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NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO SPAGNOLO

1 I SOGGETTI COLLETTIVI

1.1 I GRUPPI RELIGIOSI O “COMUNITÁ”.

All’interno dell’ordinamento giuridico spagnolo, il diritto di libertà religiosa incontra il suo massimo riconoscimento233 nell’art.

16.1 della Costituzione (CE), che si trova nella sessione I del Capitolo II, Titolo I, che si occupa “Dei diritti fondamentali e delle libertà

233 L. RUANO ESPINA, Posiciòn jurìdica de las confesiones y minorìas religiosas en España, in Il Diritto Ecclesiastico, II, 2003, p. 557. In realtà sono importanti altre due norme della Costituzione: l’art. 1.1 che afferma “la Spagna si costituisce in Stato sociale e democratico di diritto, che propugna come valori superiori del proprio ordinamento la libertà, la giustizia, l’eguaglianza e il pluralismo politico” e l’art. 22 che riconosce il diritto di associazione (riconosciuto anche dalla Ley Organica n. 1 del 22 marzo 2002 che sostituisce la vecchia Ley de Asociaciones n. 191 del 24 dicembre 1964), a diversi tipi di gruppi, escludendo logicamente

“quelle che perseguono fini o utilizzano mezzi vietati dalla legge penale”, come “le associazioni segrete e quelle a carattere paramilitare”, che sono proibite. Se ne deduce che la Costituzione ammette la possibilità e riconosce anche il diritto di creare associazioni religiose.

pubbliche”. Essa garantisce il diritto alla “libertà religiosa, ideologica e di culto degli individui e delle comunità, senza altra limitazione, nelle sue manifestazioni, oltre quella necessaria per il mantenimento dell’ordine pubblico protetto dalla legge”. L’art. 16.3 continua:

“nessuna confessione ha carattere religioso. I pubblici poteri tengono conto delle credenze religiose della società spagnola e mantengono le conseguenti relazioni di cooperazione con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni”.

Quindi, l’art. 16.1 assicura il diritto di libertà religiosa, tanto a livello individuale, quanto a livello collettivo. Il fenomeno sociale religioso dà la possibilità di delimitare una serie di soggetti con caratteristiche proprie, “alcuni sono persone fisiche che, in ragione della loro appartenenza confessionale, diventano protagonisti del libero sviluppo personale all’interno della propria dimensione religiosa, e titolari di diritti e doveri speciali; altri sono gruppi confessionali nei quali l’individuo si integra, che possono essere atipici, come le associazioni religiose e tipici, come le confessioni; e poi ci sono altri soggetti non confessionali che possono diventare oggetto di attenzione per il diritto ecclesiastico quando si relazionano giuridicamente con lo Stato (tramite accordi), o con enti minori, come le Comunità Autonome, le province, etc.”234.

Nell’art. 16 della Costituzione, il Costituente spagnolo utilizza due concetti diversi: il termine “comunità” dell’art. 16.1, e le

“confessioni” dell’art. 16.3 (termine che qui viene utilizzato due volte:

la prima specificando che “nessuna confessione ha carattere statale”, e

234 M. LÓPEZ-ALARCÓN, Confesiones y entidades religiosas, in Derecho eclesiástico del Estado Español, Pamplona, 1996, p. 219.

la seconda, per stabilire che sono “la Chiesa cattolica e le altre confessioni”, i soggetti con i quali lo Stato deve cooperare).

Come afferma la maggiore dottrina235, qui il termine

“comunità” assume un significato generale, nel senso di opporre la titolarità collettiva del diritto di libertà religiosa, alla titolarità individuale.

La realtà dimostra che esistono molti gruppi religiosi, che però non considerano necessaria una loro tutela specifica da parte dell’ordinamento spagnolo, come può essere il riconoscimento della personalità giuridica come ente religioso, ma una semplice tutela generale, come quella dell’art. 16.1236.

