenti. Nondimeno, aggiungeva un ulteriore
126
Art. 13(3) del Ports Package II.
127
Art. 13(4) della seconda proposta di direttiva. 128
VAN HOOYDONK E., The European Port Services Directive: the Good or the Last Try?, cit., p. 81.
139 requisito, esprimendo l’esigenza di proporzionalità tra un simile tributo e i costi di mantenimento di tali obblighi di pubblico servizio.129
Infine, il Ports Package II non ha esitato a prevedere prescrizioni di maggior dettaglio per le operazioni portuali e i servizi passeggeri condotti, nell’ambito dei progetti “Autostrade del Mare” e “Navigazione a Corto Raggio”, in relazione a collegamenti marittimi regolari. Infatti, estendendo in termini innovativi il perimetro del self-handling, statuiva in merito a dette fattispecie che ciascun Paese UE fosse tenuto a riconoscerne il diritto all’autoproduzione, da attuarsi anche mediante l’utilizzo dell’equipaggio di bordo delle navi in questione.130
Considerazioni diverse merita, invece, il pilotaggio che, nella seconda proposta di direttiva, è risultato destinatario di una disciplina sui generis. Già nel dibattito concernente il progetto del 2001 ci si era chiesti se rientrasse o meno nell’ambito di applicazione del provvedimento, rispondendo in senso affermativo in virtù della natura commerciale del servizio. Orbene, nella proposta più recente l’attività in oggetto è stata beneficiata da uno statuto privilegiato, contraddistinto da minori attenzioni verso le spinte liberalizzatrici.131
Così, recuperando le intuizioni della bozza di conciliazione elaborata nel 2003, l’esenzione generalizzata dal pilotaggio obbligatorio o limitata ad alcune tipologie di
129
Art. 13(5) del secondo progetto di direttiva.
130
LIU H., op. cit., pp. 273-274. 131
Utilizza in merito l’espressione “Pilotage rule”,MUNARI F., The Impact on Technical-Nautical
Services of the Second Proposal for a Port Services Directive, cit., p. 58, che tuttavia mostra
perplessità rispetto alla scelta compiuta dal legislatore comunitario:
“Yet, the idea of singling out only pilotage among technical-nautical services may not be fully in line with a systematic and correct view of the categories of port services as generally established und understood, as well as codified by legislators and by the same ECJ case-law we have referred to above: in fact, there are port services related to cargo or passengers handling, and there are other services related to vessels and offered and organized mainly for non-economic reasons, i.e. safety and environmental protection. The latter are now widely known as technical-nautical services, and as such were also mentioned in the common project of the directive, albeit without providing them with a uniform set of rules”.
140
navi veniva ritenuta a tutti gli effetti quale forma di autoproduzione. In proposito, oltre a manifestare una preferenza per le dispense conseguite attraverso i pilotage
certificate exemption (PEC), la seconda proposta di direttiva enunciava che qualora
tali esoneri fossero dipesi da autorizzazioni, queste avrebbero dovuto essere trasparenti, non discriminatorie, oggettive ed appropriate.
Del resto, secondo il nuovo testo i Paesi UE avrebbero goduto della facoltà di concedere l’autorizzazione allo svolgimento delle prestazioni in esame solo dopo aver verificato il possesso di requisiti particolarmente stringenti relativi alle prerogative di pubblico servizio e alla sicurezza marittima. Difatti, la Commissione intendeva permettere la scelta di soluzioni modellate sulle peculiarità di ciascuno scalo. Prova ne sia il fatto che le autorità competenti avrebbero potuto riconoscere la natura obbligatoria del pilotaggio e formulare le regole organizzative più adeguate al contesto di operatività. In tal senso, si sarebbero giovate del potere di esigere che l’attività fosse compiuta da persone competenti, in grado di corrispondere a parametri equi e non discriminanti. Tuttavia, il ventaglio delle opzioni consentite dalla proposta era tanto ampio che, ove lo circostanze lo avessero permesso, le autorità avrebbero potuto attribuire l’erogazione delle prestazioni ad un unico operatore o, addirittura, riservarsi l’esecuzione delle stesse.132
In conclusione, il progetto contemplava forme di monitoraggio del quadro concernente il servizio in parola, prescrivendo agli Stati membri di redigere ed indirizzare all’organo esecutivo europeo dei report sulle misure adottate per
132
Art. 14 (1) della seconda proposta di direttiva. In merito, si rinvia alle interessanti considerazioni di CARBONE S.M.–MUNARI F., La disciplina dei porti tra diritto comunitario e diritto interno, cit., 2006, p. 298, nota 28.
141 implementare l’efficacia del pilotaggio al più tardi entro un lustro dall’entrata in vigore della direttiva.133