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La vita di Tiberio a Rodi, almeno per i primi quattro anni, fu caratterizzata da un’estrema tranquillità, ricavata dalla diversità di ambiente che quest’isola forniva e che lui già aveva avuto modo di vedere presumibilmente nel 20 a.C. dopo un viaggio di ritorno dall’Armenia.219 Visse modestamente, adottando tutte le abitudini di vita di un cittadino privato. Fin tanto che possedeva ancora la potestà tribunizia i magistrati che passavano per Rodi, si fermavano a rendergli omaggio220. Bisogna, infatti, tenere in considerazione che Tiberio per quanto avesse intenzione di vivere come un privatus, ricopriva allo stesso tempo anche un ruolo istituzionale.

Se da Velleio, “storico devoto, ma non sincero”221, si evince che la partenza del futuro imperatore fu motivo di lacrime, come se si fosse

218 FERRERO 1907, 209.

219 Svet.,Tib., 11, 1. Si veda infra.

220 Vell. 2, 99, 4. Questa la versione di Velleio, il cui fine è riportare un’immagine positiva di Tiberio, attraverso una propaganda volta ad esaltare la sua figura: illum etiam in hoc transcursu dicendum est, ita septem annos Rhodi moratum, ut omnes, qui pro consulibus legatique in transmarinas sunt profecti provincias, visendi eius gratia Rhodum deverterint atque eum convenientes semper privato, si illa maiestas privata umquam fuit, fasces suos summiserint fassique sint otium eius honoratius imperio suo. “Ma anche in questo breve cenno occorre ricordare che nei sette anni che durò il suo soggiorno a Rodi tutti i proconsoli ed i legati che andavano nelle province di oltremare, recandosi a visitarlo abbassavano, come di fronte al principe, i loro fasci davanti a quel privato –se pur fu mai privata quella maestà- ammettendo che l’inattività di lui era più autorevole che le loro funzioni di comando.” Trad. it. (a cura di) L. Agnes.

subìta una grossa perdita222, non lo stesso appare da Svetonio, il quale recependo tradizioni diverse, ammette che Tiberio causò anche del risentimento, tanto che negli anni del suo esilio visse “pieno di sospetto e di paura, tenendosi nascosto nelle terre più lontane ed evitando gli omaggi di coloro che passavano di là.”223

Svetonio, grazie alle sue funzioni amministrative svolte nel palazzo imperiale, disponeva, nel II sec d.C., di ricchi materiali documentari e perciò riporta le notizie in modo più dettagliato rispetto agli altri autori antichi esponendo alcuni aneddoti della vita di Tiberio in insula: un giorno quest’ultimo fece sapere che era desideroso di visitare tutti gli ammalati della zona. Essi furono fatti spostare e radunare sotto i portici pubblici, divisi in gruppi secondo il genere della malattia, ma all’arrivo Tiberio fu sconcertato dal fatto di averli fatti scomodare dalle loro case e, incerto sul da farsi, decise alla fine di visitarli ugualmente uno per uno, scusandosi per l’increscioso accaduto.224

222 Vell., 2, 99, 3. Quis fuerit eo tempore civitatis habitus, qui singulorum animi, quae digredientium a tanto viro omnium lacrimae, quam paene ei patria manum iniecerit, iusto servemus operi. “Riserviamoci di raccontare in opera idonea quali siano stati allora l’atteggiamento della cittadinanza, il sentimento dei singoli, le lacrime di quanti si separavano da un tal uomo, e come la patria, per così dire, cercasse di trattenerlo con le sue mani.” Trad. it. (a cura di) L. Agnes.

223 Svet., Tib., 12, 2. Enimvero tunc non privatum modo, sed etiam obnoxium et trepidum egit mediterraneis agris abditus vitansque praeternavigantium officia, quibus frequentabatur assidue.

224 Svet., Tib., 11, 2. Forte quondam in disponendo die mane praedixerant, quidquid aegrorum in civitate esset visitare se velle; id a proximis aliter exceptum iussique sunt omnes aegri in publicam porticum deferri ac per valitudinum genera disponi. Perculsus ergo inopinata re diuque quid ageret incertus, tandem singulos circuit excusans factum etiam tenuissimo cuique et ignoto. “Una volta, nel predisporre al mattino il programma per la giornata, aveva manifestato casualmente l’intenzione di visitare tutti gli ammalati della città: ma queste parole furono fraintese dai suoi intimi e tutti gli ammalati furono fatti portare sotto un portico pubblico, raggruppati per malattia. Sconcertato, dunque, da questo fatto che lo coglieva alla sprovvista, e rimasto un bel po’ incerto sul da farsi, alla fine li visitò uno per uno, scusandosi dell’accaduto anche con ciascuno singolarmente dei più poveri e umili.” Trad. it. I. Lana.