“Quando la Costituzione garantisce la libertà ideologica, religiosa e di culto realizza una tutela di queste libertà in forma estesa ed indiscriminata. Viene, cioè garantita la libertà ideologica a qualunque comunità, anche se il suo contenuto non presenta questa caratteristica. E così succede con la libertà religiosa che viene garantita a tutte le comunità anche se la natura o ragione d’essere della sua esistenza, non è religiosa. Ed è a partire da questo principio che si

235 Cfr., J. M. VÁZQUEZ GARCÍA-PEÑUELA, Posiciòn jurìdica de las confesiones religiosas y de sus entidades en el ordenamiento juridico español, in Tratado de Derecho eclesiástico, Pamplona, 1994, pp. 546 ss.; I. C. IBÁN; , L. P. SANCHÍS, A. MOTILLA, Curso de Derecho eclesiástico, Madrid, 1997, pp. 159-160; J. GOTI, Sistema de Derecho eclesiástico del Estado, 2 ed., Zarauts, 1994, pp 433 ss.; M. LÓPEZ ALARCÓN, Confesiones y entidades religiosas, in Derecho eclesiástico del Estado español, Pamplona, 1996, pp. 219, 220 e 226; D. GARCÍA-HERVÁS, Las confesiones religiosas y sus entes, in VV. AA., Manual de derecho eclesiástico, Pamplona, 1996, p. 158.

236 Per uno studio su questi gruppi religiosi atipici nella dottrina, cfr., I. C. IBÁN, Grupos confesionales atipicos en el derecho eclesiástico español vigente, in Estudios de Derecho canonico y de Derecho eclesiástico en homenaje al Professor Maldonado, Madrid, 1983, pp. 271-303.

afferma che tutte le comunità, comprese quelle religiose, sono soggetti del diritto di libertà religiosa”237.

Purtroppo, quest’atteggiamento dottrinale trova difficoltà a svilupparsi nell’ordinamento. Si è scritto: “quale che sia la intenzione del Costituente riguardo questo tema, quello che oramai appare chiaro, è che la restante dottrina, il legislatore e la giurisprudenza hanno dimenticato il riferimento che la Costituzione fa alle “comunità”, e alludono in modo praticamente unanime, solo alle confessioni come titolari legittimi di tale diritto fondamentale”238.

L’art. 16.2, infine, afferma che “nessuno potrà essere obbligato a fare dichiarazioni circa la propria ideologia, religione o credenza”, stabilendo, in questo modo, un ambito di immunità personale del singolo soggetto, che include il “diritto a non pronunciare o fare dichiarazioni in pubblico o in privato circa, appunto, la propria ideologia, le proprie convinzioni religiose, l’appartenenza o non appartenenza a una determinata confessione”239.

Il vocabolo “religione”, utilizzato in questa norma, è interpretato dalla dottrina come sinonimo di gruppo religioso o confessionale, cioè, un “gruppo organizzato intorno a una idea

237 Cfr., J. M. VÁZQUEZ-GARCÍA PEÑUELA, Posiciòn jurìdica, cit., pp. 547-548. La stessa idea la esprime M LÓPEZ-ALARCÓN, Confesiones y entidades religiosas, cit., p. 220. L’A.

afferma che “i gruppi sociali religiosi (in generale) sono configurati come soggetti del Diritto ecclesiastico, in quanto godono della garanzia e della tutela generica o comune che deriva dai principi supremi dell’ordinamento statale, principalmente dal diritto di libertà religiosa, con i limiti stabiliti dalle norme giuridiche , come l’art. 16.1 della Costituzione spagnola, l’art. 3 della Ley Organica de Libertad Religiosa. Si considerano come soggetti del diritto di libertà religiosa collettiva, protetti dall’art. 9.2 della Costituzione spagnola, anche se non sono persone giuridiche e non hanno una organizzazione. Sono gruppi spontanei che non pretendono formalizzarsi conformemente al Diritto ecclesiastico.

238 I. C. IBÁN, El sistema de fuentes del Derecho eclesiàstico, in AA. VV., Curso de derecho eclesiástico, Universidad Complutense, Facultad de Derecho, Madrid, pp 159-160.

