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I tentativi di riforma organica del codice

I progetti che hanno preceduto il varo della riforma del

1. I tentativi di riforma organica del codice

A fronte delle molteplici censure provenienti dall’Europa in materia di contumacia per violazione delle garanzie del giusto processo, più volte è stata sentita l’esigenza da parte del legislatore di introdurre delle modifiche a tale disciplina.

La copiosa giurisprudenza di Strasburgo ha affermato che il giudizio in assenza è compatibile con le garanzie espresse dall’art. 6 CEDU solamente qualora il soggetto abbia avuto conoscenza dell’esistenza di un procedimento a suo carico, il cui accertamento grava sull’autorità giudiziaria e qualora gli si garantisca la possibilità di celebrare il processo come forma di restitutio in integrum e cioè la riapertura della procedura in tempo utile oppure la possibilità di far nuovamente giudicare l’interessato79.

Nel nostro sistema processuale accanto a meccanismi di notificazione che garantiscono alle parti la conoscibilità degli atti di vocatio in iudicium , figurano degli strumenti la cui finalità dovrebbe essere quella di rimediare al fallimento dei primi.

Tuttavia il sistema delle notificazioni risulta imperfetto, non garantisce la conoscenza degli atti80 e attribuisce un’ eccessiva discrezionalità al giudice nello

stabilire quali siano le circostanze idonee a ritenere integrata la conoscenza. Con riguardo invece ai rimedi previsti dal legislatore nei confronti del contumace, questi si sono rivelati inadeguati a garantirgli la stessa posizione processuale in cui avrebbe dovuto trovarsi qualora non si fosse legittimata la celebrazione del processo nella sua assenza incolpevole.

Peraltro, nella Relazione al progetto di legge delega elaborato dalla Commissione

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V. a tal proposito C. eur. dir. uomo, 10 novembre 2004, caso Sejdovic c. Italia, ricorso n.56581

80

Riccio81, si sostiene che “la contumacia sarebbe incompatibile con il sistema accusatorio nel quale, in coerenza con la posizione attiva riconosciuta all’imputato, gli si impone l’onere di partecipare al processo”.

Tuttavia c’è chi ritiene che il nostro codice sia indifferente alla partecipazione al processo dell’imputato e dunque partecipa solamente chi lo desidera.

Addirittura, a differenza di quanto avviene in altri Stati, la facoltà di non comparire in giudizio costituisce una garanzia ulteriore per l’imputato, riconosciuta dal nostro sistema processuale in quanto espressione del diritto di difesa; con queste motivazioni cerchiamo di accreditare in sede internazionale il nostro giudizio in contumacia, senza peraltro riuscirci, a causa della singolarità delle norme in materia che trovano difficile corrispondenza in altri sistemi processuali82.

Si sostiene83 la necessità di misurarsi con meccanismi di tipo preventivo e si dovrebbe ricorrere all’applicazione delle misure ripristinatorie solamente come

extrema ratio per scongiurare il rischio di realizzare attività processuali di natura

probatoria destinate, in una fase successiva, ad essere dichiarate nulle per effetto della comparizione dell’imputato ignaro, con tutte le ripercussioni che ciò provocherebbe sul fronte della ragionevole durata del processo.

Diversi tentativi di riforma sono stati intrapresi in tal senso talora inserendo le modifiche alla disciplina in un sistema più generale di riforma del codice di procedura – progetto Dalia e bozza Riccio –, talora prevedendo appositi e più specifici disegni di legge - il progetto Mastella e il progetto Alfano –, tutti pensati nella prospettiva di garantire la realizzazione di un equilibrio tra il valore delle garanzie previste in capo all’imputato e il valore dell’efficienza del processo affermato nel principio della sua ragionevole durata.

Si afferma in dottrina che con tali interventi si sia voluto mantenere in vita il giudizio in assenza mediante la combinazione di rimedi preventivi e restitutori84

non legittimando tuttavia ipotesi di partecipazione coattiva al procedimento85.

81

Il testo integrale della Relazione al progetto di legge delega è pubblicato in www.giustizia.it

82 In senso critico v. G. LATTANZI, Spunti critici sulla disciplina, cit., p.596 83

A. MANGIARACINA, Garanzie partecipative, cit., p.477

84 Si esprime così F. CAPRIOLI,“Giusto processo” e rito degli irreperibili, cit., p.588 85

1.1 Progetto Dalia: i meccanismi riparatori

Con D.l. 29 luglio 2004 viene istituita la Commissione ministeriale per la riforma del codice di procedura penale presieduta dal Prof. Andrea Antonio Dalia.

