• Non ci sono risultati.

2.8. LA ‘DUPLICE ISOLA’

2.8.2. ISOLA COME GABBIA

Remansit igitur Rhodi contra voluntatem.275

“Vi è una serie di significati comunemente attribuiti alla natura propria dell’isola: qualcosa che contiene e protegge, e al tempo stesso qualcosa che esclude e separa. Con una doppia prospettiva dall’interno e dall’esterno.”276 Definizione calzante proprio in questo caso in cui l’ambiente insulare seppure connotato come luogo di protezione grazie alle sue caratteristiche fisiche, assume contemporaneamente un grado di esclusione, che però ora diventa preponderante.

Si è detto che l’anno in cui si può registrare un cambiamento nell’esilio di Tiberio è l’1 a.C., in concomitanza con il rifiuto del patrigno di acconsentire al rientro a Roma del figliastro, dopo ripetute richieste. L’isola, allora, non è più vissuta positivamente, cambia (d’altronde, come sappiamo, “l’ambivalenza è connaturata all’idea stessa di isola”277) poiché Tiberio sente la necessità di lasciarla per rientrare in

274 Svet., Tib., 10, 2. Quin et pertinacius retinentibus, cibo per quadriduum abstinuit. Facta tandem abeundi potestate, relictis Romae uxore et filio confestim Ostiam descendit, ne verbo quidem cuiquam prosequentium reddito paucosque admodum in digressu exosculatus. “Anzi, poiché insistevano a volerlo trattenere a tutti i costi, si astenne dal cibo per quattro giorni. Quando finalmente gli fu concesso di partire, lasciati a Roma la moglie e il figlio, corse subito ad Ostia, senza scambiare neanche una parola con nessuno del suo seguito e baciandone pochissimi all’atto dell’imbarco.” Trad. it. I. Lana.

275 Svet., Tib., 12,1. 276 MARAZZI 1900, 31. 277 CAVALLO 2002, 297.

patria al fine di riacquistare un ruolo nella vita politica, o di rivedere la sua famiglia, o perché, scaduti i privilegi concessigli da Augusto, avesse voluto riottenerli. Non è ben chiaro, né tanto meno condiviso in modo unanime dagli antichi, il vero motivo della sua esigenza di tornare, tant’è che, passati gli anni di ‘riposo’ di Tiberio, appariva quasi scontato che prima o poi avrebbe deciso di terminare il suo esilio. Eppure, se Livia riuscì ad ottenere che il figlio fosse nominato legato di Augusto, tuttavia furono vane le sue richieste al marito affinché acconsentisse all’immediato rientro di Tiberio. Ragion per cui quest’ultimo si vide costretto a risiedere in un luogo che ora non aveva più scelto spontaneamente, ma che aveva deciso di lasciare. E da qui l’isola assume connotazioni differenti, si ‘trasforma’, così come il nostro protagonista: Tiberio non ‘visse’ più l’isola, ma piuttosto la ‘subì’. Colto da paure, preoccupazioni, non vide più in questa un luogo di rifugio, ma forse una prigione, o meglio, una gabbia, per cui “tutto intorno il camminare si arresta. Per andare oltre occorre nuotare o navigare.”278 Perciò non era più un ambiente di benessere, ma diveniva un luogo chiuso che non trasmetteva serenità, ma sensazione di vuoto, di impossibilità. Se prima l’’essere isola’ di Rodi costituiva elemento di salvezza poiché era visto come luogo privilegiato, ora questo ambiente con i suoi 1400 kmq circa, diventava un impedimento. Ecco che allora, si ribadisce, cambia anche il mare: non è più possibilità di separazione percepita positivamente, ma diventa sinonimo di divisione, di impossibilità di muoversi. In questo caso “il mare compendia nella sua elementare raffigurazione il lontano. Il mare è, dello sconfinato, dell’inesplorato, l’immagine più diretta.”279

278 CIRESE 1900, 21. 279 PRETE 2008, 119.

Viene spontaneo chiedersi se allora l’‘esilio’ di Tiberio possa essere assimilato, in questa seconda fase, a quello di Giulia, sua moglie, per la quale l’isola è stata definita nello stesso modo: ritengo che siano state due esperienze profondamente diverse.

La differenza fondamentale si può scorgere, innanzitutto, nel fatto che la partenza del figlio di Livia si configura come ‘ritiro’ e non relegatio. Ciò implica, quindi, un atto volontario, attivo e non di certo passivo, subìto. E in questo le fonti concordano. Pertanto il modo in cui Tiberio visse la sua isola si configura fin dall’inizio in modo diverso rispetto a Giulia e questo vale anche, a mio avviso, per la seconda fase del suo ritiro poiché non è stato considerato un aspetto fondamentale: egli, a differenza della moglie, sa che prima o poi tornerà. Per questo credo che la definizione più corretta dell’isola sia quella di ‘gabbia’, che assume dunque un valore leggermente diverso dall’isola-prigione, imposta, non conosciuta, da cui non si rileva alcuna speranza di ritorno. Inoltre il figlio di Livia, come si è avuto modo di analizzare, scelse la sua isola, riservando per sé una delle migliori mete del tempo; Giulia venne costretta in una piccola parte di terra e, si noti, era impossibilitata a muoversi e a incontrarsi con chiunque volesse. Tiberio dal canto suo, si rapportava quotidianamente con la popolazione dell’isola e seppure non potesse tornare a Roma, egli comunque ebbe la possibilità di spostarsi: lo dimostra il suo viaggio a Samo per incontrare Gaio280. Per questo reputo che tale isola, poiché non si configurò come un luogo di punizione, sia diventata una ‘gabbia’ nel momento in cui Tiberio non poté più scegliere e quindi si ritrovò a dover rimanere involontariamente a Rodi.

Si noti, infine, che qui non vi è solo il mare ad incrementare questa sensazione di isolamento, ma piuttosto l’isola in sé. È quest’ultima che, pur rimanendo fisicamente la medesima, muta: diventa ‘chiusa’, mentre prima era percepita come un luogo ‘aperto’, ‘sano’. E invece, quasi a formare una costruzione chiastica, non è Tiberio ‘in sé’, come uomo, a cambiare, ma è la decisione di Augusto che fa sì che la sua permanenza diventi più insicura, difficile e che di conseguenza il suo comportamento differisca da prima. Per ‘salvarsi’ Tiberio dovrebbe dimenticare ciò che l’isola rappresenta in quel determinato momento per lui, e piuttosto vederla come in precedenza. Compito impossibile. Per fortuna la ‘clemenza’ di Augusto, e ancor più quella di Gaio, gli consentiranno di ‘liberarsi’.

III CAPITOLO

TIBERIO CLAUDIO NERONE: IL RITIRO A

CAPRI