239 L. RUANO ESPINA, op. ult., cit., p. 558.

religiosa240”, o “un insieme di religioni unite nella esistenza di un Essere supremo e nella condotta che l’individuo deve avere nei suoi confronti”241.

Passiamo, ora, ad analizzare gli altri soggetti collettivi, cui fa riferimento l’art. 16, e cioè le confessioni242. Particolare attenzione deve essere, poi, rivolta alle minoranze linguistiche e alle sette, che stanno registrando, negli ultimi anni, un preoccupante aumento.

1.2 -LE CONFESSIONI RELIGIOSE.

A) NELLA DOTTRINA

Prima di tutto bisogna dire che non esiste nell’ordinamento giuridico spagnolo una definizione di “confessione religiosa”. C’è chi ha definito confessione religiosa “una associazione con un corpo dottrinale differenziato dalle altre: con un culto, una dottrina e una cultura propria; e con un sistema etico che, d’accordo con la dottrina, dia risposta alla condotta morale dei suoi membri nella società”243.

E ancora chi, nell’intento di avvicinarsi alla nozione di confessione religiosa, partendo dai suoi elementi, ha proposto una identificazione attraverso i seguenti requisiti: stabilità, organizzazione, normazione propria e vincolo ad una idea di Dio o dell’Universo244.

240 A. MARTINEZ BLANCO, Derecho eclesiástico del Estado, vol. I, Madrid, 1994, p. 334.

241 I. C. IBÁN, Las confesiones religiosas, in AA. VV. Curso de derecho eclesiástico, cit., p. 220.

242 T. BLANCO, La actuaciòn de las confesione religiosas y sus entidades en el trafico jurìdico civil, in Anuario de Derecho eclesiástico del Estado. Pamplona, 2000, pp. 19-20.

243 S. BUENO, El ambito de amparo del derecho de libertad religiosa y las asociaciones, in Anuario de Derecho eclesiástico del Estado, 1985, p. 183.

244 I. C. IBÁN, Las confesiones religiosas in AA. VV., Curso de derecho eclesiástico, cit., p. 217.

In questa analisi, risulta importante stabilire il punto di partenza, la Costituzione del 1978. L’approvazione di questa norma ebbe una incidenza fondamentale in tutti gli ambiti della vita giudica spagnola, e il diritto di libertà religiosa non fu una eccezione. Si passò da un secolare regime di aconfessionalità dello Stato, e di semplice tolleranza nei riguardi delle altre religioni, che godevano di un certo riconoscimento giuridico tramite il diritto di associazione(art. 22 CE), a un regime aconfessionale.

I nuovi principi ispiratori dell’ordinamento giuridico in materia religiosa sono: il principio di libertà religiosa, il principio di laicità dello Stato245, il principio di eguaglianza e il principio di cooperazione dello Stato con le confessioni246.

Tutto ciò è importante per capire quale è lo status che i diversi gruppi religiosi hanno nell’ordinamento civile. Risulta decisivo, a questo riguardo, l’art. 16.3 che continua: “nessuna confessione ha carattere statale. I poteri pubblici tengono conto delle credenze religiose della società spagnola e mantengono le conseguenti

245 Cfr., J. A. SOUTO PAZ, Derecho eclesiàstico del Estado. El derecho de la libertad de ideas y de creencias, 2 ed., 1993, Ediciones Jurìdicas Marcial Pons, p. 74-75. Il principio di libertà religiosa definisce la identità dello Stato di fronte alla fede religiosa, mentre il principio di laicità definisce il modo di procedere dello Stato in relazione al fattore religioso. Da tale principio si possono dedurre alcune conclusioni: 1- Valutazione positiva del fatto religioso. Il riconoscimento della presenza di valori e sentimenti religiosi dei cittadini è una conseguenza della considerazione del fattore religioso come fattore sociale. Quindi il rispetto dei poteri pubblici nei confronti della fede religiosa è un effetto del rispetto della dignità della persona umana , della sua intimità e dello sviluppo della sua personalità. 2- Protezione del pluralismo religioso. La propria incompetenza in materia religiosa, esime lo Stato da una condizione di guardiano o custode di una determinata religione. La sua missione, diventa, al contrario, quella di proteggere e garantire il pluralismo religioso, in maniera che possano coesistere confessioni e credenze religiose differenti, senza creare alcuna situazione di privilegio. 3- L’aconfessionalità dello Stato. Lo Stato non deve, in alcun modo, accettare o proteggere in maniera differenziata la confessione religiosa sociologicamente maggioritaria, che è incompatibile con il principio di libertà religiosa e la Costituzione spagnola.

