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triangulus simplex, quoad polygonias, deinde circulus simplex, deinde sphaera simplex, et non devenitur ad alias quam istas ele- mentales figuras ad invicem in finitis improportionales, omnes fi- guras intra se complicantes. Unde, sicut si nos vellemus concipe- re mensuras omnium quantitatum mensurabilium: primo pro lon- gitudine necesse esset habere lineam infinitam maximam, cum qua coincideret minimum; deinde pariformiter pro latitudine rectiline- ali triangulum maximum; et pro latitudine circulari circulum ma- ximum; et pro profunditate sphaeram maximam; et cum aliis quam cum istis quattuor omnia mensurabilia attingi non possent. et quia istae omnes mensurae necessario essent infinitae et maximae, cum quo minimum coincideret, et cum plura maxima esse non possint: hinc ipsum unicum maximum, quod esse debet omnium quanto- rum mensura, dicimus esse illa, sine quibus maxima mensura esse non posset, licet in se consideratum – absque respectu ad mensu- rabilia – nullum istorum sit aut dici possit veraciter, sed per infini- tum et improportionabiliter supra. ita maximum simpliciter cum sit omnium mensura, ipsum illa esse dicimus, sine quibus ipsum omnium metrum posse esse non intelligimus. Unde maximum, li- cet sit super omnem trinitatem per infinitum, trinum dicimus, quia aliter ipsum rerum, quarum unitas essendi est trinitas – sicut in fi- guris unitas triangularis in trinitate angulorum consistit –, causam

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anzi una contraddizione. in questo caso, infatti, non potrebbe esse- re la misura adeguata dei triangoli, perché ne eccederebbe sempre. come potrebbe quindi essere il massimo, se non fosse la misura di tutto? ed anzi, come potrebbe essere il massimo, se dipendesse da qualcos’altro e fosse composto e di conseguenza finito?

risulta ormai chiaro per quale motivo la prima figura che, per quanto riguarda i poligoni, nasce dalla potenza della linea sempli- ce sia il triangolo semplice, poi nasce il cerchio semplice ed infine la sfera semplice; ed è chiaro per quale motivo non si pervenga ad altre figure oltre queste figure elementari, le quali, nell’ambito del finito, sono senza proporzione fra di loro e complicano in se me- desime tutte le altre figure. Di conseguenza, se volessimo concepi- re delle misure per tutte le quantità misurabili, dovremmo in pri- mo luogo avere per la lunghezza una linea massima infinita, con la quale coinciderebbe il minimo; poi, allo stesso modo, per la super- ficie rettilinea dovremmo avere un triangolo massimo, per la su- perficie circolare un cerchio massimo e per la profondità una sfera massima. e non ci sono altre figure diverse da queste quattro con le quali potremmo raggiungere e misurare tutte le cose misurabili. Ora, tutte queste misure dovrebbero necessariamente essere infini- te e massime, dovrebbero cioè essere quel massimo col quale coin- ciderebbe il minimo; dal momento che, tuttavia, non possono es- servi più massimi, per questo diciamo che lo stesso massimo unico, che dev’essere la misura di tutte le quantità, è quelle cose133 senza le

quali non potrebbe essere la misura massima, anche se, considerato in se stesso, senza alcun rapporto con le cose misurabili, egli non è nessuna di queste cose, né si può dire in modo vero che sia una di queste cose, ma è piuttosto infinitamente e senza alcuna proporzio- ne al di sopra di esse. allo stesso modo, poiché il massimo assolu- to è la misura di tutte le cose, gli attribuiamo quei predicati senza i quali non riusciamo ad intendere come egli possa essere la misu- ra di tutto. È per questo motivo che, sebbene sia infinitamente al di sopra di ogni trinità, noi definiamo il massimo come trino, perché, altrimenti, non riusciremo ad intendere come egli possa essere la causa semplice, il metro e la misura delle cose, la cui unità dell’es- sere ha una struttura trinitaria, così come, per quanto riguarda le figure geometriche, l’unità triangolare consiste nella trinità degli

simplicem, metrum et mensuram esse non intelligeremus; licet in veritate et nomen et conceptus noster trinitatis, semoto isto respec- tu, maximo nequaquam conveniat, sed per infinitum ab illa maxi- ma et incomprehensibili veritate deficiat.