Nel decreto istitutivo il Ministro della Giustizia, nell’esplicitare lo scopo generale di tale intervento, rileva la “necessità di una ristrutturazione del codice di procedura penale, a seguito delle riforme che negli ultimi anni hanno fortemente inciso sul suo assetto, nonché della legge di attuazione dell’articolo 111 della Costituzione, con particolare riferimento alla disciplina sulla formazione e valutazione della prova”.

La Commissione, con riguardo alla disciplina sul processo contumaciale, si occupa dei meccanismi riparatori e, in particolare, della restituzione in termini per impugnare la sentenza emessa in contumacia dell’imputato.

La Relazione elaborata prevede che “se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l’imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, se non risulta dagli atti che ha avuto effettiva conoscenza del procedimento e ha rinunciato volontariamente a comparire”.

L’imputato, dunque, può accedere al rimedio, non quando sia lui a provare la mancata conoscenza, ma solamente qualora dagli atti risulti che non c’è stata. Questa particolare locuzione - “dagli atti”- ricorda l’originario testo del d.l. n.17/2005 con il quale si è intervenuti sull’art. 175 comma 2 c.p.p.: questo,infatti, statuiva che condizione sufficiente ai fini della restituito in integrum, fosse che il difetto di reale conoscenza risultasse dagli atti.

Questa formulazione però si prestava a notevoli critiche86 in quanto la situazione di effettiva conoscenza è di per sé “vaga e ambigua” e si rischiava la restituzione in termini ogni volta che l’atto non fosse stato notificato a mani proprie, mettendo così in discussione l’intero sistema di notificazioni fondato su presunzioni di conoscenza legale87.

86 G.FRIGO, L’onere probatorio sulla mancata notifica inceppa la restituzione automatica dei

termini, in Guida al diritto, 2005, n.9, p.72

Dunque, si può reputare88 insoddisfacente il testo elaborato dalla Commissione

tenendo anche conto che questi rilievi critici sono stati tenuti in considerazione in sede di conversione del d.l n.17/2005, sostituendo la locuzione “dagli atti” con “a tal fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica”.

Possiamo quindi sostenere che il testo non ha intenzione di discostarsi dal sistema processuale vigente, imperniato sulla presenza di meccanismi informativi e riparatori, prevedendo un sistema inibitorio della procedibilità nei casi di assenza inconsapevole.

1.2. La bozza Riccio

Ulteriore tentativo di riforma è stato elaborato dalla Commissione di studio per la riforma del codice penale presieduta dal Prof. Giuseppe Riccio e istituita con D.l.27 luglio 2006.

L’obiettivo perseguito dal progetto viene esposto nella Relazione alla bozza di legge delega e cioè trovare un punto di equilibrio tra giusto processo e ragionevole durata “nell’abolizione del giudizio in contumacia”89.

Nella nota di commento alla relazione90 stilata dallo stesso Riccio, si spiega come, per la realizzazione delle garanzie previste dall’art. 111 comma 3 Cost., sia indispensabile che la persona indagata conosca il procedimento e l’accusa realizzando così il cd. “diritto al giudice”, oggi riconosciuto per ogni fase del processo. Per questo motivo il disegno di legge delega redatto dalla Commissione va ad intervenire proprio sul sistema delle notificazioni.

Si prevede innanzitutto la necessità che l’atto venga consegnato a mani proprie dell’imputato91 per eliminare il processo in contumacia sostituendolo con la

sospensione del dibattimento a tempo indeterminato, qualora la notificazione non sia effettuata personalmente. Questo tipo di notificazione, infatti, consente di ritenere realizzata la certezza della conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. In caso di mancata comparizione, si procede in assenza.

88 A. MANGIARACINA Garanzie partecipative, cit., p.477 89

V. Relazione alla bozza di legge delega, cit.

90

È pubblicata in www.giustizia.it

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V.direttiva 24.4 della Bozza di delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione

La notificazione peraltro non è ammessa a mano di familiari o conviventi e neppure il semplice avviso di deposito a mezzo di raccomandata che “assicura la mera conoscenza legale dell’atto”92.

