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Nel documento DIS NZErOy UNIVERSITY OF ILLINOIS AT (pagine 188-191)

progressi dell’interpetrazione storica di Dante deve essere rivolta a quanto fu allora e poi osservato sul carattere del- l’arte dantesca, alle ricerche storico-estetiche, delle quali si ha per solito scarsa o confusa notizia, tantoché i più dei « dan- tisti » saranno meravigliati dei libri che. veniamo tacendo e di alcuni di quelli che invece veniamo ricordando, da essi non conosciuti o non letti o non pregiati. Non molto, in verità, offre su questo argomento lo Schelling, al quale si deve il paragone, tante volte ripetuto dipoi, della Commedia col Faust, e la caratteristica del poema dantesco come prima manifestazione di ciò che è proprio della poesia moderna, l’unione della scienza, della religione e dell’arte con la storia e della storia con l’allegoria, la creazione di una nuova mitologia, onde esso è da considerare, non quale singola poesia, ma «poesia della poesia» ‘; e poco anche si legge nello Hegel, che defini la Commedia «una sorta di epopea, che ha per oggetto l’azione eterna, l’amor divino », e mise in rilievo la trattazione delle azioni e dei personaggi, i quali stanno sempre in Dante come « giudicati». Ma in molto conto si dovrebbe tenere la critica che di Dante scrisse nel1801il Bouterweck®, la quale stranamente è affatto dimen- ticata dai dantisti o, più strano ancora, rammentata sopra una vaga fama di misconoscimento, di detrazione, di calunnia dell’opera dantesca, e quasi semplice prosecuzione del volte- rismo e dell’irriverenza del settecento. Il Bouterweck, senza dubbio, fu severo verso la « composizione » 0 « costruzione » del poema, della quale non gli sembrava si potesse «salvar l'onore» e che gli dava immagine di un gran labirinto gotico, gravato da nebbia di allegorie, un labirinto difficile all’ in-

4 Nella Philosophie der Kunst (1802-3), e nel saggio Dante in phi- losophischer Beziehung, che è tradotto anche in italiano.

? F. Bourerwkck, Geschichte der Poesie und Beredsamkeit seit dem Ende des dreizehnten Jahrhunderts (Gòttingen, 1801), vol. I, pp. 76-120.

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UN IVERSITY OF ILLINOIS AT URBANA-CHAMPAIGN

telligenza e che, in fondo, non compensava le fatiche che si spendevano per intenderne l’architettonica e il congiunto or- dinamento delle pene, delle purgazioni e dei premî, perché il sentimento artistico (das Kunstgefiihl) ha poco o nulla che vedere con ciò che nella Commedia è « sistema ». L’impossi- bilità di menare innanzi tutt’ insieme senso allegorico e senso letterale aveva costretto il suo autore a salti e a sottigliezze, e l’unità dell’opera era venuta meno, ossia vi era soltanto l’estrinseca unità della narrazione di un viaggio, non l’in- trinseca dell’epica, e, pel rimanente, un’unità allegorica o teologica. Anche giudicava impoetiche le parti scolastiche, teologiche e astronomiche, e di tal natura la concezione del Paradiso che di necessità la fantasia vi si trovava in- nanzi all’inesprimibile, al vuoto poetico, col solo elemento sensibile che la dommatica ancora concedeva, la luce. Gli pareva, dunque, la Commedia, « una galleria di pitture con cornice grottesca »; ma, nonostante questi difetti di compo- sizione ed esecuzione, essa, «quando la si valuti per fram- menti» (wenn wir sie fragmentarisch schétzen), è « uno dei più nobili e belli prodotti di uno spirito originale »: un’opera non preparata dalla precedente letteratura, non riportabile alle letture dell’autore, e della quale, per questo riguardo, la poesia moderna non può mostrare altra pari, e ciò senza alcuna eccezione, perché lo stesso Shakespeare lo si vede uscire di tra una folla di predecessori e Dante no. Era, questo, un entrare nel vivo delle difficoltà; e l’acume e il coraggio con cui il Bouterweck si sforzava di distinguere in Dante sistema e poesia, ed esaltava la poesia sul sistema, debbono rendere indulgenti circa il troppo sbrigativo trat- tamento degli elementi dottrinali del poema e circa il prin- cipio della «frammentarietà », il quale, se per una parte era adesione ai giudizî su Dante del Bettinelli e di altri settecentisti, per l’altra anticipava un più libero modo d'’ in- terpetrare e gustare la poesia.

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Questo più libero modo si ritrova largamente rappresen- tato nei critici della prima metà dell’ottocento, e in Italia, oltreché nel Foscolo già ricordato, nel Leopardi, che, po- nendo la lirica sopra ogni poesia, senti almeno talvolta, e disse in fuggevole accenno, che la Commedia «non è che una lunga lirica dov’è sempre in campo il poeta e i suoi proprî affetti » 4; e persino nel cattolico e moralista e al- quanto grammatico Tommaseo. In Francia, il Fauriel, nei suoi corsi del 1833 e 1834, dichiarava come proprio di Dante tra tutti i grandi poeti il doppio aspetto di scienziato e poeta, e perciò una sorta di lotta tra le diverse facoltà che erano in lui; onde il suo poema non ha carattere uni- tario, mescolandovisi poesia, scienza e politica, quantunque una certa unità gli venga da un sentimento che tutto lo per- corre, da un pensiero d’amore, dall'amore per Beatrice.

Bene inoltre il Fauriel scartava le allegorie per cercare solo il senso poetico delle rappresentazioni; respingeva come dettate da «astratto gusto e logica », le censure che si so- levano muovere alle figurazioni pagane introdotte da Dante nell’ Inferno cristiano, notando la candidezza e ingenuità del poeta nel trasformare cristianamente quelle figure; e distingueva tra la storia, da cui Dante tolse materia, e le creazioni di sentimento e di fantasia, che v’innalzò sopra, negli episodî, per esempio, di Francesca, di Ugolino, di Sordello. Il Villemain (1840), con non inferiore finezza, ripigliava il paragone con Omero per temperarlo col far valere la differenza dei tempi e dei genî, pur riaffermando che Dante, quando si scioglieva dalle vesti dottorali del Medioevo, inventava «comme aux premiers jours du monde » e parlava con «la voix jeune et argentine du poéte grec »;

e, pel primo o tra i primi, giudicò non italiano il genio di Dante, « réveur, triste, eralté », da meritare d’esser chiamato, —

A Pensieri di varia filosofia e bella letteratura, VII, 351.

Nel documento DIS NZErOy UNIVERSITY OF ILLINOIS AT (pagine 188-191)