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II, 4 Walter Binni

Nel documento Storia della critica della Scapigliatura (pagine 52-56)

La critica che stiamo per analizzare del Binni, è senza dubbio uno degli interventi più importanti della sua generazione e si inserisce direttamente in un filone del dibattito sulla Scapigliatura, che si estende sino alla critica contemporanea, incentrato sulla ricerca di legami tra questo movimento e le avanguardie novecentesche.

All’interno del proprio breve ma esaustivo volume incentrato sulla nascita di un Decadentismo italiano, il Binni dedicò un interessante capitolo al ruolo svolto dalla Scapigliatura milanese - che egli non esitò

14 Tutte le citazioni del Binni qui riportate sono tratte da W. Binni, La poetica del Decadentismo italiano, Sansoni editore, Firenze, 1936.

a considerare il “primo ambiente di aspetto decadente” come precedente e battistrada di tale movimento.

Tuttavia, se da un lato è innegabile il fatto che, sia per l’esperienza scapigliata che per quella decadente, si possa parlare di cenacolo e che ci siano, da parte di entrambi i movimenti, atteggiamenti morali e poetici simili; vanno pure sottolineati i limiti artistici della prima esperienza, formata da poeti mediocri e dalle caratteristiche più simili ad una bohème romantica che ad un cenacolo decadente.

La spregiudicatezza ed il disprezzo per le convenzioni, proprio degli artisti scapigliati, risultarono atteggiamenti prettamente provinciali; mancò loro la profondità e la consapevolezza dei poeti maledetti e “la

scoperta” – che porterà alla nascita del Decadentismo, attraverso

l’adozione di un nuovo stile di vita da parte di alcuni intellettuali - “del

subcosciente che capovolge l’esigenza morale, che anima, scoprendo i legami sottile delle corrispondenze, il nuovo regno delle sensazioni e richiede l’assoluta identit{ di vita e arte”.

I poeti milanesi pur non riuscendo ad accogliere l’esempio dei vari Baudelaire e Lautrèamont, così da giungere ad un risultato che li contraddistinguesse nella storia della letteratura italiana, ebbero tuttavia il merito di opporsi per primi allo strapotere della cultura romantica (rappresentata in quegli anni dal Prati e dall’Aleardi). Paradossalmente, però, a questa cultura romantica rimasero in parte legati; la qual cosa non permise loro di creare un proprio mondo artistico ben definito e di giustificare il binomio arte e vita sulla quale si prefiggevano di basare la propria poetica.

Il risultato più consistente di questa esperienza fu, dunque, quello di riuscire a introdurre nella loro poesia un atteggiamento di violenta ribellione contro una tradizione precedente, considerata falsa e obsoleta, pur senza riuscire completamente a sganciarsi da un ingombrante passato.

Alla luce di queste considerazioni risulta evidente come Binni individui il valore della Scapigliatura solamente su un piano storico, non artistico, fondato su una tensione alla sprovincializzazione, secondo modello degli altri movimenti europei. Ma questa esigenza fu troncata

in partenza dalla non attualizzazione degli intenti programmatici e per la concreta mancanza di idee innovative: furono “più ribelli che

costruttori”, riuscendo, con la teoria dell’affinità delle arti, solo a

sfiorare tematiche che saranno proprie del Decadentismo, rimanendo bloccati nei fili della letteratura verista.

Proprio a proposito del Verismo, il Binni sottolineò come esso tendesse a influenzare anche la poesia scapigliata, introducendo in essa il gusto per il particolare, per un linguaggio semplice (come a riprodurre in parlare comune) e, soprattutto, per i bozzetti (basti vedere la raccolta

Tavolozza di Praga). Tuttavia, il punto in cui il Verismo si accordò

perfettamente agli ideali degli scapigliati gravitava intorno alla scelta di soggetti macabri, corrotti e malati; soggetti che l’estetica tradizionale rifiutava e guardava con orrore.

La ricerca del brutto era funzionale alla volontà di opporsi alla tradizione, era l’unico mezzo con cui cercare di sconvolgere la vecchia poesia aulica e sublime. E in questo “disordine morale da contrapporsi

alla sanit{ passata” si può cogliere una caratteristica fondamentale

della futura esperienza decadente.

Al di là di questa concordanza, tuttavia, è negli intenti programmatici che si distinguono i veri decadenti dagli ultimi romantici (incarnati dagli scapigliati): quest’ultimi, infatti, non riuscirono a realizzare una poetica strutturata e coerente, rimanendo per sempre una semplice curiosità nella storia della letteratura italiana e capaci di compiere solamente “sciatterie senza significato, bambinesche o audacie tutte

esteriori, grafiche”.

Tra di questi poeti scapigliati, il migliore da un punto di vista poetico e artistico fu, secondo il nostro critico, il Boito; il quale rimase però legato a forme romantiche, che egli – per limitatezza critica – sentiva come novità. Nella sua esperienza poetica non si può notare altro che ribellione; un disordine che annunciò il Decadentismo, passando attraverso un indispensabile ed inevitabile esaurimento dei temi romantici.

Tuttavia è in Camerana, il meno scapigliato degli scapigliati, che il Binni credette di trovare tracce più consistenti di decadentismo: egli in un

primo momento seguì l’esempio di Baudelaire, soprattutto da un punto di vista metrico più che di temi, passando poi per l’imitazione di Victor Hugo, senza tuttavia abbandonare le sue ricerche di stampo decadente (basti vedere la celebre poesia “Cerco la strofa grigia e indefinita”, dove il paesaggio descritto e sensibilizzato dell’Olanda rimanda, appunto, a suggestioni decadenti).

Del Praga, il più famoso tra gli autori presi in considerazione, è interessante (per la ricerca del Binni) solamente la raccolta Penombre, in cui i toni quotidiani di Tavolozza scompaiono per lasciare il posto ad un maledettismo baudeleriano e al romanticismo grottesco di Boito. Pieni di incertezza, i suoi versi mancano di ispirazione; anche se non sono completamente scevri di lampi innovativi, che pur non riescono a dare vita ad un vero e proprio nuovo linguaggio.

In conclusione, secondo questo saggio, non si può cercare nella Scapigliatura niente di più di “alcuni sprazzi di presentimenti”, che saranno fondamentali nello studio del passaggio dall’ultimo Romanticismo al Decadentismo e segnalano un forte bisogno di rinnovamento.

CAPITOLO III.

PRIMI TENTATIVI DI COLLOCAZIONE STORICA

Nel documento Storia della critica della Scapigliatura (pagine 52-56)

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