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La sentenza Corsica Ferries c Corpo Piloti del Porto di Genova

servizi tecnico-nautic

3.2.1 La sentenza Corsica Ferries c Corpo Piloti del Porto di Genova

In questa controversia l’operatore di linea Corsica Ferries, regolarmente attivo nella tratta compresa tra Genova e l’isola francese con due navi traghetto battenti

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BRIGNARDELLO M., La disciplina del lavoro portuale italiana e belga al vaglio della Corte di

Giustizia CE nelle sentenze Porto di Genova e Porto di Gand, in Dir. mar., 2000, p. 477 ss.;

CARBONE S.M.–CELLE P.–LOPEZ DE GONZALO M., op. cit., p. 158. 50

Più precisamente, Corte di Giustizia CE, 17 maggio 1994, causa C-18/93, pubblicata in Dir. mar., 1994, p. 542.

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Corte di Giustizia CE, 18 giugno 1998, C-266/96 in Raccolta, 1998, I, p. 3949 ss. e pubblicata in

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bandiera panamense, aveva chiesto al Presidente del Tribunale del capoluogo ligure l’emissione in suo favore di un decreto ingiuntivo nei confronti del Corpo dei Piloti del Porto di Genova per vedersi riconosciuto il rimborso della differenza esistente fra le tariffe di pilotaggio di base, applicategli nella fattispecie, e quelle ridotte di cui beneficiavano le navi ammesse al cabotaggio, ovvero, ai trasporti tra due scali del Belpaese.52 Laddove, all’epoca dei fatti, solo le navi di nazionalità italiana potevano ottenere una simile licenza. Nello specifico, il ricorrente aveva ravvisato in tale difformità tariffaria gli estremi per una discriminazione contrastante con le norme sulla concorrenza e libertà di prestazione dei servizi contenute nel Trattato di Roma.53

Il Tribunale di Genova sottoponeva cinque questioni pregiudiziali, volte a verificare senz’altro la compatibilità della normativa italiana che diversificava i profili tariffari di questo servizio tecnico-nautico privilegiando il naviglio nazionale, ma anche l’ammissibilità di disposizioni o prassi di uno Stato membro che imponessero agli armatori di avvalersi obbligatoriamente di un’impresa di pilotaggio, quando le stesse prestazioni potessero essere effettuate a minor costo, in toto o parzialmente, con risorse umane, tecniche e meccaniche in dotazione alla nave. Ciò,

ça va sans dire, senza pregiudizio o rischio alcuno per la sicurezza della navigazione

nei bacini interessati. Inoltre, i giudici genovesi richiedevano alla Corte di Giustizia di accertare se l’approvazione da parte della pubblica autorità di una tariffa obbligatoria, risultato di accordi e concertazioni tra le associazioni di categoria degli erogatori di tali servizi, non rappresentasse una forma di assenso verso un’intesa preclusa in base all’art. 85, n. 1 del Trattato CE54 e, in caso affermativo, se una simile

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Per queste ragioni la pronuncia è anche denominata mediante l’acronimo Porto di Genova II, appellativo che, pur distinguendo la decisione in esame da quella del dicembre 1991 in tema di operazioni portuali, individua un collegamento tra esse basato sull’elemento territoriale comune. 53

BRIGNARDELLO M., Sulla compatibilità delle tariffe di pilotaggio nel porto di Genova con le

regole comunitarie in tema di libera concorrenza (artt. 86 e 90 Trattato CE), in Dir. mar., 1998, p.

1303. 54

 111 situazione fosse conciliabile con il dettato dell’art. 90 n. 1 del Trattato CE55. Infine, con riferimento al combinato disposto di quest’ultima norma con l’art. 86 del Trattato CE56, sollecitavano i giudici di Lussemburgo a vagliarne la compatibilità rispetto a regole nazionali che permettessero ad un’impresa dominante, titolare di diritti esclusivi in un segmento sostanziale del mercato comune, di praticare condizioni dissimili a fronte di prestazioni equivalenti a vascelli in servizio di linea regolare tra due Stati membri, triplicando le tariffe per i bastimenti esteri, e, al contempo, di lasciare inalterati i costi di un servizio obbligatorio, come il pilotaggio nella fattispecie, ove i vettori fossero capaci di operare autonomamente, nel pieno rispetto delle esigenze ivi sottese.