62 Habemus itaque maximum triangulum omnium triniter subsi-

stentium mensuram simplicissimam, quemadmodum sunt opera- tiones actiones in potentia, obiecto, actu triniter subsistentes; simi- liter visiones, intellectiones, volitiones, similitudines, dissimilitudi- nes, pulchritudines, proportiones, correlationes, appetitus natura- les et cetera omnia, quorum essendi unitas consistit in pluralitate, sicuti est principaliter esse et operatio naturae consistens in corre- latione agentis, patientis et communis ex illis resultantis.

63 capitUlUm XXi

Transsumptio circuli infiniti ad unitatem.

Habuimus de triangulo maximo pauca quaedam. similiter de infinito circulo subiungamus.

circulus est figura perfecta unitatis et simplicitatis. et iam ostensum est superius triangulum esse circulum. et ita trinitas est unitas. ista autem unitas est infinita, sicut circulus infinitus; qua- re est unior aut identior omni expressibili unitati atque per nos ap- prehensibili per infinitum. nam tanta est ibi identitas, quod omnes etiam relativas oppositiones antecedit, quoniam ibi aliud et diver- sum identitati non opponuntur. Quare est: cum maximum sit infi- nitae unitatis, tunc omnia, quae ei conveniunt, sunt ipsum absque diversitate et alietate, ut non sit alia bonitas eius et alia sapientia, sed idem. Omnis enim diversitas in ipso est identitas; unde eius po- tentia cum sit unissima, est et fortissima et infinitissima. tanta qui- dem est eius unissima duratio, quod prae teritum non est aliud a

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angoli. e tuttavia, se non prendiamo in considerazione questo rap- porto [con le cose], allora, in verità, al massimo non si addicono af- fatto né il nome, né il nostro concetto di trinità, i quali sono infi- nitamente lontani da quella verità massima e incomprensibile134.

per questo, consideriamo il triangolo massimo come la misura semplicissima di tutte le cose che sussistono trinitariamente; a que- ste appartengono le operazioni, le quali sono azioni che sussisto- no trinitariamente, ossia in potenza, in riferimento ad un oggetto e in atto. lo stesso vale per gli atti della vista, dell’intelletto, del- la volontà, per le similitudini e le dissomiglianze, per le bellezze, le proporzioni, le correlazioni, gli appetiti naturali, e per tutte le altre cose la cui unità dell’essere consiste in una pluralità, come avviene, in modo particolare, nell’essere e nell’operare delle realtà natura- li, che consiste in una correlazione tra ciò che agisce, ciò che riceve l’azione e ciò che risulta in comune dall’uno e dall’altro.

capitOlO XXi

Trasposizione del cerchio infinito all’unità

abbiamo svolto alcune brevi considerazioni a proposito del triangolo massimo. Vogliamo ora aggiungere parimenti qualcosa a proposito del cerchio infinito.

il cerchio è la figura perfetta dell’unità e della semplicità. Ho già mostrato in precedenza che il triangolo massimo è cerchio135.

e così la trinità è unità. Questa unità, tuttavia, è infinita, come in- finito è il cerchio. per questo motivo, essa è infinitamente più uni- taria o più identica di qualsiasi unità che noi possiamo esprimere o apprendere. in un cerchio infinito, infatti, l’identità è così gran- de che essa precede tutte le opposizioni, anche quelle relative, in quanto in un tale cerchio l’altro e il diverso non si oppongono all’i- dentico. per questo motivo, essendo il massimo dotato di un’unità infinita, tutte le cose che gli convengono sono identiche a lui, sen- za differenza e alterità, in modo tale che la sua bontà non è diver- sa dalla sua sapienza, ma sono la stessa cosa. nel massimo, infatti, ogni differenza è identità. Di conseguenza, la potenza del massimo, essendo sommamente una, è anche fortissima e assolutamente in- finita136. la sua durata sommamente unitaria è così grande che, in

futuro et futurum non est aliud a praesenti in ea; sed sunt unissi- ma duratio sive aeternitas sine principio et fine. nam tantum est in ipso principium, quod et finis est in ipso principium.