A questo punto era però necessario evitare che risultasse troppo facile sottrarsi alla notificazione, venendosi così a costituire una vera e propria strategia processuale, con l’ovvia conseguenza di paralizzare il dibattimento.

È stata pertanto inserita una particolare ipotesi di notificazione: la cd. “notificazione coattiva” ad opera della polizia giudiziaria .

Si noti immediatamente un cambiamento dei soggetti che devono ricercare l’imputato e notificargli l’atto di vocatio in iudicium: questo compito viene ad essere attribuito alla polizia giudiziaria e non più all’ufficiale giudiziario.

Il nuovo istituto si applicherebbe nei casi in cui l’imputato non fosse reperibile; la polizia giudiziaria, qualora la notificazione non fosse possibile, avrà il potere di effettuare nuove ricerche utilizzando anche mezzi coercitivi che consentano “l’accesso forzoso nei luoghi dove si può reperire l’imputato”93.

È tuttavia necessaria l’emanazione di un ordine di notificazione coattiva motivato da parte dell’autorità giudiziaria, e sarà poi la polizia giudiziaria ad eseguirlo. In questo modo si tiene al riparo la disciplina da eventuali questioni di legittimità costituzionale dal momento che è necessario un atto motivato, emanato in presenza di presupposti stabiliti dalla legge e che lasciano presumere la volontà del destinatario di sottrarsi alla notificazione.

In sede di elaborazione del progetto, ad alcuni commissari sembrò sproporzionato prevedere mezzi coercitivi per effettuare una notificazione, tuttavia l’istituto consente l’impiego di tali poteri “solo se impossibile procedere altrimenti”: infatti la polizia giudiziaria può ricorrere all’accesso forzoso soltanto dopo aver depositato l’atto e invitato l’imputato a ritirarlo e solamente in caso di mancato ritiro nei termini, si procede con la notificazione coattiva.

Inoltre l’accesso è strumentale solo alla notifica e non può essere utilizzato per altri fini94.

92

V. Relazione alla bozza di legge delega, cit.

93 V. Relazione al progetto di legge, cit. 94

La polizia giudiziaria ha peraltro il potere di accompagnare l’imputato nei propri uffici per la consegna dell’atto qualora riuscisse a reperirlo in altro modo, esclusivamente a questo scopo e adottando tutte le cautele necessarie per garantire i diritti della persona.

Una volta ricevuto l’atto, l’imputato deve eleggere domicilio per le successive notificazioni; in caso contrario saranno effettuate al difensore.

Con riguardo invece alla fase del dibattimento, per evitare una stasi processuale causata dalla volontaria irreperibilità dell’imputato, il giudice deve rinnovare l’ordine di notificazione coattiva e fissare periodicamente una nuova udienza per la comparizione dell’imputato; inoltre devono essere compiuti gli atti urgenti ed indifferibili per scongiurare il rischio di dispersione delle prove.

È stata accantonata l’idea di prevedere un obbligo di presentarsi all’udienza attraverso una misura coercitiva come accompagnamento coattivo o arresto ma il processo resta sospeso fino a quando non sarà possibile ottenere la comparizione dell’imputato o la certezza che questi sia venuto a conoscenza del processo a suo carico.

Questo perché il processo in contumacia costituisce solamente un dispendio di attività inutilmente compiute dal momento che la sentenza nei confronti di un imputato contumace, è difficilmente eseguibile.

Una disciplina particolare è prevista per l’imputato latitante e per l’irreperibile. Nella Relazione al progetto di legge delega si ritiene che la latitanza, intesa come volontaria sottrazione all’esecuzione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, presupponga sempre un reato relativamente grave e che il nuovo istituto si rivela insufficiente a garantire la conoscenza del procedimento, provocando così una stasi del processo. Stessa cosa per l’imputato irreperibile purché si proceda per reati di criminalità organizzata, terrorismo ed eversione dell’ordine democratico che presuppongono “un contesto nel quale può essere assicurata una irreperibilità di lunga durata”95.

