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IL CASO DI TIBERIO E LA PSICOLOGIA DELL’ISOLAMENTO

“La fuga è un impulso naturale dell’uomo, e, anche in questo, Tiberio diviene un simbolo della sua epoca.”253 Mi ha il colpito il titolo del volume di Antonio Spinosa, poiché definisce Tiberio come ‘colui che non amava Roma’. Ora, non si può sapere quale fosse il sentimento del nostro personaggio nei confronti dell’Urbe; certo è che gran parte della sua vita la trascorse al di fuori della città, o per campagne militari o per scelta di isolamento. Ragion per cui credo che una definizione adatta a Tiberio sia proprio quella dell’‘uomo che fugge’, che si distanzia dalla realtà in cui vive. Lasciando da parte le circostanze in cui furono le esigenze militari a portarlo fuori da Roma, ciò vale soprattutto per il rifugio a Rodi e successivamente per quello a Capri. In Tiberio si coglie la necessità di estraniarsi, e allora l’isola diventa il luogo di rifugio per antonomasia. In questo caso, essa non rappresenta più una prigione, ma la sensazione che trasmette è quella di luogo di serenità, di lontananza dalle pressanti situazioni quotidiane, di possibilità di evasione dalla città che per Tiberio è diventata sinonimo di preoccupazione. Da notare è, infatti, che il nostro personaggio in entrambi i casi del suo isolamento non sceglie altre città, ma sempre un’isola, un ambiente distaccato, in un certo senso “protetto” grazie alla sua distanza dalla terraferma.

Paola Ramondetti parla di una ‘doppiezza’ connessa alla figura di Tiberio e che anche Svetonio contribuisce, con la sua biografia, a far emergere254. Interessante sarebbe ragionare sulla personalità del figlio di Livia, capace di “dissimulazione e simulazione, falsità e

253 SPINOSA 1985, 6. 254 RAMONDETTI 2000.

doppiezza.”255 Senza dubbio nell’analizzare ciò può esservi una forzatura nell’interpretazione del nostro personaggio, ma ritengo che una lettura di questo tipo si renda utile anche a capire più a fondo il vissuto emotivo dell’isola da parte di Tiberio. La finzione, secondo la studiosa256, è evidente oltre che nell’intera vita del nostro personaggio, ancor più nell’esilio a Rodi: nel prendere questa decisione egli nascose la propria vera natura e le reali intenzioni che possedeva. Infatti nessun autore antico è riuscito a capire quali fossero le ragioni del suo allontanamento, tant’è che si adducono motivazioni diverse o si procede per ipotesi e congetture (si pensi a Svetonio o Dione). Emerge pertanto il ricorso di Tiberio a simulare, ovvero ad adottare un atteggiamento ‘finto’ mirante a mostrare il contrario di ciò che in verità egli vuole nascondere. Si serve di una ‘maschera’ per offrire di sé l’immagine di un esule bisognoso di pace e di riposo, quando il suo scopo è, invece, più sottile. Stando al contributo di Svetonio, appare evidente che Tiberio nascose il vero motivo per il quale volle andarsene da Roma, adducendo solo postea l’altruismo del suo gesto nei confronti dei Cesari. Ma anche questa motivazione non è considerata veritiera, né dal biografo né da Augusto. Si rileva, dunque, già a partire dall’esilio a Rodi, un’indelebile doppiezza nel nostro personaggio: doppiezza che risulterà ancor più evidente negli anni successivi, durante il suo impero.257

Si è compreso che l’insularità è qualcosa di plurale che nasconde in sé molteplici significati e qui sembra assumere quello di una via di fuga da un mondo, ovvero Roma, che rappresentava per il nostro personaggio un ambiente diventato poco vivibile. Ecco che la

255 RAMONDETTI 2000, 7. 256 RAMONDETTI 2000, 49.

marginalità, di cui tanto si è parlato in precedenza, non è più sinonimo di qualcosa di negativo ma diventa un motivo di allontanamento. Vi è un ulteriore fatto che andrebbe notato: a differenza di Giulia Maggiore, Tiberio conosceva già la sua meta. Aveva avuto modo di visitare Rodi. Infatti le attrattive e la salubrità della zona “lo avevano conquistato fin da quando vi era approdato dal viaggio di ritorno dall’Armenia.”258 Un dato non scontato quello che ci fornisce Svetonio poiché se Tiberio aveva già frequentato la ‘sua’ isola ciò significa che ancor più consapevolmente l’aveva scelta, e non casualmente, come luogo di riposo poiché evidentemente il suo clima, la sua cultura, gli abitanti e l’essere separata dalla terraferma attraverso il mare, costituivano per certi versi un unicum isolato. Essa offriva non solo un’occasione di rifugio, ma anche la possibilità di entrare in contatto con filosofi, grammatici e retori di elevato spessore. D’altronde quest’isola era un posto ideale, poiché “le ricchezze che la città accumulava con i ricchi traffici e lo splendore delle arti, facevano di Rodi una delle città più sontuose dell’epoca ellenistica e romana. Alla magnificenza degli edifici pubblici corrispondeva la ricchezza della vita privata. […] L’educazione della gioventù nel «Gymnasion», le gare nello Stadio, le riviste e i certami navali erano le più geniali manifestazioni della vita pubblica. […] A queste manifestazioni si accompagnava un elevato grado di cultura e la passione per le lettere, per le scuole filosofiche e soprattutto per le scuole di retorica”259: tutte caratteristiche che ne accrescevano il grado di potenza e di prestigio.

258 Svet., Tib., 11, 1. Rhodum enavigavit, amoenitate et salubritate insulae iam inde captus cum ad eam ab Armenia rediens appulisset.

Non è un caso che Tiberio, uomo di lettere,260 ricercasse questo per il suo ritiro insulare.

Particolare l’affermazione di Jacobi per cui “il soggiorno a Rodi era desiderato da chi poteva disporre liberamente di sé. Così la

Colossensis amoenissima civitas meritò che Mazio scrivesse a

Cicerone: per conto mio, se mi toccherà in sorte quanto desidero, passerò il resto della mia vita in riposo a Rodi.”261 Avverrà la stessa cosa anche con Capri: meta già conosciuta dal nostro protagonista e sede degli ultimi anni della sua vita.