246 Cfr. P. J. VILADRICH–J. FERRER ORTIZ, Los principios informadores del Derecho eclesiástico español, in Derecho eclesiástico del Estado Español, Pamplona, 1993, pp. 165-226.

relazioni di cooperazione con la Chiesa cattolica e con le altre Confessioni”.

Qui bisogna analizzare i due precetti separatamente.

Affermando che “nessuna religione ha carattere statale”, il Costituente vuole esprimere la aconfessionalità dello Stato, nel senso che l’ordinamento non può realizzare un giudizio a favore di una determinata confessione. In questo senso, l’espressione confessione viene più utilizzata con lo stesso significato che si attribuisce al termine religione, cioè, l’insieme di religioni derivanti dalla esistenza di un Essere supremo e l’attitudine dell’individuo nei suoi confronti.

Ma non è questa la nozione di confessione che ci interessa.

Per quanto riguarda, invece, il secondo precetto, il concetto sembra avere un significato diverso: non si tratta di credenze religiose, ma di insiemi di individui strutturati attorno a una medesima fede religiosa alla quale si dà appunto il nome di “confessione”.

In questo caso basterebbe dare una definizione di religione, ma il diritto non può definire ciò che è religione247; può definire, e di fatto lo fa, le manifestazioni religiose suscettibili di protezione, però quello

247 In realtà ci sono studiosi che hanno cercato di definire in cosa consista una religione. Tra questi, per es.: S. BUENO SALINAS, El ambito de amparo del derecho de libertad religiosa y las asociaciones, p. 185; Id., Confesiones y entes confesionales en el derecho español, in Anuario de derecho eclesiástico del Estado, 1988, pp. 107-133. Questo A. segnala che quattro sono le caratteristiche che definiscono in maniera specifica il fatto religioso: l’esistenza dell’atto di fede, dottrina, attività culturali, implicazioni morali. Questo intento di definire cosa è religioso finisce, necessariamente, nella tautologia. Cercando di definire ciascuna di queste caratteristiche, si finisce per includere nella definizione la espressione “religione”, che è poi quello che si voleva spiegare, in modo da differenziarla dalle altre attività dell’individuo. Se le implicazioni morali non sono esclusive della religione, allora dobbiamo concludere che, qui, ci stiamo riferendo a quelle implicazioni morali che hanno un origine religiosa; l’attività culturale, se non ha una origine religiosa, non si differenzia, per esempio, da determinati riti che derivano da semplici convenzioni sociali: la dottrina, non è esclusiva della religione, a meno che non sia espressamente religiosa; per quanto, infine, riguarda l’atto di fede, basandosi su credenze che non possono essere spiegate scientificamente, può essere anche più ampio della fede in un Essere Supremo.

che è religioso o non lo è, dipende solo dalla libera decisione del singolo individuo.

Però, il fatto che il concetto di religione sia estraneo al mondo del diritto e il fatto che le confessioni religiose siano gruppi che basano la loro origine nella religione, non impedisce, comunque, di dare una definizione di confessione. Ancora una volta, non si tratta di un concetto che la dottrina scientifica possa definire a priori dai dati forniti dall’ordinamento248, ma che devono essere dedotti da questo249.

Fin dai primi commenti al testo costituzionale, la dottrina ha sempre cercato di dare una definizione di confessione, con molte difficoltà.