Per far fronte a questa problematica si incarica il legislatore delegato di stabilire regole specifiche per la notificazione della citazione (ad esempio la consegna dell’atto al difensore) : decide di mantenere in vita il processo in contumacia nel

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caso di imputati latitanti o irreperibili nei confronti dei quali si procede per reati gravi ( ad esempio associazione mafiosa, terrorismo, etc...). Si reintroducono dunque quelle presunzioni di conoscenza legale che permettono di procedere in assenza dell’imputato.

La Commissione però, consapevole delle possibili censure da parte della Corte europea, ha voluto porre al riparo il sistema prevedendo un meccanismo riparatorio : la possibilità per il latitante o l’irreperibile di ottenere un nuovo giudizio qualora provi che la latitanza o l’irreperibilità non fossero volontarie. Le prove acquisite in precedenza e gli atti irripetibili sono utilizzabili nel nuovo giudizio.

2. I disegni di legge “mirati”

I tentativi di modifica della disciplina sulla contumacia sono stati effettuati non solo ricomprendendoli in un disegno più generale di modifica del codice di procedura penale, ma anche attraverso più specifici disegni di legge come il d.d.l. Mastella n.2664 e il d.d.l. Alfano n.1440.

Il primo viene approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 aprile 2007 recante “Disposizioni per l’accelerazione e la razionalizzazione del processo penale, nonché in materia di prescrizione dei reati, recidiva e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie” e nella Relazione illustrativa al progetto di legge96 si

spiegano le ragioni che hanno portato all’elaborazione di questo disegno di legge: “il criterio guida su cui si snoda il presente disegno di legge consiste, pertanto, nella costante ricerca di un punto di equilibrio tra le garanzie del giusto processo e l’efficienza del processo, secondo i canoni ricavabili dall’articolo 111 della Costituzione”.

Si vuole dunque garantire ai cittadini un processo equo, rispettoso delle garanzie del contraddittorio, del diritto di difesa e della parità processuale delle parti. Per questi motivi si interviene sulla disciplina del giudizio in assenza ritenendo “improcrastinabile una [sua] profonda rivisitazione”97.

96

Per tali considerazioni v. Relazione illustrativa al progetto di disegno di legge in www.camera.it

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Tuttavia, è stato osservato come certe soluzioni adottate dal ddl non sarebbero state proposte se si fosse prestata più attenzione al profilo sistematico; infatti la stessa Relazione osserva che “L’introduzione del canone costituzionale del cd. giusto processo […], se da un lato ha ribadito l’importanza del contraddittorio nella formazione della prova e la necessità che il processo si celebri dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, ha altresì introdotto nella nostra Carta fondamentale un altro principio di particolare rilievo, quello della ragionevole durata”.

Dunque alla luce di quanto affermato, è stato sostenuto che i due principi costituzionali sono equiparati ed anzi viene rilevato come per la ragionevole durata si debba parlare di una novità introdotta, mentre per quanto riguarda la tutela dello status del giudice e del contraddittorio l’art.111 Cost. ne avrebbe solamente ribadito l’importanza. Ma in sede di interpretazione dell’art. 111 Cost., è stato sostenuto che il legislatore ha sia l’obbligo di garantire la ragionevole durata del processo, ma soprattutto deve far si che tale processo sia giusto98 ; ne deriva dunque che il principio della ragionevole durata risulta sussidiario e che, ove non sia correttamente predefinito il giusto processo, la ricerca della ragionevole durata porterà solamente ad “esiti di giustizia sommaria”99 .

Il secondo disegno di legge è approvato dal Consiglio dei Ministri il 6 febbraio 2009 recante “Disposizioni in materia di procedimento penale, ordinamento giudiziario ed equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo”.

Anche in questo caso la Relazione al disegno di legge100 enuncia gli obiettivi da raggiungere e cioè” ampliare le garanzie del cittadino e dare compiuta attuazione ai diritti di difesa”.

Si vuole inoltre “rendere possibile l’utilizzo in via principale delle moderne tecnologie per la comunicazione tra i soggetti del procedimento, congiuntamente all’introduzione di appositi meccanismi di sicurezza all’interno del sistema che

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Tali considerazioni si ricavano da CENTRO STUDI GIURIDICI E SOCIALI “ALDO MARONGIU” in “Documento della Giunta e del Centro Marongiu sul testo del DDL Mastella su

“Disposizioni in materia di accelerazione e razionalizzazione del processo penale, prescrizione dei reati, confisca e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniare” nell’ultima versione conosciuta”, Unione delle camere penali italiane

99

P. FERRUA, Il giusto processo, cit., p.61

100

impediscono l’utilizzo fraudolento delle medesime”.