Egli non disdegnava, inoltre, di accostarsi al popolo nelle molteplici occorrenze di festa o in occasioni di spettacoli, ai quali qualche volta assisteva dalla casa di un suo liberto. In questo modo si mostrava disponibile ad accompagnarsi a persone anche più umili e a ricevere chiunque volesse vederlo. Nel far ciò, non mostrava affettazione o artificiosità ma naturalezza e spontaneità.225

Il biografo fa, inoltre, riferimento ad un unico episodio nel quale Tiberio si servì della sua tribunicia potestas, che gli conferiva l’inviolabilità:

Unum hoc modo neque praeterea quicquam notatum est, in quo exeruisse ius tribunicia potestatis visus sit. Cum circa scholas et auditoria professorum assiduus esset, moto inter antisophistas graviore iurgio, non defuit qui eum intervenientem et quasi studiosiorem partis alterius convicio incesseret. Sensim itaque regressus domum repente cum apparitoribus prodiit citatumque pro tribunali voce praeconis conviciatorem rapit iussit in carcerem. 225 Cass. Dio., 57, 11, 4-5. ἔν τε ταῖς πανηγύρεσι, καὶ εἰ δή τι καὶ ἄλλο τοιουτότροπον ἀσχολίαν τοῖς πολλοῖς παρέξειν ἔμελλεν, ἐλθὼν ἂν ἀφ’ ἑσπέρας πρός τινα τῶν Καισαρείων τῶν πρὸς τοῖς χωρίοις ἐκείνοις ἐς ἃ συμφοιτῆσαι ἔδει οἰκούντων, ἐνταῦθα τὰς νύκτας ἐνηυλίζετο, ὅπως ἐξ ἑτοιμοτάτου καὶ ἀπονωτάτου τοῖς ἀνθρώποις ἐντυγχάνειν αὐτῷ γίγνοιτο. Kαὶ τούς γε τῶν ἵππων ἀγῶνας ἐξ οἰκίας καὶ αὐτὸς τῶν ἀπελευθέρων τινὸς πολλάκις ἑώρα. “Durante le feste, ma anche in altre occasioni in cui si fosse trovato a concedere alla moltitudine simili momenti di svago, la sera precedente si recava da qualcuno dei liberti imperiali che abitavano nei pressi di quelle zone in cui la folla si sarebbe riunita, e lì pernottava, in modo tale che avrebbe potuto incontrare la gente prontamente e nel modo meno difficoltoso possibile. Spesso anche lui di persona assisteva agli agoni equestri dalla casa di qualche liberto.” Trad. it. A. Stroppa.

“Fu notato soltanto ed esclusivamente questo caso, in cui lo si vide mettere in campo il diritto della potestà tribunizia: frequentava con assiduità le scuole e le sale per conferenze dei professori, e una volta che si era accesa una discussione piuttosto vivace tra sostenitori di opposte tesi, egli vi prese parte: e non mancò chi lo caricò di insulti avendolo preso per un tenace fautore della parte avversa. Pertanto, tornatosene a casa senza alcuna fretta, si presentò poi all’improvviso con gli apparitori, e dal banditore fece chiamare in giudizio davanti alla sua tribuna colui che l’aveva insultato e lo fece trascinare in tribunale.”226

Grazie a questo episodio raccontatoci dal biografo, è possibile evincere anche ulteriori informazioni sul tipo di vita essenzialmente ritirato che il figlio di Livia conduceva nell’isola. Si desume che egli dedicasse gran parte del suo tempo solamente ai suoi interessi personali, ovvero la lettura, lo studio della filosofia e soprattutto dell’astrologia, grazie alla sapiente guida di Trasillo, scrittore, filologo ed esperto della scienza degli astri. Inoltre era un frequentatore costante (assiduus) delle scuole e di ogni luogo che promuovesse la cultura.

La data che fece precipitare la situazione fu il 2 a.C. anno in cui si resero più espliciti i favori rivolti ai Cesari e avvenne la condanna di Giulia Maggiore. Sappiamo che Tiberio, in un primo momento

(seppure lieto della notizia227), intercedette presso Augusto affinché fosse clemente, ma ciò fu dettato per lo più dalla paura che suscitava in lui la possibile perdita del legame con la domus. A riprova di questo fatto vi è l’atteggiamento molto duro che in seguito, una volta assunto il potere, Tiberio dimostrò contro Giulia.228