Forse, la ragione per la quale la dottrina non è arrivata, ancora, a un punto d’arrivo, si può spiegare “a causa della diversità di fattori, determinanti per la dottrina, utilizzati dagli autori” 250.

Tre sono le tesi più importanti, le quali fanno tutte riferimento alla dottrina italiana, di cui ho già parlato nel primo capitolo. Non bisogna dimenticare che la Costituzione spagnola è del 1978, e quindi, molto più recente rispetto a quella italiana.

248 Cfr., I. ZABALZA, Confesiones y entes confesionales en el ordenamiento jurìdico español, in Anuario de derecho eclesiástico, 1987, p. 254. L’A. propone che per confessione “si debba intendere quella organizzazione esterna posta a capo dei membri di una determinata religione, attraverso la quale si sentono uniti in uno o più….ai quali offrono un culto”. Questo, da una parte, ci obbliga a definire in che cosa consista la religione; dall’altra, conduce all’ipotesi assurda che lo Stato dovrebbe poi verificare se realmente si svolgano atti di culto, e in caso contrario privare tale religione dello status di confessione.

249 Cfr., I. C. IBÁN, Las confesiones religiosas, in AA. VV., Curso de derecho eclesiástico, cit., p.

220-221.

250 M. LÓPEZ-ALARCÓN, Confesiones y entidades religiosas, cit., p. 223. Nei suoi studi, l’A. fa molto riferimento ai dati offerti dalla dottrina italiana, che affrontò, per prima, la questione. Se ne deduce che, per lui, queste conclusioni sono perfettamente trasferibili nell’ambito spagnolo.

1) Tesi empirica.

Per gli autori che difendono questa tesi è impossibile elaborare un concetto formale e unico di segno giuridico. Il legislatore, non avendo delineato un concetto giuridico di religione, fa riferimento alla nozione sociale di confessione religiosa, così come viene vista nella coscienza collettiva.

Si può utilizzare, pertanto, il concetto empirico del comune sentire, perché “è abbastanza chiaro nella esperienza e nella coscienza di ciascuno di noi, ciò che è confessione religiosa da ciò che è ente sociale251”. Importante è sapere che le confessioni sono gruppi preesistenti, e in un certo modo indipendenti dallo Stato.

Questa tesi non è stata molto accettata dalla dottrina, dovuto soprattutto al fatto che non è facile percepire il pensiero sociale. Il criterio sociologico può essere solo accessorio al criterio giuridico; ma non può mai essere il criterio principale252.

2) Tesi ontologica.

Secondo altri autori il punto centrale sta nella finalità religiosa dell’associazione e, di conseguenza, la nota peculiare che caratterizza le confessioni è la persecuzione di un fine propriamente religioso, così come l’esistenza di un insieme di principi che ruotano attorno a Dio e l’uomo, e, per finire, un complesso di riti che caratterizzino il

251 A. C. JEMOLO, Premesse ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano, Giuffrè, 1969, pp 140-141;

A. C. JEMOLO, Corso di diritto ecclesiastico, Roma, Laterza, 1944, p. 202; A. C. JEMOLO, Lezioni di diritto ecclesiastico, Milano, Giuffrè, 1961, p. 96; F. BARILLARO, Considerazioni preliminari sulla confessione religiosa diversa dalla cattolica, Milano, Giuffrè, 1968, p. 119-122.

252 L. RUANO ESPINA, op.ult., cit., p. 554.

gruppo253. Secondo questo pensiero, l’importante è la finalità religiosa del gruppo, che si esprime nel culto254.

3) Tesi istituzionale.

Per questo terzo gruppo di autori, ciò che definisce una confessione è la sua dimensione organica e istituzionale255.

“Le confessioni sono le comunità permanenti di persone unite dal vincolo della fede comune, caratterizzate dalla esistenza di una organizzazione e regolazione giuridica scritta, per la persecuzione di determinati scopi religiosi. Queste si presentano compatte di fronte allo Stato e dotate degli elementi propri degli ordinamenti giuridici”256.

