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theon, in quo erat altare termini infiniti, cuius non est terminus, in respectum ad creaturas varie nominasse. Quae quidem omnia no- mina unius ineffabilis nominis complicationem sunt explicantia; et secundum quod nomen proprium est infinitum, ita infinita nomi- na talia particularium perfectionum complicat. Quare et explican- tia possent esse multa et numquam tot et tanta, quin possent esse plura; quorum quodlibet se habet ad proprium et ineffabile, ut fi- nitum ad infinitum. Deridebant veteres pagani iudaeos, qui Deum unum infinitum, quem ignorabant, adorarunt; quem tamen ipsi in explicationibus venerabantur, ipsum scilicet ibi venerantes, ubi di- vina sua opera conspiciebant. et ista inter omnes homines diffe-

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giove è una stella così favorevole che, se regnasse nel cielo da solo, «gli uomini sarebbero immortali»)172; lo chiamavano saturno, per

la profondità dei suoi pensieri e per le scoperte nell’ambito del- le cose necessarie alla vita; marte, per le vittorie militari; mercu- rio, per la saggezza nel dare consigli; Venere, per l’amore che con- serva la natura; sole, per la forza dei movimenti naturali; luna, per la conservazione degli umori dai quali dipende la vita; amore per l’unità dei due sessi, e per questo lo chiamarono anche natura, in quanto attraverso i due sessi conserva le diverse specie delle cose173.

ermete [trismegisto] sostiene che tutte le specie, sia animali che non animali, sono dotate di un duplice sesso174; per questo motivo,

egli afferma che la causa di tutte le cose, ossia Dio, complica in sé il sesso maschile e il sesso femminile, di cui egli credeva che amo- re e Venere fossero un’esplicazione. anche Valerio romano, soste- nendo la stessa opinione, cantava giove come onnipotente genitore e genitrice175. per questo, dal momento che una cosa ama l’altra, da-

vano al figlio di Venere, ossia della stessa bellezza naturale, il nome di amore, mentre affermavano che Venere era figlia di giove onni- potente, dal quale derivano la natura e tutte le cose che la seguono. anche i templi – quello della pace, dell’eternità, della concor- dia, il pantheon, nel quale si trovava l’altare del dio termine infi- nito, che non conosce termine, situato nel mezzo di quel tempio, sotto il cielo aperto – ed altri edifici simili ci insegnano che i paga- ni attribuivano a Dio vari nomi a seconda del suo rapporto con le creature. e questi sono tutti nomi che esplicano quanto è compli- cato nell’unico nome ineffabile. e conformemente al fatto che tale nome proprio è infinito, esso complica in se stesso un numero in- finito di questi nomi che designano delle perfezioni particolari176.

per questo motivo, per quanti possano essere i nomi che esplicano quell’unico nome proprio e ineffabile177, essi non saranno mai così

tanti da non poter essere ancora di più. Ognuno di questi nomi, in- fatti, si rapporta al nome proprio e ineffabile come il finito si rap- porta all’infinito. gli antichi pagani deridevano i giudei, che ado- ravano un unico Dio infinito che essi non conoscevano. gli stessi pagani, tuttavia, veneravano il medesimo Dio nelle sue esplicazio- ni, ossia lo veneravano là dove scorgevano le sue opere divine. Que- sta, in effetti, era la differenza che esisteva a quel tempo fra tutti

rentia tunc fuit, ut omnes Deum unum maximum, quo maius esse non posset, crederent, quem alii, ut iudaei et sissennii, in sua sim- plicissima unitate, ut est rerum omnium complicatio, colebant; alii vero in hiis colebant, ubi explicationem divinitatis reperiebant, re- cipiendo notum sensibiliter pro manuductione ad causam et prin- cipium. et in hac ultima via seducti sunt simplices populares, qui non sunt usi explicatione ut imagine, sed ut veritate. ex qua re ido- latria introducta est in vulgum, sapientibus ut plurimum de uni- tate Dei recte credentibus, uti haec nota cuique esse possunt, qui tullium De deorum natura ac philosophos veteres diligenter per- spexerit.