Nella disamina della questioni sottoposte, la Corte di Giustizia negava tuttavia la propria competenza a pronunciarsi su di esse nel momento in cui fossero prive di collegamenti con i fatti o con l’oggetto della causa principale e, pertanto, non risultassero necessarie a consentirne la soluzione.

In dettaglio, coerentemente con questa impostazione, i giudici europei constatavano che la domanda di cui era stato investito il Tribunale di Genova riguardava soltanto l’asserita discriminatorietà dell’aliquota tariffaria corrisposta da Corsica Ferries, non toccando né il carattere obbligatorio del servizio di pilotaggio, né i criteri di fissazione della tariffa o l’ininfluenza su di essa dell’attrezzatura tecnica della nave. Preso atto dei confini effettivi del petitum, limitavano dunque la propria analisi ai temi dell’osservanza del principio di non discriminazione nell’applicazione delle tariffe e del divieto di pratiche abusive ad opera di imprese pubbliche.57

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Secondo la numerazione attuale del TFUE, art. 110. 56

Art. 106 TFUE. 57

Per la precisione, i giudici di Lussemburgo ritenevano di dover risolvere soltanto le seguenti questioni pregiudiziali: la prima, la terza e le prime due parti della quinta.

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Ora, poiché ad avviso della Corte l’applicazione degli artt. 5 e 7 del Trattato, relativi rispettivamente al dovere degli Stati membri di garantire l’esecuzione degli obblighi scaturenti dallo stesso strumento pattizio e al divieto di discriminazione basata sulla nazionalità, attesa la loro formulazione generica, avrebbe avuto luogo solo in assenza di disposizioni più specifiche, la questione concernente la differenziazione nel regime tariffario veniva scrutinata alla luce dell’art. 59 del Trattato58, norma che declinava nel campo della libera prestazione dei servizi il principio generale di non discriminazione. Nondimeno, anche quest’ultima non risultava utilizzabile nell’ambito dei trasporti marittimi per il fatto che, ratione

materiae, si sarebbero dovute adoperare le lenti fornite dal titolo del Trattato

appositamente dedicato al settore dei trasporti. Ebbene, proprio in forza delle disposizioni presenti in esso, il Consiglio aveva adottato il regolamento (CEE) 22 dicembre 1986 n. 4055, che attuava il principio della libera prestazione dei servizi nelle vezioni marittime tra Stati membri nonché fra questi e Paesi terzi. L’art. 1 di tale provvedimento enunciava chiaramente come la libertà in parola fosse applicabile

ratione personae “ai cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro

diverso da quello del destinatario dei servizi”, non riferendosi né alla bandiera né all’immatricolazione delle navi gestite dal vettore.59

Il casus in commento esulava dunque dall’ambito meramente interno, come sostenuto invece dal Governo italiano, poiché il principio di non discriminazione in base alla nazionalità poteva essere utilmente invocato nei riguardi di uno Stato membro da parte di imprese ivi stabilite qualora i servizi venissero erogati a destinatari radicati in un altro Paese dell’Unione. Il regolamento n. 4055 del 1986 ricomprendeva allora la fattispecie in esame, con indubbi riflessi nella valutazione del regime tariffario. Essendo riscontrabile, secondo le osservazioni della Corte, una       

58

Oggi articolo 66 TFUE. 59

LONGOBARDI R., I porti marittimi nella legge 28 gennaio 1994 n. 84 (aggiornata con la legge 23

 113 tendenziale corrispondenza tra il naviglio battente bandiera di uno Stato e la titolarità della gestione in capo ad operatori economici dello stesso, un meccanismo di determinazione delle tariffe caratterizzato da un trattamento preferenziale per le navi ammesse al cabotaggio, come quello di cui si tratta, avrebbe comportato una discriminazione indiretta tra i vettori in ragione della loro immatricolazione e, quindi, nazionalità.60

Alla luce di simili considerazioni, l’art. 1 del regolamento n. 4055 del 1986 vietava pertanto agli Stati membri di esigere, in relazione a servizi di pilotaggio identici, tariffe differenziate in base all’ammissione o meno al cabotaggio marittimo, attesa la sua riserva in favore dei vascelli di bandiera di tale Paese.61

In proposito, giova sottolineare un dato significativo: la Corte ha rilevato come esigenze di sicurezza della navigazione, politica nazionale dei trasporti o tutela dell’ambiente62 se, da un lato, motivino un intervento di natura pubblicistica nel settore in questione,63 dall’altro, non riescano a giustificare detta tariffazione diversificata in quanto inutile al conseguimento dei fini suindicati.