La delega inoltre prevede delle modifiche alla disciplina vigente in materia di comunicazioni e notificazioni volte ad eliminare le stasi processuali senza limitare le garanzie per il corretto esercizio del diritto di difesa da parte dell’imputato101.

2.1. Il progetto Mastella

Punctum dolens della disciplina modificata dal disegno di legge n.2664, è il

sistema delle notificazioni, problema peraltro affrontato continuamente dai vari progetti di riforma.

L’obiettivo di questo progetto è assicurare la conoscenza del procedimento e la riduzione dei tempi di notifica, necessari per rispettare le garanzie di cui all’art. 6 CEDU.

Innanzitutto viene introdotta la possibilità di utilizzare, per gli atti indirizzati al difensore, la cd. PEC (posta elettronica certificata) prevedendo l’indicazione da parte del difensore dell’indirizzo al quale effettuare le notificazioni o gli avvisi. Qualora fosse impossibile questo tipo di notificazione, si potrà realizzare con altri mezzi idonei come ad esempio il telefax.

Con riguardo invece all’imputato irreperibile si prevede che, qualora la notificazione non risultasse possibile nei modi di cui all’art.157 c.p.p., sarà lo stesso ufficiale giudiziario102 ad effettuare nuove ricerche; in caso di esito negativo l’autorità giudiziaria dovrà emettere il decreto di irreperibilità con cui viene nominato un difensore e presso il quale saranno effettuate le notificazioni. L’autorità giudiziaria potrà peraltro rinnovare le ricerche dell’imputato, ove strettamente necessario.

Dunque in questo caso la disciplina resta quasi immutata eccezion fatta per la riqualificazione del personale amministrativo degli uffici giudiziari valorizzando i compiti degli ufficiali giudiziari e della polizia penitenziaria, il tutto inquadrato nell’ottica della riduzione dei tempi processuali.

101

Si esprime così la Relazione al disegno di legge, cit.

102

In senso contrario aveva disposto la bozza Riccio prevedendo che le ricerche dell’imputato dovessero essere effettuate dalla polizia giudiziaria e non dall’ufficiale giudiziario; v. più dettagliatamente retro §. 1.2

Tale obiettivo di riqualificazione viene perseguito anche prevedendo all’art.3 comma 2 del testo del disegno di legge, la possibilità di eseguire la notifica dell’atto all’imputato detenuto da parte della polizia penitenziaria nell’osservanza delle norme previste dal codice.

Ai fini del raggiungimento della certezza circa la conoscenza del procedimento e per esigenze di accelerazione dei tempi processuali, è stata inoltre eliminata la possibilità di notificare a mezzo posta le notifiche delle sentenze e dei decreti penali di condanna.

Ulteriori modifiche riguardano poi il difensore di fiducia il cui ruolo viene accentuato. Si deve premettere che, a seguito della legge 17/2005, è stato aggiunto il comma 8-bis all’art.157 c.p.p. in cui si dispone che “Le notificazioni successive, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell’art.96 c.p.p., saranno effettuate mediante consegna ai difensori”.

Il disegno di legge aggiunge che “il difensore può dichiarare all’autorità che procede di non accettare la notificazione solo nel caso di rinuncia al mandato difensivo”.

C’è chi si esprime in senso critico al riguardo103 sostenendo che la disposizione avrà come conseguenza la rinuncia da parte del difensore al mandato, ogni volta che riterrà di non essere in grado di assicurare la conoscenza dell’atto al proprio assistito; in caso contrario risulterà un “difensore infedele”.

Inoltre, la notifica deve essere effettuata dal difensore tempestivamente; si può allora ipotizzare che ogni qualvolta un difensore non sia in grado di portare a conoscenza dell’atto il proprio assistito in tempi brevi, sarà costretto a rinunciare al mandato a prescindere dai motivi (che potranno essere i più svariati come l’assenza dal lavoro, per vacanze…).

In più, se il difensore non vuole perdere il cliente, deve accettare la notifica anche se consapevole che non potrà provvedere ad una tempestiva conoscenza dell’atto ai sensi dell’art. 157 comma 8-bis c.p.p.