85 non negamus tamen quosdam ex paganis non intellexisse

Deum, cum sit entitas rerum, aliter quam per abstractionem extra res esse, sicut materia prima extra res non nisi per abstrahentem in- tellectum existit; et hii tales Deum in creaturis adorarunt, qui etiam rationibus idolatriam astruebant. Quidam etiam Deum devocabi- lem putarunt. Quorum quidam in angelis eum devocabant, ut sis- sennii; gentiles vero devocabant eum in arboribus, qualia de arbo- re solis et lunae leguntur; et quidam in aere, aqua vel templis cer- tis carminibus eum devocabant. Qui omnes qualiter seducti sint et longe fuerint a veritate, praemissa ostendunt.

86 capitUlUm XXVi

De theologia negativa.

Quoniam autem cultura Dei, qui adorandus est in spiritu et ve- ritate, necessario se fundat in positivis Deum affirmantibus, hinc omnis religio in sua cultura necessario per theologiam affirmati- vam ascendit, Deum ut unum ac trinum, ut sapientissimum, piissi- mum, lucem inaccessibilem, vitam, veritatem et ita de reliquis ado- rando, semper culturam per fidem, quam per doctam ignorantiam

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gli uomini: tutti credevano che Dio fosse il massimo uno, del qua- le non può esservi nulla di maggiore; alcuni, tuttavia, come i giu- dei e i sisseni178, lo veneravano nella sua unità semplicissima, quale

complicazione di tutte le cose, altri, invece, lo veneravano in quel- le cose dove trovavano un’esplicazione della sua divinità, prenden- do quanto ci è noto mediante i sensi come una guida verso la causa e il principio. Da quest’ultima via furono traviate le persone sem- plici del popolo, le quali non si servirono dell’esplicazione come di un’immagine, ma la considerarono come la verità stessa. il risulta- to fu che l’idolatria venne introdotta tra il popolo, mentre la mag- gior parte dei sapienti continuò a credere correttamente nell’unità di Dio. Questi fatti possono essere noti a chiunque abbia letto con attenzione il libro di tullio La natura degli dèi e i filosofi antichi179.

non intendo tuttavia negare che alcuni tra i pagani non abbiano compreso che Dio, essendo l’entità delle cose, è al di fuori delle cose in un modo diverso da quello che si realizza attraverso l’astrazione, come avviene invece per la materia prima, la quale non esiste al di fuori delle cose se non in virtù dell’astrazione dell’intelletto. costo- ro adorarono Dio nelle creature ed hanno anche giustificato l’ido- latria con motivazioni razionali. alcuni ritennero persino che si po- tesse evocare Dio [con esorcismi]. gli esseni, ad esempio, lo evoca- vano negli angeli. i gentili, invece, lo evocavano negli alberi, come si legge a proposito dell’albero del sole e della luna180. altri lo evo-

cavano nell’aria, nell’acqua o nei templi, impiegando determinati canti magici. le cose che ho detto in precedenza mostrano quanto tutti costoro siano stati traviati e condotti ben lontano dalla verità.

capitOlO XXVi La teologia negativa

poiché, tuttavia, il culto di Dio, che vuole essere adorato «in spi- rito e verità»181, si basa necessariamente su delle affermazioni po-

sitive intorno a Dio, ogni religione, nel suo culto, deve necessaria- mente ascendere a Dio mediante la teologia affermativa, adoran- do Dio come uno e trino, come sommamente sapiente e clemen- te, come «luce inaccessibile», come vita, come verità182 e così via,

verius attingit, dirigendo; credendo scilicet hunc, quem adorat ut unum, esse uniter omnia; et quem ut inaccessibilem lucem colit, non quidem esse lucem, ut est haec corporalis, cui tenebra opponi- tur, sed simplicissimam et infinitam, in qua tenebrae sunt lux infi- nita; et quod ipsa infinita lux semper lucet in tenebris nostrae igno- rantiae, sed tenebrae eam comprehendere nequeunt. et ita theo- logia negationis adeo necessaria est quoad aliam affirmationis, ut sine illa Deus non coleretur ut Deus infinitus, sed potius ut creatu- ra; et talis cultura idolatria est, quae hoc imagini tribuit, quod tan- tum convenit veritati. Hinc utile erit adhuc parum de negativa the- ologia submittere.