È questa la teoria dominante nella dottrina spagnola, perché è la più adeguata ai principi costituzionali e legali, connessi al fenomeno religioso257.

253 Tra i vari autori, cfr.: T. MAURO, Considerazioni sulla posizione dei ministri acattolici nel diritto vigente, in AA. VV., Studi in onore di Vicenzo del Giudice, II, Milano, Giuffrè, 1953, pp.

112 ss.

254 T. BLANCO, La actuaciòn de las confesiones religiosas y sus entidades en el trafico jurìdico civil, cit., p. 22.

255 T. BLANCO, op. ult., cit., p. 23. Secondo questa autrice una “confessione è un gruppo sociale, un insieme di individui che preesistono allo Stato e sono, quindi, indipendenti; il fine religioso è il loro scopo esclusivo e immediato e, per raggiungerlo, il gruppo si costruisce una struttura dotata di una organizzazione propria e con un ordinamento proprio.

256 M. LÓPEZ-ALARCÓN, Confesiones y entidades religiosas, cit., p. 225, il quale parafrasa P.

GISMONDI, Lezioni di diritto ecclesiastico. Stato e confessione religiosa, Milano, Giuffrè, 1965, p. 84; IDEM, La autonomia delle confessioni acattoliche, in Raccolta di scritti in onore di A. C.

Jemolo, vol. I, Milano, Giuffrè, p. 642.

257 L. RUANO ESPINA, Posiciòn jurìdica de las confesiones y minorìas religiosas en España, cit., p. 555.

B) NELLA COSTITUZIONE.

Fino ad ora abbiamo apportato i dati derivanti dalla dottrina.

Ora bisogna tornare nuovamente all’art. 16.3 della Costituzione spagnola, e precisamente al secondo precetto, in cui si istituzionalizza, per così dire, il principio di cooperazione. Dal testo si deduce l’obbligo per lo Stato di collaborare con le confessioni o, che è lo stesso, di agevolare il reale esercizio del diritto di libertà religiosa e, pertanto, il libero svolgimento delle sue attività.

Per delimitare quali sono queste confessioni con le quali lo Stato si impegna a cooperare, il legislatore fornisce due indicazioni:

“le credenze religiose della società spagnola”, che i poteri pubblici devono tenere in considerazione, come presupposto per stabilire una cooperazione; e la menzione finale alla “Chiesa cattolica e alle altre confessioni”, da cui di deduce che, per il diritto spagnolo, la Chiesa cattolica è una confessione258.

D’altra parte, non bisogna dimenticare che al momento in cui fu firmata la Costituzione del 1978, questa era l’unica confessione religiosa che godesse nell’ordinamento giuridico spagnolo di una posizione di privilegio riconosciuta dallo Stato, con il quale aveva firmato vari accordi, tra i quali gli Accordi concordatari, che verranno

258 T. BLANCO, La actuaciòn de las confesiones religiosas y sus entidades en el trafico jurìdico civil, cit., p. 24. Riguardo alla menzione costituzionale alla Chiesa cattolica, più che un vestigio dell’antica aconfessionalità dello Stato, se ne deduce che , al momento di introdurre il concetto di confessione, il Costituente abbia avuto in mente la Chiesa cattolica, come prototipo di confessione.

Questo tema è stato ampiamente elaborato dalla dottrina: A. MARTÍNEZ BLANCO, Derecho eclesiástico del Estado, cit., p. 334.

sottoscritti solo pochi giorni dopo, il 3 gennaio del 1979 (che sostituiscono il precedente Concordato del 1953)259.

Invece, per quanto riguarda “le credenze religiose della società spagnola”, un’altra nota tipica che può essere dedotta dalla Costituzione è che bisogna tener conto di tutte le religioni radicate nella collettività spagnola, non solo di “quella dei cittadini spagnoli, ma di tutti coloro che risiedono nel territorio spagnolo, abbiano o non abbiano la nazionalità spagnola”260.

Questa clausola dell’art. 16.3 “collega il dato religioso con il

Questa clausola dell’art. 16.3 “collega il dato religioso con il