Ma c’è di più. Come anticipato pocanzi i giudici di Lussemburgo decidevano di esprimersi anche in merito a profili più prettamente concorrenziali, cercando di appurare se gli artt. 8664 e 90 n. 165 del Trattato dovessero essere interpretati in senso ostativo rispetto al comportamento adottato da un’autorità nazionale che permettesse

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CARBONE S.M.–MUNARI F., Gli effetti del diritto comunitario sulla riforma portuale, cit. p. 67. 61

LONGOBARDI R., I porti marittimi nella legge 28 gennaio 1994 n. 84 (aggiornata con la legge 23

dicembre 1996, n. 647), cit., p. 300.

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Secondo le argomentazioni addotte dal Corpo dei Piloti del Porto di Genova e dal Governo italiano per spiegare cotanta variazione tariffaria.

63

In proposito, ACQUARONE G., Le attività di promozione, programmazione e regolazione delle

Autorità portuali, in Dir. mar., 2008, pp. 769-770, soprattutto nota 132.

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Oggi articolo 106 TFUE. 65

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ad un soggetto imprenditoriale,66 cui riconosceva l’esclusività del diritto di erogare servizi di pilotaggio obbligatorio in un segmento consistente del mercato comune, l’applicazione di tariffe diversificate in base al carattere nazionale o meno del trasporto effettuato, per cui si registravano le suddette variazioni allorché le navi provenissero o fossero destinate in scali degli altri Stati membri.

In merito, la Corte osservava come la corporazione, beneficiando del diritto esclusivo di prestare il servizio di pilotaggio obbligatorio nel porto ligure in base ad un’investitura promanante dalla pubblica amministrazione, versasse in una situazione di monopolio legale. Quest’ultima, inoltre, veniva esercitata su di uno scalo, quello genovese, con significativi volumi di traffico e rilevante per le importazioni ed esportazioni marittime dell’Italia, di talché riguardava una parte sostanziale del mercato comune. Per queste ragioni il Corpo dei Piloti recava i connotati dell’impresa in posizione dominate agli effetti dell’art. 86 del Trattato67. Ora, se un simile quadro non risultava di per sé incompatibile con il diritto comunitario, finiva per porsi in contrasto con esso nel momento in cui l’approvazione ad opera del potere pubblico delle tariffe fissate dalla corporazione la inducesse a sfruttare abusivamente la rilevata posizione dominante, mediante l’impiego di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti. Ciò determinava uno svantaggio competitivo per alcuni contraenti a beneficio di altri, con effetti distorsivi sulle dinamiche concorrenziali. Inoltre, posto che nella fattispecie le pratiche discriminatorie incidevano sull’attività di vettori impegnati nei collegamenti tra due Stati membri, quali Italia e Francia, queste potevano pregiudicare il commercio intracomunitario.68

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BRIGNARDELLO M., Sulla compatibilità delle tariffe di pilotaggio nel porto di Genova con le

regole comunitarie in tema di libera concorrenza (artt. 86 e 90 Trattato CE), cit., p. 1306, che

sottolinea come in ambito europeo non fosse stata chiarita la natura pubblica o privata della Corporazione dei Piloti.

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Articolo 106 TFUE, secondo la nuova numerazione. 68

LONGOBARDI R., I porti marittimi nella legge 28 gennaio 1994 n. 84 (aggiornata con la legge 23

 115 La Corte concludeva quindi il proprio ragionamento ravvisando l’esistenza di un conflitto tra i meccanismi appena descritti e le norme del Trattato volte a presidiare la concorrenza tra gli Stati membri e, soprattutto, a prevenire lo sfruttamento abusivo da parte di un’impresa in posizione dominante, rappresentata nel caso di specie dalla corporazione dei piloti. Quest’ultima, beneficiando del diritto esclusivo di erogare servizi a carattere obbligatorio e in forza dell’approvazione di un’autorità nazionale, aveva facoltà di diversificare iniquamente le tariffe tra i vari soggetti armatoriali, con conseguenze pregiudizievoli per i commerci all’interno della Comunità.